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    La mosca

    La mosca.Stavo azionando le mie ali mesotoraciche e ad un tratto entrai nel pronto soccorso di un he gli umani chiamano Milano. Mi posai su un banco della reception, come veniva chiamato dagli umani. Dietro al banco c'era una ragazza umana , giovane. Riceveva le prenotazioni di certi esami che vengono chiamati Risonanze Magnetiche. C'erano delle persone umane che dovevano fare questo tipo di esami... Altro...

    La mosca.

    Stavo azionando le mie ali mesotoraciche e ad un tratto entrai nel pronto soccorso di un he gli umani chiamano Milano. Mi posai su un banco della reception, come veniva chiamato dagli umani. Dietro al banco c'era una ragazza umana , giovane. Riceveva le prenotazioni di certi esami che vengono chiamati Risonanze Magnetiche. C'erano delle persone umane che dovevano fare questo tipo di esami per capire se erano malate o meno. Io strofinavo le zampine, ferma sul banco della reception, indisturbata. Mi stavo rilassando. Fuori stava arrivando l'autunno e iniziava a fare freschetto, lì dentro in quell'antro due piani sotto terra dove gli umani facevano le Risonanze Magnetiche, si stava bene. Una umana un pò anziana, curva, grigia di capelli, occhiali da vista, non sembrava sentire bene, stava parlando con la ragazza dietro il banco della reception. La ragazza urlava e ripeteva cose ma la signora anziana non sentiva. La ragazza sbuffava e commentava con la collega , un'altra ragazza umana seduta al suo fianco, che pizza, sti anziani, non capiscono niente. Ma la signora capiva tutto, solo che non sentiva bene. La ragazza ripetè che doveva togliere tutte le cose di metallo e le monete dalle tasche dei pantaloni e mettere tutto via. La signora aveva la gonna e disse non ho niente nella gonna. La ragazza ripeteva quelle cose 200 volte al giorno. Non vedeva l'ora di finire il turno e andarsene a casa. Sarebbe diventata vecchia e sarebbe stata trattata a quel modo, come una disabile. Che strano, questi umani, chiamano umane le loro reazioni, umani i loro sentimenti e dicono di noi mosche che facciamo schifo perchè ci posiamo sugli escrementi. Ma noi siamo pulite. Io per esempio ho raccolto un pò di gel caduto sul bancone della reception e mi sto strofinando le zampe. Gli umani stringono mani non lavate di uomini umani che hanno orinato se non peggio senza disinfettarsi le mani e si sentono puliti! Stringono le mani ad assassini, ladri, truffatori, che si sono disinfettati bene le mani e si sentono più puliti di noi mosche che voliamo su milioni di cadaveri prodotti da quegli stessi esseri umani che hanno, per inciso, cessato di essere umani. Si avvicinò alla reception un umano di pelle nera. Non parlava bene la lingua della ragazza umana dietro la reception. La ragazza umana disse all'umano nero di compilare bene un questionario e gli passò una cartella col questionario a cui rispondere, con una penna blu. L'umano nero compilò come potè il questionario di cui non capiva alcune cose e si avvicinò alla ragazza umana dietro la reception per farsi aiutare. Vi abbiamo aiutato già abbastanza a tenervi qui con noi, disse la ragazza umana dietro alla reception. Interessante, pensai, gli umani non si considerano uguali, ma tendono a distinguersi per colore. Noi mosche non abbiamo questo problema, perchè siamo tutte nere ed è questo forse il motivo per cui quando si vede una mosca bianca ci si meraviglia. Ma non per questo cessa di essere mosca. Noi quando vediamo una mosca bianca ne esaltiamo le sue virtù. Tra gli umani non sembra essere così, quando vedono umani di altri colori ne esaltano i difetti. Che strani che sono gli umani. Si credono i padroni del mondo, credono di poter comandare su tutti gli esseri viventi, ma davanti ad esseri minuscoli come virus e batteri sono impotenti. Finii di riposarmi e volai via dalla reception, per i corridoi, libera e felice, nessun geco o lucertola in giro, nessun mio nemico naturale, tutti debellati dagli uomini per i quelli noi mosche non contavamo niente e potevamo essere schiacciate come mosche in qualsiasi momento. Gli umani ci hanno sempre odiato. Perchè ce ne siamo sempre state lì a guardare come gli umani avessero cessato di essere umani. In fin dei conti i bradipi erano più interessanti degli umani. Se ne stavano su un albero a mangiare foglie e scendevano dall'albero una volta alla settimana per fare i loro bisogni. Non avevano molto da dire quando ci avvicinavamo, se ne stavano perciò zitti. Per cui la scena era zitti e mosca. L'uomo era solo capace di farsi venire una mosca al naso e in alcune zone del pianeta negli anni '70, gli umani non facevano nemmeno sapere che temperature ci fossero a Mosca. Inoltre da bambini ci imitavano quando stavano in gruppo e bendavano qualcuno giocando a mosca cieca. Sono ridicoli, questi umani, ogni tanto qualcuno di loro si illude di fare la mosca cocchiera, ma dimentica che non si può avere il miele senza le mosche. Dio ha creato milioni di esseri viventi ciascuno con uno scopo, una funzione. Di noi mosche gli umani dicono che portiamo malattie. Ma non è vero. Noi siamo solo dei segnalatori, indichiamo dove ci sono malattie, non le portiamo noi. Noi potiamo ronzii, l'uomo porta urla, epidemie e bombe atomiche. Poi ad un tratta un uccello in volo mi ingoiò. Ora sono rinato umano. Sono in coda alla reception di un ospedale milanese, e devo fare una risonanza magnetica. Sul banco della reception c'è una mosca che si è appena posata. Avverto qualcosa di familiare. Poi qualcuno mi chiamò: "Siddharta Gautama?". Sono io dissi. Ha compilato il questionario? Chiese la ragazza dietro la reception. Non ancora, vorrei farmi aiutare, dissi. Vi abbiamo già aiutati sin troppo, disse la ragazza. Guardai la mosca. Avevi sempre pensato che la loro presenza indicasse epidemie. Fui contento di non essermi sbagliato.

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    Storie Per Non Dormire 03 – On The Road

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREON THE ROADCapitolo 1On The RoadAlessandro e Mirko stavano percorrendo in auto una buia strada di montagna, erano circa le dieci di sera di Ottobre e la pioggia aveva appena smesso di cadere.Erano diretti verso un piccolo paesino, entrambi appassionati di ufologia, sapevano che da quelle parti molte persone raccontavano di misteriose luci nel cielo. Incuriositi s... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIRE

    ON THE ROADCapitolo 1

    On The Road

    Alessandro e Mirko stavano percorrendo in auto una buia strada di montagna, erano circa le dieci di sera di Ottobre e la pioggia aveva appena smesso di cadere.

    Erano diretti verso un piccolo paesino, entrambi appassionati di ufologia, sapevano che da quelle parti molte persone raccontavano di misteriose luci nel cielo. Incuriositi si misero in viaggio per soggiornare quattro giorni a Pontechianale.

    La strada era molto deserta, la nebbia cominciava a scendere limitando la visuale. Alessandro accese i fari fendinebbia rallentando l'auto: "Porca miseria, non si vede niente, pazzesco".

    Mirko: "Quanto dovrebbe mancare alla destinazione?"

    Alessandro: "Circa quarantacinque minuti, ma con questa andatura anche settanta"

    Mirko: "Il navigatore continua a dare quarantacinque"

    Alessandro: "Sembra che non si stia muovendo di una virgola. Ma si è bloccato?"

    Mirko: "Ok aspetta, provo a riavviarlo", provò a reimpostare il navigatore ma il segnale era totalmente assente, la fitta nebbia divenne sempre più intensa, la luce dei fari era come se stessero puntando contro ad un muro bianco.

    Alessandro fermò l'auto non credendo ai suoi occhi, la nebbia era così compatta che era quasi come se fossero sommersi sotto una montagna di neve.

    Alessandro: "Pazzesco!!! ma che sta succedendo? non si vede proprio niente"

    Mirko: "Ma è nebbia? sembra quasi fumo o roba simile"

    Alessandro: "Dici che sta andado a fuoco qualcosa, i boschi? Non sento odore di bruciato"

    Mirko: "Aspetta sento qualcosa, sembra quasi come se la strada stesse vibrando"

    Alessandro: "Starà passando un tir? Il motore dell'auto è spento"

    La nebbia cominciò a dissolversi, la strada ritornò ad essere visibile. Alessandro accese l'auto e rimise i fari fendinebbia, riprendendo il percorso. Anche il navigatore ritornò a funzionare indicando cinquantanove minuti all'arrivo. Ma qualcosa incuriosì Mirko, il suo orologio segnava la mezzanotte, provò a controllare il suo smartphone e anche li segnava la mezzanotte, così come il navigatore.

    Guardò il suo amico e gli chiese di controllare l'orologio: "Hey Ale, anche il tuo orologio segna la mezzanotte?". Alessandro controllò e anche il suo segnava lo stesso orario.

    Alessandro: "Come è possibile? Sicuro che erano le dieci prima che ci fermassimo?"

    Mirko: "Certo, erano esattamente le dieci, posso esserne sicuro. Che diavolo sta succedendo?"

    Improvvisamente uscirono dalla nebbia, la strada finalmente era limpida. Alessandro vide una sosta di emergenza al lato della strada e si fermò lì, cercando di capire cosa sia successo.

    Alessandro: "Qualcosa è successo, quella nebbia ci ha tenuti li dentro dalle dieci a mezzanotte, senza che ci accorgessimo di nulla"

    Mirko: "Cosa sarà stata quella vibrazione?"

    Alessandro: "Aspetta, guarda la, in fondo alla strada... c'è qualcosa". Indicò il fondo della strada dove si trovava la figura in lontananza di un uomo, con un lampione che lampeggiava sopra di lui. Mirko prese la videocamera e filmò, Alessandro provò ad accendere la macchina ma Mirko lo fermò: "No!!! non facciamoci notare, c'è qualcosa di strano in questa storia".

    Mirko: "Aspetta... aspetta un secondo. Questa persona è nuda..."

    Alessandro: "Nuda? Senza vestiti?"

    Mirko: "Si ho fatto lo zoom, non porta i vestiti ed è girato di spalle"

    Dalla videocamera videro la testa dell'uomo girarsi completamente di scatto verso di loro sorridendo. Cominciò a camminare all'indietro con la testa girata e il passo molto veloce. Alessandro cercò di mettere in moto, mentre Mirko anche se spaventato continuava a filmare.

    Gridò ad Alessandro di sbrigarsi, l'uomo era sempre più vicino alla loro auto, riuscì ad accenderla accelerando verso di lui per poi schivarlo, si allontanarono velocemente da lui per proseguire la loro strada.

    Mirko: "Cosa? Cosa cazzo abbiamo visto... ma che cos'era?"

    Alessandro: "C'è qualcosa di paranormale in questa zona e noi ci siamo finiti dentro".

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    Kimmidoll – Storie per non dormire 02

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREKIMMIDOLLCAPITOLO 1UN REGALO SPECIALEAyako e Fusae stavano passando un fantastico pomeriggio insieme per i negozi di Harajuku, uno dei quartieri più alla moda di Tokyo.Si trovano negozi di ogni tipo miscelando la modernità con il vintage. Una zona dove la moda colora ogni angolo, simbolo di libertà espressiva per ogni individuo.Per Ayako quella era una zona ch... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREKIMMIDOLLCAPITOLO 1

    UN REGALO SPECIALEAyako e Fusae stavano passando un fantastico pomeriggio insieme per i negozi di Harajuku, uno dei quartieri più alla moda di Tokyo.

    Si trovano negozi di ogni tipo miscelando la modernità con il vintage. Una zona dove la moda colora ogni angolo, simbolo di libertà espressiva per ogni individuo.

    Per Ayako quella era una zona che la faceva sentire a suo agio, anche perché lei ha sempre amato vestirsi in modi particolari, in questi negozi poteva trovare tutto ciò che amava indossare. Fusae invece era una ragazza più semplice ed amava il vintage, si fece infatti catturare da un negozietto che si trovava all'interno di un piccolo viale, sulle vetrine c'erano disegnati i volti delle bambole Kimmidoll.

    Prese la mano della sua migliore amica Ayako, tirandola di corsa all'interno del viale dirigendosi verso il negozio.

    Ayako: "Fusae!!! ma dove mi stai portando?"

    Fusae: "Guarda che meraviglia, qui ne hanno di tutti i tipi"

    Ayako: "Le bamboline Kokeshi? Mi hanno sempre messo paura"

    Fusae: "Ma quale paura? E poi queste non sono le Kokeshi, si chiamano Kimmidoll, ne prendono solo ispirazione"

    Ayako: "A me sembrano uguali"

    Fusae: "Vieni entriamo. Te ne voglio donare una!!!"

    Ayako: "Ma no, non la voglio. Davvero lascia stare!"

    Le due ragazze entrarono all'interno del piccolo negozio, si trovava al bancone una vecchia signora che sorrise al loro ingresso. Su gli scaffali c'erano Kimmidoll e Kokeshi di ogni tipo, dall'amore all'amicizia, dalla fortuna al rispetto.

    Tutte indossavano o avevano dipinti bellissimi Kimoni. Fusae si avvicinò ad una Kimmidoll dai capelli verdi che portava il nome di Keiko che simboleggiava il rispetto.

    La prese e la mise tra le mani di Ayako: "Ecco, questa è per te, per dimostrarti il mio rispetto nei tuoi confronti". Ayako non sapeva cosa dire, prese tra le mani la bambolina e la guardò: "Io... ti ringrazio".

    La signora le chiamò entrambe al bancone: "Ragazze, venite. Posate quella bamboline, ne ho una molto più bella e speciale di quella. Venite", mise sul bancone una bambolina dai capelli rossi e il Kimono bianco, con una fantasia di fiori neri. Era più grande delle altre, Fusae si avvicinò con la sua amica al bancone e chiese alla donna il prezzo: "Questa costa più delle altre?".

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    Una dolce casa abbandonata – Storie per non dormire 01

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREUNA DOLCE CASA ABBANDONATACAPITOLO 1UNA DOLCE CASETTALuna, Marta e Mauro, erano tre amici appassionati di paranormale. Gestivano un canale Youtube dedicato ai misteri e apparizioni paranormali, infatti nel fine settimana invece di andare per locali con amici preferivano visitare i luoghi più strani e girare i loro video, da pubblicare sopra il loro canale.Luna a... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREUNA DOLCE CASA ABBANDONATACAPITOLO 1

    UNA DOLCE CASETTA

    Luna, Marta e Mauro, erano tre amici appassionati di paranormale. Gestivano un canale Youtube dedicato ai misteri e apparizioni paranormali, infatti nel fine settimana invece di andare per locali con amici preferivano visitare i luoghi più strani e girare i loro video, da pubblicare sopra il loro canale.

    Luna aveva appena compiuto i 28 anni, stava guidando l'auto per arrivare ad una destinazione molto curiosa. Marta, che era la sua migliore amica, le aveva regalato la sera del suo compleanno un mini registratore EVP, capace di catturare le presunti "voci bianche" degli spiriti.

    Mauro era seduto dietro con il suo computer portatile e leggeva qualche curiosità sul luogo in cui si stavano dirigendo.

    Mauro: "Ho trovato qualche informazione importante riguardo alla casa che stiamo andando a visitare, Luna non so se sei già informata sulla sua storia"

    Luna: "Hm? Ho solo letto che i contadini che si avvicinano a questa casa, spesso fuggono via perché si accorgono di vedere persone correre al suo interno. Alcuni affermano anche di aver sentito la campana suonare"

    Marta nel frattempo stava mangiando un pacchetto di patatine al formaggio: "Scusate una cosa, forse non ho capito bene o sono completamente ignorante. Ma è una casa o una chiesa? Cosa ci fa una campana?"

    Mauro: "Altro che campana, quella casa ha un vero e proprio campanile"

    Marta: "Un campanile in una casa? Perché?"

    Mauro: "Ve lo dico io il perché, sempre se Luna non lo sappia già. Nel 1890 i proprietari di quella casa hanno lasciato delle pagine scritte nel salotto principale, come una sorta di avviso. Le stesse parole sono incise anche sul muro del salone principale. A quanto pare si dice che il campanile sia stato costruito da loro perché era l'unico modo per tenere lontane delle creature chiamate Zorbs"

    Luna: "Chiamate come?"

    Marta con le patatine in bocca rispose: "Zorbs... ha detto mi sembra Zorbs"

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    Cream Funny

    Serata affollata al fast food Smile Time, un nuovo gelato industriale è pronto a sfamare migliaia di persone. Carol insieme ai suoi colleghi sarà impegnata ad affrontare una serata piena, per cercare di vendere i nuovi gelati ad una folla di centinaia di persone curiose.Ma la situazione diventerà molto più complicata di quanto sembra. Gli effetti di quel nuovo gelato inizieranno a manifestarsi... Altro...

    Serata affollata al fast food Smile Time, un nuovo gelato industriale è pronto a sfamare migliaia di persone. Carol insieme ai suoi colleghi sarà impegnata ad affrontare una serata piena, per cercare di vendere i nuovi gelati ad una folla di centinaia di persone curiose.

    Ma la situazione diventerà molto più complicata di quanto sembra. Gli effetti di quel nuovo gelato inizieranno a manifestarsi tra i consumatori, trascinando lo Smile Time nell'inferno più totale.

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    Terrore Di Natale (Racconto gratuito)

    [caption class="snax-figure" align="aligncenter" width="662"][/caption]Il natale si avvicina e la scelta del regalo diventa l'ansia dei giorni festivi. Cindy lo sa bene, lavorando per un negozio di giocattoli, si troverà alle prese con uno strano pupazzo, un orsetto rosso chiamato Little Bear. Pare sia la moda del momento, ma quel grazioso orsetto rosso diventerà la fonte di una serata movimenta... Altro...

    [caption class="snax-figure" align="aligncenter" width="662"][/caption]

    Il natale si avvicina e la scelta del regalo diventa l'ansia dei giorni festivi. Cindy lo sa bene, lavorando per un negozio di giocattoli, si troverà alle prese con uno strano pupazzo, un orsetto rosso chiamato Little Bear. Pare sia la moda del momento, ma quel grazioso orsetto rosso diventerà la fonte di una serata movimentata all'interno del negozio.

    Puoi leggerlo ora gratuitamente, dal mio blog ufficiale... Buone feste a tutti! Terrore Di Natale

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    Mirahv

    I bimbi che si guardavano allo specchio, di notte, non dovevano pronunciare quel nome strambo, bizzarro. Lo sapevano tutti, anche gli adulti, che Mirahv non era mai stato un incubo, né una leggenda. Miravh era vera come la luna. Era stata una bambina sfortunata, un giorno di tanto tempo prima, nell'orfanotrofio di Mirabella, vicino al mare. Nessuno voleva adottarla, nessuno voleva prend... Altro...

    I bimbi che si guardavano allo specchio, di notte, non dovevano pronunciare quel nome strambo, bizzarro. Lo sapevano tutti, anche gli adulti, che Mirahv non era mai stato un incubo, né una leggenda. 

    Miravh era vera come la luna. 

    Era stata una bambina sfortunata, un giorno di tanto tempo prima, nell'orfanotrofio di Mirabella, vicino al mare. Nessuno voleva adottarla, nessuno voleva prendersi cura di lei, solo perché aveva le lentiggini e i capelli rossi. Si diceva fosse figlia del peccato, ma Mirahv non lo era.

    Mirahv aveva la pelle d'ebano e i sogni conficcati nelle ossa tanto da farsi male, era infatti una bambina problematica ma non per questo meno sensibile o altruista di altre, anzi... era strana sì, ma le piaceva guardare la luna e scrivere versi poetici che la direttrice dell'orfanotrofio puntualmente bruciava nel caminetto, facendo crepitare la carta e facendo piangere la bambina.

    Odiava quel posto. 

    Odiava tutti coloro che la prendevano in giro, si burlavano di lei soltanto perché era rossa, perchè era timida e riservata e perchè aveva il dono di poter parlare con i defunti. 

    Mirahv una notte si guardò allo specchio e si tagliò volenterosa i capelli lunghi, la sua chioma bellissima sparì completamente e quando vide che dietro di lei un'ombra si era insinuata all'interno dello specchio, passando dentro il corpo della stessa Mirahv, lei non ebbe paura ma rimase felice di non essere più sola. 

    Quello spirito nuovo, ma allo stesso tempo antico, vagava da secoli per  quell'istituto in cerca di un'anima che potesse ospitarlo, in cerca di un oggetto che potesse riempire il suo vuoto. 

    Non era importante che lo specchio fosse realizzato in ottone, anzi forse questo conferiva antichità e maggior mistero, piacendo allo spirito che disse a Mirahv di voler esaudire i suoi tre desideri. 

    La bambina credette subito che si trattasse di qualcosa di bello, allora chiese di punire, con le dovute cautele, la signorina Wilson e anche gli altri bambini che la infastidivano. 

    Poi chiese di riavere, se possibile, una folta chioma rossastra come prima, e come ultimo desiderio il poter trovare finalmente qualcuno che la volesse così com'era, magari una famiglia, oppure un ragazzo che si innamorasse di lei alla follia.

    Lo spettro schioccò le dita ma ciò che accadde successivamente fu tragico e duraturo, e tutt'ora nell'orfanotrofio si avvertono le energie negative di quel luogo spettrale. 

    L'anima di quel luogo uscì dallo specchio e uccise tutti i bambini, compresa la signorina Wilson, prendendoli a martellate. Dopodiché fece in modo che Mirahv non avesse mai più i suoi capelli bellissimi ma anzi rimanesse calva e malatuccia fino a quando non morì all'età di ventinove anni, nel fiore della gioventù.

    Per ultimo, il ragazzo che trovò la foto di Mirahv dopo diversi anni, dopo la morte della ragazza, se ne innamorò perdutamente ma ovviamente non potè mai coronare il suo sogno poiché la maledizione dello spirito volle che Gregory, proprio quello stesso ragazzo, si uccidesse impiccandosi e non trovasse mai pace, al contrario di Mirahv che andò in un luogo di pace e amore, in un eterno Paradiso, ma senza il suo futuro sposo che bruciò per sempre tra le fiamme ardenti dell'Inferno. 

    Mirahv non era cattiva, ma i bambini dell'orfanotrofio di Mirabella, dopo che l'istituto riaprì e loro ne furono contenti ma allo stesso tempo coinvolti a tal punto da sentirsi attratti dallo specchio d'ottone, si tennero ben distanti da quell'immagine stramba dello spirito malvagio che spesso di notte sussurrava il nome di Mirahv, coinvolgendo spesso anche la signorina Wilson. 

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    Anaffettivo

    Così tanto tempo e nessuno con cui condividerlo...Non me ne frega un cazzo, mi sto uccidendo poco per volta, così nessuno se ne accorgerà mente arriverà davvero la fine del mio momento...Quando non ci sarò più ucciderò da dentro tutte le persone che mi hanno voluto bene...Scrivere queste frasi mi sta tenendo impegnato, non voglio immaginare cosa mi farò appena posata questa penna, forse il... Altro...

    Così tanto tempo e nessuno con cui condividerlo...

    Non me ne frega un cazzo, mi sto uccidendo poco per volta, così nessuno se ne accorgerà mente arriverà davvero la fine del mio momento...

    Quando non ci sarò più ucciderò da dentro tutte le persone che mi hanno voluto bene...

    Scrivere queste frasi mi sta tenendo impegnato, non voglio immaginare cosa mi farò appena posata questa penna, forse il sangue si mischierà all'inchiostro e ne verrà fuori una splendida tonalità di viola...

    Voglio volare sopra il Santuario di Itsukushima e se dovrò farlo sotto forma di cenere così sia...nient'altro che scomparire tra il vento...una piccola vendetta verso la mia parte anaffettiva.

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    La porta chiusa

    C'era una porta nel palazzo in cui abitavo da piccolo; quella dannata porta era sempre rimasta chiusa, e maledico il giorno in cui l'ho aperta. Solo la forza immensa del destino avrebbe forse potuto fermare la mano curiosa di quel bambino di otto anni, ma chiaramente quel giorno il destino aveva interessi ben più importanti dell'androne di un piccolo palazzo del centro Italia, e io mi sono macchi... Altro...

    C'era una porta nel palazzo in cui abitavo da piccolo; quella dannata porta era sempre rimasta chiusa, e maledico il giorno in cui l'ho aperta. Solo la forza immensa del destino avrebbe forse potuto fermare la mano curiosa di quel bambino di otto anni, ma chiaramente quel giorno il destino aveva interessi ben più importanti dell'androne di un piccolo palazzo del centro Italia, e io mi sono macchiato di una maledizione che sarei riuscito a lavare via soltanto con il sangue di numerosi innocenti.

    Il giorno in cui avevo scoperchiato il vaso di Pandora, l'autunno aveva appena attraversato le mura fortificate della mia piccola città, e le prime, timide, foglie avevano ceduto all'invito galante del vento, staccandosi dai rami per seguirlo nella sua danza vivace; e mentre il vento e le foglie ballavano, e il mondo ancora per poco profumava dell'innocente incantesimo dell'infanzia, io avevo spinto con forza il pomello di quella porta, la più antica di tutto il palazzo, l'unico elemento che era scampato alla ristrutturazione, e quel gesto mi era costato il futuro felice che forse avrei potuto avere.

    Nella mia mente di bambino, dietro quella porta si nascondevano avventure meravigliose e mondi in cui avrei potuto essere l'eroe che sognavo, ma la realtà era ben diversa: dietro a quella porta si nascondeva l'inferno, e aprendola avevo visto un'ombra che all'inizio mi era parsa un angelo, che con un bacio aveva rubato la mia anima, condannandola a giacere in eterno nelle prigioni della giudecca, muta e in catene.

    Era cominciato tutto quattro giorni dopo, con il funerale dell'anziana signora che abitava al piano di sotto.

    Ricordo di aver provato forse il primo, vero, dispiacere della mia vita quel giorno, perché ero molto affezionato a quella poverina che era stata la nonna che non ho mai conosciuto; ricordo di aver pianto per la prima volta in silenzio, come un vero uomo che prova vero dolore, anche se non riuscivo a comprendere del tutto quella situazione ancora così sconosciuta.

    Qualche mese dopo era toccato al mio cane, Nuvola, il primo essere vivente che avevo imparato ad amare dopo mamma e papà, che me l'avevano regalata per il mio settimo compleanno, per provare ad insegnarmi cosa volesse dire assumersi delle responsabilità; l'ha stroncata un infarto, e in quel momento ho compreso benissimo quanto male potesse fare un cuore spezzato: avevo provato un dolore quasi fisico, che mi aveva fatto piangere per giorni e soffrire per molto più tempo.

    Dopo Nuvola, mi ero ritrovato a danzare un carosello di morte, intrappolato in un giro di giostra che non desideravo altro finisse, ma sembrava non finire mai.

    All'inizio pensavo di essere soltanto sfortunato, ma c'era un'ombra a tormentare la mia ragione: l'ombra che quel giorno avevo visto guardando oltre quella porta; ero certo che quell'ombra mi avesse trasmesso la sua maledizione, e più il tempo passava, più mi rendevo conto che a causa sua ero diventato l'angelo della morte.

    Raggiunta questa nuova consapevolezza della mia natura, avevo ripercorso la scia di anime a cui avevo tolto il privilegio di vivere, e mi ero reso conto che tutte loro erano persone che avevo amato, nel senso più sincero attribuito a questo verbo così inflazionato.

    In quel momento avevo preso la decisione di smettere di amare, ma per quanto ci provassi, un sorriso, un complimento, una risata, o uno sguardo gentile, trovavano sempre e comunque il modo di sfondare quel muro che avevo costruito attorno alla mia capacità di provare sentimenti, e allora avevo deciso che l'unico modo che avevo per proteggere coloro che amavo, era diventare l'incarnazione della solitudine.

    Me ne sono andato, in un posto il più lontano possibile da ogni forma di vita, e dal momento che il mio amore è veleno, desideravo ardentemente amare me stesso, ma non ci riuscivo, a causa del peso di tutti i peccati che avevo commesso, e lentamente mi stavo abbandonando all'oblio.

    Ormai da mesi mi beavo finalmente della pace eremitica, quando il destino, o chiunque altro ne facesse le veci in quel momento, mi aveva costretto ad incrociare lo sguardo con quello di due occhi da cerbiatta segnati da cerchi scuri, e incorniciati da un viso pallido. Era vestita di bianco, e il bianco della sua pelle metteva in risalto il corto caschetto di onde rosse che si sforzavano invano di sfiorare quelle spalle di una bellezza statuaria.

    Sembrava uscita da un dipinto del rinascimento, e per qualche istante mi era sembrato impossibile che fosse vera.

    Avevo cercato di convincermi della sua inesistenza, ma lei non solo non era scomparsa, ma addirittura si era fatta ancora più vicina, e aveva cominciato a parlarmi, e parlando piano, piano aveva risvegliato in me il desiderio di un contatto umano.

    <<Ti prego, vattene!>> avevo sussurrato, disperato.

    <<E perché mai dovrei farlo?>> aveva chiesto lei, sorridendo divertita e intrigata.

    <<Perché sono maledetto!>>

    Lei aveva riso: la risata più bella che avessi mai udito, chiara e vivace come il tuffo di una cascata.

    Chiaramente non mi credeva, ma io avevo insistito:

    <<è la verità! Tutti coloro che amo finiscono per morire. Sono l'angelo della morte, e il mio amore è veleno!>>

    <<Mi ami?>>

    <<Non ancora, ma sono certo che lo farei.>>

    <<Allora fallo! Amami più intensamente che puoi! Ti prego, amami. Non negarmi il dono che ho chiesto tante volte al destino.>>

    <<Come? Vorresti morire? Non sai di cosa parli!>> avevo commentato, e lei: <<So perfettamente di cosa parlo! Se tu sei veramente l'angelo della morte, allora le nostre ombre camminano insieme da molto più tempo di quanto tu creda. Non potrei desiderare morte più dolce del tuo amore, quindi amami, e lasciati amare, e dopo ama te stesso per avermi liberato dalla mia realtà di sofferenza.>>

    Qualcosa, in quella voce, mi aveva costretto ad obbedire e ad accettarla nella mia solitudine, e mentre lei lentamente mi portava ad amarla, la sua vita mi scivolava tra le dita in maniera sempre più evidente.

    Ogni giorno era sempre più pallida, e le sue forze venivano meno; quando le avevo chiesto se non si fosse pentita della sua scelta, lei mi aveva risposto di essere affetta da una malattia terminale da troppi anni, e che era scappata proprio perché tutti si ostinavano ad impedirle di morire.

    <<Per questo ti sono grata, e ti amo, perché sei l'unico che ha compreso che ho il diritto di scegliere l'oblio della morte invece che la sofferenza della vita. Dovresti amare anche tu te stesso, perché mi stai liberando da un destino ben peggiore della morte.>>

    Pochi giorni dopo, lei ha esalato il suo ultimo respiro, sorridendo, e quel sorriso ha sciolto in me anche l'ultimo dubbio: la mia maledizione l'ha resa felice, e per una volta ho ringraziato quell'ombra che fino a quel momento mi aveva causato tanto dolore.

    Ho iniziato a considerare la mia situazione sotto una luce diversa, e poco a poco quel sorriso mi ha insegnato ad amarmi, e il mio amore è veleno.

    Non so perché ho sentito il bisogno di lasciare questa sorta di testamento che nessuno leggerà mai; tutto ciò che so, è che le forze mi stanno abbandonando, e presto sarò insieme a lei.

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    L'ultima nota

    Ho pescato un altro fottuto pezzo di fumo dal cappello e non mi ha dato affatto fastidio il pensiero di riempirmi con quel estasiante...Ho aggiunto altri tre centimetri al taglio che ogni giorno ripasso, guardarlo mi fa solo ricordare e rendere conto che quello che voglio è solo calcare di più, fino in fondo e bucarlo quel polso...Quando uscirò di casa non mi peserà abitare questo corpo, sarà... Altro...

    Ho pescato un altro fottuto pezzo di fumo dal cappello e non mi ha dato affatto fastidio il pensiero di riempirmi con quel estasiante...

    Ho aggiunto altri tre centimetri al taglio che ogni giorno ripasso, guardarlo mi fa solo ricordare e rendere conto che quello che voglio è solo calcare di più, fino in fondo e bucarlo quel polso...

    Quando uscirò di casa non mi peserà abitare questo corpo, sarà abbastanza il focalizzarmi su quello che aspetto febbrilmente...il coro degli angeli, l'eutanasia...dolce solo se estremizzata il meno possibile...delicata solo se accompagnata da pensieri quotidiani.

    Ho sentito pronunciare parole quali "la vita è come andare in bicicletta", solo che i miei pedali sono in fiamme e la strada è lava che cola, perché sono all'inferno...obbligato a restarci finché rimarrà accettabilmente doloroso, finché non mi ritroverò in una stazione di servizio con la bava alla bocca, mentre non riuscirò più a controllare il mio corpo dagli spasmi.

    La vasca, che mi fa da letto, sembra quasi me lo stia per dire...forse può davvero accogliere il mio ultimo respiro...sento di rassicurarla, perché non dovrà aspettare ancora a lungo.

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    Prova N. 1

    Spero che questa lettera venga trovata dalla persona giusta, o per lo meno, da qualcuno con la giusta sanità mentale dal riuscire a capire quando è meglio fermarsi e non continuare a leggere.Ho cercato di pulire via il sangue dalle mani per quasi 30 minuti, quello che ho ottenuto è solamente l'aggiungerci un po' del mio sopra a quello già presente, perciò mi scuso se il foglio risulterà spor... Altro...

    Spero che questa lettera venga trovata dalla persona giusta, o per lo meno, da qualcuno con la giusta sanità mentale dal riuscire a capire quando è meglio fermarsi e non continuare a leggere.

    Ho cercato di pulire via il sangue dalle mani per quasi 30 minuti, quello che ho ottenuto è solamente l'aggiungerci un po' del mio sopra a quello già presente, perciò mi scuso se il foglio risulterà sporco.

    Oggi faccio fatica a capire le voci e sono un po' triste, perché non so chi e in che modo dover prendere il prossimo impentinente...

    a volte vorrei solo liberare più persone da questo mondo spezzato, rendendole più libere di godersi la tranquillità, che solo una scatola di legno sotto terra può regalare...nell'attesa che si chiariscano tornerò a strappare i capelli della ragazza n⁰ 13, sto quasi per finire la bambolina e non vedo l'ora di metterla sulla credenza insieme a tutte le sue future compagne; quasi le invidio...riescono a stare sempre tranquille e al loro posto, felici di essere ciò che sono, piccole o grandi...bionde o brune che siano, un ottimo esempio di inclusività, che se fosse presente anche nelle nostre vite, non sarei costretto a ritrovarmi nel prendere per me chi dubita o denigra il prossimo. 

    So di star facendo il giusto, in modo moralmente claudicante e profondamente dubbio, ma non credo esistano regole quando si pratica e interpreta la voce di dio. 

    Ad un mondo più sano, ad ogni cuore ormai annerito, per coloro che erroneamente si sentiranno sconfitti.

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    L'UOMO DELLA NEBBIA (da "Racconti dell'Oltre)

    Ferrara è notoriamente una città umida e nebbiosa. L’uomo della nebbia la scelse per questo.Avrebbe potuto aggirarsi indisturbato per le vie caratteristiche senza essere notato da nessuno.Avrebbe potuto scegliere le sue vittime senza provocare panico, senza che la gente sospettassenulla. Si era risvegliato dal suo lungo sonno con una grande fame. Aveva guardato la mappa e fra letante città ne... Altro...

    Ferrara è notoriamente una città umida e nebbiosa. L’uomo della nebbia la scelse per questo.

    Avrebbe potuto aggirarsi indisturbato per le vie caratteristiche senza essere notato da nessuno.

    Avrebbe potuto scegliere le sue vittime senza provocare panico, senza che la gente sospettasse

    nulla. Si era risvegliato dal suo lungo sonno con una grande fame. Aveva guardato la mappa e fra le

    tante città nebbiose aveva scelto. E in un tempo brevissimo era arrivato lì. Ed ora camminava

    lentamente per le stradine strette e meno frequentate. I suoi passi erano pesanti. Era debole e stanco.

    Il viaggio lo aveva debilitato molto. Il suo appetito aumentava a dismisura. Era il momento. Ora

    avrebbe scelto la sua vittima. Maria uscì dal suo piccolo negozio di articoli per sartoria. Lo aveva

    ereditato dalla madre e con orgoglio continuava a gestirlo con professionalità e amore. Chiuse a

    chiave la piccola porta che non aveva mai voluto cambiare. A lei piaceva così. Rabbrividì. Ormai

    cominciava a far freddo. “Brr, novembre, sei il più brutto mese dell’anno” disse fra sé e sé. Si

    incamminò in mezzo alla nebbia. La visibilità era scarsa, era buio, e i lampioni, ormai vecchi come

    la città, male illuminavano la strada acciottolata. Era ansiosa di arrivare a casa, quella sera non si

    sentiva per nulla tranquilla anche se non ne sapeva il motivo. Il suo appartamento fortunatamente

    era poco distante dal suo piccolo negozio. Mentre camminava, continuava a guardarsi intorno con

    circospezione. Si sentiva osservata, ma pur girandosi in continuazione, non vedeva nessuno che la

    potesse seguire. L’uomo della nebbia, osservò quel viso dolce e buono che ispirava fiducia. Era una

    vittima ideale per il suo pasto. Gli avrebbe dato nutrimento per altri cent'anni. La bontà d’animo che

    albergava in quella ragazza avrebbe soddisfatto il suo appetito, lo avrebbe sicuramente deliziato,

    dandogli quel benessere che lo avrebbe calmato per lungo tempo. Camminava dietro di lei con

    fatica. Si stava indebolendo troppo, doveva assolutamente passare all’azione. Lei era bella, buona e

    appetitosa. Non sarebbe stato per niente facile convincerla a darsi a lui, in modo che da poter

    assorbire la sua energia per sfamarsi e poter tornare a dormire per altri cento anni satollo e

    soddisfatto. Maria infilò la chiave nella serratura troppo velocemente. Tremava per il freddo e le

    chiavi le scivolarono di mano e caddero a terra. «Tenga, signorina… le sue chiavi.» Maria trasalì

    spaventata, si girò e, quando guardò quell’uomo negli occhi, ebbe un tuffo al cuore. Erano come di

    ghiaccio, penetranti e di un azzurro così intenso che faceva quasi male. «Grazie. Mi scusi se mi

    sono spaventata, ma non l’avevo proprio sentita arrivare.» Le morì la voce in gola. Lui era bello da

    togliere il fiato. «Mi perdoni la prego.» E, molto cautamente, le prese la mano e la sfiorò con un

    finto bacio, come un antico cavaliere. L’uomo della nebbia ormai era sicuro di essere entrato nella

    sua mente e nella sua anima e già pregustava il suo pasto. Senza dire altre parole lei, come in una

    sorta di trance, aprì e lo fece entrare. Lui chiuse la porta dietro di sé. Ora sarebbe stata sua. Lei restò

    in piedi a guardarlo. Non riusciva a muoversi. Era rapita dai suoi occhi, così belli e terribilmente

    spaventosi. «Maria, ora ti darai a me per saziarmi?» Lei non parlò. Per tutta risposta, allungò il viso

    verso di lui, ma subito si ritrasse. Lo fece d'istinto appena vide il quadro dietro le spalle dell’uomo

    della nebbia. Le era stato lasciato dalla madre, che prima di morire le disse di conservarlo e che al

    momento giusto, sarebbe stato la sua salvezza. La madre le disse anche che sperava che non le

    sarebbe mai servito. Maria le avrebbe voluto chiedere il significato delle sue parole, ma non ne

    aveva avuto il tempo, perché la donna era spirata subito dopo aver detto quelle cose strane. « Non

    ora, non è il momento» disse Maria con un filo di voce, sforzandosi disperatamente di distogliere gli

    occhi da quello sguardo così penetrante. L’uomo della nebbia la guardò stranito. Non si aspettava

    quella reazione, ormai era sicuro di averla in pugno. «Fra un momento» disse lei e non senza fatica

    si allontanò da lui, si avvicinò al quadro con un minimo di naturalezza, lo staccò dal muro, lo girò e

    dietro vi trovò un coltello stranissimo. Dentellato ma a forma di mezza luna. In quel momento capì

    cosa doveva fare. Gli si avventò contro talmente in fretta che l’uomo non ebbe nemmeno il tempo di

    muoversi. Gli piantò il coltello in fronte, ma non sgorgò sangue, solo nebbia. Lui cadde, lei gli saltò

    sopra e gli diede un lungo bacio, prosciugandolo completamente. Maria, avvolta dalla nebbia si

    sentì sazia e carica di energia. Si asciugò la bocca e sorrise. Ora poteva riposare. Per altri cento

    anni.

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