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    “Il bello, la musica e il potere” di Cresti-Giordi

    “Il bello, la musica e il potere”, è il saggio scritto da Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi edito da Edizioni Mariù e pubblicato nel Luglio 2023. Il libro, che sarà presentato ad Arezzo il prossimo 5 ottobre, è il frutto dell’ingegno di due raffinati artisti che raccontano, in forma di dialogo, il declino della nostra società, nella quale funzionalità e logiche commerciali... Altro...

    “Il bello, la musica e il potere”, è il saggio scritto da Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi edito da Edizioni Mariù e pubblicato nel Luglio 2023. Il libro, che sarà presentato ad Arezzo il prossimo 5 ottobre, è il frutto dell’ingegno di due raffinati artisti che raccontano, in forma di dialogo, il declino della nostra società, nella quale funzionalità e logiche commerciali sembrano aver definitivamente soppiantato la Bellezza. Molteplici i temi affrontati dai due autori: la minaccia dell’intelligenza artificiale, il dispotismo dei mezzi di informazione, il degrado estetico delle nuove espressioni musicali, il ruolo della tecnologia nel processo creativo.

    Il saggio vuole essere un testo di denuncia e di battaglia che si interroga sullo stato dell’arte e sul senso, o forse non senso, del nostro Occidente in crisi, fornendo l’itinerario da seguire e che apre, definitivamente, le porte a una riflessione critica, fornendo, peraltro, una serie di risposte a dubbi controversi.

    Il mondo globalizzato ha davvero perduto la percezione del bello? Qual è il rapporto tra la bellezza e il potere e in che modo l’Occidente vive oggi il suo rapporto con le Arti e con la Musica in primo luogo? La riflessione su tali tematiche, costruita sulla forma del dialogo, si snoda attraverso l’analisi storica dell’esperienza estetica occidentale per arrivare a toccare le problematiche della realtà sociale in cui viviamo. Il disinteresse verso la bellezza è infatti allo stesso tempo causa ed effetto della crisi di valori della nostra società, e solo recuperando e valorizzando le nostre vituperate identità profonde potremo traghettarci fuori dal non senso, verso la luce di una nuova, antica, umanità.

    Gli autori

    Antonello Cresti è saggista, conferenziere ed agitatore culturale. Si è laureato con lode in “Scienze dello Spettacolo” presso l’Università di Firenze. Ha iniziato la sua attività artistica come musicista, animando vari progetti e producendo numerosi album. Ha già pubblicato tredici libri, usciti con varie case editrici, dedicati a musica underground, cultura britannica, esoterismo, controcultura. È ideatore di un film e di un documentario, entrambi a tematica musicale. È attivo nella creazione di una rete trasversale di intellettuali e creativi in opposizione al Pensiero Unico.

    Roberto Michelangelo Giordi è un cantautore e scrittore partenopeo. Vive attualmente tra Parigi e Roma. Ha pubblicato quattro album: Con il mio nome (2011), Il soffio (2015), Les amants de Magritte (2017), Il sogno di Partenope (2019), gli ultimi due usciti anche in Francia. Nel 2019 è stato finalista alle Targhe Tenco. Nel 2022 pubblica per Mariù Aliene sembianze, il suo quinto lavoro discografico e la sua prima opera narrativa. È diplomato al CET di Mogol e laureato in “Scienze politiche” e “Lingue e letterature straniere”. Si è occupato della tradizione letteraria napoletana e del rapporto tra musica e testo nella canzone antica e in quella d’autore.

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    "Il suicidio di un regime" il saggio di Mario Ragionieri

    Mario Ragionieri con il suo ultimo saggio storico intitolato “Il suicidio di un regime - 25 luglio 1943” pone l’attenzione sui fatti accaduti tra la notte del 24 e 25 luglio del ’43, durante la quale si consumò l’ultimo atto del Partito Nazionale Fascista e venne segnato il destino del suo fondatore, il Duce: Benito Mussolini. Ma esattamente, quali furono i retroscena che portarono... Altro...

    Mario Ragionieri con il suo ultimo saggio storico intitolato “Il suicidio di un regime - 25 luglio 1943” pone l’attenzione sui fatti accaduti tra la notte del 24 e 25 luglio del ’43, durante la quale si consumò l’ultimo atto del Partito Nazionale Fascista e venne segnato il destino del suo fondatore, il Duce: Benito Mussolini. 

    Ma esattamente, quali furono i retroscena che portarono agli eventi che noi tutti conosciamo? Chi furono gli autori del ribaltone che ebbe come conseguenza l’insediamento del Governo Badoglio, e successivamente la creazione della Repubblica Sociale? Questi e tanti altri sono gli interrogativi che lo storico Mario Ragionieri si pone e ai quali fornisce risposta attraverso l’utilizzo non solo di uno stile limpido e scorrevole, ma anche grazie a un’attenta ricerca storica che va a collegarsi con indagini personali e colloqui avvenuti con i reali protagonisti della vicenda che portò all’inconsapevole suicidio del regime fascista.

     

    Info biografiche

    Mario Ragionieri, classe 1953 è un autore prolifico, ma soprattutto un grande conoscitore della storia dell’Italia, dell’epoca pre e post-fascista. È anche analista attento di strategie socio-politiche e belliche riguardanti l’ultimo e penultimo conflitto. Ha pubblicato studi approfonditi sulle reali dinamiche inerenti agli intrighi di potere, ai retroscena e alle dietrologie dalle quali, sarebbero poi, scaturite guerre e ribaltamenti di potere. È un autore poliedrico e ha pubblicato numerosi romanzi gialli e una raccolta in versi. Con “Il suicidio di un Regime” analizza un avvenimento fondamentale nella storia d’Italia, fornendo uno scenario lucido, completo e non soggetto a interpretazioni

     

    Casa Editrice

    Edizioni Jolly Roger è una Casa Editrice indipendente con sede in Toscana che ti permette di pubblicare il tuo libro nel cassetto. L’Amministratore Delegato è Fabio Gimignani. Il distributore è LibroCo Italia Srl.

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    L’orologiaio: l’intelligenza artificiale

    Mercoledì 27 dicembre 2022 Buongiorno ragazzi qui l'Orologiaio, vi scrivo questa e-mail dopo un periodo di ricovero forzato in ospedale grazie per i messaggi che mi avete mandato, non avete idea del circo che c'è qui dentro sono tre giorni di fila che ho la processione dei parenti in casa. L'unica cosa positiva è che non dovrò cucinare per almeno un mese comunque è tutto a posto ho avuto s... Altro...
    Mercoledì 27 dicembre 2022 Buongiorno ragazzi qui l'Orologiaio, vi scrivo questa e-mail dopo un periodo di ricovero forzato in ospedale grazie per i messaggi che mi avete mandato, non avete idea del circo che c'è qui dentro sono tre giorni di fila che ho la processione dei parenti in casa. L'unica cosa positiva è che non dovrò cucinare per almeno un mese comunque è tutto a posto ho avuto solo un forte calo a causa del troppo lavoro, l'ho sempre detto questo mondo è fatto per i ricchi chi nasce come noi comuni mortali, è fortunato ad arrivare alla pensione se nel mentre non ci lascia le penne. Anche durante il ricovero il pensiero andava alla mole di carta impilata sulla scrivania, fortuna che avevo con me la borsa con le mie cose almeno non mi sono annoiato. L'infermiera che si occupava di me non perdeva occasione per propormi l'ennesima rivista di gossip, aggiornandomi sugli ultimi pettegolezzi come se si trattasse del prossimo premio nobel cosa che trovavo molto divertente più o meno le giornate sono passate senza problemi, ripensando al motivo per il quale mi sono trovato li avrei dovuto saperlo, era solo questione di tempo da un po' di giorni mi sentivo strano tant'è che pensavo si trattasse di banale influenza, finché non sono svenuto davanti al locale dove ero andato per una cena di lavoro. Ragazzi non so descrivervi come mi sono sentito in ospedale, i dottori devono avermi dato qualche cocktail di quelli belli forti ho dormito per due giorni di fila al mio risveglio ero spaventato, disorientato e anche un po' incazzato perché nessuno mi diceva nulla, alla fine mi son pure sentito dire che sono un testone, per i dottori non dovevo affaticarmi ma solo rimanere a letto per rimettermi in forze, in pratica ho avuto un collasso è come se il mio corpo, avesse deciso in quel momento di mettermi a nanna ho davvero temuto per la mia vita. Devo ammettere però che da allora sono più calmo, quella piccola vacanza in ospedale mi ci voleva proprio anche se avrei evitato, come se non bastasse in quei giorni il mio Editor è passato a trovarmi non per sapere della mia condizione, non ha smesso un giorno  di assillarmi credo sia il momento o di cambiare casa editrice o di licenziarlo e di assumerne un altro. In questo settore so molto bene come funziona, escono di continuo nuovi talenti letterari ed è faticoso stare al loro passo, però scusatemi se ne parlo; venire in ospedale con me completamente assuefatto dai farmaci per dirmi che il mio libro fino a meno di una settimana fa best seller citato anche dal NYT, era sceso al terzo posto a causa del secondo libro scritto da un tiktoker o una roba del genere, chiedendomi per giunta, se avessi bisogno di una mano per continuare il ciclo narrativo. Voleva in pratica far proseguire il mio lavoro ad un'altra persona perché io ero in ospedale il bastardo, allora gli ho risposto che piuttosto avrei preferito bruciare tutto, alche infastidito è andato via per poi tornare alla carica il giorno dopo con un'idea fantastica a suo dire, mi ha messo davanti il tablet e scaricato una roba per scrivere testi automatizzata per darmi una mano con il libro, ma vi rendete conto? Non so nemmeno come descrivere ciò che ho provato in quei minuti, mentre lui andava decantando questo nuovo strumento che adesso tutti, ma proprio tutti stanno usando non solo in campo commerciale, ma anche nel settore creativo, artistico e letterario, io ero li che facevo finta di ascoltarlo mentre fantasticavo su quale oggetto lanciargli contro per primo, al solo scopo di farlo tacere su quella marea di stronzate che andava blaterando. Alla fine dopo dieci minuti di sproloquio ho fatto un bel respiro profondo, e ispirandomi ad uno dei miei tanti personaggi ho fatto una cosa che mai mi sarei sognato di fare, ho atteso che lui finisse e quando mi ha chiesto cosa ne pensassi della sua strabiliante idea, ho aspettato un paio di minuti come per dargli importanza, e subito dopo ho usato il pulsante rosso per far intervenire i medici, quando sono arrivati non ho dovuto far altro che dire loro che stavo per sentirmi poco bene, non appena lo hanno visto nella mia stanza non ho dovuto aggiungere altro, tutti nel reparto lo avevano già avvertito di non stressarmi e il dottore lo ha buttato fuori. Voi forse pensate che l'ha capito, e invece no visto la quantità di messaggi che mi ha continuato a lasciarmi in segreteria, dopo questa disavventura ho contattato un legale per aiutarmi nella fase di passaggio ad una nuova casa editrice qualora la mia abbia da ridire, desidero qualcuno che abbia stima per ciò che scrivo e rispetto per me.  Ad ogni modo tornando a noi, ho avuto del tempo per giocare un po' con quell'applicazione per la scrittura automatizzata, e non ho potuto far a meno di notare che in questi giorni si fa un gran parlare dell'impiego dell'intelligenza artificiale ad uso creativo, ho iniziato a scrollare le notizie un po' sul web e ho notato che si parla di questa cosa già da un po' di tempo non è qualcosa di questi giorni, però non si sa il perché ultimamente ci sono eserciti di pro e di contro, nondimeno, già si ipotizza una legislazione a misura del suo impiego per tutelare la proprietà intellettuale di artisti le cui immagini o creazioni, potrebbero essere usate senza il loro consenso ma non trovate la cosa alquanto bizzarra? Se ci pensiamo bene, una serie di leggi si potrebbero realizzare per difendersi da un uso smodato di un tipo di macchina creata dall'uomo, ma non si riesce a fare la stessa identica cosa, quando si tratta di difendere le proprietà intellettuali di grandi e piccoli creativi, artisti e  freelancer dall'uso improprio che ne fanno coloro che credendosi furbi, rubano il lavoro di altre persone realizzando opere o prodotti con un design, che non è frutto del proprio lavoro, ma del tasto copia e incolla del mouse. L'intelligenza artificiale (IA) dopotutto, è l'abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l'apprendimento, la pianificazione e la creatività, in questa era viene impiegata già in diversi settori lavorativi a fini commerciali e non, ma si tratta pur sempre di una macchina, che è stata creata dall'uomo in quanto tale, seppur dotata di una tecnologia avanzata, senza l'infinito bagaglio artistico, creativo, storico e culturale fornito appunto nel corso della storia, non avrebbe nulla da poter usare, perciò si tratta pur sempre di un'intelligenza stupida che in ogni caso, deve essere programmata dall'uomo soddisfacendo per le aziende determinati criteri altrimenti sarebbe inutile, se non sbaglio è una cosa che ha detto anche quel cretino del mio ex Editor, l'ultima volta che l'ho visto. Al contrario coloro che se vanno in giro a violare il copyright a destra e a manca, copiando e incollando con il tasto destro del mouse, sono esseri umani senzienti che scelgono di propria iniziativa, di usare le idee altrui anzichè le proprie. La differenza è semplice nel primo caso siamo di fronte ad una macchina che esegue ordini per conto degli umani, il secondo è un essere umano che usa una macchina per di fatto violare di propria volontà la proprietà intellettuale altrui. In che modo è possibile difendere con una legge il lavoro dei creativi, musicisti, scrittori e artisti da una macchina programmata dall'uomo, mentre non riusciamo attraverso lo stesso metodo legislativo a difenderli dal furto di proprietà intellettuale perpetrato da altre persone? A parer mio siamo di fronte al classico caso del cane che si morde la coda, in cui un piccolo gruppo elitè di persone che possono permetterselo, creeranno le solite norme a loro favore, del resto nessuno è disposto a realizzare leggi che vanno a proprio svantaggio non credete? Concludo con una mia personale riflessione, siamo spaventati da uno strumento creato da noi e dopo averlo provato lo sono un po' anche io francamente, la tecnologia sta avendo sempre più la meglio sull'umanità perché glielo permettiamo, diventando pigri e noi abbiamo smesso di evolverci in quanto esseri intelligenti, però è anche vera un'altra cosa sta accadendo ciò che fu al tempo della catena di montaggio, che minacciava il lavoro manuale dell'uomo però nel tempo, abbiamo iniziato ad apprezzare quella tecnologia che in qualche modo aiuta oggi nella produzione in serie, permettendo così lo sviluppo del mondo come lo conosciamo oggi. Insieme al progresso si è visto poi la necessità di produrre merce a basso costo ottenendo anche prodotti di scarsa qualità e qui che mi aggancio con il mio discorso. Tutto dipende da noi e da come vogliamo sfruttare un nuovo strumento, in un'era di fatto sempre più dipendente dalla tecnologia, l'impiego della manodopera umana a vari livelli di creatività e lavoro diventa di fatto il valore aggiunto che fa la differenza e lievitare i prezzi, ne sono un esempio il settore tessile dell'alta moda e quello dei motori con le vetture assemblate a mano come per esempio la Pagani, ma non dimentichiamoci del settore letterario, artistico e creativo secondo la mia modesta opinione questa paura cesserà, nel momento in cui l'umanità riuscirà a diventare la versione migliore di se stessa, solo allora si potrà parlare di una reale evoluzione dell'uomo ed in quel momento potremo convivere, con ciò che abbiamo creato in tutti questi secoli di progresso tecnologico senza averne paura. Sono sicuro di aver dato a voi amici miei, alcuni spunti interessanti su cui riflettere e sono curioso di sapere cosa ne pensate in merito. Ah volevo dirvi anche un'altra cosa, ieri ho parlato con Paul al telefono dice che se il volo non ritarda dovrebbe tornare domani sera giusto in tempo per un aperitivo al Vecchio Trabocco e anche Roger sarà dei nostri, sarebbe bello poterci riunirci tutti un giorno. L'orologiaio

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    Don Francesco Cristofaro – “Lo sguardo di Gesù. Pagine di Miser

    Lo sguardo di Gesù. Pagine di Misericordia” di Don Francesco Cristofaro è un saggio teologico scritto con un linguaggio semplice e immediato, accompagnato da una sentita prefazione di S.E. Card. Angelo Comastri. L’opera è divisa in tre parti: nella prima vengono presentati alcuni racconti tratti da brani dal Vangelo, nella seconda viene narrata la vita dell’autore, concentrandosi in parti... Altro...

    Lo sguardo di Gesù. Pagine di Misericordia” di Don Francesco Cristofaro è un saggio teologico scritto con un linguaggio semplice e immediato, accompagnato da una sentita prefazione di S.E. Card. Angelo Comastri. L’opera è divisa in tre parti: nella prima vengono presentati alcuni racconti tratti da brani dal Vangelo, nella seconda viene narrata la vita dell’autore, concentrandosi in particolar modo sulla sua esperienza con la fede, e nella terza vi sono delle preghiere da lui composte.

    «Oggi, l’uomo è triste perché è senza Dio. Oggi il cuore dell’uomo è smarrito perché ha smarrito la verità del Vangelo, l’unica che lo possa salvare. Oggi l’uomo si vuole costruire senza Dio. Oggi l’uomo si vuole fare dio al posto dell’Onnipotente Signore. Grande, allora è la responsabilità del cristiano. Grande è la missione del sacerdote: costruire Dio nel cuore dell’uomo»

    I brani scelti dal Vangelo sono incentrati su coloro che erano stati etichettati come peccatori, e che a un certo punto del loro cammino avevano incontrano gli occhi di Gesù, pieni di misericordia, e in questo modo si erano salvati - «Che cos’è la misericordia? È lo sguardo di Dio che ti penetra dentro fino a trasformarti totalmente perché tu ti lasci trasformare».

    Per quanto riguarda la storia personale dell’autore, egli si confessa parlando della sua disabilità: Don Cristofaro è infatti nato con una paresi spastica alle gambe. Sin da bambino ha lottato per accettarsi e per farsi accettare dagli altri, subendo bullismo, pietismo ed emarginazione; poi ha compreso, grazie allo sguardo di Gesù che si è posato su di lui e che lo ha reso strumento di misericordia, che la disabilità non era un limite ma un dono, con il quale poteva manifestare le opere di Dio. È inoltre molto interessante, in questa parte dell’opera, il racconto dell’evolversi della sua vocazione, che ha conosciuto anche momenti di crisi: egli infatti si è allontanato da Gesù per paura di non essere all’altezza del suo compito, ma la chiamata ricevuta era una luce che continuava a brillare forte nel suo cuore. Ha così intrapreso la missione che da sempre lo aveva scelto, impegnandosi a mostrare al mondo il volto di Gesù - «Io mi sento un salvato, uno che è rinato, al quale viene chiesto di cantare la vita, di lodare le meraviglie del Signore. A volte, penso alle migliaia di persone che mi seguono. A me sembra di non fare nulla per loro. Poi ti scrivono e ti dicono grazie per il sorriso e, allora, capisco di essere servito a qualcosa».

    SINOSSI DELL’OPERA. Leggendo le pagine del Vangelo, ci imbattiamo in tanti incontri e momenti di misericordia. La gente vede in Gesù uno che è diverso da tutti gli altri; uno che non ha timore di fermarsi, di ascoltare, di sedersi a tavola del peccatore, di toccare un lebbroso. Quando noi giudichiamo, etichettiamo, non facciamo altro che chiudere il nostro cuore alla misericordia. Guardiamo a Gesù e poi soffermiamoci per un istante a noi stessi. Che atteggiamento avremmo assunto noi dinanzi alla peccatrice colta in flagrante adulterio? Quanti sassi avremmo scagliato? E dinanzi a Zaccheo, a Matteo il pubblicano? Cosa avremmo fatto se si fosse presentato a noi il cieco mendicante, il lebbroso escluso dalla comunità o qualsiasi altro fratello bisognoso? In queste pagine scoprirete storie e volti, alcuni hanno un nome, altri sono senza volto e senza nome perché in quelle storie potreste esserci anche voi. Toccherete con mano la sofferenza, la voglia di riscatto e di cambiamento. C'è l'atteggiamento di Gesù, tutto il suo amore. Sarà un vero canto alla misericordia di Dio.

    BIOGRAFIA DELL’AUTORE. Don Francesco Cristofaro è nato a Catanzaro il 10 novembre del 1979, ed è oggi parroco nella Parrocchia “Santa Maria Assunta” in Simeri Crichi. Ha conseguito la licenza in Teologia Spirituale presso la Pontificia Facoltà Teresianum in Roma. Conduce su Radio Mater la rubrica "Alla luce della fede" e su Padre Pio TV la trasmissione “Fatti per il Cielo”. Collabora inoltre con Tv2000 nella trasmissione “l’Ora Solare”. È stato opinionista nella trasmissione “Storie Italiane” di Rai 1 e contribuisce con servizi a tema alla trasmissione “Forum” di canale 5. Invitato in diverse città italiane per portare la sua testimonianza di vita, ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti. Tiene incontri di preghiera in tutta Italia e viene invitato a predicare a ritiri spirituali di carattere nazionale. È inoltre testimonial di eventi di carattere sociale, in particolare sulla disabilità. Ha scritto per il settimanale “Miracoli” e ha pubblicato diverse opere per Tau Editrice. 

     

     

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    L'amore e altre afflizioni

    Una raccolta di racconti letterari, molti davvero brevi, che coprono argomenti come la follia, i reattori a reazione rapida, gli eccentrici, l'inquinamento, il delirio, l'amore e la metamorfosi.

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    Un ottimo manuale ….

    Da tempo sto pensando di scrivere un giallo, ma prima ho voluto documentarmi sulle tecniche d'indagine e sulla psicologia investigativa. 

    Questo è stato uno dei volumi che studiato per le mie ricerche. E' molto completo,  e parla dei reparti d'indagine italiani e non, della psicologia di investigatori e i vari tipi di criminali.

    Ve lo consiglio .... 

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    Taccuino dell' investigatore

    E' un libro che illustra come funzionano le tecniche d'indagine nelle varie situazioni. E' dettagliato, e spiegato bene.Per chi è un addetto ai lavori può risultare inutile, ma per chi è non sa nulla o poco e quello che si vede in film e telefilm polizieschi è un volume utile per capire e conoscere.Visto che siamo in un social per scrittori, posso dire che è un volume utile per lo scritt... Altro...

    E' un libro che illustra come funzionano le tecniche d'indagine nelle varie situazioni. 

    E' dettagliato, e spiegato bene.

    Per chi è un addetto ai lavori può risultare inutile, ma per chi è non sa nulla o poco e quello che si vede in film e telefilm polizieschi è un volume utile per capire e conoscere.

    Visto che siamo in un social per scrittori, posso dire che è un volume utile per lo scrittore che vuole scrivere un giallo o che vuole migliorare la tecnica del suo investigatore.

    Lo consiglio .... 

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    Un libro unico ed imperdibile.

    Questo libro è unico nel suo genere. Che cosa sono gli elementi di Cinocrimalistica? In pratica sono gli impieghi del cane nella scienze forensi. Il cane, grazie al suo fiuto pontentoso è in grado, se addestrato, di fiutare qualsiasi cosa, dalla droga, alle armi e persino i soldi e sistemi di archiviazione. E al fine di un'indagine l'impiego dei cani è sempre più considerato un elemente i... Altro...

    Questo libro è unico nel suo genere. Che cosa sono gli elementi di Cinocrimalistica? In pratica sono gli impieghi del cane nella scienze forensi. 

    Il cane, grazie al suo fiuto pontentoso è in grado, se addestrato, di fiutare qualsiasi cosa, dalla droga, alle armi e persino i soldi e sistemi di archiviazione. E al fine di un'indagine l'impiego dei cani è sempre più considerato un elemente importante. 

    Parla dell'impieghi del cane ma anche dei crimini di cui è vittima come il traffico di cuccioli, e i combattimenti clandestini.

    L'autrice è un' esperta cinofila che in questo libro ha collaborato con altri esperti per donare un volume completo ed esauriente in tutte le sue parti. 

    Scritto bene, a volte può risultare complicato per via delle leggi e provvedimenti citati ma come ho detto è un volume completo ed un ottimo testo anche per questi piccole complicazioni. 

    Lo consiglio. 

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    “Le parole degli angeli” (2010) MyLife

                                    “Le parole degli angeli” (2010) MyLife                                                                     Do... Altro...

                                    “Le parole degli angeli” (2010) MyLife

                                     

                                        Doreen Virtue e Grant Virtue

    Le parole possono influenzare le nostre vite? Sembrerebbe di si in base al libro scritto da Doreen e Grant Virtue intitolato “Le parole degli angeli”. Secondo gli autori ciò che viene detto e pensato possiede una vibrazione che può essere positiva o negativa capace di influenzare sia la nostra esistenza che l’ambiente circostante. Doreen e Grant si accorsero di questa “vibrazione” guardando lo schermo del loro computer, utilizzando un programma di grafica notarono come la parola “angelo” assumesse la forma di un essere celeste con ai lati due estremità simili a delle ali particolarmente ampie. Inserendo altri termini quali “gelosia” ed “ammirazione” osservarono come il grafico fosse molto più ristretto per via della connotazione negativa del termine (gelosia) mentre, aggiungendo la parola “ammirazione” di significato più positivo, la rappresentazione grafica fu decisamente più estesa e tendente verso l’alto. È interessante notare come alcuni vocaboli, come ad esempio “grasso”, possano avere un’eccezione “neutra” in base ai contesti, nella frase “ho avuto un grosso aumento di liquidità” il significato potrebbe essere sia “positivo che neutro” ma nell’espressione “sono grasso” viene espressa una condizione sfavorevole e di bassa energia. In base ad alcune testimonianze rilasciate ai Virtue diverse persone hanno dichiarato come le loro vite siano cambiate in meglio aggiungendo parole più positive. Invece di focalizzarsi, ad esempio, sulla mancanza di qualcosa hanno utilizzato frasi come “c’è abbondanza nella mia vita”. Stesso discorso per quanto riguarda le “imprecazioni”, anche se dette per alleviare l’ansia “…la loro energia di basso livello si ripercuote su chi le ha pronunciate”, sarebbe meglio sostituirle utilizzando espressioni quali “tu sia benedetto”. Nel libro sono riportati gli studi condotti da Masaru Emoto il quale si accorse di come le molecole dell’acqua cambiassero ogni volta che qualcuno pronunciasse vocaboli positivi o negativi. Anche il Dott Handwerker studiando alcune donne notò come frasi dette durante l’infanzia come ad es. “sei stupida” ecc. creassero stati depressivi in queste persone una volta diventate adulte. C’è un capitolo nel libro molto interessante intitolato “Parole positive per la terra”, il concetto che viene espresso è il seguente: tutto ciò che vive risente di determinate energie, animali compresi. Per Doreen e Grant non ha senso esclamare “presto il mondo finirà”, sarebbe meglio dire “il nostro Pianeta è un dono di Dio”, proprio a causa dell’impatto che i nostri pensieri e frasi hanno su ciò che ci circonda. Altro esempio: “l’economia va male” ecco un’altra locuzione che presenta un livello energetico molto basso, potrebbe essere sostituita con “l’economia è sana” e così via. Spesso e senza rendercene conto, utilizziamo dei cliché ossia delle frasi fatte, idiomatiche, perché siamo abituati a pronunciarle senza pensare al loro effetto: “…tutte le volte che le pronunci (le frasi) o esprimi un desiderio, l’universo ti dà proprio quello che chiedi”, per questo è importante sceglierle bene. Con un po' di pratica è possibile trasformare il nostro modo di pensare utilizzando delle parole dotate di una vibrazione più elevata e attrarre situazioni e relazioni migliori rispetto al passato. Il libro si intitola “Le parole degli angeli”, potrebbe sembrare fuorviante ma, in realtà, si riferisce al potere “guaritore” presente in qualsiasi vocabolo ad alto contenuto energetico, come, ad esempio, nella parola “Angeli”. Di esempi su come cambiare noi stessi ve ne sono moltissimi ed è vero che, almeno all’inizio, è richiesto un certo sforzo ma perché non provare, in fondo non costa niente e i benefici potrebbero essere notevoli!

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    "Senti Caro Carlo”, di Maria Pia Selvaggio

    Si intitola "Senti Caro Carlo”, il saggio di Maria Pia Selvaggio, frutto di uno studio di tre anni, che mira ad avvicinare soprattutto i più giovani alla complessa figura del grande scrittore milanese in modo non “accademico” attraverso la corrispondenza tra Gadda, giovane soldato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale e sua zia.Il libro, già best seller in nella sezione Critica Letter... Altro...

    Si intitola "Senti Caro Carlo”, il saggio di Maria Pia Selvaggio, frutto di uno studio di tre anni, che mira ad avvicinare soprattutto i più giovani alla complessa figura del grande scrittore milanese in modo non “accademico” attraverso la corrispondenza tra Gadda, giovane soldato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale e sua zia.

    Il libro, già best seller in nella sezione Critica Letteraria d Amazon, parte dall’analisi e dalla ricostruzione del carteggio custodito presso il Gabinetto Vieusseux di Palazzo Strozzi a Firenze e danneggiato dall’alluvione dell’Arno del 1966.

    Affrontare la gigantesca figura di Carlo Emilio Gadda, personalità tra le più affascinanti e importanti della letteratura italiana del ‘900, per Maria Pia Selvaggio, è stata una scommessa vinta. Da pochi giorni infatti l’editrice e scrittrice sannita di Telese Terme (Benevento), ha dato alle stampe il saggio dal titolo "Senti Caro Carlo. Fibre epistolari tra Carlo Emilio Gadda e Isabella Rappi Lehr".

    Il saggio scaturisce dal lungo studio di un carteggio, contenente la corrispondenza epistolare tra Gadda, giovane soldato al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, e la zia Isabella Rappi Lehr, medico specialista al Rizzoli di Bologna.

    Le epistole sono state concesse in esclusiva all’autrice del saggio, dagli eredi di Gadda con l' approvazione del Gabinetto di Stato Viessaux di Firenze e della commissione gaddiana della ricerca di dell’Università La Sapienza di Roma. Le lettere, in parte illegibili data l'usura del tempo, sono state analizzate e decodificate da Maria Pia Selvaggio in un lavoro solitario durato tre anni.

    Pur mantenendo quella "armonia prestabilita", che rende unico il labirinto gaddiano, la saggista Selvaggio ricostruisce, attraverso il piano della "realtà" e quello del "caos", il momento di deformazione strutturale, che serve a svelare la trama poetica di Gadda oltre l'apparenza, minando la provvisorietà e la costruzione barocca, atta a sollecitare un profluvio di emozioni, nel centro del vortice nevrotico tra linguaggio e verità.

    Il carteggio diviene solo lo spunto da cui Maria Pia Selvaggio parte per "puntellare" le risorse gaddiane, che screpolano le ansiose richieste della zia Isabella: "Come sta il mio caro Carlo?; Ho conosciuto un ingegnere che ti potrà dare una mano, raccomandarti...; Senti Caro Carlo, la tua cara mamma...;".

    La guerra "imposta" ai vari intellettuali, diviene l'itinerario di un disordine non "ordinato", anche se quell'eredità dolorosa, in cui perderà l'amato fretello scuoterà e riscalderà il Gadda scrittore.

    Il disordine oggettivo del reale, l’affetto dell’autore nei confronti del fratello, l’orrore della guerra, il disprezzo per le gerarchie, la ricostruzione del pensiero, sono le tematiche principali intorni alle quali riflette la Selvaggio, dividendo il saggio in quattro sezioni che analizzano e "rosicchiano" i pensieri di Gadda (filosofo, uomo, nipote, figlio e fratello).

    In evidenza, le geniali   creazioni linguistiche, le  accensioni liriche, le pennellate impressionistiche, di una costante vena ironica e di un’arguta vis polemica, tipicamente ed isolatamente gaddiane

    È evidente il coinvolgimento emotivo dell’autrice, lontano anni luce dalla fredda analisi d’un Gadda “critico”; l’arte, il linguaggio, la storia (delle idee e degli eventi), le scienze, la tecnica sono organi d’un essere vivente, come tali avvertiti e vissuti.

    Il lavoro di Maria Pia Selvaggio mette anche a confronto due mondi differenti: quello della zia, Isabella, medico ortopedico, donna borghese, e attenta alla sorte lavorativa e preoccupata per la salute del nipote, e quello di Carlo, soldato ventiduenne, irascibile e oltremodo critico .

    Il saggio è dunque un’epopea letteraria che parte dalla famiglia e approda alle opere più significative dello scrittore milanese.

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       Freddie Mercury. Una biografia intima.

                                                         Di Peter Freestone con David Evans“E’ iniziato tutto nel 1973”…si apre così il libro scritto da Peter Freestone con la collaborazione di David Evans pubblicato nel 1998, intitolato ”Freddie Mercury. Un... Altro...

                             

                                Di Peter Freestone con David Evans

    “E’ iniziato tutto nel 1973”…si apre così il libro scritto da Peter Freestone con la collaborazione di David Evans pubblicato nel 1998, intitolato ”Freddie Mercury. Una biografia intima”. All’epoca l’autore del libro incontrò per la prima volta Mercury in un ristorante di Londra ma fu solo nel 1979 che iniziò a lavorare con i Queen. Per i dodici anni successivi visse a stretto contatto con Mercury svolgendo diverse mansioni: segretario, capocuoco, maggiordomo, valletto ecc. fino alla morte del cantante avvenuta nel 1991. Una vita per nulla facile quella del performer dei Queen così come descritta nella canzone “We are the champions”: “….no bed of roses, no pleasure cruise…”, dalla quale ne uscì vincitore. Quando scriveva le note e i testi delle canzoni …Freddie era un pozzo senza fondi di sentimenti… una delle personalità più complesse che si potessero incontrare e, allo stesso tempo, un essere umano come tutti noi”. Dedito al perfezionismo niente era lasciato al caso, voleva che le sue performance fossero perfette, curate nei minimi particolari, ogni pezzo veniva provato molte volte fino a che tutti i membri della band fossero soddisfatti. Stesso discorso per quanto riguardava la preparazione dei concerti, dalle luci alla perizia strumentale, dal backstage, alle coreografie era un lavoro laborioso che richiedeva uno sforzo immane da parte dell’entourage, oltre cento persone lavoravano ad ogni show. Terminate le esibizioni “…Freddie aveva bisogno di circa tre o quattro ore per scaricarsi…le notti trascorse in libertà nei night club e le feste in albergo gli servivano per tirare avanti”, l’eccesso di adrenalina doveva essere alleggerita in qualche modo. Non so bene per quale motivo ma, come riportato dall’autore del libro, “…se per registrare doveva sentirsi sereno, dal vivo raggiungeva il massimo solo se animato da dissapori o scontri con qualcuno”, celebri le litigate sia con i Queen che con chiunque si trovasse alla sua portata. Non gli piaceva esibirsi nelle grandi città “…l’accoglienza riservata al gruppo era meno calorosa rispetto ai centri urbani di dimensioni più modeste”. Ciononostante amava la vita notturna delle città americane quali New York, New Orleans, luoghi in cui i locali erano aperti tutta la notte ed era possibile girare senza alcun problema. Non era facile per il cantante stringere nuove amicizie, spesso le persone si approfittavano di lui e la sofferenza che provava era notevole, fu spesso tradito dalle persone di cui si fidava e fino al giorno della sua morte fu circondato solo da una ristretta cerchia di amici. Anche molti dei suoi partner lo tradirono “…con ragazzi più carini e più giovani: una persecuzione”. Forse è vero che “…la creatività nasce dal dolore…tuttavia ciò diede a Freddie la carica per esibirsi in performance indimenticabili…”. Diverse star internazionali divennero suoi amici: Boy Geroge, Jennifer Holliday, Elton John, Michael Jackson, Olivia Newton-John, Donna Summer, David Bowie, Tony Hadley, George Michael, Prince e molti altri. Elvis Presley e John Lennon furono i suoi idoli, per quanto guarda il cinema guardava i film di Ava Gardner, Marlene Dietrich, Ava Gardner spaparacchiato sul divano con una coperta addosso. Intorno al 1981 si appassionò alla lirica, ascoltò con grande interesse i dischi di Luciano Pavarotti, era affascinato dal modo in cui riuscisse a raggiungere le note più acute senza sforzare la voce. Dalla collaborazione con il soprano Montserrat Caballé nacque l’album “Barcelona” uno dei più belli scritti dalla rock star. Una curiosità! Alcune delle copertine degli album dei Queen furono disegnate dal performer, riteneva che l’immagine desse già un’idea del disco. La sua passione per le opere d’arte lo portò a collezionare quadri di Goya, Dalì, artisti vittoriani, pre-raffaelliti, stampe giapponesi di ogni tipo con i quali abbellì la sua casa di Londra. Numerose le feste che diede nella sua abitazione, spesso vi festeggiava i compleanni degli amici donando loro dei regali, durante le feste ne riceveva e rimaneva entusiasta quando il regalo veniva scelto con il cuore e non in base al valore economico. “Amicizia e lealtà non avevano prezzo…” per tale motivo cercò sempre di difendere le persone alle quali volle bene, negli ultimi due anni di vita allontanò tanti amici, non accettava che soffrissero vedendolo stare male. Fino al giorno della sua morte vi fu Mary Austin accanto a lui, il suo primo amore, immortalata nella canzone “Love of my Life”, una lirica dolcissima che ancora oggi commuove chi l’ascolta. Adorò sempre i suoi gatti, durante le tournée voleva ascoltare i loro miagolii al telefono, commissionò dei ritratti affinché fossero “eterni”. Non mi soffermerò sugli ultimi giorni di vita di Mercury soprattutto per una questione di rispetto verso un uomo che soffrì moltissimo. Ho letto il libro di Freestone quattro volte per cercare di essere il più possibile precisa nello scrivere questa recensione e molto altro avrebbe potuto essere riportato. Più di duecento pagine scritte con dovizia di particolari dedicate ad una leggenda del rock e ad un grande amico. Un uomo buono, sensibile sempre pronto ad aiutare gli altri, un grande artista che ha cambiato la musica per sempre.

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    Piccoli pensieri inopportuni…

    È solo il perbenismo di molti considerare accettabile e più piacevole andare a letto con una ragazza reputata seria che con una pornostar o una ragazza di nightclub. Se fossi più giovane, più libero mi piacerebbe sposare una prostituta e salvarla dalla strada, ammesso e non concesso che volesse essere salvata e da me poi.  Vedo nella pornostar, nella ragazza di nightclub,  nella pros... Altro...

    È solo il perbenismo di molti considerare accettabile e più piacevole andare a letto con una ragazza reputata seria che con una pornostar o una ragazza di nightclub. Se fossi più giovane, più libero mi piacerebbe sposare una prostituta e salvarla dalla strada, ammesso e non concesso che volesse essere salvata e da me poi.  Vedo nella pornostar, nella ragazza di nightclub,  nella prostituta un’onestà completa che altre donne non hanno. Molti vogliono il mistero in una donna, considerata seria,  ma il mistero si può vedere in ogni donna, nessuna esclusa. Molti sono limitati dalla gelosia, dalla smania di possesso. Considerano una donna libertina come una “pubblica moglie”. La considerano inferiore. Nessuno però sa dove inizi la libertà e finisca la necessità in scelte del genere e anche se si trattasse di piena libertà  sono scelte anch’esse rispettabili. Invece ci vuole rispetto perché la prostituta è sempre stata la fidanzata o la moglie di qualcuno , è la figlia o la madre di qualcun altro.  Come non ricordare poi Maria Maddalena? E poi uomini ditemi quante volte avete usato e gettato via una donna, cioè l’avete trattata da puttana? E voi donne ditemi quante volte vi siete fatte usare e gettare via come una puttana? Io sono tra quelli che vedono in una prostituta un candore, una purezza che altre donne, considerate morigerate, non hanno. Ma non fate pensieri affrettati: non vado a puttane, anche perché non ho i soldi! E non pensate che tutte le donne dovrebbero essere più puttane secondo me o che consideri tutte le donne un poco puttane. Niente di più sbagliato! Come aveva capito De André però le prostitute non danno solo piacere, fanno molto di più per il prossimo.

    Inutile giocare con gli intellettualismi. Alle volte è bene guardare in faccia la realtà,  guardarsi allo specchio. Lo so che è sempre patetico fare dei bilanci esistenziali. È tutto tranquillo, ma qui il tempo potrebbe stringere. Inutili sono gli esercizi di stile. Inutile nascondersi e mentire a sé stessi. Sono qui; sono solo con me stesso e mi interrogo, interrogo me stesso.  Sono domande comuni, ma mi stanno più a cuore di tanti sofismi. Le domande e le considerazioni che seguiranno saranno banali e scontate, ma pressano dentro me, vogliono uscire a tutti i costi; sento che devo comunicarle. Urgono dentro me. In tutta onestà cosa è rimasto? Cos’è rimasto di quel ragazzo? Cos’è rimasto di quel sedicenne insicuro, goffo, diffamato? Cos’è rimasto di quel sedicenne rifiutato dalle ragazze? E di quel diciottenne che faceva avanti e indietro da Firenze a casa per inseguire le sue coetanee? E di quel ventenne che cercava la sua generazione e provava l’amore durante un’occupazione? E di quello studente contestatore e svogliato? E di quel lettore accanito? E dei suoi amici? Delle ragazze che ci sono state? Di quelle che lo hanno rifiutato? Di quelle sbornie con gli amici pisani? E di quei pomeriggi noiosi nel suo negozio!? E di una passante che gli sorrideva,  poi faceva sesso con tutti gli altri e non con lui? E di quell’epoca? Di quelle polemiche? Di quei dissapori? Cosa è rimasto di quegli incontri fugaci? Cos’è rimasto delle albe e dei tramonti visti? Degli incontri? Di tutti i visi e di tutte le voci? In tutta onestà mi chiedo, come Battiato in Mesopotamia, cosa rimarrà? La ascolto spesso quella canzone. È difficile trovare una canzone sia esistenziale che metafisica.  Cosa rimarrà delle mie cose scritte? Delle parole dette? E poi mi chiedo a cosa è servita la mia vita? Si continua a vivere così ignorando il fine ultimo della vita. I giorni trascorrono brancolando nell’incertezza.  L’umanità rifiuterà il mio lascito. Non sarà una vita degna di essere ricordata. Inutile essere troppo nostalgici e finire di cadere nel melenso. Oramai quel ragazzo è diventato un uomo attempato senza alcun ruolo. Un pover’uomo e per giunta solo. Lo so che c’è di peggio che sublimare piccole sofferenze interiori, disagi esistenziali, inadeguatezza, assurdità, solitudine. Non è però commiserazione ma la presa di coscienza di un dato di fatto. Di quel ragazzo, come di molti altri non resterà niente. Ma questo non è un dramma. Non è importante sapere cosa resterà,  a cosa è servito, dove finirà questo giorno. Importante è averlo vissuto. Già avere questa consapevolezza esistenziale,  questa accettazione del destino è abbastanza.  Forse tutto passa e niente resta: ma anche questa è un’ipotesi tra le tante, anche se tra le più accreditate. In realtà non ne siamo sicuri. Importante comunque è esserci incontrati, aver sognato assieme, aver amato, aver cercato invano di lasciare una traccia nell’animo gli uni degli altri, aver cercato un senso, non averlo trovato e allora aver cercato  di dare un senso.  Importante è aver vissuto. Tutto questo non lo potrà togliere nessuno a quel ragazzo, a tutti quei ragazzi come lui. Tutto questo non ce lo potrà togliere nessuno. E quando me ne andrò,  quando ce ne andremo ci saranno altri ragazzi con la stessa voglia di vivere e la stessa identica ricerca di assoluto. E poi altri ancora e poi di nuovo. Forse all’infinito.

    Desiderare un nuovo pensiero o pensare un nuovo desiderio? Desiderare o pensare? Desiderare e pensare? Come è labile il confine. A riprova del fatto ci si ricordi che il fidanzato dice alla ragazza “ti ho pensato” che significa spesso “ti ho desiderato”, anche se non sempre. Forse il desiderio è solo un pensiero molto avventato e molti pensieri sono desideri più avveduti, ponderati, sorvegliati. Nella testa spesso è difficile trovare una linea di demarcazione perché tutto è ingarbugliato. Alcuni vorrebbero essere puristi e pensano che il desiderio avveleni il pensiero o viceversa. Eliot era onesto intellettualmente: lo scriveva a chiare lettere che c’era una confusione tra “memoria e desiderio”.  Confessatelo anche voi, maestri dello spirito, che è difficile fare chiarezza, fare luce. Confessatelo almeno a voi stessi. 

    Vivo e cerco di continuare a vivere. Non basta? 

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    Sunyata. parte II

    Comunque, dicevo, in una notte tale, quando ogni cosa pare svanire nella ruota degli eventi, io ero lì.Buio intorno.Silenzio.Qualche traccia del mio passaggio nella cucina, dove le stoviglie erano ancora da riporre: un piatto e un bicchiere mezzo vuoto, le posate, un pezzo di pane sbocconcellato.Appena appena, dalle tapparelle, filtrava una lama di luce.Tutti dormivano. Lo senti quando la no... Altro...

    Comunque, dicevo, in una notte tale, quando ogni cosa pare svanire nella ruota degli eventi, io ero lì.

    Buio intorno.

    Silenzio.

    Qualche traccia del mio passaggio nella cucina, dove le stoviglie erano ancora da riporre: un piatto e un bicchiere mezzo vuoto, le posate, un pezzo di pane sbocconcellato.

    Appena appena, dalle tapparelle, filtrava una lama di luce.

    Tutti dormivano. 

    Lo senti quando la notte è piena. 

    Sembra che il sonno della città avvolga ancor più intensamente le ore profonde, le 2, le 3… l’alba ancora da giungere, quasi non potesse sorgere se non con la nostra volontà di luce, ma essa non è abbastanza da farla anticipare e accelerare e in questo sta parte del nostro sconforto. 

    Io ero lì. 

    Ascoltavo il battito del mio cuore. 

    Pulsava. 

    Ero vivo. 

    Ero vivo?! 

    Ero. Vivo?

    Scorrevano le immagini nella mia mente. Nel proiettore magico dentro il cranio, si affastellavano le immagini del giorno appena trascorso e poi più indietro e ancora e ancora… ricordi così lontani da apparire in super8 b/n e volti e azioni ed emozioni e sogni e rimpianti e ricordi…  Che scherzo del destino: si vuole vivere a lungo: senza tenere conto della pesantezza cui giungono i nostri passati archivi! Scartabellarci dentro diviene gravoso! 

    E lo affermo con ironia: non ci sono che ossimori in queste nostre esistenze!

    Ma torniamo a quella notte: mi domandai: a cosa potrei mai rivolgere la mia attenzione per non sprofondare nei soliti loop?

    A DIO. 

    Non che fosse una implorazione: per quanto si sappia che non vi sia nulla di eccezionale in chi si rivolge nei momenti disperati all’Entità suprema, anche per i più impenitenti e sacrileghi non credenti!  

    Chapeau a chi si abbandona alla preghiera nel momento del disperazione: un conforto può giungere ed è una scommessa quella del credere e del non credere. 

    Io mi trovavo su quel crinale: e perché non giungere a definire qualcosa cui nessuno era giunto prima di me? 

    O forse lo aveva anche già fatto, ma nulla vale quanto il fare in prima persona. 

    Mi domandai, con un tono di voce desto nella mia mente, ad acquietare le immagini che si erano, nuovamente e insistentemente, precipitate a scomporre la mia razionalità: la creazione di ogni cosa proviene dal nulla… no, non dal nulla: dal vuoto. 

    Un dio, o DIO deve averla fatta emergere in quello spazio, ove nulla esiste e non esiste neanche il nulla (mi scuso per l’uso arzigogolato del linguaggio. Quando si compiono tali salti di natura, il linguaggio non tiene proprio! Capisco i mistici: che faticaccia tradurre in parole pensieri che non sono pensieri ma percezioni composite. Mai letto le Upaniśad?!), ovvero è il vuoto.  

    Il vuoto è vuoto: potete voi pensarlo? 

    Lascio un momento per farlo…

    No?

    Allora è proprio il vuoto. 

    È più del nulla cui invece ci si può arrivare per sottrazione; esiste qualcosa, lo tolgo a se stesso: 1-1=0.

    Ma il vuoto è proprio vuoto. 

    Ebbene, da qualche parte, in qualche parte, un dio o DIO deve aver tratto il TUTTO dal Vuoto.

    Specificando:

    DIO+vuoto= ∞

    ECCOLO! 

    Perché il vuoto assume come sua idea che sia un potenziale, secondo la fisica quantistica. (Noi occidentali abbiamo necessità d un aggancio con il mondo scientifico, ricordate?) quello spazio non spazio dove si può estendere la Creazione. 

    E un dio, o DIO, solo dal vuoto può aver dato origine. 

    Dal potenziale intrinseco del Vuoto.

    Ora, lo so che questo concetto emerge anche nella filosofia induista e buddista. Lo so perfettamente. (Qui stavo, quasi per un automatismo mnemonico, copiando e ripetendo quella che mi pareva la logica più concepibile di questa esistenza, dispiegatasi in un certo punto cosmologico.)

    Se poi ci pensate bene, come ci pensai io quella notte, da questa equazione ne consegue che:

    ∞-vuoto= DIO

    E se il vuoto è vuoto:

    ∞=DIO 

    E pure:

    ∞-DIO=vuoto

    Ma DIO deve assumere qualità sempre positive: assume in sé ogni elemento esistente (l’Inferno quindi è comunque parte di DIO, ma questo lo lascerei come tema ai teologi per trovarne una di quelle astruse giustificazioni cui per millenni ci hanno abituati!) 

    E se così fosse davanti a DIO, il meno va commutato in +

    Il che trasforma l’ultima equazione in 

    ∞+DIO= vuoto

    Dal che se ne deduce che il vuoto è comunque un infinito potenziale.

    Che è sia infinito, sia qualità positiva. 

    Il mio timore di scivolare nel vuoto allora non poteva assumere una valenza così angosciosa, così come mi aveva tormentato, per anni, in quelle notti insonni: il vuoto era potenziale e io, una volta concluso il mio tempo, sarei ritornato nel potenziale infinito di DIO e nell’infinito stesso. 

    Potevo dormire serenamente. 

    Così come da allora avvenne. 

    Mi bastava la mia equazione. 

    Mi alzai da dove ero sprofondato nelle mie riflesso, quasi con un balzo, leggero. Tornai in cucina e mi finii il bicchiere mezzo pieno e conclusi con il pane: avevano ripreso sapore.

    Poi mi alzai e me ne andai a dormire.

    Sereno. 

    Spero basti anche a Voi. 

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    Sunyata. parte I

    Signori e signore, buonasera.Benvenuti e benvenute!Stasera siamo qui per dimostrare matematicamente l’esistenza di Dio.Ebbene sì.Non mi sembra inopportuno dire che il tema non è dei più leggeri, né forse dei più attuali. Ma da qualche parte bisogna pure cominciare per uscire dal pantano in cui ci siamo ficcati, insozzandoci con le lordure di questo mondo. Ovunque ci si giri, non p... Altro...

    Signori e signore, buonasera.

    Benvenuti e benvenute!

    Stasera siamo qui per dimostrare matematicamente l’esistenza di Dio.

    Ebbene sì.

    Non mi sembra inopportuno dire che il tema non è dei più leggeri, né forse dei più attuali. 

    Ma da qualche parte bisogna pure cominciare per uscire dal pantano in cui ci siamo ficcati, insozzandoci con le lordure di questo mondo. 

    Ovunque ci si giri, non pare che esista nessuna possibilità di scampo a quel nodo alla gola che ci prende e ci lascia, attoniti e madidi, nel cuore della notte. Chi non ha mai provato quel terrore che non lascia tregua: proviamo a lenirlo con qualche pillola, le raccomandazioni del dottore, l’alcool, le droghe e qualsiasi altro metodo si possa incontrare: basta che finisca. 

    Un respiro: datemi un respiro ancora… e un altro… piano piano, si torna a galla… lentamente… come un qualsiasi Odisseo che trova un pezzo del relitto e, annaspando, riesce a sporgere il capo dagli abissali gorghi che sembrano volerlo inghiottire e rinchiudersi sopra. Inesorabilmente. Ma è in salvo. Per ora. Poi chissà… 

    … 

    Non è forse così?

    Ma non sono di certo qui a terrorizzarvi.

    Come dicevo poco anzi, ho io la soluzione: la dimostrazione matematica all’esistenza di Dio. 

    Non che non sia stata tentata prima una dimostrazione logica all’esistenza di Dio: Gödel vi arrivò, inanellando connessioni logiche. Ventotto passaggi per giungere alla formulazione conclusiva. E ancor prima, il formidabile Leibnitz. 

    Il che risulta prodigioso e incontrovertibile. 

    Di certo i logici matematici hanno sempre quella capacità estrema di astrazione che nella quotidianità, ahimè, non è forse poi così fruibile.

    “Caro, passami il sale…”

    “Intendi l’oggetto in sé, ovvero il cloruro di sodio o il suo contenitore? Ma tra quelli che abbiamo in cucina, specificamene la forma, non prima di avermi definito a quali strutture formali tu faccia riferimento… cara, dove stai andando… ma stai facendo le valigie??? Vuoi forse dirmi qualcosa???”

    Insomma, matrimoni finiti ancor prima di condividere le pietanze. 

    Permettetemi, quindi, dopo questa celia, una breve digressione sulle definizioni che si attribuiscono a Dio: qualità positiva per eccellenza, summa di ogni cosa, pensiero non pensabile, ente non dimostrabile, insondabile essenza e continuo divenire, ineffabile espressione del desiderio infinito di esistere ed essere…

    E come ben saprete ogni religione ne ha voluto dare una propria definizione che lo avvicinasse a noi, sue misere creature.

    L’Altissimo, il Misericordioso, Adonai, Brahman e via a seguire. 

    Di certo, ogni religione ha declinato per tradizione storia e culturale un dio che fosse a propria immagine e somiglianza. Talvolta distaccandolo dalla natura umana, trascendendo e ponendosi oltre. 

    In un oltre che noi non possiamo mei definire ma solo cogliere per brevi istanti…

    Insomma, al solito, solo i mistici sembrano saper intendere, seppur per frazioni d’istanti abbacinanti, la vera natura del divino.

    E fin qui, andrebbe anche tutto bene, se si restasse nell’ambito della Fede. 

    Ma noi siamo uomini e donne del mondo occidentale: necessitiamo di dimostrazioni e di certezze.

    Io credo, per una certa diffidenza rispetto al passato: a furia di tagliare teste e di ammazzarci senza pietà, tra guerre di religione e conflitti di potere per un amen o un credo, non possiamo certo accontentarci di risolverci nel suadente misticismo di certa parte del mondo: siamo occidentali, suvvia!

    Che mai ci mettiamo a fingere di credere in qualche afflato mistico?

    Suvvia, Cartesio ci avrà pure insegnato che siamo pensiero e razionalità??

    Quindi giungo al momento cardine.

    La dimostrazione matematica dell’esistenza di DIO.

    Non vi nasconderò le mia emozione a proporre per la prima volta al mondo, a Voi, qui riuniti, ma è necessario e indispensabile spiegarvi come vi sia giunto. 

    Era una notte buia e tempestosa…

    Pardon, ho letto molto i Peanuts!

    Comunque era davvero una notte buia e tempestosa, non per le condizioni atmosferiche, bensì per il mio stato d’animo.

    Noi uomini occidentali, spesso, ci confrontiamo con questa sensazione di vuoto interiore, di mancanza di appigli, di scarsa speranza nel futuro: vogliamo sempre lasciar traccia nel mondo. Non possiamo accontentarci di essere come animali, la cui carcassa divenga infine il solo bianco scheletro, per rientrare nel corso della Natura. Lo splendore di cui ci ammantammo non può rimanere relegato nella memoria di pochi o poche che, inevitabilmente, verrano a loro volta divorati dal Tempo, l’unica divinità davvero ineludibile. E a cui dovremmo inchinarci con maggior fervore, di certo senza risposta, ma perlomeno per insegnarci l’umiltà. E l’unicità nostra.

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    Una volta esisteva l'uomo

    Una volta esisteva l’uomo.Una volta.Ma era uomo?Non lo so. Ma oggi se guardo indietro e volgo lo sguardo e l’attenzione a quell’uomo, dubito.Era un uomo esteta. Un uomo dedicato a sedurre se stesso, prima che gli altri. Viveva di piacere. L’uomo interiore è probabilmente nato con Sant’Agostino, ma morto anche poco dopo. Forse ha avuto qualche rigurgito dopo. Ma è certo che Dostoevsky n... Altro...

    Una volta esisteva l’uomo.Una volta.Ma era uomo?Non lo so. Ma oggi se guardo indietro e volgo lo sguardo e l’attenzione a quell’uomo, dubito.Era un uomo esteta. Un uomo dedicato a sedurre se stesso, prima che gli altri. Viveva di piacere. L’uomo interiore è probabilmente nato con Sant’Agostino, ma morto anche poco dopo. Forse ha avuto qualche rigurgito dopo. Ma è certo che Dostoevsky ne è stata l’ultima propaggine...continua a leggere qui...

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