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    Kimmidoll – Storie per non dormire 02

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREKIMMIDOLLCAPITOLO 1UN REGALO SPECIALEAyako e Fusae stavano passando un fantastico pomeriggio insieme per i negozi di Harajuku, uno dei quartieri più alla moda di Tokyo.Si trovano negozi di ogni tipo miscelando la modernità con il vintage. Una zona dove la moda colora ogni angolo, simbolo di libertà espressiva per ogni individuo.Per Ayako quella era una zona ch... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREKIMMIDOLLCAPITOLO 1

    UN REGALO SPECIALEAyako e Fusae stavano passando un fantastico pomeriggio insieme per i negozi di Harajuku, uno dei quartieri più alla moda di Tokyo.

    Si trovano negozi di ogni tipo miscelando la modernità con il vintage. Una zona dove la moda colora ogni angolo, simbolo di libertà espressiva per ogni individuo.

    Per Ayako quella era una zona che la faceva sentire a suo agio, anche perché lei ha sempre amato vestirsi in modi particolari, in questi negozi poteva trovare tutto ciò che amava indossare. Fusae invece era una ragazza più semplice ed amava il vintage, si fece infatti catturare da un negozietto che si trovava all'interno di un piccolo viale, sulle vetrine c'erano disegnati i volti delle bambole Kimmidoll.

    Prese la mano della sua migliore amica Ayako, tirandola di corsa all'interno del viale dirigendosi verso il negozio.

    Ayako: "Fusae!!! ma dove mi stai portando?"

    Fusae: "Guarda che meraviglia, qui ne hanno di tutti i tipi"

    Ayako: "Le bamboline Kokeshi? Mi hanno sempre messo paura"

    Fusae: "Ma quale paura? E poi queste non sono le Kokeshi, si chiamano Kimmidoll, ne prendono solo ispirazione"

    Ayako: "A me sembrano uguali"

    Fusae: "Vieni entriamo. Te ne voglio donare una!!!"

    Ayako: "Ma no, non la voglio. Davvero lascia stare!"

    Le due ragazze entrarono all'interno del piccolo negozio, si trovava al bancone una vecchia signora che sorrise al loro ingresso. Su gli scaffali c'erano Kimmidoll e Kokeshi di ogni tipo, dall'amore all'amicizia, dalla fortuna al rispetto.

    Tutte indossavano o avevano dipinti bellissimi Kimoni. Fusae si avvicinò ad una Kimmidoll dai capelli verdi che portava il nome di Keiko che simboleggiava il rispetto.

    La prese e la mise tra le mani di Ayako: "Ecco, questa è per te, per dimostrarti il mio rispetto nei tuoi confronti". Ayako non sapeva cosa dire, prese tra le mani la bambolina e la guardò: "Io... ti ringrazio".

    La signora le chiamò entrambe al bancone: "Ragazze, venite. Posate quella bamboline, ne ho una molto più bella e speciale di quella. Venite", mise sul bancone una bambolina dai capelli rossi e il Kimono bianco, con una fantasia di fiori neri. Era più grande delle altre, Fusae si avvicinò con la sua amica al bancone e chiese alla donna il prezzo: "Questa costa più delle altre?".

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    Una dolce casa abbandonata – Storie per non dormire 01

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREUNA DOLCE CASA ABBANDONATACAPITOLO 1UNA DOLCE CASETTALuna, Marta e Mauro, erano tre amici appassionati di paranormale. Gestivano un canale Youtube dedicato ai misteri e apparizioni paranormali, infatti nel fine settimana invece di andare per locali con amici preferivano visitare i luoghi più strani e girare i loro video, da pubblicare sopra il loro canale.Luna a... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREUNA DOLCE CASA ABBANDONATACAPITOLO 1

    UNA DOLCE CASETTA

    Luna, Marta e Mauro, erano tre amici appassionati di paranormale. Gestivano un canale Youtube dedicato ai misteri e apparizioni paranormali, infatti nel fine settimana invece di andare per locali con amici preferivano visitare i luoghi più strani e girare i loro video, da pubblicare sopra il loro canale.

    Luna aveva appena compiuto i 28 anni, stava guidando l'auto per arrivare ad una destinazione molto curiosa. Marta, che era la sua migliore amica, le aveva regalato la sera del suo compleanno un mini registratore EVP, capace di catturare le presunti "voci bianche" degli spiriti.

    Mauro era seduto dietro con il suo computer portatile e leggeva qualche curiosità sul luogo in cui si stavano dirigendo.

    Mauro: "Ho trovato qualche informazione importante riguardo alla casa che stiamo andando a visitare, Luna non so se sei già informata sulla sua storia"

    Luna: "Hm? Ho solo letto che i contadini che si avvicinano a questa casa, spesso fuggono via perché si accorgono di vedere persone correre al suo interno. Alcuni affermano anche di aver sentito la campana suonare"

    Marta nel frattempo stava mangiando un pacchetto di patatine al formaggio: "Scusate una cosa, forse non ho capito bene o sono completamente ignorante. Ma è una casa o una chiesa? Cosa ci fa una campana?"

    Mauro: "Altro che campana, quella casa ha un vero e proprio campanile"

    Marta: "Un campanile in una casa? Perché?"

    Mauro: "Ve lo dico io il perché, sempre se Luna non lo sappia già. Nel 1890 i proprietari di quella casa hanno lasciato delle pagine scritte nel salotto principale, come una sorta di avviso. Le stesse parole sono incise anche sul muro del salone principale. A quanto pare si dice che il campanile sia stato costruito da loro perché era l'unico modo per tenere lontane delle creature chiamate Zorbs"

    Luna: "Chiamate come?"

    Marta con le patatine in bocca rispose: "Zorbs... ha detto mi sembra Zorbs"

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    La severità del decreto 14ZA

    Erano stati ben radunati e stavano in fila uno dietro l'altro. Non erano soldati, erano stati catturati dagli agenti del decreto 14ZA, insomma dai caporali maggiori di Stato dell'Asphix13, per intenderci.Marciavano silenziosamente, non era vietato solo parlare ma anche frignare, piangere o addirittura decidere di scappare da un momento all'altro. Non erano tutti uomini, c'era anche una donna, ed e... Altro...

    Erano stati ben radunati e stavano in fila uno dietro l'altro. Non erano soldati, erano stati catturati dagli agenti del decreto 14ZA, insomma dai caporali maggiori di Stato dell'Asphix13, per intenderci.

    Marciavano silenziosamente, non era vietato solo parlare ma anche frignare, piangere o addirittura decidere di scappare da un momento all'altro. Non erano tutti uomini, c'era anche una donna, ed era ferita ad un braccio.

     Il sangue era già raffermo e incrostato dalla sera prima, quando era stata portata via dalla sua casa a forza, caricata di peso sul Carovan e messa ai lavori forzati. 

    Solo perché laggiù, il decreto 14ZA doveva fare effetto, doveva impaurire la gente, doveva sublimare ogni cosa.

    Assomigliavano a degli zombie, persone che non avevano più dignità né salute mentale o fisica. Non bevevano dal giorno prima e il caldo avrebbe presto agito sui loro corpi, rendendoli fiacchi e deboli. 

    Elsa, l'unica donna tra centocinquanta uomini denigrati dallo Stato Asphix13, si portò una ciocca di capelli davanti al viso, voleva constatare che avesse ancora un briciolo di raziocinio. Voleva capire fin quanto il dolore, nel vedere quei capelli sporchi di terra e tagliati alla rinfusa dai capi maggiori, la potesse salvare in un certo qual senso. Perché in effetti, ciò che non uccide, si dice che fortifichi, no?

    La ciocca che un tempo era stata completamente bionda, ora risultava zozza di fango, di melma, di terriccio completamente bagnato. 

    Se LORO avessero visto che si era mossa, che la donna stava progettando la fuga, se  anche solo si fossero accorti che stava per starnutire e darsela a gambe levate dopo una mezz'oretta scarsa, avrebbero dato di matto e sparato su tutti gli altri. 

    Se uno tentava la fuga, tutti gli altri avrebbero pagato caro il conto di quell'azione sconsiderata. 

    Qualcuno ruppe il silenzio, rompendo anche le righe. 

    SI trattava di Henry Blossom, proprietario di un'azienda agricola nel Maine. Era stato portato in quel campo due giorni prima, e da allora non aveva visto altro che il sole cocente di quel luogo dimenticato da Dio. Un cattedrale nel deserto, ecco cos'era per Henry quel posto. 

    La classica invenzione di un matto che è a piede libero per grazia concessa. 

    Henry scalciò involontariamente un sassolino. Era l'unico sasso piccolo che avrebbe potuto vedere, dato che in giro non ce n'era nemmeno uno simile. Si guardò attorno, terrorizzato. Non fiatò nessuno. 

    Elsa lo fissò con gli occhi colmi di terrore e improvvisamente il respiro di Henry si bloccò, e poco dopo giacque a terra, morto stecchito.

    Bastava anche solo tirare un sasso per puro caso, bastava un respiro di sconcerto o di paura, un rumore sconnesso o altro... ed ecco che la morte giungeva con la sua falce maledetta a strappare ciò che di più caro vi era al mondo; la vita. 

    Elsa allora urlò. 

    E corse lontano, con i capelli corti e per metà medio lunghi che le penzolavano a fatica sugli occhi verde chiaro.

    Quando raggiunse il filo spinato, capì che cosa si nascondeva realmente all'interno del campo e perchè il decreto 14ZA fosse così contorto, malvagio e severo.

    -Bentornata a casa, figlia-

    Elsa abbracciò quella figura aliena ma allo stesso tempo così tanto familiare, dopodiché, voltatasi indietro per vedere i suoi compagni sofferenti che marciavano in tondo con le mani legate tra loro da delle catene spesse, sorrise, mostrando una dentatura affilata. 

    Allora ricordò che cosa le aveva detto suo padre, sempre, quando era ancora una piccola, stravagante aliena in un mondo di uomini cosiddetti normali:- Imparerai quanto sia difficile la vita da adulta, ma vedrai che tuo padre inventerà qualcosa solo per te, per la mia eterna bambina-

    Fu così che il decreto 14ZA andò avanti per anni, e millenni e secoli e ancora adesso si vedono degli uomini, che girano ininterrottamente per il campo, stanchi ma obbedienti. 

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    LA PIUMA DELL'AQUILA

    Un giorno, la piuma di una giovane aquila cadde accanto ad un uomo bello ma arrogante; lui la vide, la prese, la guardò solo “un attimo” e la gettò via pensando fosse la piuma di una gallina… più avanti un uomo ignorante ma dall’anima bella, vide la stessa piuma a terra, la prese e la tenne con sé.Di lì a poco… giunse la regina dei cieli “una meravigliosa Aquila” che guardò l... Altro...

    Un giorno, la piuma di una giovane aquila cadde accanto ad un uomo bello ma arrogante; lui la vide, la prese, la guardò solo “un attimo” e la gettò via pensando fosse la piuma di una gallina… più avanti un uomo ignorante ma dall’anima bella, vide la stessa piuma a terra, la prese e la tenne con sé.

    Di lì a poco… giunse la regina dei cieli “una meravigliosa Aquila” che guardò l’uomo sorridendo e gli disse: volo, volo così tanto che lascio sempre qualche piuma per terra e tu ne hai raccolta una, tenendola con te. Grazie!

    Beato te, uomo che non solo hai guardato... ma hai contemplato e hai conservato con te la bontà e la bellezza, imparando il segreto del mio volo.

     

    Morale della favola: Non sono le tiepide amicizie o i falsi amori ad elevare il nostro spirito ma le passioni forti scoprono la vera essenza del Bene e dell’Amore. Come aquile assetate di senso cerchiamo e sfioriamo il cielo e il tempo, e sgretoliamo con le ali le montagne pur di afferrarlo e poter mostrare a tutti, quanta fierezza c’è nel canto nella vita.

     

    Teresa Averta

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    IL CONTADINO SUPERBO

    C’era una volta un uomo superbo...che lavorava la terra, nel campo di famiglia.La terra dava i suoi frutti, e lui diceva sempre che era merito suo perché arava, zappava, potava le piante e via dicendo...Ogni giorno faceva a gara con i contadini vicini per avere sempre il migliore orto, i più bei vigneti, gli alberi più fioriti, i campi più verdeggianti.I poveri vicini lavoravano in silenzio ... Altro...

    C’era una volta un uomo superbo...che lavorava la terra, nel campo di famiglia.

    La terra dava i suoi frutti, e lui diceva sempre che era merito suo perché arava, zappava, potava le piante e via dicendo...

    Ogni giorno faceva a gara con i contadini vicini per avere sempre il migliore orto, i più bei vigneti, gli alberi più fioriti, i campi più verdeggianti.

    I poveri vicini lavoravano in silenzio e raccoglievano ciò che la terra donava in ogni stagione.

    Il contadino superbo, nonostante avesse il paradiso, continuava a maltrattare i vicini e diceva loro che erano dei fannulloni, incapaci di utilizzare i metodi moderni di lavorazione, e che non avrebbero mai raggiunto il suo livello.

    Lui si sentiva il migliore, il più bravo, ma ahimè era anche il più egoista. Perché quando arrivavano le feste ricordate, i contadini buoni e onesti regalavano i frutti della terra ai poveri mentre lui si beava di tutto quel ben di Dio e non dava niente a nessuno. Diceva che era tutto opera sua, e che era lui il mago delle meraviglie, della ricchezza che donava la "sua" terra, e gli altri non potevano godere dei suoi beni. E in cuor sapeva di mentire, perché il merito era della terra che ogni stagione puntualmente dava i suoi frutti. Ogni campo arato e seminato, aldilà del metodo di lavoro dei suoi operai, offriva i suoi frutti. Nessuno si dava delle arie, ma umilmente faticavano e si aiutavano a vicenda. Non è un caso che i contadini siano quasi sempre persone dal carattere umile. Chi si confronta ogni giorno con la bellezza e la grandezza della Natura, non può che sentirsi piccolo ed essere rispettoso.

    Morale della storia

    Quindi se vi capitasse di conoscere una persona superba, non mandatela a quel paese, mandatela in campagna: potreste salvarla. Semina impegno, raccoglierai risultati. Semina onestà, raccoglierai onore. Semina gentilezza, raccoglierai gratitudine. Semina amore, raccoglierai felicità. E ricorda: anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare.

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    CARISSIMO PINOCCHIO…

    FATINA: -Mio carissimo Pinocchio lo sai che se dici bugie ti cresce il naso e diventi nuovamente un burattino… ahahaha… che cosa mi combini!PINOCCHIO: -Innanzi tutto non dico solo bugie, molte volte dico bugie, che non è la stessa cosa, poi io, a mio avviso, sono l’uomo (anche se non sono un uomo ma un burattino) più trasparente del mondo.FATINA: -In questo periodo non sei stato il massimo... Altro...

    FATINA: -Mio carissimo Pinocchio lo sai che se dici bugie ti cresce il naso e diventi nuovamente un burattino… ahahaha… che cosa mi combini!

    PINOCCHIO: -Innanzi tutto non dico solo bugie, molte volte dico bugie, che non è la stessa cosa, poi io, a mio avviso, sono l’uomo (anche se non sono un uomo ma un burattino) più trasparente del mondo.

    FATINA: -In questo periodo non sei stato il massimo della trasparenza!

    PINOCCHIO: -Hai ragione fatina mia, con gli altri forse…non so…ma con te che mi vuoi bene….

    FATINA: -Ricorda piccolino mio: prima vengono i sorrisi, poi le bugie… “Bontà di vita e onestà di bocca, assai vale e poco costa.”

    PINOCCHIO: -Alcune volte dico bugie per timidezza, perché non ho il coraggio di dire le cose come stanno… in questi casi non mi sembra che la bugia sia propriamente un peccato.

    FATINA: -si si vabbè… Beh, l’ottavo comandamento recita: non dire falsa testimonianza, questo non si può negarlo, inoltre dire una bugia è sempre una mistificazione della realtà. E ti ricordo ancora: non sfidarmi con il tuo orgoglio, e malafede, perché in questi casi l’indifferenza sarà da parte mia la medicina più amara e acerba.

    Con immutato affetto dalla tua fatina!

    MORALE DELLA FAVOLA: “La fiducia nella bontà altrui è una notevole testimonianza della propria bontà.”

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    IMMENSO

    Non mi lasciate di fronte alle ombreimprigionata dai miei versi,che mi conducono al massacro dell’animae a fare a pezzetti il mio cuore…Attendo disperata che qualcuno mi liberie mi chiami dalla stradaal crepuscolo,una voce sconosciutasi faccia sentirenella tempesta di voci,un respiro,un alito di ventomi strappi da quest’immenso.... Altro...

    Non mi lasciate di fronte alle ombre

    imprigionata dai miei versi,

    che mi conducono al massacro dell’anima

    e a fare a pezzetti il mio cuore…

    Attendo disperata che qualcuno mi liberi

    e mi chiami dalla strada

    al crepuscolo,

    una voce sconosciuta

    si faccia sentire

    nella tempesta di voci,

    un respiro,

    un alito di vento

    mi strappi da quest’immenso.

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    CARA VITA

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e... Altro...

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e giustizia che mi hanno trasmesso i miei genitori. 

    Sono caduta molte volte, come un soldato in battaglia che non si lecca le ferite, ma le conserva come distintivi di vita vissuta.  Ho conosciuto il dolore forte non solo quello fisico ma anche quello dell’anima, sono scesa come Dio agli inferi e in quel profondo abisso, ho ritrovato la luce. Ho amato e sono stata molto amata. Sempre accompagnata da quell’inquietudine che tende uno sguardo oltre le apparenze e che ricerca nei pertugi della sofferenza, la voce stanca di quel mondo degli “invisibili”, e non mi sono intimidita dalle forme disegnate dalla caducità delle nostre esistenze, ma ho alzato la voce contro l’odio e la guerra. Non riesco a girarmi davanti alle ingiustizie, e non riesco a fare grandi mediazioni. 

    Ho saputo, però, lavorare con sacrificio e pazienza e ho trovato rari rifugi, dove poter sostare e osservare; molto spesso per curare insolite ferite e scoprire nuove vitalità. Un atteggiamento caratteriale che mi porta a stare al fianco degli ultimi con assoluta semplicità e istintività. Impossibile fare sodalizi con l’indifferenza, anche quando le necessità richiedono tempo solo per noi stessi. Questa esigenza etica che sento così forte, è il frutto del lavoro testimoniale della mia famiglia. Una grande fortuna, penso, è stata il non aver perso la visione di nessuno di questi rifugi dove conserviamo beni e valori preziosi che vivono sulla linea dell’idealità e di una profonda spiritualità. Rappresenta, per me un autentico toccasana quando le difficoltà della vita hanno riempito le notti buie abitate da fantasmi impudenti. 

    Certo, in questo cammino, si guarda avanti, senza però, dare per scontato nulla. Spesso mi faccio trascinare dal cuore, dalle sensazioni, dalla voglia di vita, dalle passioni; a volte, però, lascio al silenzio e allo sguardo, le ali per girovagare, perché entrambi hanno le loro grammatiche, i loro segreti e le loro rivelazioni. Ma ritrovo sempre la vita con le sue narrazioni disegnate con una bellezza a volte bizzarra ma sempre entusiasmante, e si ritrova a volte uno squarcio di vita anche nei ricordi più tristi, in pezzi di dolore non digeriti ma sapientemente conservati per sentirci ancora vivi. 

    E allora caro angelo che sei lassù... ti ho scritto davanti alla vita perché tu capisca che ancora la sento e mi ascolto; mi ascolto nel cuore, dove ti cerco, e ti trovo ancora nell’aria e nelle stelle, nei segreti della mia anima e fra la gente. Ho cercato, tra i ricordi più belli, questa foto vecchia e ingiallita, fotogramma non di una vita finita ma di un felice pezzo di storia. Non importa con quali abiti e con quali colori ti porgevo un fiore ma pensavo a te, al profumo della vita che mi hai lasciato addosso. In quel fiore c’era impresso il segno dell'Amore che hai seminato nella nostra esistenza donata alla terra, e se cerchi di guardare o spiare nel cuore per vedere, ancora ci sono intatti i segni delle carezze donate, delle sofferenze e della vita germogliata, ancora ci sono i segni delle tue amorevoli braccia.

    -Poche parole per la conquista del bene, la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono, anche dopo la nostra morte- erano queste le tue parole nella quiete del tempo. Se frughiamo tra le ferite con l’amore nelle mani, le cicatrici son tante, e la lotta è stata dura e lo è ancora ma hai vinto tu, hai donato fino all’ultima goccia del tuo sangue per un martirio di salvezza. 

    E ora così, sommessamente, in punta di piedi, "togliendomi i calzari", mi son permessa di bussare alla tua porta; forse per un bisogno del cuore, per dirti che posso camminare ancora nuda nella tua anima; per scoprire la bellezza della luce, sì, di quel raggio di sole che mi lasciasti e che non va più via, ma è nascosto fra le righe della mia poesia. 

    Ti scrivo ogni giorno... ti scrivo perché la vita va vissuta e scritta per non dimenticare i momenti, la meraviglia, il dolore e la gioia di sapere che nulla è per sempre, e che solo un ricordo, una lettera mai scritta, un verso accorato può accompagnarci nella solitudine e aprire la porta all’anima verso orizzonti senza fine. 

    Cara vita Grazie per avermi donato un respiro in più che difficilmente restituirò al cielo.

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    L’AMORE, IL REGALO PIÙ BELLO

    Ultimo giorno di scuola, prima delle attese vacanze natalizie. L'arrivo del Natale, ogni anno è annunciato da un’atmosfera particolare per la scuola e la società. Le strade illuminate delle città si riempiono di persone, che diventano più allegre o si precipitano nei negozi a fare acquisti. Ai bambini luccicano gli occhi, al sol pensiero del presepe o dell'albero pieno di luci e giocattoli. ... Altro...

    Ultimo giorno di scuola, prima delle attese vacanze natalizie. L'arrivo del Natale, ogni anno è annunciato da un’atmosfera particolare per la scuola e la società. Le strade illuminate delle città si riempiono di persone, che diventano più allegre o si precipitano nei negozi a fare acquisti. Ai bambini luccicano gli occhi, al sol pensiero del presepe o dell'albero pieno di luci e giocattoli. Il Natale è una festività prevalentemente religiosa, si sa, e si può festeggiare con luci splendenti, alberi di Natale e addobbi vari anche a scuola. Si può renderlo gioioso, ma senza sottovalutare l'importanza del cuore, di quello che è il vero significato della festa. Bisogna far capire ai bambini il vero senso delle festività natalizie: il senso di pace e armonia che si respira tra le persone, il desiderio di credere che ci sia qualcos'altro oltre doni e gli oggetti materiali. La bontà, che ci costringe, a pensare a quelle persone che trascorrono il Natale staccate dai loro affetti, a quelli che sono sommersi dalle difficoltà economiche e a chi ha svariato motivi d’infelicità.

    Anche quest’anno, a scuola, abbiamo respirato un’atmosfera gioiosa tra musica, suoni, colori e sapori. Tombolina per i nostri amati bambini. Regali e Balocchi come premi.

    Pacchetti che girano, genitori che salutano, cellulari che squillano...

    Maestre ansiose e festose di donare l'abbraccio conclusivo.

    Ed ecco che c'è il fatidico scambio di doni tra insegnanti e bambini. E in questa magica scena, sullo sfondo appare una dolcissima creatura, che mi mette in mano un "biglietto", lo conservo, mi allontano serenamente... e di nascosto, leggo le seguenti parole scritte:- “Teacher Terry, non ho abbastanza soldi per un regalo ma secondo me, il vero regalo è l’amore; quindi, ti do tutto il mio amore e ti auguro un Buon Natale.”

    Commossa, torno da lei... ci guardiamo negli occhi e ci abbracciamo fortemente.E le dico: -piccola mia, non preoccuparti, per me non sono importanti i regali! Oggi tu, mi hai dato un’immensa gioia, ed è il dono più bello che io potessi ricevere per questo Natale.-Mi hai consegnato il tuo Amore, e me l'hai donato proprio tutto... sappi che è arrivato già, dentro il cuore mio.

    -Sei una bambina meravigliosa, non cambiare, mai!

     E questo è stato il Natale più bello, un Natale ricco di gioia e di speranza, quello in cui hai regalato un sorriso, quello in cui hai donato e ricevuto piccoli doni, capaci di grandi emozioni.

    Teresa Averta

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    CARA MAESTRA…

    Mia caro stato, ho scritto una letterina l’altro giorno alla mia maestra, e l’ho scritta guardando il mondo dalla finestra... pensavo e penso che la scuola che vorrei sia solo un sogno, ma come ogni bambino a me piace sognare e ho scritto così:-Cara maestra, quanto vorrei che la nostra scuola fosse diversa! Mi piacerebbe una scuola nella quale ci sono persone “dal volto umano” e non ... Altro...

    Mia caro stato, ho scritto una letterina l’altro giorno alla mia maestra, e l’ho scritta guardando il mondo dalla finestra... pensavo e penso che la scuola che vorrei sia solo un sogno, ma come ogni bambino a me piace sognare e ho scritto così:

    -Cara maestra, quanto vorrei che la nostra scuola fosse diversa! 

    Mi piacerebbe una scuola nella quale ci sono persone “dal volto umano” e non costruite in laboratorio, a cominciare dalle bidelle, dal custode, fino ad arrivare alle maestre e al Signor Preside. Nella scuola che vorrei ci sono lavoratori umili che, senza sostegno alcuno da parte delle istituzioni locali e nazionali, combattono la battaglia più dura e importante della nostra società: quella di formare noi bimbi, dall'asilo all'ultimo anno del liceo, passando per le elementari e per le medie, l'ossatura, il centro nevralgico della formazione di un ragazzo che si affaccia all'età adulta. Tutte persone normali che con tanto impegno, tanta fantasia, tanta buona volontà, provano giorno dopo giorno a fare il loro mestiere, importante e centrale nella nostra società, con onestà e dedizione. La scuola che vorrei è una scuola nella quale non ci sono i figli dei professionisti, dei notai, degli avvocati, dei professori universitari, dei magistrati o dei politici, ma è la scuola degli extracomunitari, degli immigrati e degli abbandonati. Perché i bambini non si devono disperdere, ma hanno tutti il diritto di entrare nelle scuole pubbliche. La scuola che vorrei non è nel quartiere bene, nella strada storica dove ci sono eleganti atelier o nelle vicinanze della storica piazza ritrovo della gioventù per bene della città. 

    No, no di certo. La scuola che vorrei è nei quartieri difficili, a ridosso delle periferie dimenticate e abbandonate dallo Stato. A volte immersa tra le piazze di spaccio e i mercatini dove la gente spende i propri risparmi nel quotidiano per mettere il pane a tavola e nulla più. 

    E accoglie la scuola che vorrei, tutti, ma davvero tutti: dal figlio dell'impiegato al figlio del commerciante, dalla figlia del cassintegrato ai figli di chi un lavoro non l'ha mai avuto e mai l'avrà; probabilmente, in questa Italia devastata da una politica che non favorisce lo sviluppo e non consente al mondo del lavoro di riprendere fiato.

    Nonostante questo, la scuola che vorrei ce la fa. E mentre ce la fa, diventa anche esempio di grande civiltà, d’integrazione buona, adottando programmi di accoglienza dei meno abbienti, dei non italiani, dei bambini provenienti da altre etnie e culture vincendo premi comunali, regionali e a volte anche nazionali. E riesce -tra mille pressioni delle lobby interne finanche al Ministero, al Provveditorato e della politica interessata ai voti delle lobby- a tenere fuori dalle aule dei bambini la terribile e infernale cultura bieca del gender, proponendo in alternativa programmi nei quali la Famiglia è comunione inscindibile tra un uomo e una donna, e il rispetto è uno dei valori fondamentali tra esseri umani.

    La scuola che vorrei, infine, tra tanti stenti e senza la benché minima ombra di risorse economiche, in questo periodo ricorda la tradizione, e fa vivere a tutti i bambini, la magia del Natale. A scuola si organizzano balli e canti, saggi e recite, per far sentire il calore natalizio a noi piccoli e ai nostri genitori e per far capire che, nonostante tutto, la comunità dei valori della buona tradizione scolastica italiana può ancora perpetuarsi di generazione in generazione, che la comunità dei valori della scuola italiana è e deve restare ancora comunità di popolo, è, e deve restare comunità di famiglie vere. E non capisco e non voglio imparare paroloni come Indifferenza, Individualismo, ed Egoismo. Competitività, Edonismo, e Arrivismo. Sono questi soltanto alcuni dei “valori” che caratterizzano le nostre generazioni. Non si rendono conto ma gran parte del carattere, della personalità e del bagaglio di valori che ci cuciamo addosso per tutta la vita li assorbiamo sui banchi di scuola, fin dall'asilo, fin dalle elementari... poveri noi!

    -Meravigliosa la tua lettera! Così ha detto la mia maestra. - 

    E dopo averla corretta e messo “bravissimo”, ha voluto finirla così:

    - In questa cornice descritta dal mio alunno, un quadro reale che forse visto con gli occhi di un bambino diventa ancora più vero e assume chiarezza e nitidezza, la scuola riveste una centralità strategica per formare le nuove generazioni. Generazioni di giovani appartenenti a un'Italia non più soltanto italiana ma europea, nella quale i valori della difesa della famiglia e della vita sono sotto attacco da parte della cultura mortifera, "del tutto è permesso”, in nome di falsi miti di progresso che vogliono trasformare la società di valori in società di aberrazioni.

    Oggi sono un’insegnante preoccupata in un'epoca storica nella quale non s’intravede più la luce, alla fine del tunnel, di una crisi economica che sta portando buio, depressione, devastazione e che per questo mette in discussione tutto, persino le certezze fin qui, sempre, considerate tali.

    Per fortuna sono anche un’insegnante felice perché ancorata a sani principi tradizionali, e porto avanti il valore dell'educazione in questa difficile realtà.

    Non è tutto oro quel che luccica, è vero ma tutto quel che si “fa a fin di bene” senza un soldo bucato diventa oro, e quell'oro, giorno dopo giorno, costruisce il tesoro della formazione grazie alla quale sono convinta che i nostri bambini saranno dei ragazzi migliori domani.

    Teresa Averta

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    Gli amanti infelici

    Era l’alba di un giorno nuovo e il tempo insieme trascorse in una dimensione di beatitudine sensuale.Si alzarono felici, fecero colazione di buon’ora in terrazza e poi esplorarono le cittadine e le spiagge sulla vasta costa della Catalogna, facendo un breve tour intorno all’esclusiva Spiaggia di Mundaka dei Paesi Baschi: una delle più rinomate della Spagna.Tuttavia, il posto preferito di Pa... Altro...

    Era l’alba di un giorno nuovo e il tempo insieme trascorse in una dimensione di beatitudine sensuale.

    Si alzarono felici, fecero colazione di buon’ora in terrazza e poi esplorarono le cittadine e le spiagge sulla vasta costa della Catalogna, facendo un breve tour intorno all’esclusiva Spiaggia di Mundaka dei Paesi Baschi: una delle più rinomate della Spagna.

    Tuttavia, il posto preferito di Paula era la spiaggetta privata sottostante alla villa di proprietà di Robert. «È incredibile che tu l’abbia a disposizione tutta per te.» Si fermò a raccogliere conchiglie e aggrottò le sopracciglia nel sentire vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni di Robert. «Non rispondi, ti sta squillando il cell, se non sbaglio?»

    «No. Nulla di importante!» L’abbracciò forte, la cinse alla vita e l’attirò a sé. «Sono con te e voglio rimanere solo con te.» Sentirsi desiderata da un uomo come lui era inebriante ed emozionante. Era di un fascino senza confini.

    «Sei fortunato a essere il capo. Nessuno può licenziarti. Che cosa fai, in ogni caso?»

    «Progetto software per il computer, un lavoro abbastanza interessante.»

    Paula fece una smorfia. «Devi essere molto intelligente e sveglio. I computer mi detestano; io non ho pazienza.»

    Lui sorrise e la strinse di più. «I computer non hanno sentimenti, Paula, sono semplicemente macchine a cui ci siamo affezionati perché ci facilitano parecchio il lavoro.»

    «È qui che sbagli. Sono apparentemente “fighi”, abili ma molto vendicativi. Ti danno tanto ma poi aspettano finché non stai facendo qualcosa d’importantissimo, lo inghiottono e non te lo fanno vedere mai più.»

    «È sempre possibile trovare i file che hai perso. I pc sono anche calcolatori e anche se qualche volta danno i numeri, non perdono la memoria».

    «Non per me» obiettò lei, cupa. «Sono una schiappa in queste cose. Non imparerei mai a dovere»

    Lui le infilò le mani tra i capelli e le si avvicinò alla bocca rubandole un bacio ardente.

    «Però hai ricordato i nomi di tutte le persone che abbiamo conosciuto in questi giorni e le hai affascinate tutte, nessuna esclusa» le fece notare poi. «Il mio personale ti adora e il mio direttore finanziario voleva sposarti dopo avere parlato con te solo un minuto al telefono. Sei una persona bella e speciale.»

    «Normalissima» obiettò Paula, borbottando.

    Lui sorrise mostrando uno sguardo ipnotico da fascino latino. «Non per come ti vedo io. Quel bikini ti sta divinamente. Sei splendida in bianco perché risalta il colore della tua carnagione scura.»

    «Mi hai regalato degli abiti fantastici.» Paula si guardò addosso, imbarazzata ma vanitosa abbastanza da fare una piroetta su sé stessa. «Non avresti dovuto comprarmi così tanta roba.»

    «Non potevi passare tutta la settimana con il costume nero da chiromante, è giusto che tu ne abbia anche un azzurrino da fata turchina!» Rispose Robert.

    «Ahahaha non era neppure mio! La vera chiromante è sicuramente più piccola, e anche più brava di me a predire il futuro perché io non avrei mai immaginato tutto questo che mi sta accadendo.» Neppure nei miei sogni più audaci. Paula gli cinse il collo con le braccia ma poi aggrottò le sopracciglia. «Tutto bene? Che hai tesoro?»

    «Sto benone» rispose lui, allegro e disinvolto. «Coraggio è l’ora di pranzo. Andiamo a mangiare.»

    Paula era pensierosa e si chiedeva se fosse stato il caso di ricordargli che aveva un volo prenotato in partenza da Bilbao di lì a meno di ventiquattr’ore.

    Per non guastare la dolce atmosfera non le aveva detto nulla dei suoi programmi, ma Paula sapeva della ricca agenda del suo partner, e Robert non poteva continuare a ignorare il cellulare, a far finta di non sentire le frequenti chiamate e seppellirsi in quell’incantevole paradiso del Mediterraneo.

    Avevano entrambi delle vite da gestire e delle esistenze da vivere…e le loro vite non potevano incrociarsi.

    Mentre passeggiavano lungo la riva, Paula ancora concentrata sui suoi pensieri, si girò a guardare il mare che cancellava le loro impronte. Il cielo della sua felicità si rannuvolò e Paula fu scossa da un brivido. Era come se non fossero mai stati lì e non si fossero mai baciati. Era una breve fantasia che era già diventata un ricordo.

    La realtà fece invasione nella sua mente, frantumando tutti i suoi sogni. Era veramente troppo bello per essere vero. Certe cose non capitavano a persone come lei. Lei era una donna fortunata, e per la prima volta, le sembrò di essere nella più bella delle favole.

    «Conosci la storia di Icaro, Paula?» Lui la guardò mentre risalivano il fitto sentiero verso la villa.

    «Certo, qualcosina l’ho studiata. Volò troppo vicino al sole, le sue ali di cera si sciolsero e lui precipitò sulla terra.» E…più in alto voli e più è dura la caduta. Ahimè!

    Poi Robert le prese il luminoso volto tra le mani e chinò il capo verso di lei. «Icaro non sei tu. Non ti farò cadere, amore vedrai.»

    «Non posso continuare la vacanza. Ho un volo domani. Tu lo sai…»

    «Sì lo so, ed è per questo che sono in questo stato…è giusto che tu parta…»

    «Non ti lascio andare» mormorò lui con le labbra sulle sue. «Devi venire via con me!»

    Paula sussultò e si girò dall’altra parte perché era arrossita in volto. Non poteva andar via con lui, giusto, a far che? Aveva un lavoro e parecchi impegni e poi… non poteva abbandonare la famiglia.

    D’altronde… poteva veramente rinunciare a tutto quello che aveva già ma forse non lo rendeva completamente felice?

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    Cuori nella rete – Il Boscaiolo

    Una foto, un cuoricino e poi un altro ancora sotto una posa ammiccante.Le foto di lei su Instagram aumentavano ed i numerosi cuoricini del giovane boscaiolo appagavano per qualche minuto la vanità della cinquantenne che postava spesso e volentieri immagini di sé pesantemente abbellite. Il solarium vista mare, la vasca idromassaggio in giardino, la piscina con l’acqua colorata, la tavola appare... Altro...

    Una foto, un cuoricino e poi un altro ancora sotto una posa ammiccante.

    Le foto di lei su Instagram aumentavano ed i numerosi cuoricini del giovane boscaiolo appagavano per qualche minuto la vanità della cinquantenne che postava spesso e volentieri immagini di sé pesantemente abbellite. Il solarium vista mare, la vasca idromassaggio in giardino, la piscina con l’acqua colorata, la tavola apparecchiata con ceramiche pregiate, il salottino in vimini e tutte le scenografie della villa davano ai ritratti di quella donna sofisticata una spruzzata di ricchezza ostentata. Lui si ritraeva invece nei boschi, o in sentieri montani, spesso con l’ascia in mano. Imponente, intrigante e tatuato riceveva per ogni foto pubblicata su Instagram migliaia di cuoricini. Lei aggiungeva in leggenda frasi poetiche che venivano completamente ignorate, lui chilometri di hashtag.

    Lo scambio dei cuoricini pubblici durò qualche giorno e poi una sera la donna ricevette un messaggio privato da parte del giovane boscaiolo sul quale lei stava facendo da giorni qualche poco innocente fantasia. Cosa si risponde ad un cuore da parte di uno sconosciuto? Non un semplice cuore, ma privato, uno tutto e solo per lei? Era compiaciuta e turbata, non per il messaggio in sé, in quanto molti utenti attempati le avevano inutilmente scritto in passato, ma a causa del mittente, ovvero il bel giovane boscaiolo.

    Lui aveva ingrandito innumerevoli volte le foto della donna, osservando ogni particolare dell’ambiente nel quale lei viveva. Si vedeva già sdraiato sul lettino a bordo piscina, immaginava il selfie che avrebbe postato dalla Jacuzzi e la foto della sua moto davanti al mastodontico cancello bianco per lui spalancato. Lei aveva innumerevoli volte ingrandito le foto di lui per osservare gli occhi, le labbra, i tatuaggi, i muscoli e quella cicatrice sul sopracciglio sinistro che gli donava un’aria vissuta e un po’ dannata. Lei non gli rispose  subito e assaporò la dolce attesa del farsi desiderare. Dopo due giorni la donna inviò al boscaiolo uno smile con le gote arrossate. Lui dopo un minuto cominciò una chat che durò un giorno intero. Lei scordò di mangiare, lui annullò un appuntamento con gli amici. Passò una settimana ed i messaggi divennero sempre più intimi. Lei scoprì che non abitavano molto lontano, lui questo invece già lo sapeva.

    Decisero di incontrarsi. Lei aveva paura di non essere esattamente come nelle foto attraverso le quali lui l’aveva conosciuta, lui era impaziente di vedere la villa della donna. La delusione fu equamente condivisa. La donna non solo non era bella e affascinante come appariva su Instagram, anche se quello lui lo aveva già capito, ma era anche sposata e soprattutto la villa nella quale viveva non era sua ma di una coppia per la quale lei lavorava in qualità di governante. Lui invece era totalmente differente dalle foto del suo account. L’usurpatore aveva infatti postato le immagini di uno sconosciuto modello canadese, nell’intento di conoscere donne sole e proporre la propria giovinezza, l’unica caratteristica che aveva in comune con il bel boscaiolo, per sbarcare piacevolmente il lunario. 

    Lei pianse, lui si arrabbiò. 

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