Racconto breve
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in FantasyLa neve era scesa tutta la notte e aveva imbiancato l’intero circondario, ma d’altra parte a Rovaniemi la faceva da padrona. Quella vigilia l’aria era diversa però, vento di novità soffiava sulla Lapponia, atmosfera frizzante, di quelle che predicono una grande notizia. Mamma Natale stava ultimando le ultime leccornie per il classico cenone della Vigilia. Ogni anno, prima di partire, il... Altro...La neve era scesa tutta la notte e aveva imbiancato l’intero circondario, ma d’altra parte a Rovaniemi la faceva da padrona. Quella vigilia l’aria era diversa però, vento di novità soffiava sulla Lapponia, atmosfera frizzante, di quelle che predicono una grande notizia. Mamma Natale stava ultimando le ultime leccornie per il classico cenone della Vigilia. Ogni anno, prima di partire, il marito degustava, insieme a tutti i suoi elfi, piatti da tutto il mondo, preparandosi al grande viaggio con una bella abbuffata. Questo lo rendeva più umano, riusciva ad immergersi nei sentimenti di chi lo aspettava tutta la notte. Il grande salone era già pronto, gli elfi e tutti gli abitanti di Rovaniemi trepidavano per la cena, molto affamati dopo aver passato l’ultimo mese ad incartare regali più disparati per bambini di tutto il mondo. Grandi ghirlande ornavano le finestre, mentre l’enorme sempreverde illuminava la stanza con le sue mille lucine. Colori sgargianti, oro, rosso, argento, blu…Le decorazioni della famiglia Natale esulavano dalla moda del momento, da sempre amavano utilizzare tutti i colori disponibili. Sul grande tavolo i segnaposti erano sistemati, Babbo Natale amava chiamare per nome – e li conosceva tutti – ogni suo aiutante. Ghirlande anche sulle sedie, sparso ovunque vischio per permettere a chiunque di diffondere amore durante quella grande festa. Quella mattina Babbo Natale aveva radunato tutta la famiglia, mamma e figli Natale, elfi e folletti e fatine, e aveva comunicato: “Questa sera ci sarà una grande novità per tutti voi, quello che vedrete non si ripeterà per anni. State in guardia miei cari Elfi, resterete esterrefatti”. Si guardarono tutti, allibiti, non c’era mai stato spazio per le novità a Rovaniemi, tutto era dominato dalla tradizione, ogni anno. Il primo dicembre si iniziava l’incartamento, il 24 si sellavano le renne e la sera si cenava alla grande mensa, a mezzanotte tutti salutavano il vecchio Natale, mentre Mastro Tempo rallentava il grande orologio per permettere al signore in rosso di consegnare ogni regalo. L’aria era frizzante, tutti parlottavano tra loro immaginandosi il grande annuncio. “Secondo me va in pensione” ”NON andrà mai in pensione, i figli non sono ancora pronti per sostituirlo” Insomma un gran vociare di idee, ognuno aveva la propria. DRIIIIN la campanella della cena aveva suonato. Tutti presero posto rapidamente, le pesanti tende cremisi si aprirono e lui uscì col volto coperto da un foulard rosso come il suo abito. Si sedette a tavola, a capo tavola, sorrise con gli occhi a tutti i suoi commensali e calò un silenzio tombale. Trepidazione, ansia e curiosità dominavano l'atmosfera del grande salone. Ma Babbo Natale non aveva fretta. "Salve a tutti cari commensali, vi starete chiedendo come mai porto questo sciallè intorno al mento. Presto lo scoprirete!" "Dai Babbo Natale, parlaci della novità, siamo tutti in attesa del grande annuncio" "Non è un annuncio quel che devo farvi, cari miei. Quel che vedrete vi stupirà, renderà questo Natale memorabile e vi farà comprendere una grande lezione: spesso, per migliorarci, dobbiamo sottrarre e non aggiungere" Mamma Natale e gli elfi cuochi iniziarono a servire il pasto, ma Natale restava a volto coperto. Serviti tutti si pronunciò nuovamente: "È giunto il momento di svelarvi questo segreto". Pian piano si tolse il velo che gli copriva il mento, con movimenti lenti e perentori…Un grande “ooooooooohhhhhhhhhh” invase la sala Babbo Natale si era tagliato la barba e mostrava a tutti il suo viso nudo.
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in Romanzo
Luci di parole e suoni di colori
Non avrei mai detto che Maurizio mi avrebbe chiesto di scrivere la prefazione di un suo lavoro letterario. Si, lo so, “lavoro letterario”, riferito a Mauri, può sembrare una definizione pomposa e ridondante, ma, in questo caso, non lo è. Anche perché è un lavoro a quattro mani, come una sonata per pianoforte, al quale ha lavorato Paola Capocelli, sua amica e collega qualche tempo fa in una... Altro...Non avrei mai detto che Maurizio mi avrebbe chiesto di scrivere la prefazione di un suo lavoro letterario. Si, lo so, “lavoro letterario”, riferito a Mauri, può sembrare una definizione pomposa e ridondante, ma, in questo caso, non lo è. Anche perché è un lavoro a quattro mani, come una sonata per pianoforte, al quale ha lavorato Paola Capocelli, sua amica e collega qualche tempo fa in una scuola di Napoli. Perché Paola abbia proposto l’idea di Mauri è un mistero, di cui non voglio conoscere il significato, ovviamente.
In verità io ho collaborato alla stesura di due lavori del mio amico, uno pubblicato con discreto successo, l’altro è ancora nel suo pc (una volta si diceva “nel cassetto”, ma tant’è, come dice il mio amico Salvatore Marco Ruggiero, è il “nuovo linguaggio neo barbarico”). Il primo parla della vicenda relative alla gara per realizzare un monumento che Mauri e altri colleghi hanno costruito a Roma, storia che ha fatto interpretare a me; l’altro è il presunto seguito, perché di questo si tratta, non può che essere il seguito, narra delle vicende di un architetto, che porta, anche qui, il mio nome, perché a Mauri e a me stava bene così. L‘ultimo lavoro di Mauri pubblicato da un editore è l’antologia “I racconti del vetrino”, io non ho partecipato, l’idea è di Salvatore Mazzarella, nostro amico, è buona, racconti veloci, rapidi, intensi, ma non è il mio genere. L’ho letto, ma io amo le storie più lunghe.
Per questo lavoro, però, la cosa ha un altro valore, mi hanno dato la bozza finale di questa antologia, l’ho letta e sono qui. I racconti non sono tutti brevi, come nel vetrino, sono più lunghi, egualmente compiuti e pieni di colpi di scena. Gli autori, come dicevo, sono due, Paola e Mauri e non c’è scritto quali racconti siano opera di una o dell’altro. Io ho capito, credo di aver capito, chi ha scritto cosa, conosco entrambi, Maurizio di più ovvio, ma considerato che Paola mi è stata presentata come poetessa, credo di aver capito chi sia l’autore dei vari racconti.
Senza esagerare col paragone con altre antologie/raccolte di racconti, l’impressione che ho avuto è quella di vedere i due scrittori (per Mauri, attento, è una parola grossa) in riva al mare, di fronte all’alba di un magnifico tramonto, che iniziano a raccontare una delle loro storie. La cosa curiosa è che passa una coppia, ascolta le parole della voce recitante e si ferma incuriosita, poi l’altro continua con una sua novella. Nemmeno la chitarra suonata da Mauri li dissuade. Il gruppo piano piano aumenta di numero e vedo tutti seduti intorno ai due ad ascoltare le storie, fino a quando il fuoco acceso da qualcuno si spenge e tutti se ne vanno e, spettacolo, qualcuno dice “Ciao, a domani”!
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in Classico
Sul caso e gli amori (piccola prosa)
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in Classico
L'anziano signore (racconto brevissimo)
L'anziano signore qualche giorno prima aveva parlato col medico. Doveva essere operato urgentemente. Il dottore aveva detto che c'erano diverse probabilità che l'intervento non andasse bene, tuttavia era necessario intervenire. Non si poteva fare altrimenti. L'anziano poteva morire sotto i ferri. Non si sarebbe accorto di niente. Sarebbe passato dall'anestesia alla morte. Il signore era come sosp... Altro...L'anziano signore qualche giorno prima aveva parlato col medico. Doveva essere operato urgentemente. Il dottore aveva detto che c'erano diverse probabilità che l'intervento non andasse bene, tuttavia era necessario intervenire. Non si poteva fare altrimenti. L'anziano poteva morire sotto i ferri. Non si sarebbe accorto di niente. Sarebbe passato dall'anestesia alla morte. Il signore era come sospeso in un limbo. Era ansioso oltremodo. Era spaventato. Aveva una grande paura di morire. Era sempre stato bene fino ad allora e non aveva mai pensato seriamente alla dipartita. Si preparò, si vestì, preparò la borsa e si incamminò per recarsi all'ospedale. Durante il tragitto cercò di non pensare a niente, ma la grande preoccupazione continuava a gravare sulla sua psiche. Aveva dei dolori diffusi in tutto il corpo ma riusciva ancora a passeggiare, seppur lentamente. L'importante era non inciampare. Quindi si mise a riflettere che quel giorno poteva essere il suo ultimo giorno, che doveva pregare, che si doveva confessare al frate che passava di camera in camera. Meditò anche sul fatto che anche se fosse morto nessuno si sarebbe addolorato veramente, nessuno avrebbe versato lacrime. Nessuno avrebbe aspettato di sapere l'esito dell'operazione in sala di attesa. Nessuno si preoccupava per lui. Nessuno aveva a cuore la sua sorte. Da un lato era un bene perché nessuno avrebbe sofferto in quanto era un uomo solo. Dall'altro lato nessuno lo avrebbe ricordato. Quel percorso da casa sua all'ospedale lo aveva fatto per decenni quando voleva prendere una boccata di aria fresca e sgranchirsi le gambe. Ricordò che un tempo portava in quella zona anche il cane al guinzaglio e quel quadrupede era morto da tempo immemorabile di vecchiaia. Guardò il cielo completamente limpido che non rispecchiava in alcun modo il suo stato d'animo. Per la maggioranza degli uomini quel giorno era uno come un altro. La maggioranza degli uomini nemmeno si sarebbe ricordata minimamente di quel giorno. Per lui era un giorno fatale, decisivo, cruciale. Osservò le case, le strade, i palazzi, gli alberelli, le fratte, le foglie marce a terra. Niente e nessuno sembrava partecipe dell'inferno terreno per il momento che stava vivendo. Conosceva ogni buca dei marciapiedi. Conosceva ogni rigonfiamento del suolo per le radici dei pini. Cercò degli spiccioli. Li contò. Entrò nel solito bar. Era un avventore abitudinario. Ordinò il solito cappuccino. La barista giovane e bella lo guardò intensamente. La ragazza notò come una luce strana nel fondo degli occhi del suo anziano cliente. Avrebbe voluto iniziare a discorrere con lui, era da due anni che lo vedeva ma si era sempre peritata. In fondo a volte bastava poco per rallegrare la giornata di un anziano. Bastava scambiare due parole, anche solo due frasi di circostanza. Il signore la squadrò dalla testa ai piedi. La ragazza era molto avvenente. Pensò che gli sarebbe piaciuto scambiare due chiacchiere con lei, ma ormai quel che era fatto era fatto. Ormai era troppo tardi. Non era era per secondi fini o perché aveva delle mire espansionistiche. Era un modo come un altro per rompere la solitudine. Come tutte le altre volte però entrambi rimasero in silenzio e vinse ancora una volta il non detto. Si pulì le labbra con una salvietta, si tolse i residui di schiuma. Voleva essere presentabile di fronte al medico e alle infermiere. Oramai non gli restava che quello. Non gli restava che preoccuparsi di questi dettagli insignificanti. Purtroppo il suo destino era tutto nelle mani altrui. Meditò anche sulla defecatio post mortem. Pensò al cattivo odore che avrebbe emanato se fosse morto. Era un fenomeno imbarazzante, ma era ciò che avveniva a quasi tutti. In fondo il personale sanitario c'era abituato a certe cose e poi una volta morti si deve rendere conto solo al Creatore, se esiste, non di certo agli uomini. Quindi pagò il conto. Sorrise alla ragazza. Si avviò verso l'ospedale. L'operazione poi non andò a buon fine. La ragazza per mesi si chiese che fine avesse fatto quel signore così gentile, quindi si mise l'animo in pace. Non ebbe alcuna notizia del signore, anche perché non sapeva minimamente chi fosse: lo conosceva solo di vista. In poco tempo si dimenticò per sempre di quell'anziano signore.
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in Classico
Una camminata come le altre…
C'è una guerra in corso in cui non si riesce a sapere quanti sono fino a ora i morti. Non piove in Italia. Il Po è in secca. L'acqua salata nel fiume più grande d'Italia è arrivata fino a Piacenza e gli agricoltori là hanno difficoltà a annaffiare. Se esprimi un'opinione sulla guerra sei un guerrafondaio o un pacifista da divano. Se scherzi sui social ti scrivono che è fuoriluogo perché di... Altro...C'è una guerra in corso in cui non si riesce a sapere quanti sono fino a ora i morti. Non piove in Italia. Il Po è in secca. L'acqua salata nel fiume più grande d'Italia è arrivata fino a Piacenza e gli agricoltori là hanno difficoltà a annaffiare. Se esprimi un'opinione sulla guerra sei un guerrafondaio o un pacifista da divano. Se scherzi sui social ti scrivono che è fuoriluogo perché di questo periodo c'è davvero poco da stare allegri. Bisognerebbe stare perennemente in silenzio, bisognerebbe stare serissimi. Qualcuno potrebbe dire che ci vorrebbe "silenzio e astuzia". Ma tutto ciò finirebbe per essere una posa ipocrita e scomposta, un atteggiamento falso. Parafrasando Eliot potrei affermare che il genere umano non può sopportare troppa serietà. La mente umana vuole distrarsi nell'arco della giornata dalla tragedia della guerra, dal dramma del popolo ucraino. Non si può stare sempre seri e compunti, anche se c'è poco da ridere e anche se sappiamo l'orrore del contesto internazionale. Nel frattempo c'è chi ti rende edotto, chi ti dice da che parte stare in genere politicamente e poi nella vita. Non puoi nemmeno sceglierti una tua identità o dei nemici. C'è chi vuole importeli dall'alto. Come al solito, come sempre. Cammino. Arrivo al bar. Prendo un caffè. Mi viene controllato il green pass dalla barista. C'è un gruppetto di avventori seduti al tavolino. Ridono, scherzano. Una donna mi guarda un attimo, mi guarda il green pass che ho posato sul banco; forse vuole vedere le mie generalità, forse non sapeva darmi un'età, forse era incuriosita da me, quindi saluta la barista poi prende la sua birra e se ne va mano nella mano con un uomo più anziano. Bevo il caffè. Sono le 6 del pomeriggio. Non mangerò stasera. Ho mangiato troppo oggi a pranzo. Ho preso anche il digestivo. I miei genitori sono andati a fare un giro in centro. Hanno detto che era quasi deserto. È un problema anche avere un'attività commerciale di questi tempi. È proprio il caso di dire che con questi chiari di luna è difficile sbarcare il lunario, scusate il gioco di parole. Devo ancora leggere un libro di storia. È lì che mi attende sul comodino. Rimando sempre ogni giorno. L'ho pagato solo 6 euro. Ogni giorno scrivo qualcosa, anche se pochissimi leggono e ancora meno forse apprezzano. Scrivere per me oltre che una piccola testimonianza è anche un piccolo segno di vita. Scrivo le mie opinioni, le mie impressioni, i miei piccoli pensieri. Non lasceranno un segno nella storia, nella cultura, ma sono miei e forse un giorno potrò raccoglierli e farli leggere a una donna o a un amico. Dopo la mia morte resterà solo mia sorella minore probabilmente e dei parenti lontani. Mia sorella mi ha detto che quando uno è morto è morto ed è inutile conservarne in alcun modo memoria. Molto probabilmente mi farò anche cremare per togliere definitivamente il disturbo. Ma forse tutto è inutile. È inutile ed è vanità scrivere. Così come è inutile ed è vanità pensare di avere gloria postuma. E poi che me ne faccio della gloria da morto? Trovo che la gloria e il successo ormai sarebbero inutili anche da vivi, ormai. La mia vita è stata insignificante, io sono insignificante. Ma ricordatevi che solo pochissimi lasceranno una traccia duratura. Io non sono un illuso. Mi accontento di qualche raro istante di felicità. Da giovani si pretende la luna, mille orgasmi, mille ragazze. Arrivati alla maturità ci si accontenta di non stare male, di vivere anche una vita molto noiosa, ma tutto sommato un minimo tollerabile. Certo una mezza idea di farsi una bella ragazza si presenta alle volte, ma l'importante è accettare il grigiore esistenziale e riuscire a scacciare la malinconia. Continuo a camminare. Passo davanti lo studio della mia dentista. Ad aprile devo prendere appuntamento per la pulizia dei denti. Ho usato il colluttorio recentemente. Guardo i palazzi. Mia madre mi ha raccontato di alcune beghe tra condomini in quei palazzi, veri e propri dispetti. Per esempio alcuni condomini non hanno voluto pagare la luce delle scale e un'anziana claudicante è costretta a farle al buio la sera. Attraverso sulle strisce. I vicini sono sulla soglia di casa. C'è la vicina con sua figlia e il suo nipote. Ci salutiamo. Chiedo loro quanti anni ha il cane. Mi rispondono che ha 15 anni e ormai non ci vede più. La figlia non mi aveva mai visto. Mi dice di salutare mia madre. Ci congediamo. Suono il campanello. Mi viene aperto. Il mio lagotto mi accoglie festoso. È una sera come le altre. Il sole sta tramontano là oltre le pale eoliche. Osservo i colori lividi che intristiscono con delle striature il cielo. Mi chiedo se queste pennellate violacee sono uniche o sono destinate a ripetersi. Non saprò mai se le cose sono destinate o meno all'eterno ritorno. Aspettavo di nuovo una telefonata di un mio amico, ma è troppo impegnato col lavoro. Eravamo al telefono ma a un certo punto mi ha messo in attesa perché lo stava chiamando un cliente. Poi ho dovuto interrompere la telefonata perché mio padre voleva il telefono. Allora ho preso il mio cellulare e sono andato fuori. C'è la guerra, ma ogni tanto bisogna guardare avanti. La speranza è che finisca quanto prima. Penso ai lavori in corso dell'edificio davanti casa. A settembre deve essere pronto. Dovranno fare gli impianti e arredare ad agosto. Sarà intitolato a un poeta locale, di cui ho letto diversi libri. C'è una guerra in corso, ma penso che è primavera, che il susino dei vicini è in fiore e guardo oltre il muro di cinta i fiori bianchi degli alberi di biancospino nel parcheggio.
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