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    COGNITIO (Liber Libertatis)

    UN LIBRO RICHIAMALA TUA ATTENZIONEDALLO SCAFFALE,NASCOSTO NEL CREPUSCOLO.PARE CONOSCERE OLTRETEMPOLA TUA STORIA, I TUOI SILENZI,IL VILE TRATTO DI MEMORIE.EVOCA IL TUO NOMEDALL'ANGOLO DI ZINCOIL SILLABARIO,A PIÈ FERMO A REGALARTILIETI SORRISI,A RIVOLUZIONARTI L'ESISTENZA,A LENIRE LE TUE FERITE,AD ACCOMPAGNARTINELLA PIOGGIA;RISPLENDE IN UN'ORMADI CARTA,PER DONARTI PICCOLI E GRANDI SOGNI, ... Altro...

    UN LIBRO RICHIAMA

    LA TUA ATTENZIONE

    DALLO SCAFFALE,

    NASCOSTO NEL CREPUSCOLO.

    PARE CONOSCERE OLTRETEMPO

    LA TUA STORIA, I TUOI SILENZI,

    IL VILE TRATTO DI MEMORIE.

    EVOCA IL TUO NOME

    DALL'ANGOLO DI ZINCO

    IL SILLABARIO,

    A PIÈ FERMO A REGALARTI

    LIETI SORRISI,

    A RIVOLUZIONARTI L'ESISTENZA,

    A LENIRE LE TUE FERITE,

    AD ACCOMPAGNARTI

    NELLA PIOGGIA;

    RISPLENDE IN UN'ORMA

    DI CARTA,

    PER DONARTI PICCOLI 

    E GRANDI SOGNI, 

    PEZZI DI CIELO INESPLORATI...

    THEA MATERA ©️

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    NELLO SPAZIO DI UN ATTIMO

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle ... Altro...

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle persone con deficit, dei poveri e degli sfruttati. Una donna poliedrica Maria Montessori, che nella sua vita si è dedicata allo studio, alla ricerca, al miglioramento della società mediante l’educazione, nella speranza di poter costruire, attraverso essa, un mondo di pace. Ancor oggi, la neuropsichiatra infantile ideatrice di uno dei sistemi educativi più noti e adottati in migliaia di scuole nel mondo, ’gioca’ ancora e sempre di più con i suoi bambini e lo ricordano i bambini, i genitori e le maestre che come me hanno deciso di dedicarle una lode poetica, in sua perenne e felice memoria.

    Ci sono donne

    che vivono fuori dal tempo

    che abitano

    perché sognano spazi

    infiniti dove non entrano.

    Ci sono maestre di libertà

    e democrazia,

    che non sanno cosa scegliere

    tra la verità

    e il sorriso di un bimbo.

    Ci sono donne

    sacerdotesse spericolate,

    che non hanno paura di immolarsi

    pur di promuovere un cambiamento.

    E l’istruzione è poca cosa

    se non insegna ad essere educati

    alla libertà di decidere

    se essere uomini o soldati.

    La pace la trovi

    in assenza di guerra

    quando le armi

    sono la luce e la conoscenza

    e la scuola diventa il giardino dei bimbi.

    Che sono fiori da coltivare

    diversi per bellezza e colore…

    loro, innocenti e puri,

    i veri maestri dell’umanità.

    E tu Maria di bellezza nascosta

    fosti la “Monnalisa” chiamata,

    a sacrificare la tua immagine

    per renderla immortale ai posteri.

    Nessun riverbero di egoismo

    sul sentiero dei diversi,

    dove ti seguirono gli angeli

    nella capanna del silenzio.

    Se insegnare è una missione

    tu l’hai incarnata a pieno titolo,

    vestendoti di semplice umanità

    e cancellando brutture e castighi.

    Non hai atteso “la manna dal cielo”

    ma hai aperto un varco nel cosmo

    hai messo fine a violenze e conflitti

    educando alla gioia, i bambini.

    È il tuo sguardo all’anima

    che racconta i sogni,

    e se dovessi raccontare

    di te alla posterità

    direi che sei tra le stelle

    come "il sole" in verità.

    In quel giardino fresco

    e fiorito brilli,

    dove ogni farfalla variopinta

    si posa tra le tue dita,

    pronta a volare

    nello spazio di un attimo.

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    MISREAD (La Voce Dello Scrittore)

    Un libro è fervido fine,intrepido percorso, sentiero imperviolastrico di sensazioni, di parole finite,di voci da imprimere e pensieri da scartare,di fogli spezzettati ravvolti malamente,zeppati di grovigli strampalati,veloci appunti e dimenticanzequasi a voler congelare il tempo,l'impressione di un'occhiata sfuggente,l'istantanea sfocata, la frase scrittaper tedio o ... Altro...

    Un libro è fervido fine,

    intrepido percorso, 

    sentiero impervio

    lastrico di sensazioni, 

    di parole finite,

    di voci da imprimere 

    e pensieri da scartare,

    di fogli spezzettati 

    ravvolti malamente,

    zeppati di grovigli strampalati,

    veloci appunti e dimenticanze

    quasi a voler congelare il tempo,

    l'impressione di un'occhiata 

    sfuggente,

    l'istantanea sfocata, 

    la frase scritta

    per tedio o per diletto, 

    il ricordo sviato,

    appannato e trattenuto 

    sopra un taccuino 

    scordato in un cassetto.

    Un libro è l'imperscrutata soglia,

    lo sfaccettato enigma, 

    è un brivido d'arsura,

    aguzza  parabola, l'ignoto limbo.

    Un libro è il ritorno alla memoria,

    alla feconda azzurrità.

    Thea Matera©️

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    I SORRISI DEL CUORE

    Ti guardo o madre,mentre attraversi la notte dell’anima,o donna che viaggi tra parole distratte,muti silenzi e reminiscenze in bilico;ti guardomentre scivoli come una biscia altrove,ti giri e ti rigiri in quel fiume di nebbiache porta il pensiero in ogni dove.Ti guardonell’immobile giorno che muore,abbraccio il tuo buio straziantema poi c’è l’alba… e la luce si muove.Lotta con me o guer... Altro...

    Ti guardo o madre,

    mentre attraversi la notte dell’anima,

    o donna che viaggi tra parole distratte,

    muti silenzi e reminiscenze in bilico;

    ti guardo

    mentre scivoli come una biscia altrove,

    ti giri e ti rigiri in quel fiume di nebbia

    che porta il pensiero in ogni dove.

    Ti guardo

    nell’immobile giorno che muore,

    abbraccio il tuo buio straziante

    ma poi c’è l’alba… e la luce si muove.

    Lotta con me o guerriera

    ché ancora non hai perso,

    occhi di sogno, guardami!

    Non aver paura, non aver paura!

    Ricolmami di speranza e di fiori

    aprimi la porta e spandi profumo

    mentre ti insemino la gioia,

    ti prego fammi entrare, non lasciarmi fuori.

    I miei versi dolenti fanno male…

    trafiggono l’anima come pugnali

    ma non c’è croce, né martirio

    che non sia bagnato di dolore.

    Nel mio triste spasimo

    aggrappati al mio amore

    e se ti amo così male,

    perdona il mio povero cuore

    in questa calma stupita

    fatta di assenza di voci,

    far urlare il mio cuore

    è strappare la vita.

    Poggia su di me il tuo capo,

    lasciati dietro le ombre della sera,

    posalo dolcemente sul mio petto,

    lo accarezzerò come una preghiera.

    Sentirai leggero il battito della vita,

    potrai riposare dalle fatiche dei giorni.

    Non angosciarti se non ricordi le ore

    l’amore non dimentica il tempo…

    e non nascondere i tuoi occhi di luce

    ma lasciali solo per me

    quando avranno voglia di piangere

    io sarò sempre con te.

    Tienimi stretta, stretta

    dentro il palmo della tua mano,

    è lì che troverai la forza,

    la vita, e il domani…

    amo i tuoi smarrimenti,

    la tua tenacia e la direzione

    ostinata e contraria alla mia

    ma ci ritroveremo sempre

    sul filo di una poesia.

    Madre potrei narrarti

    il nostro romanzo d’amore

    e incidere dentro, a fuoco, l’infinito

    ma temo che l’inverno sia alle porte,

    torneranno il vento, la pioggia,

    la tempesta e le parole…

    tornerà l’azzurro, la gioia, l’allegria

    e tu sarai più bella del sole,

    tornerà la felicità che spazzerà via

    la tristezza e resteranno i sorrisi,

    i sorrisi del cuore.

     

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    CARISSIMO PINOCCHIO…

    FATINA: -Mio carissimo Pinocchio lo sai che se dici bugie ti cresce il naso e diventi nuovamente un burattino… ahahaha… che cosa mi combini!PINOCCHIO: -Innanzi tutto non dico solo bugie, molte volte dico bugie, che non è la stessa cosa, poi io, a mio avviso, sono l’uomo (anche se non sono un uomo ma un burattino) più trasparente del mondo.FATINA: -In questo periodo non sei stato il massimo... Altro...

    FATINA: -Mio carissimo Pinocchio lo sai che se dici bugie ti cresce il naso e diventi nuovamente un burattino… ahahaha… che cosa mi combini!

    PINOCCHIO: -Innanzi tutto non dico solo bugie, molte volte dico bugie, che non è la stessa cosa, poi io, a mio avviso, sono l’uomo (anche se non sono un uomo ma un burattino) più trasparente del mondo.

    FATINA: -In questo periodo non sei stato il massimo della trasparenza!

    PINOCCHIO: -Hai ragione fatina mia, con gli altri forse…non so…ma con te che mi vuoi bene….

    FATINA: -Ricorda piccolino mio: prima vengono i sorrisi, poi le bugie… “Bontà di vita e onestà di bocca, assai vale e poco costa.”

    PINOCCHIO: -Alcune volte dico bugie per timidezza, perché non ho il coraggio di dire le cose come stanno… in questi casi non mi sembra che la bugia sia propriamente un peccato.

    FATINA: -si si vabbè… Beh, l’ottavo comandamento recita: non dire falsa testimonianza, questo non si può negarlo, inoltre dire una bugia è sempre una mistificazione della realtà. E ti ricordo ancora: non sfidarmi con il tuo orgoglio, e malafede, perché in questi casi l’indifferenza sarà da parte mia la medicina più amara e acerba.

    Con immutato affetto dalla tua fatina!

    MORALE DELLA FAVOLA: “La fiducia nella bontà altrui è una notevole testimonianza della propria bontà.”

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    IMMENSO

    Non mi lasciate di fronte alle ombreimprigionata dai miei versi,che mi conducono al massacro dell’animae a fare a pezzetti il mio cuore…Attendo disperata che qualcuno mi liberie mi chiami dalla stradaal crepuscolo,una voce sconosciutasi faccia sentirenella tempesta di voci,un respiro,un alito di ventomi strappi da quest’immenso.... Altro...

    Non mi lasciate di fronte alle ombre

    imprigionata dai miei versi,

    che mi conducono al massacro dell’anima

    e a fare a pezzetti il mio cuore…

    Attendo disperata che qualcuno mi liberi

    e mi chiami dalla strada

    al crepuscolo,

    una voce sconosciuta

    si faccia sentire

    nella tempesta di voci,

    un respiro,

    un alito di vento

    mi strappi da quest’immenso.

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    CARA VITA

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e... Altro...

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e giustizia che mi hanno trasmesso i miei genitori. 

    Sono caduta molte volte, come un soldato in battaglia che non si lecca le ferite, ma le conserva come distintivi di vita vissuta.  Ho conosciuto il dolore forte non solo quello fisico ma anche quello dell’anima, sono scesa come Dio agli inferi e in quel profondo abisso, ho ritrovato la luce. Ho amato e sono stata molto amata. Sempre accompagnata da quell’inquietudine che tende uno sguardo oltre le apparenze e che ricerca nei pertugi della sofferenza, la voce stanca di quel mondo degli “invisibili”, e non mi sono intimidita dalle forme disegnate dalla caducità delle nostre esistenze, ma ho alzato la voce contro l’odio e la guerra. Non riesco a girarmi davanti alle ingiustizie, e non riesco a fare grandi mediazioni. 

    Ho saputo, però, lavorare con sacrificio e pazienza e ho trovato rari rifugi, dove poter sostare e osservare; molto spesso per curare insolite ferite e scoprire nuove vitalità. Un atteggiamento caratteriale che mi porta a stare al fianco degli ultimi con assoluta semplicità e istintività. Impossibile fare sodalizi con l’indifferenza, anche quando le necessità richiedono tempo solo per noi stessi. Questa esigenza etica che sento così forte, è il frutto del lavoro testimoniale della mia famiglia. Una grande fortuna, penso, è stata il non aver perso la visione di nessuno di questi rifugi dove conserviamo beni e valori preziosi che vivono sulla linea dell’idealità e di una profonda spiritualità. Rappresenta, per me un autentico toccasana quando le difficoltà della vita hanno riempito le notti buie abitate da fantasmi impudenti. 

    Certo, in questo cammino, si guarda avanti, senza però, dare per scontato nulla. Spesso mi faccio trascinare dal cuore, dalle sensazioni, dalla voglia di vita, dalle passioni; a volte, però, lascio al silenzio e allo sguardo, le ali per girovagare, perché entrambi hanno le loro grammatiche, i loro segreti e le loro rivelazioni. Ma ritrovo sempre la vita con le sue narrazioni disegnate con una bellezza a volte bizzarra ma sempre entusiasmante, e si ritrova a volte uno squarcio di vita anche nei ricordi più tristi, in pezzi di dolore non digeriti ma sapientemente conservati per sentirci ancora vivi. 

    E allora caro angelo che sei lassù... ti ho scritto davanti alla vita perché tu capisca che ancora la sento e mi ascolto; mi ascolto nel cuore, dove ti cerco, e ti trovo ancora nell’aria e nelle stelle, nei segreti della mia anima e fra la gente. Ho cercato, tra i ricordi più belli, questa foto vecchia e ingiallita, fotogramma non di una vita finita ma di un felice pezzo di storia. Non importa con quali abiti e con quali colori ti porgevo un fiore ma pensavo a te, al profumo della vita che mi hai lasciato addosso. In quel fiore c’era impresso il segno dell'Amore che hai seminato nella nostra esistenza donata alla terra, e se cerchi di guardare o spiare nel cuore per vedere, ancora ci sono intatti i segni delle carezze donate, delle sofferenze e della vita germogliata, ancora ci sono i segni delle tue amorevoli braccia.

    -Poche parole per la conquista del bene, la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono, anche dopo la nostra morte- erano queste le tue parole nella quiete del tempo. Se frughiamo tra le ferite con l’amore nelle mani, le cicatrici son tante, e la lotta è stata dura e lo è ancora ma hai vinto tu, hai donato fino all’ultima goccia del tuo sangue per un martirio di salvezza. 

    E ora così, sommessamente, in punta di piedi, "togliendomi i calzari", mi son permessa di bussare alla tua porta; forse per un bisogno del cuore, per dirti che posso camminare ancora nuda nella tua anima; per scoprire la bellezza della luce, sì, di quel raggio di sole che mi lasciasti e che non va più via, ma è nascosto fra le righe della mia poesia. 

    Ti scrivo ogni giorno... ti scrivo perché la vita va vissuta e scritta per non dimenticare i momenti, la meraviglia, il dolore e la gioia di sapere che nulla è per sempre, e che solo un ricordo, una lettera mai scritta, un verso accorato può accompagnarci nella solitudine e aprire la porta all’anima verso orizzonti senza fine. 

    Cara vita Grazie per avermi donato un respiro in più che difficilmente restituirò al cielo.

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    RACCONTO DI UN PROFUGO

    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualc... Altro...
    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualche causa. Ed è vero, il dottor Goder parla della sua terra e della sua gente con l’orgoglio di chi non si tira indietro: in questa nuova devastante guerra, i curdi combattono il terrorismo dello Stato islamico in nome di tutto l’occidente. Goder, combatte questa guerra a modo suo: attivandosi per la pace e la salvezza dei suoi fratelli. Attende che il fato gli affidi un pezzo di campo profughi dignitoso, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto dignitoso per quei bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi, e volersi bene.

     

    "Non posso dimenticare il pianto di bambini migranti... lì sul limbo serbo dopo aver attraversato la rotta balcanica.

    Ho visto adulti e bambini ammalarsi, e morire di fame e di freddo.

    Ho fatto migliaia di chilometri a piedi, per arrivare sino a qui, con quei pochi soldi risparmiati in tutta una vita: denaro raccolto facendo le collette davanti alle chiese; ho venduto la casa che mi aveva lasciato mia madre e gli animali.

    Ora non ho più paura, il freddo è il meno che mi possa capitare.  

    Voglio andare avanti, come gran parte dei profughi afghani e pakistani accampati dentro le stazioni, ho attraversato mari e montagne in Iran e Turchia, mi sono fermato nei centri di accoglienza greci, bulgari, macedoni, prima di raggiungere Belgrado.

    Vorrei che qualcuno mi aiutasse, e aiutasse la nostra gente.

    In verità io penso che la gente non sia così stupida, ha solo bisogno di verità la gente come me...

    Mi sento completamente disarmato di fronte a tanta sofferenza.

    Siamo poveri e spogli di tutto e tanto sporchi di fango, ma quello che mi fa più male è il fango della loro indifferenza. L’indifferenza di chi sta meglio di noi, di chi non capisce e non può capire perché ha avuto una vita più facile della nostra.

    Oh Dio, quanto vorrei trovare un pezzo di terra! Un pezzo di campo profughi dignitoso, di attesa, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto per questi bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi.

    Cammino dentro la Storia. Una parte di Storia che non avrei mai voluto vivere.

    Dio, come sono straordinari quei bambini sfortunati, e nei loro occhi s’intravedono ancora le fiamme dell’inferno. Hanno ancora i segni di quelle fiamme, li portano anche sul viso, sulle braccia, sui piedini scalzi.

    Le mie parole si perdono oltre la sconfinata vallata.

    Perché è facile parlare di guerra senza averla mai vista, senza saperne nulla, senza conoscerne gli effetti devastanti sulla vita – ma quando ti ci trovi davanti, capisci che le parole giuste, in realtà, non esistono.

    Esistono, al più, silenzi giusti, e forse, in taluni casi, neanche quelli.

    Decine di centinaia di famiglie siriane sono fuggite dal clamore della guerra, nascoste in silenzio in casolari, stalle, garage abbandonati di questa splendida, meravigliosa città di frontiera.

    Rifugi abbandonati da chi, prima di loro, è fuggito dal fragore dei missili, dalla certezza della morte.

     Da questo confine sono verosimilmente passati più di quattro milioni di profughi.

    Un'intera generazione di bambini siriani sta crescendo senza avere mai conosciuto la pace.

    Non c’è stata pace per noi. La mia infanzia era scandita da bombe e morti, mio padre restava nascosto in casa per non essere preso e mandato a combattere contro gli iraniani in una guerra non nostra.

    La mia, era una bella famiglia, ricca delle cose essenziali, amore e cultura; amavo la musica e i miei mi fecero studiare pianoforte.

    Non potendo mai uscire da casa per la guerra, suonavo tutto il giorno la pianola... poi un giorno, decisi di scappare.

    Ben presto, però l’invasione irachena spezza ogni sogno e ci costringe a un esodo biblico: tra le colonne interminabili che s’inerpicano sulle montagne desertiche, c’è anche il mio piccolo fratello Omar.

    L’arrivo in campo profughi, il freddo, la calca tra bambini per afferrare cibo e acqua dai camion di aiuti rende la nostra casa, un sogno lontano, pensavo alla mia pianola, che non l’avrei più rivista... eravamo nudi e senza niente.

    Ho sofferto come un cane, per non poter donare il mio aiuto agli altri, cosa potevo dare ai miei sfortunati fratelli se io stesso non avevo nulla... neanche il fiato per respirare, e neanche più gli occhi per piangere.

    È stato allora che, decisi di diventare medico.

    Volevo offrire qualcosa al mio popolo innocente e disgraziato. Noi curdi chiedevamo solo pace, ma nei secoli siamo sempre stati aggrediti e martoriati.

    Anche oggi, siamo in guerra contro Isis. Sono stati anni duri, a causa dell’embargo e della nuova guerra tra Usa e Iraq; mancava la corrente e studiavo con la boccetta di petrolio accesa sui libri, ma non demordevo, e i miei genitori fecero di tutto perché io e mio fratello minore avessimo un’istruzione.

    Avrei voluto conquistare almeno la dignità di essere riconosciuto come un essere umano e il diritto di sognare un futuro per me e per gli altri. Che poi è l’unica ragione che muove il mondo, e lo rinnova.

    Il mondo è abbastanza grande da accogliere tutti quanti noi, apriamo le porte, costruiamo i ponti, edifichiamo la pace. Perché malattie e morte ce ne sono state abbastanza... e non serve solo odiare e condannare.

    Bisogna trovare la forza per unirsi contro la barbarie e la violenza, non solo per garantire e difendere la democrazia, minacciata da forze oscurantiste d’inusitata mostruosità.

    È da condannare ogni silenzio nei confronti di queste tragedie e bisogna invece sostenere chi da sempre è impegnato in prima linea per il dialogo tra le religioni e le culture e per lo sviluppo dei principi di pluralismo e rispetto della libertà.

    È stata una giornata molto intensa.

    Affiora la stanchezza e sono tanti i sentimenti che ho accumulato in tutte le visite che ho fatto. Davanti ai miei occhi scorrono gli occhi di tutte le bambine e i bambini che ho incontrato, abbracciato e ascoltato.

    Gli occhi appassionati degli operatori sanitari che ho ammirato.

    Qualcuno di noi cede e da spazio alle lacrime: è giusto così, non si riesce a tenere tutto dentro, non è umano. Come è disumana questa guerra, anche se è, voluta da uomini.

    Oggi Sento forte l'orgoglio di lavorare per chi ha bisogno.

    Oggi sono un medico del mondo, sono il soccorritore dei poveri e dei miseri.

    Il lavoro che faccio sul campo è indispensabile ed efficace allo stesso tempo.

    Sì, perché... mentre tu hai una cosa, può esserti tolta. Ma quando tu dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro te la può rubare.

    E allora è tua per sempre.” Il silenzio e l’indifferenza, certe volte, fanno più danno delle bombe.”

    Teresa Averta

     

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    I MIEI MARI

    Abbraccio questo troncoabbandonato in questa rivache ha il sapore di saledi un oceanoChe si schiantòprima o dopo il mio naufragioe osservo la schiuma biancarimasta appiccicata sul mio corponello strappo ferocedelle tue piume volate sulle nuvole.Vicino a me eriCiò che dovevi essere,e ora sei disteso in un’urna d’acquae come una reliquia riposi in una vetrinaquasi fossi una bombonierainfrangib... Altro...

    Abbraccio questo tronco

    abbandonato in questa riva

    che ha il sapore di sale

    di un oceano

    Che si schiantò

    prima o dopo il mio naufragio

    e osservo la schiuma bianca

    rimasta appiccicata sul mio corpo

    nello strappo feroce

    delle tue piume volate sulle nuvole.

    Vicino a me eri

    Ciò che dovevi essere,

    e ora sei disteso in un’urna d’acqua

    e come una reliquia riposi in una vetrina

    quasi fossi una bomboniera

    infrangibile.

    Sudicio di luce

    Ti pulisti per rientrar

    nel buio dell’embrione in cui nascesti.

    Mi sono avventurata nell’universo

    a raccoglier per te

    migliaia di stelle…

    ma le spegnevi tutte

    ad una, ad una.

    E qui meglio

    mi sono riconosciuta,

    non ero per te “albero maestro”.

    Di mari ne ho attraversati tanti

    ma dentro le tue lacrime

    non avevo mai navigato.

    Non biasimo i tuoi sogni,

    adagiati nella culla dei ricordi

    ma lasciarmi naufragare

    nel silenzio

    è storia senza cuore

    e senza tempo…

    e in quelle occulte mani

    hai lasciato scivolare

    il senso della vita

    che non si è perso. Era il mio!

    Quella rara Felicità

    che ho accolto e compreso

    quando ho attraversato i “miei mari”.

    E in quell’azzurro mi sono rimescolata

    E in mezzo a quelle onde…

    ho lasciato andare mille tempeste.

    Mi sono conosciuta e amata,

    e non ho avuto più paura.

    La forza era il cielo riflesso nel mare.

    Il coraggio ero io che cercavo la riva,

    il porto sicuro,

    questi sono i miei mari,

    la mia nostalgia.

    La schiuma si è sciolta…

    su questo tronco solitario

    e i pesci danzano ancora nell’acqua.

    Or ch’è di nuovo è giorno

    la mia anima mi pare una corolla

    perché dentro i mari:

    son capitano della mia dolce vita.

    Teresa Averta

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    UOMO

    Anche tu sei un pugno di terra.Sei carne e sangue di passaggio.Cammini come chi cerca la vita,a tentoni attraversa l’esistenzaattendi, in silenzio, la morte sulla porta.Respiri vento ti emozioni e taci.Stringi le mani e il dolorelasci andare tetti ed amori.Sei solo! Solo! Solo!Dentro di te…sale la rabbia prepotenteche ti ha svegliatoe ti ha dato un mondoche non volevi.Che pretendevi?Uomo.Anche... Altro...

    Anche tu sei un pugno di terra.

    Sei carne e sangue di passaggio.

    Cammini come chi cerca la vita,

    a tentoni attraversa l’esistenza

    attendi, in silenzio, la morte sulla porta.

    Respiri vento ti emozioni e taci.

    Stringi le mani e il dolore

    lasci andare tetti ed amori.

    Sei solo! Solo! Solo!

    Dentro di te…

    sale la rabbia prepotente

    che ti ha svegliato

    e ti ha dato un mondo

    che non volevi.

    Che pretendevi?

    Uomo.

    Anche tu sei un pugno di terra.

    Teresa Averta

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    UNO QUALUNQUE

    Non ti arrampicaresui mari della lunadove i craterihan voragini antiche.Non scalare montagnealtissime se non haipiedi di ferro.Non andare nel boscodi sera,niente è come sembradi giorno.Non guardarel’erba migliorema coltiva la tuacon amore.Non accendereincenso chè ha fumoma conserva il profumodi un fiore.Non inseguire corviassetatiti succhierebbero il sanguea tua insaputa.Vorrei dirti che sbagl... Altro...

    Non ti arrampicare

    sui mari della luna

    dove i crateri

    han voragini antiche.

    Non scalare montagne

    altissime se non hai

    piedi di ferro.

    Non andare nel bosco

    di sera,

    niente è come sembra

    di giorno.

    Non guardare

    l’erba migliore

    ma coltiva la tua

    con amore.

    Non accendere

    incenso chè ha fumo

    ma conserva il profumo

    di un fiore.

    Non inseguire corvi

    assetati

    ti succhierebbero il sangue

    a tua insaputa.

    Vorrei dirti che sbagli

    ma poi so che sbadigli…

    e non oso spezzarti

    la strada tortuosa.

    Ma se nei tuoi ricordi

    mi hai incontrato

    poi, però fermati!

    Non te lo meriti!

    Non ti meriti, proprio

    di essere uno qualunque!

    Uno qualunque si fregia

    di essere sulla crosta terrestre?

    Sì, se con una mano

    può toccare il cielo,

    ma se non ci arriva,

    non è colpa sua!

    Allora, non cadere

    nella trappola

    dei falsi abissi.

    Tu non sei il dolore

    che hai vissuto

    o il sogno

    che hai lasciato a mezza via.

    Ti è mancata la forza

    a scavalcare i tuoi limiti

    e non hai bisogno di un premio

    che colmi il vuoto

    che hai dentro…

    avresti sete sempre

    sete di vita interiore.

    Non riempirti gli occhi

    di sciocche promesse

    ma trova il coraggio

    e rialzati in piedi!

    Non ti affiancare a lumi

    e candele,

    destinati a spegnersi

    prima di un tuo respiro.

    Cerca la luce,

    ma cercala dentro

    nei silenzi più forti

    celati nel cuore.

    Passa se puoi,

    dalla personalità

    all’anima

    è lì che risorge

    la gioia dal vuoto.

    Non negare a te stesso

    Il vero splendore

    che nasce

    da un uomo vestito di niente.

    Teresa Averta

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    L’AMORE, IL REGALO PIÙ BELLO

    Ultimo giorno di scuola, prima delle attese vacanze natalizie. L'arrivo del Natale, ogni anno è annunciato da un’atmosfera particolare per la scuola e la società. Le strade illuminate delle città si riempiono di persone, che diventano più allegre o si precipitano nei negozi a fare acquisti. Ai bambini luccicano gli occhi, al sol pensiero del presepe o dell'albero pieno di luci e giocattoli. ... Altro...

    Ultimo giorno di scuola, prima delle attese vacanze natalizie. L'arrivo del Natale, ogni anno è annunciato da un’atmosfera particolare per la scuola e la società. Le strade illuminate delle città si riempiono di persone, che diventano più allegre o si precipitano nei negozi a fare acquisti. Ai bambini luccicano gli occhi, al sol pensiero del presepe o dell'albero pieno di luci e giocattoli. Il Natale è una festività prevalentemente religiosa, si sa, e si può festeggiare con luci splendenti, alberi di Natale e addobbi vari anche a scuola. Si può renderlo gioioso, ma senza sottovalutare l'importanza del cuore, di quello che è il vero significato della festa. Bisogna far capire ai bambini il vero senso delle festività natalizie: il senso di pace e armonia che si respira tra le persone, il desiderio di credere che ci sia qualcos'altro oltre doni e gli oggetti materiali. La bontà, che ci costringe, a pensare a quelle persone che trascorrono il Natale staccate dai loro affetti, a quelli che sono sommersi dalle difficoltà economiche e a chi ha svariato motivi d’infelicità.

    Anche quest’anno, a scuola, abbiamo respirato un’atmosfera gioiosa tra musica, suoni, colori e sapori. Tombolina per i nostri amati bambini. Regali e Balocchi come premi.

    Pacchetti che girano, genitori che salutano, cellulari che squillano...

    Maestre ansiose e festose di donare l'abbraccio conclusivo.

    Ed ecco che c'è il fatidico scambio di doni tra insegnanti e bambini. E in questa magica scena, sullo sfondo appare una dolcissima creatura, che mi mette in mano un "biglietto", lo conservo, mi allontano serenamente... e di nascosto, leggo le seguenti parole scritte:- “Teacher Terry, non ho abbastanza soldi per un regalo ma secondo me, il vero regalo è l’amore; quindi, ti do tutto il mio amore e ti auguro un Buon Natale.”

    Commossa, torno da lei... ci guardiamo negli occhi e ci abbracciamo fortemente.E le dico: -piccola mia, non preoccuparti, per me non sono importanti i regali! Oggi tu, mi hai dato un’immensa gioia, ed è il dono più bello che io potessi ricevere per questo Natale.-Mi hai consegnato il tuo Amore, e me l'hai donato proprio tutto... sappi che è arrivato già, dentro il cuore mio.

    -Sei una bambina meravigliosa, non cambiare, mai!

     E questo è stato il Natale più bello, un Natale ricco di gioia e di speranza, quello in cui hai regalato un sorriso, quello in cui hai donato e ricevuto piccoli doni, capaci di grandi emozioni.

    Teresa Averta

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    CARA MAESTRA…

    Mia caro stato, ho scritto una letterina l’altro giorno alla mia maestra, e l’ho scritta guardando il mondo dalla finestra... pensavo e penso che la scuola che vorrei sia solo un sogno, ma come ogni bambino a me piace sognare e ho scritto così:-Cara maestra, quanto vorrei che la nostra scuola fosse diversa! Mi piacerebbe una scuola nella quale ci sono persone “dal volto umano” e non ... Altro...

    Mia caro stato, ho scritto una letterina l’altro giorno alla mia maestra, e l’ho scritta guardando il mondo dalla finestra... pensavo e penso che la scuola che vorrei sia solo un sogno, ma come ogni bambino a me piace sognare e ho scritto così:

    -Cara maestra, quanto vorrei che la nostra scuola fosse diversa! 

    Mi piacerebbe una scuola nella quale ci sono persone “dal volto umano” e non costruite in laboratorio, a cominciare dalle bidelle, dal custode, fino ad arrivare alle maestre e al Signor Preside. Nella scuola che vorrei ci sono lavoratori umili che, senza sostegno alcuno da parte delle istituzioni locali e nazionali, combattono la battaglia più dura e importante della nostra società: quella di formare noi bimbi, dall'asilo all'ultimo anno del liceo, passando per le elementari e per le medie, l'ossatura, il centro nevralgico della formazione di un ragazzo che si affaccia all'età adulta. Tutte persone normali che con tanto impegno, tanta fantasia, tanta buona volontà, provano giorno dopo giorno a fare il loro mestiere, importante e centrale nella nostra società, con onestà e dedizione. La scuola che vorrei è una scuola nella quale non ci sono i figli dei professionisti, dei notai, degli avvocati, dei professori universitari, dei magistrati o dei politici, ma è la scuola degli extracomunitari, degli immigrati e degli abbandonati. Perché i bambini non si devono disperdere, ma hanno tutti il diritto di entrare nelle scuole pubbliche. La scuola che vorrei non è nel quartiere bene, nella strada storica dove ci sono eleganti atelier o nelle vicinanze della storica piazza ritrovo della gioventù per bene della città. 

    No, no di certo. La scuola che vorrei è nei quartieri difficili, a ridosso delle periferie dimenticate e abbandonate dallo Stato. A volte immersa tra le piazze di spaccio e i mercatini dove la gente spende i propri risparmi nel quotidiano per mettere il pane a tavola e nulla più. 

    E accoglie la scuola che vorrei, tutti, ma davvero tutti: dal figlio dell'impiegato al figlio del commerciante, dalla figlia del cassintegrato ai figli di chi un lavoro non l'ha mai avuto e mai l'avrà; probabilmente, in questa Italia devastata da una politica che non favorisce lo sviluppo e non consente al mondo del lavoro di riprendere fiato.

    Nonostante questo, la scuola che vorrei ce la fa. E mentre ce la fa, diventa anche esempio di grande civiltà, d’integrazione buona, adottando programmi di accoglienza dei meno abbienti, dei non italiani, dei bambini provenienti da altre etnie e culture vincendo premi comunali, regionali e a volte anche nazionali. E riesce -tra mille pressioni delle lobby interne finanche al Ministero, al Provveditorato e della politica interessata ai voti delle lobby- a tenere fuori dalle aule dei bambini la terribile e infernale cultura bieca del gender, proponendo in alternativa programmi nei quali la Famiglia è comunione inscindibile tra un uomo e una donna, e il rispetto è uno dei valori fondamentali tra esseri umani.

    La scuola che vorrei, infine, tra tanti stenti e senza la benché minima ombra di risorse economiche, in questo periodo ricorda la tradizione, e fa vivere a tutti i bambini, la magia del Natale. A scuola si organizzano balli e canti, saggi e recite, per far sentire il calore natalizio a noi piccoli e ai nostri genitori e per far capire che, nonostante tutto, la comunità dei valori della buona tradizione scolastica italiana può ancora perpetuarsi di generazione in generazione, che la comunità dei valori della scuola italiana è e deve restare ancora comunità di popolo, è, e deve restare comunità di famiglie vere. E non capisco e non voglio imparare paroloni come Indifferenza, Individualismo, ed Egoismo. Competitività, Edonismo, e Arrivismo. Sono questi soltanto alcuni dei “valori” che caratterizzano le nostre generazioni. Non si rendono conto ma gran parte del carattere, della personalità e del bagaglio di valori che ci cuciamo addosso per tutta la vita li assorbiamo sui banchi di scuola, fin dall'asilo, fin dalle elementari... poveri noi!

    -Meravigliosa la tua lettera! Così ha detto la mia maestra. - 

    E dopo averla corretta e messo “bravissimo”, ha voluto finirla così:

    - In questa cornice descritta dal mio alunno, un quadro reale che forse visto con gli occhi di un bambino diventa ancora più vero e assume chiarezza e nitidezza, la scuola riveste una centralità strategica per formare le nuove generazioni. Generazioni di giovani appartenenti a un'Italia non più soltanto italiana ma europea, nella quale i valori della difesa della famiglia e della vita sono sotto attacco da parte della cultura mortifera, "del tutto è permesso”, in nome di falsi miti di progresso che vogliono trasformare la società di valori in società di aberrazioni.

    Oggi sono un’insegnante preoccupata in un'epoca storica nella quale non s’intravede più la luce, alla fine del tunnel, di una crisi economica che sta portando buio, depressione, devastazione e che per questo mette in discussione tutto, persino le certezze fin qui, sempre, considerate tali.

    Per fortuna sono anche un’insegnante felice perché ancorata a sani principi tradizionali, e porto avanti il valore dell'educazione in questa difficile realtà.

    Non è tutto oro quel che luccica, è vero ma tutto quel che si “fa a fin di bene” senza un soldo bucato diventa oro, e quell'oro, giorno dopo giorno, costruisce il tesoro della formazione grazie alla quale sono convinta che i nostri bambini saranno dei ragazzi migliori domani.

    Teresa Averta

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    CREMINO IL TROVATELLO

    La tua e la mia, mio caro figlio, sì perché, per me sei un “ figlio” CREMINO! Ho partorito tre figli, e il dolore è scomparso come un fulmine a Ciel sereno, alla gioia di vedere le mie creature venire alla luce. Ma per te non è stato così. Tu sei per me, non un figlio qualunque, ma sei il figlio speciale, che ho “trovato” e che ho salvato, mio piccolo trovatello.Nel mio feedback menta... Altro...

    La tua e la mia, mio caro figlio, sì perché, per me sei un “ figlio” CREMINO! Ho partorito tre figli, e il dolore è scomparso come un fulmine a Ciel sereno, alla gioia di vedere le mie creature venire alla luce. Ma per te non è stato così. Tu sei per me, non un figlio qualunque, ma sei il figlio speciale, che ho “trovato” e che ho salvato, mio piccolo trovatello.

    Nel mio feedback mentale, scene strazianti ricalcano il teatro dei ricordi.

    Nella mia mente lucida e chiara, mi rivedo ancora, in compagnia di Serena -la mia amica del cuore- a passeggiare lungo via dei Glicini in Fiore … era nostra abitudine, dopo aver servito e riverito gli ospiti del Bed and Breakfast, fare delle lunghe passeggiate serali, dopo cena, prima di andare a dormire.

    La luna ci teneva compagnia mentre i nostri “quattro passi” rilassavano il corpo e smaltivano le nostre fatiche quotidiane. Ecco che, all’improvviso, la nostra chiacchierata fu interrotta bruscamente da alcuni forti gemiti, che non provenivano da così lontano e non promettevano nulla di buono. La nostra prima reazione fu di stupore misto a spavento. Serena, di scatto si voltò… per capire bene da dove arrivassero simili lamenti. Anch’io, dopo qualche secondo di esitazione, mi girai, e il mio sguardo si posò in direzione della postazione dei cassonetti della spazzatura. Serena ed io, velocemente ci avvicinammo, non curanti del cattivo odore dell'immondizia, per sentire meglio; il lamento era sempre più forte e acuto. Non si vedeva nulla, proprio nulla!

    Era buio. I nostri occhi stanchi non ci aiutavano a distinguere tra i sacchetti neri e sporchi e le bottiglie di vetro accantonate dalla differenziata, sana consuetudine del nostro comune montano.

    Monterotondo è sempre stata una città pulita e ordinata, e meta turistica di molti visitatori, perché città bella da visitare, e inoltre ospita intellettuali e poeti, ogni anno, per gli eventi culturali.

    Serena ed io ci guardammo negli occhi, e immediatamente, senza pensarci tanto…con grande forza di volontà, spostammo tutti i sacchetti puzzolenti. Eravamo ansiose e curiose di sapere, di vedere chi fosse quella fragile e indifesa creatura, nascosta in quel marciume. La paura e l’ansia crescevano ai massimi livelli, al pensiero che potesse trattarsi di una creatura umana.

    Man mano, si discriminavano le buste dell’immondizia, il lamento si faceva più intenso e acuto. Serena urlò: -Rita è un animale; è un cane! Ed io guardando con occhi smarriti aggiunsi:- mio Dio, sì, lo vedo. Forza, coraggio tiriamolo fuori!

    La mia amica Serena lo afferrò, e lo tirò fuori da quella tana sudicia, dove avrebbe trascorso la fine dei suoi giorni, tra dolori indescrivibili e sofferenze atroci. Non appena Serena lo consegnò alle mie braccia, un dolore forte mi colpì al centro del cuore. La mia anima si straziò alla vista di tutto quel sangue.Il nostro trovatello era ferito, insanguinato e dolorante in varie parti del corpo. Non riusciva a respirare. Il suo fiato era corto. Pensavamo che morisse. Una folle corsa a casa, fu la sfida al tempo che gli rimaneva da vivere. Una creatura, che muta, e con gli occhi rivolti al cielo, chiedeva la grazia della vita. E nessun perché avrebbe dato la risposta al suo crudele e inevitabile destino. A gambe levate, e come cavalli infuriati in corsa agli ostacoli verso il traguardo della vittoria finale, arrivammo a casa. Serena corse al piano di sopra, a prendere garze, fasce, disinfettante e acqua pulita, mentre io adagiavo il cagnolino nel piano inferiore, in cucina, su un lenzuolo fresco e pulito. Era stremato povero cucciolo! Era un cane di piccola taglia di color crema con occhi grandi e neri. Era dolcissimo e mansueto, e mentre lo curavamo… ci guardava con occhi lucidi e tristi. Uno sguardo che esprimeva dolore e nello stesso tempo speranza di poter guarire al più presto per ritornare alla vita di sempre.

    Quel cagnolino, aveva voglia di guarire, tanta voglia di rivedere la luce. Aspettavamo con ansia che iniziasse a respirare regolarmente, e che cominciasse a scodinzolare e a correre verso la vita. Avremmo avuto un nuovo amico, un nuovo compagno di cammino e di giochi. Avremmo avuto Cremino, il nostro cucciolo trovatello, e il mondo sarebbe diventato più bello.

    Questa è la storia di CREMINO, un cagnolino abbandonato per strada dal suo padrone, buttato tra i rifiuti, in una via di Monterotondo, ma per fortuna trovato e portato in salvo da noi che ce ne siamo presi cura.

    L’ennesima storia che racconta l’insensibilità, l’incoscienza, la crudeltà e l’inciviltà di alcune persone verso gli animali e anche – e per fortuna – il gran cuore, l’amore e la generosità di altre.

    Questa storia, io l'ho immaginata dal punto di vista di CREMINO e ho voluto raccontarvela così. È tratta da un fatto realmente accaduto!

    È successo qualcosa di miracoloso, quando ormai ogni speranza sembrava vana; pare che Dio l’abbia fatto trovare a noi per salvarlo. Siamo degli angeli? No! Siamo persone speciali? No! Forse e senza forse siamo ESSERI UMANI che abbiamo deciso di salvare un essere animale ma pur sempre una creatura di Dio.

    Oggi CREMINO è vivo, è guarito e può cominciare una nuova vita, accudito da una persona speciale di Monterotondo che lo ama. Lo ama come un figlio!

    Sicuramente la sua brutta esperienza gli ha lasciato un segno per sempre. Anche a me e a Serena. CREMINO, però, saprà che esistono anche persone di cui si può fidare, buone e magnanime che riescono a riconoscere e a rispettare la vita in ogni essere vivente.

    Spero che questo racconto tratto da una storia vera, faccia il giro del web.

    Ho deciso di raccontarvelo perché voglio che sia conosciuto da più persone possibili. Mi piacerebbe che diventasse un manifesto contro la violenza e i maltrattamenti verso gli animali e un esempio perché tutti capiscano che i cani, come tutti gli animali, non sono dei giocattoli da utilizzare quando ci va e poi buttare via quando non ci piacciono più; non sono strumenti per il nostro spassa tempo, ma sono dei meravigliosi compagni di vita con un cuore che batte e devono essere amati e tutelati fino all’ultimo istante di vita.

    Teresa Averta

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    Gli amanti infelici

    Era l’alba di un giorno nuovo e il tempo insieme trascorse in una dimensione di beatitudine sensuale.Si alzarono felici, fecero colazione di buon’ora in terrazza e poi esplorarono le cittadine e le spiagge sulla vasta costa della Catalogna, facendo un breve tour intorno all’esclusiva Spiaggia di Mundaka dei Paesi Baschi: una delle più rinomate della Spagna.Tuttavia, il posto preferito di Pa... Altro...

    Era l’alba di un giorno nuovo e il tempo insieme trascorse in una dimensione di beatitudine sensuale.

    Si alzarono felici, fecero colazione di buon’ora in terrazza e poi esplorarono le cittadine e le spiagge sulla vasta costa della Catalogna, facendo un breve tour intorno all’esclusiva Spiaggia di Mundaka dei Paesi Baschi: una delle più rinomate della Spagna.

    Tuttavia, il posto preferito di Paula era la spiaggetta privata sottostante alla villa di proprietà di Robert. «È incredibile che tu l’abbia a disposizione tutta per te.» Si fermò a raccogliere conchiglie e aggrottò le sopracciglia nel sentire vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni di Robert. «Non rispondi, ti sta squillando il cell, se non sbaglio?»

    «No. Nulla di importante!» L’abbracciò forte, la cinse alla vita e l’attirò a sé. «Sono con te e voglio rimanere solo con te.» Sentirsi desiderata da un uomo come lui era inebriante ed emozionante. Era di un fascino senza confini.

    «Sei fortunato a essere il capo. Nessuno può licenziarti. Che cosa fai, in ogni caso?»

    «Progetto software per il computer, un lavoro abbastanza interessante.»

    Paula fece una smorfia. «Devi essere molto intelligente e sveglio. I computer mi detestano; io non ho pazienza.»

    Lui sorrise e la strinse di più. «I computer non hanno sentimenti, Paula, sono semplicemente macchine a cui ci siamo affezionati perché ci facilitano parecchio il lavoro.»

    «È qui che sbagli. Sono apparentemente “fighi”, abili ma molto vendicativi. Ti danno tanto ma poi aspettano finché non stai facendo qualcosa d’importantissimo, lo inghiottono e non te lo fanno vedere mai più.»

    «È sempre possibile trovare i file che hai perso. I pc sono anche calcolatori e anche se qualche volta danno i numeri, non perdono la memoria».

    «Non per me» obiettò lei, cupa. «Sono una schiappa in queste cose. Non imparerei mai a dovere»

    Lui le infilò le mani tra i capelli e le si avvicinò alla bocca rubandole un bacio ardente.

    «Però hai ricordato i nomi di tutte le persone che abbiamo conosciuto in questi giorni e le hai affascinate tutte, nessuna esclusa» le fece notare poi. «Il mio personale ti adora e il mio direttore finanziario voleva sposarti dopo avere parlato con te solo un minuto al telefono. Sei una persona bella e speciale.»

    «Normalissima» obiettò Paula, borbottando.

    Lui sorrise mostrando uno sguardo ipnotico da fascino latino. «Non per come ti vedo io. Quel bikini ti sta divinamente. Sei splendida in bianco perché risalta il colore della tua carnagione scura.»

    «Mi hai regalato degli abiti fantastici.» Paula si guardò addosso, imbarazzata ma vanitosa abbastanza da fare una piroetta su sé stessa. «Non avresti dovuto comprarmi così tanta roba.»

    «Non potevi passare tutta la settimana con il costume nero da chiromante, è giusto che tu ne abbia anche un azzurrino da fata turchina!» Rispose Robert.

    «Ahahaha non era neppure mio! La vera chiromante è sicuramente più piccola, e anche più brava di me a predire il futuro perché io non avrei mai immaginato tutto questo che mi sta accadendo.» Neppure nei miei sogni più audaci. Paula gli cinse il collo con le braccia ma poi aggrottò le sopracciglia. «Tutto bene? Che hai tesoro?»

    «Sto benone» rispose lui, allegro e disinvolto. «Coraggio è l’ora di pranzo. Andiamo a mangiare.»

    Paula era pensierosa e si chiedeva se fosse stato il caso di ricordargli che aveva un volo prenotato in partenza da Bilbao di lì a meno di ventiquattr’ore.

    Per non guastare la dolce atmosfera non le aveva detto nulla dei suoi programmi, ma Paula sapeva della ricca agenda del suo partner, e Robert non poteva continuare a ignorare il cellulare, a far finta di non sentire le frequenti chiamate e seppellirsi in quell’incantevole paradiso del Mediterraneo.

    Avevano entrambi delle vite da gestire e delle esistenze da vivere…e le loro vite non potevano incrociarsi.

    Mentre passeggiavano lungo la riva, Paula ancora concentrata sui suoi pensieri, si girò a guardare il mare che cancellava le loro impronte. Il cielo della sua felicità si rannuvolò e Paula fu scossa da un brivido. Era come se non fossero mai stati lì e non si fossero mai baciati. Era una breve fantasia che era già diventata un ricordo.

    La realtà fece invasione nella sua mente, frantumando tutti i suoi sogni. Era veramente troppo bello per essere vero. Certe cose non capitavano a persone come lei. Lei era una donna fortunata, e per la prima volta, le sembrò di essere nella più bella delle favole.

    «Conosci la storia di Icaro, Paula?» Lui la guardò mentre risalivano il fitto sentiero verso la villa.

    «Certo, qualcosina l’ho studiata. Volò troppo vicino al sole, le sue ali di cera si sciolsero e lui precipitò sulla terra.» E…più in alto voli e più è dura la caduta. Ahimè!

    Poi Robert le prese il luminoso volto tra le mani e chinò il capo verso di lei. «Icaro non sei tu. Non ti farò cadere, amore vedrai.»

    «Non posso continuare la vacanza. Ho un volo domani. Tu lo sai…»

    «Sì lo so, ed è per questo che sono in questo stato…è giusto che tu parta…»

    «Non ti lascio andare» mormorò lui con le labbra sulle sue. «Devi venire via con me!»

    Paula sussultò e si girò dall’altra parte perché era arrossita in volto. Non poteva andar via con lui, giusto, a far che? Aveva un lavoro e parecchi impegni e poi… non poteva abbandonare la famiglia.

    D’altronde… poteva veramente rinunciare a tutto quello che aveva già ma forse non lo rendeva completamente felice?

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