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    Mi è bastato quel raggio di sole

    Viandanti, con il cuore stretto tra le labbraancora nude.Tremano e rincorrono un abbraccio,mentre io rimango stretta al mio sole,perché mi bastino i suoi raggi,seppur con l'umore grigio e in tempesta. E ho affogato il dispiacere nel brindisidel suo cuore,sfavillante tristezza di immensa natura. Ma questi viandanti non sanno ripartire forse,mentre a me basta quel tiepidoraggio d'Aprile.&... Altro...

    Viandanti, con il cuore stretto tra le labbra

    ancora nude.

    Tremano e rincorrono un abbraccio,

    mentre io rimango stretta al mio sole,

    perché mi bastino i suoi raggi,

    seppur con l'umore grigio e in tempesta. 

    E ho affogato il dispiacere nel brindisi

    del suo cuore,

    sfavillante tristezza di immensa natura. 

    Ma questi viandanti non sanno ripartire forse,

    mentre a me basta quel tiepido

    raggio d'Aprile. 

    Sole. 

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    Prova N. 1

    Spero che questa lettera venga trovata dalla persona giusta, o per lo meno, da qualcuno con la giusta sanità mentale dal riuscire a capire quando è meglio fermarsi e non continuare a leggere.Ho cercato di pulire via il sangue dalle mani per quasi 30 minuti, quello che ho ottenuto è solamente l'aggiungerci un po' del mio sopra a quello già presente, perciò mi scuso se il foglio risulterà spor... Altro...

    Spero che questa lettera venga trovata dalla persona giusta, o per lo meno, da qualcuno con la giusta sanità mentale dal riuscire a capire quando è meglio fermarsi e non continuare a leggere.

    Ho cercato di pulire via il sangue dalle mani per quasi 30 minuti, quello che ho ottenuto è solamente l'aggiungerci un po' del mio sopra a quello già presente, perciò mi scuso se il foglio risulterà sporco.

    Oggi faccio fatica a capire le voci e sono un po' triste, perché non so chi e in che modo dover prendere il prossimo impentinente...

    a volte vorrei solo liberare più persone da questo mondo spezzato, rendendole più libere di godersi la tranquillità, che solo una scatola di legno sotto terra può regalare...nell'attesa che si chiariscano tornerò a strappare i capelli della ragazza n⁰ 13, sto quasi per finire la bambolina e non vedo l'ora di metterla sulla credenza insieme a tutte le sue future compagne; quasi le invidio...riescono a stare sempre tranquille e al loro posto, felici di essere ciò che sono, piccole o grandi...bionde o brune che siano, un ottimo esempio di inclusività, che se fosse presente anche nelle nostre vite, non sarei costretto a ritrovarmi nel prendere per me chi dubita o denigra il prossimo. 

    So di star facendo il giusto, in modo moralmente claudicante e profondamente dubbio, ma non credo esistano regole quando si pratica e interpreta la voce di dio. 

    Ad un mondo più sano, ad ogni cuore ormai annerito, per coloro che erroneamente si sentiranno sconfitti.

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    Asap

    Amico, alza il viso

    Vorrei vedessi

    La neve tra l'abisso

    おい、顔を上げて

    見てほしい

    深淵の間の雪

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    Su solitudine, desiderio e massificazione…

    Scrive la poetessa Lavinia Frati che la solitudine è congenita alla nascita. Si riferisce giustamente al trauma della nascita. Aggiungo io che la solitudine la si prova durante la morte nostra o di qualcuno caro.  Il mio carissimo amico Lele mi dice al telefono che la morte è un grande distacco traumatico. Insomma si nasce e si muore soli. Ma come ha detto anni fa questo Papa l'uomo non è ... Altro...

    Scrive la poetessa Lavinia Frati che la solitudine è congenita alla nascita. Si riferisce giustamente al trauma della nascita. Aggiungo io che la solitudine la si prova durante la morte nostra o di qualcuno caro.  Il mio carissimo amico Lele mi dice al telefono che la morte è un grande distacco traumatico. Insomma si nasce e si muore soli. Ma come ha detto anni fa questo Papa l'uomo non è fatto per stare solo.  Siamo animali sociali, politici,  simbolici (e i simboli si devono comunicare). Abbiamo bisogno di contatti umani, di stimoli sociali. La pornografia, la società stessa imporrebbero che questi stimoli, questi contatti, queste relazioni fossero finalizzati alla sessualità e al raggiungimento dell'orgasmo. Ma esistono molte forze contrapposte nella società.  A imperativi categorici puramente carnali si contrappongono altrettanti imperativi categorici spirituali. La risultante è un essere umano frastornato, distratto, ingolfato,  incerto, smarrito, indeciso sul da farsi perennemente: insomma una persona che non ha fermezza, che non sa che cosa vuole; è l'essere umano che non si ribellerà mai, che non proverà mai a fare la rivoluzione perché per fare la rivoluzione non ci vuole chissà quale elevazione spirituale ma un minimo di rinuncia pulsionale. L'uomo contemporaneo di oggi è programmato per soddisfare le sue "esigenze sessuali". È un modo per controllare la nostra libertà di azione e soprattutto di pensiero. La stragrande maggioranza dei pensieri degli esseri umani in forze in questa società occidentale è fatta soprattutto da desideri sessuali. Come cantava Gaber abbiamo la libertà di fare tutto, tranne quella di pensare. Per il resto come scriveva Schopenhauer "l'uomo può fare ciò che vuole ma non sa volere ciò che vuole". Il problema è che nessuno sa perché nascono certi desideri. Un altro dilemma è come conciliarsi con il nostro desiderio. Ma il problema maggiore è che mass media, moda, pornografia ci obbligano a desiderare partner che hanno certi criteri estetici e certi requisiti. Schopenhauer è stato un profeta. Ma il dominio entro cui si deve desiderare è sempre stato imposto dall'alto, è sempre stato stabilito dal potere. Un tempo c'era più spazio per i gusti personali.  Oggi nessuno ti impone chi amare, ma il potere ti indica le caratteristiche che deve avere. Oggi in questa società massificata, omologata abbiamo tutti grossomodo gli stessi desideri. La soggettività si è ridotta. Dicono "non è bello ciò che è bello. È bello ciò che piace". Ma se i nostri gusti personali non si uniformano ai canoni e ai modelli universalmente riconosciuti andiamo incontro alla disapprovazione e alla solitudine. Allo stesso tempo se noi non rientriamo in certi canoni estetici e se non rispecchiamo certi modelli andiamo incontro alla solitudine. Riconoscere tutto ciò, smontare questa macchina del desiderio, vedere questi meccanismi è il primo passo per essere autentici. Ritornando alla solitudine ci sono mille modi diversi di sentirsi, di essere soli, percezioni soggettive della solitudine  tanto diverse quanto sono gli uomini. La solitudine è una cosa che non si può omologare e proprio per questo è invisa al potere perché da essa può nascere un pensiero diverso, un pensiero contro. La poesia è importante perché comunica la solitudine. Come quella di Octavio Paz per esempio.

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    LA MUTA DEL MELO (Inclinazione ad Est)

    Il tulipano biancocon un vezzo,trepido anela al soleche rosseggiando langue,nel ritmo vanesio di luce ed ombra.Ad uncino lo sguardo,sotteso fra le ciglia,s'addossa lievesul divenire di un aforisma.Crollai sul fondodell’origma - icàrio fusto-nel voltéggio di foglie brunitee stoppie d' autunno,con un sorriso inciso,spigolo di piombo tra le fronde.La solitudine mi è compagna,eco suadente,co... Altro...

    Il tulipano bianco

    con un vezzo,

    trepido anela al sole

    che rosseggiando langue,

    nel ritmo vanesio di luce 

    ed ombra.

    Ad uncino lo sguardo,

    sotteso fra le ciglia,

    s'addossa lieve

    sul divenire di un aforisma.

    Crollai sul fondo

    dell’origma - icàrio fusto-

    nel voltéggio di foglie brunite

    e stoppie d' autunno,

    con un sorriso inciso,

    spigolo di piombo tra le fronde.

    La solitudine mi è compagna,

    eco suadente,

    come amore eterno,

    e fedele suono,

    contorna i miei giorni

    (in camporum et arenarum

    solitudines concessit).

    Fra cirri aggrovigliati

    ascolto lo sfarfallìo

    del lampo lanciato nell'ombra,

    di albe raccolte nella luce

    di astri nascenti.

    Sono l'isola pensante,

    il periodo breve imbevuto

    di luna,

    il racemo che stride di lato,

    nel caduco falò del tempo

    che arroventa, nel chinarsi,

    le rughe del giorno.

    Conservo il senso del tempo

    sotto una campana di giada,

    e la mia eredità di spiccioli versi,

    preziosi come lacrime d'avorio,

    nell'ombra del mio cuore 

    nascosto.

    Ed un verso s'apprende

    nel crampo della mano,

    everge, opale, verso il mare.

    Thea Matera ©️ 

    EBOOK "CARTEGGI PERPENDICOLARI" DI THEA MATERA - ON AMAZON

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    Fare luce in sé e comunicare la solitudine…

    Succede che scrivo per fare chiarezza dentro me, per fare luce in me. A volte c'è un poco di confusione o un poco di combattimento in me e allora butto giù qualche riga per chiarirmi le idee o per riappacificarmi con me stesso e/o con il mondo. Scrivere significa allora approfondire, cercare un poco di verità in sé stessi, nei propri pensieri. Scrivere è prima di tutto una presa di coscienza ... Altro...

    Succede che scrivo per fare chiarezza dentro me, per fare luce in me. A volte c'è un poco di confusione o un poco di combattimento in me e allora butto giù qualche riga per chiarirmi le idee o per riappacificarmi con me stesso e/o con il mondo. Scrivere significa allora approfondire, cercare un poco di verità in sé stessi, nei propri pensieri. Scrivere è prima di tutto una presa di coscienza della notte che sta attraversando il mio animo e non solo, ma anche tutto il mondo. Inoltre in ogni mio scritto è molto spesso presente anche il tu dialogico, seppure  in forma implicita. Come in certi poeti che si rivolgono a una figura femminile, la evocano, sebbene questa li abbia delusi, traditi, respinti. La relazione dialogica, per dirla alla Buber, è una necessità di chiunque. Scrivo per mettere ordine in me stesso, per cercare di mettere in ordine il mio mondo. Non cerco fama né gloria postuma; ogni scritto di autore defunto è una traccia che sarà dimenticata nella stragrande maggioranza dei casi o sbiadita dal tempo e trasmessa a pochissimi: nel migliore dei casi è come una casa di contadini fatiscente  in cui non abiterà più nessuno o come una fabbrica dismessa che non servirà più a nessuno. I miei scritti sono testimonianza del mio (non) pensiero. Potete tacciarmi di essere uno pseudointellettuale o uno stupido, salvo poi idolatrare Gio Evan o Jovanotti come grandi maestri di pensiero e grandi poeti. Un tempo però avevo più bisogno degli altri. Cercavo conferma, rispecchiamento, affinità, simpatia dagli altri. Era presente in me l'istanza degli altri. Oggi mi accontento di scrivere, di immaginare e trovare gli altri dentro me, dato che in fondo gli altri li ho già interiorizzati. A ogni modo, da soli o in compagnia, una cosa è certa: la nostra mente è relazionale. Noi viviamo di relazioni. Anche stare da soli è un modo di relazionarsi con sé stessi.  Il problema è che ci sentiamo soffocati quando le relazioni non le percepiamo come autentiche. C'è chi trova fratture nel proprio sé ed è in crisi  con sé stesso. C'è chi ha dei blocchi comunicativi con gli altri ed è in crisi con gli altri. Avere senso del limite non significa solo accettare la nostra finitezza ma anche riconoscere  che abbiamo bisogno degli altri. Tutto questo è di facile comprensione, di facile acquisizione,  per qualcuno è pure ovvio e scontato,  però partire da questi presupposti per vivere concretamente la nostra vita è molto più difficile. Ci sono persone che non chiedono aiuto e allora si autodistruggono. A ogni modo  come scrisse Kierkegaard ogni uomo è solo di fronte a Dio. Per questa ragione scrivere e parlare sono fondamentali per comunicare la solitudine. In buona parte dei  casi per stare un minimo bene ci vuole il dono di sé a  qualche altra persona e dobbiamo ricevere il dono altrui. Dobbiamo però chiedere di volta in volta a noi stessi di cosa abbiamo veramente bisogno, che cosa ci fa stare veramente bene o veramente male, che cosa ci dà piacere e cosa è tossico. Leggevo l'ultimo numero della rivista Atelier. Leggevo che per il poeta Franco Buffoni la parola è per definizione sinallagmatica, cioè mette sempre in relazione noi con qualsiasi cosa, con qualsiasi parte di noi stessi, con qualsiasi altra persona. Ma veniamo a me.   Personalmente io oggi ho i miei familiari.  Non ho bisogno di fare le ore piccole per cercare una donna disperatamente. Non ho bisogno di affittare una prostituta e portarla in un albergo a una stella. Non ho bisogno ogni giorno di assillare un amico per cercare di fare quattro chiacchiere con lui. Non ho bisogno di recarmi in locali sovraffollati per avere l'impressione di stare con gli altri (non me ne importa niente del fatto che, come si suol dire, gente fa gente). Ma scrivere non è neanche per forza di cose uno sfogo, una consolazione: se così fosse chiederei troppo, chiederei l'impossibile alla scrittura. Scrivere per me significa avere a che fare con me; significa cercare un poco di raccoglimento interiore; significa migliorare la conoscenza interiore. La domanda che potrebbe sorgere spontanea è: cosa cerchi in te che gli altri non ti possono dare? Io potrei allora controbattere con un'altra domanda: cosa devo cercare negli altri che non posso trovare in me stesso? A seconda degli eventi, delle circostanze, della personalità di base, della mentalità possiamo cercare in noi stessi o negli altri, possiamo orientarci verso di noi o verso gli altri, ma importante è non smettere di cercare. Alla base di tutto nella vita deve esserci la ricerca e non conta se è più ricerca dell'altro o di noi stessi, anche perché può accadere che si cerchi gli altri in noi stessi oppure sé stessi negli altri, in un gioco perenne di identificazioni, introiezioni,  proiezioni. A volte penso che, al di là della dicotomia io/altri, forse la realtà è che ognuno, facendo spesso tentativi maldestri, cerca in sé stesso, negli altri, nel mondo Dio o la sua parvenza. Allora forse questa è la ricerca più vera, questo è l'incontro più autentico. Eppure è così difficile. Chi è veramente Dio in questo trambusto di religioni e di profeti? Ognuno chiama a sé seguaci, fedeli, adepti. Molti pensano che Dio sia con loro, dimenticandosi che sulle cinture dei soldati dell'esercito nazista c'era scritto "Gott mitt uns" (Dio è con noi). Come saper riconoscere la vera voce di Dio  quando la maggioranza crede negli idoli e nel vitello d'oro? In definitiva mi chiedo dove sta la verità, quale sia l'ipostasi delle cose e dove sia Dio in questo mondo di brutture. Ma è una domanda che si fanno molti nel loro cuore e che non trova mai una risposta certa. Alcuni si arrogano il diritto di giudicare, ma fingono a sé stessi. La verità è che anche chi ha fede, per onestà con sé stesso e con gli altri, deve coltivare il dubbio.

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    Ancora un semplice pensiero sulla solitudine…

    Tra il proprio io e gli altri ci sono fratture, barriere, distanze. Eppure abbiamo bisogno degli altri per colmare un vuoto interiore. C'è la solitudine del corpo che ci fa cercare un altro corpo. È qualcosa di fisiologico, ormonale da giovani e più psicologico, affettivo da maturi o anziani. C'è la solitudine dell'animo che può farmi cercare un corrispettivo femminile oppure taluni possono c... Altro...

    Tra il proprio io e gli altri ci sono fratture, barriere, distanze. Eppure abbiamo bisogno degli altri per colmare un vuoto interiore. C'è la solitudine del corpo che ci fa cercare un altro corpo. È qualcosa di fisiologico, ormonale da giovani e più psicologico, affettivo da maturi o anziani. C'è la solitudine dell'animo che può farmi cercare un corrispettivo femminile oppure taluni possono cercare addirittura Dio grazie a essa. Siamo nati così con un'apertura all'altro o addirittura all'Altro. L'uomo è animale politico, sociale, etc etc. La verità è che siamo con gli altri anche in perfetta solitudine. Anche se fossimo soli su un'isola deserta gli altri sarebbero presenze fantasmatiche. Succede che sentiamo l'assenza degli altri, che abbiamo sempre bisogno degli altri. Nella migliore delle ipotesi a prolungati periodi di solitudine si devono alternare sporadici contatti sociali: non ne possiamo fare a meno. Stare troppo soli, anche per l'autoperfezionamento e per l'elevazione spirituale, significa chiedere troppo a sé stessi e stare male alla fine. Pochissimi esseri umani possono imitare la solitudine divina. Nel migliore dei casi si va incontro alla deprivazione sociale, nel peggiore dei casi alla follia. È vero che gli altri possono distrarre i mistici da Dio, ma è uno sforzo immane fare come i Padri del deserto! La solitudine è qualcosa che tocca le più intime fibre del nostro essere perché, come ci insegna la mitologia, siamo esseri umani e perciò ontologicamente incompleti. Un gradino da superare è quello di rompere la nostra solitudine. La colpa o il merito non è attribuibile unicamente a noi. Dipende anche dagli altri, dalla sorte che abbiamo, etc etc. Un altro gradino da superare è quello di costruire una relazione duratura e  autentica. La cosa non è affatto scontata perché la realtà, anche quella umana,  è sempre più effimera e strumentale. Tutto sembra essere interessato, avere un secondo fine. Anche qui ci vuole una mano dal Fato. L'innamorato si chiederà: per quale motivo mi ama? Oppure confessa a un amico: vorrei che la mia ragazza mi prendesse per quello che sono. Di fronte a questa esigenza interiore io mi sono sempre detto che nessuno può prendere nessuno per come è perché nessuno sa come è nessuno. In fondo chi, come, cosa siamo? Nessuno lo sa. Possiamo solo fare supposizioni più o meno fondate. Per prendere un'altra persona per quello che è veramente bisognerebbe conoscerla nel profondo del proprio Sé. Ma ci sono zone morte e zone inesplorate anche nel nostro io. Il dialogo spesso è superficiale. Si parla del più o del meno. Non si va in profondità. Figuriamoci quanto è approssimativa e improvvisata la conoscenza altrui! Non bisogna neanche chiedere l'impossibile alla relazione con gli altri che ha naturalmente dei limiti evidenti. Come ho già scritto chiedere  l'amore totalizzante o l'empatia totale facendo della persona amata quasi una divinità è chiedere troppo: quando le aspettative sono troppo elevate si vivono delusioni profonde. Allora visto che non possiamo chiedere l'impossibile ci dobbiamo limitare alla comunione dei corpi, alla speranza remota degli orgasmi reciproci, al calore umano, alle carezze, agli abbracci. Le parole dicono molto: oggi ci sono mille  tentazioni sessuali. Un tempo tutto era peccato. Un tempo si parlava di vizio, di voglie sessuali. Oggi si parla di esigenze sessuali da soddisfare. Non si può esimersi da questo. Tutti pretendono l'orgasmo. La fisicità è la premessa di tutto. Siamo passati da un estremo all'altro. È da anni che pratico l'astinenza sessuale.  Alcuni mi chiedono come faccia. Io rispondo che cerco di non pensarci e sopporto. Qualche persona mi chiede a chi gioverà la mia astinenza, intendendo dire che è tutta energia sprecata, vita buttata. Io non sarò affatto migliore astenendomi, ma intanto non sono dipendente dal sesso. Il problema è che oggi molti/e vogliono tutto subito e non sopportano la loro insoddisfazione.  Alla base di tutto c'è l'amore del corpo dell'amata. Eppure, nonostante ogni essere umano rimugini più volte al giorno le sue fantasie erotiche, una coppia in media fa l'amore 2-3 volte alla settimana in media. C'è una tensione continua, un desiderio costante in questo mondo ipersessualizzato che però è inconcludente,  inappagato, frustrante.  Siamo sottoposti nella vita reale e in quella virtuale infruttuosamente a mille stimoli erotici. L'immaginario erotico ci distoglie dal pensiero, dalla conoscenza autentica di noi stessi e degli altri. Finisce così che molte donne sospettano che tutto o quasi nei rapporti, anche più sporadici con gli altri, sia finalizzato al sesso. Il sesso in Occidente sembra essere diventato da mezzo per la procreazione o per la conoscenza il fine ultimo di moltissime relazioni. Ci sono donne che si offendono se gli uomini non ci provano; per costoro gli uomini devono corteggiarle,  provarci, adorarle...altrimenti sospettano che non siano veri uomini, che non siano virili. Le solitudini si cercano, cercano di essere condivise, di entrare in comunione tra di loro, di compenetrarsi. Ma è difficile oggi costruire legami solidi, saldi. Si può essere soli anche in coppia, anche con una famiglia, se ci si sente incompresi. Cerchiamo noi stessi negli altri, ma per instaurare una relazione autentica dobbiamo anche cercare un nuovo orizzonte negli altri e la cosa deve essere reciproca. Il problema di fondo è che a nessuno basta rompere la solitudine con qualsiasi altra persona, ma cerca persone simili o complementari. Infine al mondo d'oggi ci sono tante persone sole perché non ammettono di essere sole, perché pensano di riuscire a stare da sole e perché si vergognano di dire che sono sole. 

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    Non sono di sinistra e nemmeno faccio finta…

    Non sono di sinistra e nemmeno faccio finta.  Non ho alcuna intenzione di snaturarmi. Forse molti dei miei problemi derivano tutti da questo. Forse la mia solitudine dipende anch'essa da questo. Chi dice che non esistano più destra e sinistra può essere in mala fede oppure può dimostrare di avere una falsa coscienza per non dichiararsi, per non schierarsi da una parte o dall'altra. Ma può... Altro...

    Non sono di sinistra e nemmeno faccio finta.  Non ho alcuna intenzione di snaturarmi. Forse molti dei miei problemi derivano tutti da questo. Forse la mia solitudine dipende anch'essa da questo. Chi dice che non esistano più destra e sinistra può essere in mala fede oppure può dimostrare di avere una falsa coscienza per non dichiararsi, per non schierarsi da una parte o dall'altra. Ma può dire anche bene, se intende che destra e sinistra non esistono più, che sono scomparse differenze sostanziali, che però esistono ancora persone che tifano per l'una o per l'altra. Spesso tifare per uno schieramento o per l'altro è solo bisogno di avere un'identità,  di appartenere a un gruppo; talvolta è un semplice pretesto per menare le mani, appena si scaldano un poco gli animi. Forse è troppo qualunquistico dire che tutti i partiti sono uguali e rubano tutti allo stesso modo, ma non mi sembra di uscire fuori dal seminato a dire che si mettono sempre d'accordo, mentre noi cittadini comuni dovremmo odiarci e dividerci per l'appartenenza politica, secondo l'antico divide et impera. Non essere di sinistra in Toscana o almeno non dichiararsi di sinistra significa rinunciare ad amori, amicizie, opportunità lavorative, occasioni di divertimento. Ci sono molti che si dicono di destra, poi votano in modo disgiunto, votano a livello nazionale la destra e a livello locale il centrosinistra, dato che ci sono dei rapporti di amicizia, di interesse, di natura clientelare da coltivare. Per quanto uno possa dichiararsi di destra alcuni elementi della coscienza popolare di sinistra e della cultura regionale di sinistra lo influenzano nettamente. Insomma per dirla alla Pennacchi in Toscana perfino i fascisti sono fasciocomunisti. Allo stesso modo di comunisti duri e puri ne sono rimasti pochi. Sono i più comunisti annacquati. Se va bene sono cattocomunisti, ovvero dei ravanelli, conservano nel loro io più profondo un'anima democristiana e consociativa. C'è chi ci crede (e in questo senso l'appartenenza a un partito è un atto di fede) e fa onestamente la sua parte, ma essere di sinistra significa spesso  far finta di crederci e fingere una parte. La sinistra italiana è così folcloristica, così pittoresca, ma anche così modaiola (nel senso che segue il conformismo dell'anticonformismo), soprattutto a livello giovanile. Ma essere di sinistra significa anche sapersi godere la vita: godersi i soldi, farsi la villa, guidare delle macchine di lusso. E se dici che sono incoerenti, che predicano male e razzolano ancora peggio tu allora sei l'invidioso,  il poveretto, il rosicone! Conosco gente che da adolescente rubava alle Mercedes il "mirino" (la stemma a stella per il cofano) e poi da grande se ne va a giro tutta tronfia in Mercedes: ciò la dice lunga sul finta ribellismo e sull'odio/amore nei confronti di certi status symbol. Non fatevi illusioni: antropologicamente ed eticamente le persone di sinistra sono italiani come tutti gli altri, consumisti e lavativi come tutti gli italiani; il "paese nel Paese" descritto da Pasolini non esiste, bisogna dire le cose come stanno. Ma quando fai qualche critica alcuni si sentono subito parte in causa, si sentono subito offesi e controbattono che uno come me di certo avrebbe fatto certamente peggio, scordandosi che era impossibile fare peggio di quello che hanno fatto loro con il keu. Dichiararsi non di sinistra, non mettere la testa a partito (il partito è il Pd) significa farsi terra bruciata, non perché istituzionalmente vengono presi provvedimenti (da questo punto di vista c'è assoluta civiltà), ma perché i cittadini comuni scelgono di non dare lavoro, di non frequentarti, di non farti favori, etc etc. Non essere di sinistra significa in un certo qual modo scegliere l'ostracismo nel migliore dei casi e nel peggiore la solitudine. Se non sei di sinistra, anche se ti dichiari un liberale apartitico, aspettati i predicozzi e i sermoni dei sinistrorsi. Ti diranno che bisogna saper scegliere la parte giusta, che la destra è becera e va sconfitta, che la sinistra è moralmente e intellettualmente superiore, che tutti gli intellettuali stanno a sinistra, che solo a sinistra c'è la verità e la giustizia. In fondo io lo vedo come c'è la giustizia in Toscana, ovvero quanto e come è giusto e doveroso relegare ai margini della vita sociale e lavorativa chi come me non sta a sinistra. A mio avviso molti fanno finta di essere di sinistra. Ci sono alcuni che ti si avvicinano e ti dicono che ho le mie ragioni,  ma qui in Toscana la tradizione è di sinistra. Altri più onestamente mi dicono che un poco è un peccato il fatto che non sia dei loro. Entrambe queste persone privatamente esprimono delle riserve sul centrosinistra. E poi che vogliono da me? Io sono per il partito del non voto e significa che delego agli altri la scelta di chi mandare al governo. Che cosa vogliono di più? La mia è una scelta legittima, così come totalmente legittime sono le mie critiche a questo andazzo generale. In realtà i partiti politici di sinistra non sono più né carne né pesce a forza di imitare le destre, dato che le masse e gli stessi operai votano a destra e i dirigenti sinistrorsi non potevano lasciare il campo completamente alle destre.  Così facendo politicamente non c'è più alcuna sinistra, ma ci sono due destre: la destra liberista selvaggia, identitaria di Salvini e Meloni, la destra socialdemocratica e apparentemente progressista del PD. La base della sinistra si accontenta, così come gli stessi burocrati dei piccoli partiti comunisti rimasti si accontentano di militanti comunisti che non hanno mai letto Marx. Importante è chiamarsi ancora compagni, anche se la falce e il martello sono scomparsi in nome della modernità.  L'insoddisfazione è reciproca, ma l'importante è salvare le forme, le apparenze. 

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    Sulla mia solitudine…

    Vivo con i miei e con mia sorella. Ho solo un amico di vecchia data, addirittura d'infanzia. Poi il resto è tabula rasa. Mi sono fatto il deserto o mi hanno fatto il deserto? In fondo non tutto viene per nuocere: posso riflettere di più, posso pensare di più, posso smarcarmi dal mainstream. Dipende in parte anche da me che ho preferito evitare persone negative. Insomma meglio solo che male acco... Altro...

    Vivo con i miei e con mia sorella. Ho solo un amico di vecchia data, addirittura d'infanzia. Poi il resto è tabula rasa. Mi sono fatto il deserto o mi hanno fatto il deserto? In fondo non tutto viene per nuocere: posso riflettere di più, posso pensare di più, posso smarcarmi dal mainstream. Dipende in parte anche da me che ho preferito evitare persone negative. Insomma meglio solo che male accompagnato! Inutile a mio avviso vedersi con persone ostili, che ti trattano con indifferenza o a pesci in faccia. Ho rischiato la solitudine. Ora un poco di solitudine la sperimento ogni giorno. La solitudine talvolta è un peso quasi insopportabile da portare. Ho dei piccoli momenti di crisi. Per quanto cerchi di soffocarli anche in me esistono la voglia di socializzare, l'istinto gregario, la stessa paura di rimanere solo, di morire solo. Ma la mia solitudine dipende anche dal fatto che qui in questa cittadina la mentalità è un poco chiusa, che non è facile fare amicizia, che alcune persone a me avverse mi hanno fatto terra bruciata, che la mia mentalità si discosta dalla mentalità comune di questo posto, che su di me hanno messo in giro voci maligne. Insomma una concomitanza di cause, un insieme di fattori hanno contribuito a rendermi un uomo di mezza età, attempato e solo. Poi qui le persone sono un poco diffidenti; si frequentano soprattutto tra ex compagni di scuola, tra ex compagni di squadra del rione, tra appartenenti a comitive adolescenziali. Mi è difficile fare amicizie. Io stesso ho difficoltà a parlare con gli altri, a rompere la mia solitudine. Non mi riesce nemmeno fare amicizia perché bisogna essere estroversi, saper attaccare bottone. Nemmeno mi vengono date grandi occasioni per fare amicizia. Io sono disoccupato a 49 anni, non ho la macchina: allo stesso tempo non vengo preso in considerazione né mi piace presentarmi così. Insomma non sono presentabile. Nessuno mi terrebbe in considerazione. In definitiva la mia solitudine in parte l'ho scelta io, mentre in parte dipende dalle circostanze esterne, ma non so dire in quale percentuale. Il rapporto con le donne è inconsistente, inesistente.  Nemmeno mi considerano.  Non sono affatto piacente; sono attempato. L'aspetto fisico è importante.  Non sono attraente: ecco tutto. Insomma ho fatto il mio tempo, ammesso e non concesso che ci sia stato un tempo per me. Non frequento locali "in". Non bazzico per i locali del centro. Non esco la sera. Passano gli anni. Mi ritroverò vecchio senza aver vissuto la mia maturità,  rimpiangendo gli anni della giovinezza in Veneto. Nessuno qui mi manca di rispetto, ma tutti mi tengono a debita distanza. Mi ritrovo molto nella poesia "Tabaccheria" di Pessoa, anche se il poeta portoghese era un genio immenso e io sono solo un mediocre. Altra differenza tra me e Pessoa è il fatto che non sono esoterico e per me nessun Esteves è "senza metafisica": ogni uomo ha una sua metafisica, una sua religiosità,  una sua spiritualità. Io sono combattuto: a volte sento il bisogno di essere solo e altre volte ho bisogno di essere in mezzo agli altri. Talvolta avrei bisogno di poco: mi basterebbe fare solo due chiacchiere, dire e ascoltare solo due frasi, anche di circostanza.   Oltre a non essere niente non mi sento parte di niente ormai. Non rivendico l'appartenenza a nessun gruppo di persone. Sono legato affettivamente a pochissime persone. Le posso contare con le dita d'una mano. Non appartengo né mi sento di appartenere alla comunità letteraria. Trovo anche che sarebbe una magra soddisfazione appartenervi,  non ci tengo, non mi cambierebbe la vita ormai. Sono poco incline alle soddisfazioni immateriali. Sono diverso dalla stragrande maggioranza dei letterati, dei poeti, delle poetesse, degli aspiranti e sedicenti tali.  Una cosa che mi accomuna a Pessoa è che anche io sono quello della mansarda per alcuni o meglio quello del sottotetto perché vivo lì. È nel sottotetto che leggo, che faccio le mie elucubrazioni,  che sto ore a pensare. Ho traslocato ormai quasi 4 anni fa. Nella zona nuova solo i vicini mi conoscono. Da una parte è bene perché nessuno mi ferma quando cammino. Nella vecchia zona appena uscivo per fare una camminata trovavo persone che mi erano antipatiche. Ognuno ha le sue idiosincrasie. Bisognerebbe trovare le persone giuste come amiche. Come cantava il compianto Stefano Rosso in "Una storia disonesta" dovrei trovare "una ragazza giusta che ci sta". Ma non l'ho mai trovata. Eppure avrei bisogno talvolta del corpo e del calore di una donna.  Sono invecchiato; più vado in là con gli anni e peggio sarà. Il poeta Evtušenko ne "La stazione di Zimà" si immagina che Dio gli parli e che gli dica di amare il genere umano perché è lì che risiede la verità e la felicità di ognuno. Ma io i miei concittadini non li sento come il mio prossimo, non li sento come prossimi e li ricambio con la stessa moneta dell'indifferenza che mi hanno dato loro. Almeno è così per ora. Non voglio far parte in alcun modo della vita cittadina. Forse questa città non mi deve dare niente, ma non vedo perché io debba amare questa città e dare qualcosa a lei. Sono solo e comunque questo non è un dramma della vita. In realtà le persone un minimo assennate non muoiono né per amore né per la sua mancanza. Con queste poche e semplici righe non voglio lagnarmi più di tanto. Se scrivo tutto ciò è solo per dare una piccola testimonianza, anche per essere autenticamente me stesso e trattare delle cose che mi riguardano: in fondo alcuni fanno finta di essere imperturbabili,  si tengono tutto dentro e poi finiscono per autodistruggersi totalmente. So bene che queste righe non sono letterariamente valide (e non me ne importa niente), ma al massimo solo sociologicamente e psicologicamente interessanti. Qualcuno potrebbe ritenere questo scritto uno sfogo. Ebbene tutti abbiamo bisogno di sfogarci! Almeno lo faccio gratis senza bisogno di pagare uno psicologo!  Poi quando uno scrive parla sempre di quello che gli sta a cuore, ovvero  dei propri problemi in modo più o meno diretto. Non facciamo gli ipocriti. Non nascondiamoci dietro a un dito. Qualcuno potrebbe pensare che io sono portato a mettermi nelle strade senza uscita, ma nessuno sa se questa vita è una strada senza uscita o meno. Certamente ci sono problemi ben peggiori. Ci sono vite peggiori da vivere. Ma anche dietro una vita apparentemente senza drammi, senza tragedie come la mia si celano piccole ombre sul cuore, piccole  inquietudini, malinconie, insoddisfazioni. Ma questo non significa che vada in giro a dare noia al prossimo, a elemosinare amicizia e compagnia. Rimango al mio posto. Non sono petulante. Gli altri non si perdono niente perché io non ho niente di speciale, ma molto probabilmente questo vale anche per me, forse neanche io mi perdo niente. Neppure faccio della mia solitudine un perno della mia visione del mondo. Queste righe servono innanzitutto a spiegare un poco me stesso a me stesso.  Ma è solo un intervallo, una pausa. Tra poco continuerò a fare considerazioni generali. Ognuno comunque, piccola o grande, ha la sua croce e la deve portare con un minimo di dignità.  

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