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    -fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza- (Inferno, canto XXVI)Ah, sì, l’inferno! Luogo di sepoltura per l’anima!Io son già stato all’inferno, e da poco son tornato.Pensavo d’incontrar, meschino, della tenebra il giullare,eppure m’appare, in un sussulto, della luce il portatore.Quel ceppo, nelle carni stretto, ancor mi duole e trattiene,non mi lascia poich... Altro...

    -fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza- (Inferno, canto XXVI)

    Ah, sì, l’inferno! Luogo di sepoltura per l’anima!

    Io son già stato all’inferno, e da poco son tornato.

    Pensavo d’incontrar, meschino, della tenebra il giullare,

    eppure m’appare, in un sussulto, della luce il portatore.

    Quel ceppo, nelle carni stretto, ancor mi duole e trattiene,

    non mi lascia poiché andarmene non conviene.

    L’attracco alla mente è l’approdo che lui vuole,

    perché, dimmi, quando entri in quel girone,

    riuscirai mai a risalirne lo sperone?

    Approssimato ormai per sempre a quel luogo,

    la mia anima sospira e aspira a un mondo luminoso.

    Non andar molto lontano, poiché l’ombra della notte

    ti segue e con la mano ti accompagna.

    L’inferno non cercarlo in un altrove,

    poiché, se ben guardi, è qui, in ogni dove!

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    Romanzo digitale, di Antonio Pascotto

    Romanzo Digitale di Antonio Pascotto è edito dalla casa editrice Jolly Roger Edizioni per la collana IQ133 Narrativa Aumentata, in distribuzione da settembre 2023.C’era una volta un tempo in cui i giorni si contavano strappando i fogli da un blocchetto. C’era una volta, e poi nulla più.Il mondo è in continua evoluzione, sta attraversando una fase di importanti innovazioni, e noi, anche inco... Altro...

    Romanzo Digitale di Antonio Pascotto è edito dalla casa editrice Jolly Roger Edizioni per la collana IQ133 Narrativa Aumentata, in distribuzione da settembre 2023.

    C’era una volta un tempo in cui i giorni si contavano strappando i fogli da un blocchetto. C’era una volta, e poi nulla più.

    Il mondo è in continua evoluzione, sta attraversando una fase di importanti innovazioni, e noi, anche inconsciamente, stiamo cambiando insieme a Lui.

    Questo preambolo introduttivo rappresenta appieno il romanzo di Antonio Pascotto. L’autore ci accompagna attraverso gli occhi di Giancarlo, il protagonista, che sottoforma di diario paragona passato e presente; il confronto tra i due è notevole e lo sottolinea. Del resto, l’evoluzione tecnologia degli ultimi anni ha cambiato inevitabilmente le nostre abitudini e il nostro stile di vita: oggigiorno, per esempio, è facile trovare robot che scrivono poesie, che pongono quesiti e che, attraverso algoritmi sofisticati, allungano addirittura la vita dell’uomo. La realtà odierna, forse è assurdo ammetterlo, è governata dalle intelligenze artificiali. Ma proprio l’assurdo è ormai parte integrante della nostra esistenza: la realtà aumentata è la regola, la solitudine digitale non tarda ad arrivare e i taxi non hanno conducente. Romanzo Digitale, però, offre uno sguardo attento sul passato, per capire il presente, ma anche e soprattutto il futuro: si parte da un passato non così tanto remoto, quello della pandemia da Covid-19, all’intelligenza artificiale, fino ad arrivare a riflessioni accurate sui limiti tecnologici, sulle minacce e sul concetto di tempo. 

    Romanzo digitale sottolinea anche un altro importante concetto: il rispetto all’ambiente, che strizza l’occhio ai vecchi giochi da bambini, senza disdegnarne l’avvento dei nuovi. La nostalgia del passato cammina e “balla a braccetto” con il futuro, in un mondo dove il Metaverso ha già preso piede e spalanca le porte a una realtà dove tutto è possibile. Romanzo digitale possiamo definirlo come “un racconto per immagini”: quelle che iniziano con la pandemia, che ha accelerato la fase di transizione da un mondo all’altro, e quelle che si proiettano verso un futuro molto vicino. Realtà e immaginazione si mescolano in un viavai di momenti già vissuti e di altri che devono ancora arrivare, ma che sono oramai alle porte, alternandosi con le pagine dei diari del protagonista, che partono dal 2020, per arrivare fino al 2033. Ma Romanzo Digitale è tanto altro ancora. Attraverso una serie di riflessioni sul mondo che cambia, ma anche sul passato, a un certo punto, diventa anche una sorta di viaggio nel tempo. E proprio il tempo, infatti, è il filo conduttore delle pagine di questo libro, dove i ricordi descrivono emozioni che riemergono alla vigilia di grandi cambiamenti. Tempo e futuro sono in stretta correlazione.

    È possibile cogliere diverse sfaccettature del tempo: c’è il tempo che misura le ore e i giorni e quello che ancora deve arrivare; il tempo trascorso e quello che regaliamo agli algoritmi, quando restiamo incollati ai cellulari per ore; quello (sempre più veloce) impiegato dalle macchine dotate di intelligenza artificiale per svolgere un particolare compito; e poi ancora, il tempo che abbiamo ancora a disposizione (ma non per molto) per tutelare l’ambiente ed evitare la catastrofe. La costante, però, è unica: il tempo oscilla come un pendolo.

    Info biografiche 

    Antonio Pascotto è giornalista e lavora a Mediaset ormai da molti anni, dal 1993. Attualmente, è caporedattore della testata TgCom24. Antonio ha varie pubblicazioni alle spalle e, tra le più rilevanti, riportiamo: La televisione senza palinsesto. Contenuti nella tivù dell’era digitale, De Angelis Editore, 2007; Alberto Sordi. Il cinema e gli altri, De Angelis Editore, 2008; L’informazione connessa, Armando Curcio Editore, 2012; Il mondo senza Internet. Connessioni e ossessioni. Dallo scandalo Facebook alla quiete digitale, Male Edizioni, 2019. 

     

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    ABBRACCIAMI

    Quella di Andrea Stefani è la storia di un ragazzo di diciassette anni, studente, che vive sull’isola di Procida. Ha due amiche del cuore con le quali condivide il suo tempo libero. Poi c’è Antonio, un vero e proprio faro illuminante, sempre disposto ad ascoltare Andrea, incoraggiarlo e, se lo vede troppo triste e deluso, difenderlo con quello che resta il gesto più avvolgente e p... Altro...

    Quella di Andrea Stefani è la storia di un ragazzo di diciassette anni, studente, che vive sull’isola di Procida. Ha due amiche del cuore con le quali condivide il suo tempo libero. Poi c’è Antonio, un vero e proprio faro illuminante, sempre disposto ad ascoltare Andrea, incoraggiarlo e, se lo vede troppo triste e deluso, difenderlo con quello che resta il gesto più avvolgente e protettivo che conosca: l’ABBRACCIO!Prima di addentrarvi nella lettura, però, è giusto accennare al Mocio, un coetaneo del protagonista, perfido e spregevole, che gli sta rendendo la vita un vero inferno dal quale non riesce a liberarsi.La storia di Andrea Stefani è quella di tanti, molti altri ragazzi come lui, che vivono la propria esistenza a stretto contatto con il bullismo, che lascia segni dolorosi sul cuore e nell’anima… incancellabili a vita!

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    ABBRACCIAMI di Gianfranco Iovino – booktrailer romanzo

    https://youtu.be/hqh894stUFs?si=rvNibgcCE3BwpQ4-

    Booktrailer ufficiale del romanzo ABBRACCIAMI di Gianfranco Iovino - edito da Capponi Editore e distribuito da Messaggerie Libri

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    'Nelle loro mani' di Hilda Lawrence tradotto in Italia

    La casa editrice Edizioni Le Assassine propone sempre novità avvincenti. Per la collana Vintage, questa volta presenta Nelle loro mani, il romanzo di Hilda Lawrence, tradotto da Marina Grassini, in distribuzione da settembre 2023.SinossiCompletamente paralizzata e incapace di parlare per lo shock dovuto all’apparente suicidio del figlio, Nora Manson gode delle migliori cure ... Altro...

    La casa editrice Edizioni Le Assassine propone sempre novità avvincenti. Per la collana Vintage, questa volta presenta Nelle loro mani, il romanzo di Hilda Lawrence, tradotto da Marina Grassini, in distribuzione da settembre 2023.

    Sinossi

    Completamente paralizzata e incapace di parlare per lo shock dovuto all’apparente suicidio del figlio, Nora Manson gode delle migliori cure possibili grazie alla sua ricchezza. È circondata da infermiere che l’accudiscono a tempo pieno, da medici, marito, parenti e amici premurosi. Ma lei vive in uno stato di paura mortale, perché sospetta che il figlio, un aspirante scrittore, non si sia tolto la vita, e percepisce di essere sulla lista del killer, solo che non sa quando questi colpirà, e che se desse il minimo segno di vitalità non farebbe che avvicinare la sua fine. E allora come fare per comunicare con qualcuno che le dia fiducia e uscire dalla trappola mortale che la tiene prigioniera? 

    Se l’uomo è abituato a vivere nel “rumore”, la vita di Nora è vissuta nel silenzio, che esplode in tutta la sua potenza. Un silenzio assordante, che non la abbandona mai: non le è possibile infatti comunicare con la propria voce, non mangia autonomamente e giace immobile nel letto.

    La principale peculiarità che emerge fin dalle prime pagine del romanzo è il netto contrasto tra lo sfarzo di casa Manson e il Male che pervade, giorno dopo giorno, la camera di Nora. Forse l’unica ancora di salvezza di quest’ultima e la sola persona di cui si fida è la sua infermiera Sills, una donna giovanissima e intraprendente, che si prende cura della signora Norman con amore e pazienza. Nora e Sills instaurano così un rapporto forte, destinato a diventare duraturo nel tempo. Una dote ammirevole dell’infermiera è infatti l’empatia: riesce sempre a leggere chiaramente ogni silenzio della sua paziente.

    Nelle loro mani è un romanzo per alcuni versi anche criptico, e forse proprio per questo affascinante, che ben sposa lo stile Whodunit (contrazione dell’inglese Who has done it?), dove appunto è essenziale porsi una domanda: “Chi è stato?”

    Il mistero aleggia intorno alla vita dei numerosi personaggi che verranno man mano presentati, dando vita a un romanzo dalle forti tinte gialle, con un’ambientazione unica, capace di appassionare gli affezionati del genere, pur scostandosi da una trama convenzionale.

    La penna della Lawrence è unica: alcuni periodi sono così fluidi, chiari e coinvolgenti, che il lettore si sentirà parte integrante della vicenda, calandosi nei panni del personaggio, riuscendo a comprendere tutte le emozioni e sensazioni che reprime, oltre al grande segreto che si tiene dentro e che non sa come esternare. 

     

     

    Biografia

     

    Hilda Lawrence è una scrittrice americana nata nel 1906 e morta nel 1976. Con il tempo, scopre un forte interesse per la lettura per ciechi, e la segue: così, dopo gli studi, approfondisce questa passione, per poi entrare nella redazione di Macmillan Publishers e, in seguito, di altre case editrici. Molto interessante è il fatto che scrive anche sceneggiature per la radio. Non è un’autrice prolifica e, oltre a Composition for Four Hands, che pubblichiamo con il titolo Nelle loro mani, scrive altri tre romanzi, avvicinandosi, sempre con un pizzico di humor, al noir di Dashiell Hammett e al Whodunit, tipico di Agatha Christie.

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    I pazzi iniziano dove finisce la loro comprensione

    In coda al supermercato, un sabato pomeriggio.Me ne stavo lì in coda al supermercato e vedevo i carrelli davanti e dietro e intorno. Ovunque carrelli. Ma cosa c'era nei carrelli? E c'era un uomo corpulento...scusate, volevo dire grasso, la mania del politicamente corretto ci ucciderà più dei trigliceridi. Ma poi voi se foste una puttana vorreste essere chiamati/te operatrice sessuale? Nel suo c... Altro...

    In coda al supermercato, un sabato pomeriggio.

    Me ne stavo lì in coda al supermercato e vedevo i carrelli davanti e dietro e intorno. Ovunque carrelli. Ma cosa c'era nei carrelli? E c'era un uomo corpulento...scusate, volevo dire grasso, la mania del politicamente corretto ci ucciderà più dei trigliceridi. Ma poi voi se foste una puttana vorreste essere chiamati/te operatrice sessuale? Nel suo carrello c'erano wurstel, una montagna di wurstel. Stava parlando ad una signora lì accanto e diceva che lui adorava i wurstel. Poi stava dicendo anche che strozzerebbe il suo capo al lavoro. Deduco che scarica sui wurstel. La soluzione di trasformare il suo capo in carne da wurstel non la prendeva in considerazione. Spesso il cibo è il simbolo dell'autoflagellazione masochistica quando non riesci a essere violento con gli altri, che non è nella tua natura. Dimmi come mangi e stenderò io tuo profilo psicologico. La signora che parlava con il tipo sovrappeso era magra come un'acciuga di quelle che mettono sulle pizze il sabato sera quando danno fondo alle scatole di acciughe che hanno lì da quando c'era la lira...epperò te le vendono in euro. Lei odiava il suo capo. Cavolo, ero nel supermercato dei paria vessati da capi. Era celiaca. Nel supermarket dov'ero c'era uno scaffale intero per celiaci. E ovviamente, in coda, non si ha niente da fare, esauriti i like sui social ( lasciamoli stare per un po', magari più tardi ci sembreranno tanti, anziché vederli volta per volta che sembrano sempre pochi-tranquilli, nessuno vi vuole bene lo stesso e pochi leggono veramente quello che avete scritto, già se mettete una foto è un like sincero che significa: grazie per non aver scritto niente e avermi mandato il cervello in pappa...che in molti non si capisce la differenza fra il prima e il dopo...il cervello in pappa), che si fa? Si chiacchiera amabilmente. Mi sono fatto una cultura sui celiaci. Non è una cosa da poco essere allergici al glutine. Praticamente devi cambiare passaporto...figuriamoci, un italiano allergico alla pasta! Ma se la chiediamo anche all'estero. Persino in Cina, la chiediamo ( trova l'assurdità di quest'affermazione e vincerai la mia stima...bè, è chiaro, non voglio mandarvi il cervello in pappa, i Cinesi hanno inventato la pasta!). Questa fa il paio con quel mio amico pugliese che per fare l'arguto disse:”a me quando parlo in dialetto mi capiscono persino in Spagna”. E certo, se sei pugliese e hai avuto i Borboni. C'è pure il caffè, Borbone, al mio supermercato. Insomma la signora la capivo e la misericordiavo, senza pietismi, quelli li lascio a Salvini mentre fa la spesa tricolore all'Esselunga. M'è scappata la satira, scusate, del resto Salvini, satiricamente , è una tautologia vivente. Guardavo la spesa sul nastro della cassa di una signora davanti a me: birra, olio per frittura, maionese, wurstel, hamburgers, patatine, fonzies( scusate, questa la debbo dire a latere...sapete quegli uomini che camminano sulle spiagge tutto muscoli e spalle larghe e faccia squadrata e sguardo all'orizzonte del vasto latifondo del globo terracqueo? Nelle mutande gli s'intravede un minuscolo fonzie e lui non saprà mai di essere una satira di costume, da bagno, appunto, vivente!), che a un certo punto ho detto, signò..e già mi ha guardato con sospetto, come, questo a Milano, mi chiama signò e non sciura? Uhmmm, sentono puzza di terrone. Signò, dico, a casa sua i trigliceridi si sono arresi per omeopatia?Non conosco questa malattia, mi risponde. E certo, che pretendo pure di essere capito?Cazzooo, ho dimenticato il dado, e come faccio senza dado? Già, penso io come farà senza dado. Se vuole dare un po' di sapore a questi cibi industriali, il dado, ci vuole, i dado è tratto. Ah, le urlo da dietro, “alea acta est? Tangenziale ovest, prego, è stata la risposta! I pazzi iniziano dove finisce la loro comprensione!

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    Da un altro mondo

    Narra la storia diMikauula. Un alieno che vive sul sistema solare che ruota intorno alla stellaMintaka, appartenente alla cintura di Orione. Mikauula svolge lesue attività presso il tempio della Conoscenza. Il compito è di raccogliere idiari di viaggio degli Osservatori, ma sogna di diventare un Osservatore a suavolta. Sogno che si avveradopo l’incontro con Abdunoro, un anziano che d... Altro...

    Narra la storia diMikauula. Un alieno che vive sul sistema solare che ruota intorno alla stellaMintaka, appartenente alla cintura di Orione. 

    Mikauula svolge lesue attività presso il tempio della Conoscenza. Il compito è di raccogliere idiari di viaggio degli Osservatori, ma sogna di diventare un Osservatore a suavolta. 

    Sogno che si avveradopo l’incontro con Abdunoro, un anziano che dovrà valutare le capacità diMikauula. 

    Passato al grado diOsservatore, inizierà a visitare mondi lontani e a compilare i suoi diari diviaggio. 

    Tornato da una delletante missioni, accetta l’incarico di visitare il pianeta Terra. Mikauuladescriverà il nostro pianeta visto attraverso i suoi occhi. 

    Si mescolerà fra gliumani per osservarli e per studiarli. Raccoglierà tutto il materiale possibileper compilare il suo diario di viaggio da consegnare ai Raccoglitori. Incontri,storie, vite e paesaggi arricchiranno il viaggio di Mikauula. 

    Una scopertainattesa sconvolgerà la sua avventura: una vibrazione sconosciuta e pericolosa.

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    I quattro cavalieri

    Nella periferia diuna metropoli caduta in mano alla criminalità, e alla corruzione, ShilohMcGregor gestisce un piccolo negozio di giocattoli, ereditato da suo padre,tragicamente ucciso durante una rapina, tenendosi lontana da quei malavitosiche controllano il quartiere.La vita di Shilohscorre tranquillamente, tra il negozio e la sua casa dove vive insieme a suamadre malata, finché viene risucchi... Altro...

    Nella periferia diuna metropoli caduta in mano alla criminalità, e alla corruzione, ShilohMcGregor gestisce un piccolo negozio di giocattoli, ereditato da suo padre,tragicamente ucciso durante una rapina, tenendosi lontana da quei malavitosiche controllano il quartiere.

    La vita di Shilohscorre tranquillamente, tra il negozio e la sua casa dove vive insieme a suamadre malata, finché viene risucchiata nella spirale implacabile dellacriminalità. 

    Costretta a versareun tributo a una banda di malavitosi in cambio di una protezione illusoria,Shiloh si trova intrappolata in un vortice di violenza, minacce e umiliazioni.

    Nel tentativodisperato di trovare rimedio per quella criminalità, cerca invano degli alleatiche l’aiutino a contrastarla, fino a quando trova un vecchio taccuinoappartenuto a suo padre, sul quale vengono raffigurati i cavalieridell’Apocalisse e degli estratti provenienti dal Libro delle Rivelazioni.

    Mossa dallacuriosità, Shiloh si avventura nella lettura del misterioso taccuino, senzapoter immaginare che questo gesto scatenerebbe una serie di eventi imprevisti,eventi destinati a rivelarsi fondamentali nella sua lotta contro i criminaliche hanno sconvolto la sua esistenza.

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    La mosca

    La mosca.Stavo azionando le mie ali mesotoraciche e ad un tratto entrai nel pronto soccorso di un he gli umani chiamano Milano. Mi posai su un banco della reception, come veniva chiamato dagli umani. Dietro al banco c'era una ragazza umana , giovane. Riceveva le prenotazioni di certi esami che vengono chiamati Risonanze Magnetiche. C'erano delle persone umane che dovevano fare questo tipo di esami... Altro...

    La mosca.

    Stavo azionando le mie ali mesotoraciche e ad un tratto entrai nel pronto soccorso di un he gli umani chiamano Milano. Mi posai su un banco della reception, come veniva chiamato dagli umani. Dietro al banco c'era una ragazza umana , giovane. Riceveva le prenotazioni di certi esami che vengono chiamati Risonanze Magnetiche. C'erano delle persone umane che dovevano fare questo tipo di esami per capire se erano malate o meno. Io strofinavo le zampine, ferma sul banco della reception, indisturbata. Mi stavo rilassando. Fuori stava arrivando l'autunno e iniziava a fare freschetto, lì dentro in quell'antro due piani sotto terra dove gli umani facevano le Risonanze Magnetiche, si stava bene. Una umana un pò anziana, curva, grigia di capelli, occhiali da vista, non sembrava sentire bene, stava parlando con la ragazza dietro il banco della reception. La ragazza urlava e ripeteva cose ma la signora anziana non sentiva. La ragazza sbuffava e commentava con la collega , un'altra ragazza umana seduta al suo fianco, che pizza, sti anziani, non capiscono niente. Ma la signora capiva tutto, solo che non sentiva bene. La ragazza ripetè che doveva togliere tutte le cose di metallo e le monete dalle tasche dei pantaloni e mettere tutto via. La signora aveva la gonna e disse non ho niente nella gonna. La ragazza ripeteva quelle cose 200 volte al giorno. Non vedeva l'ora di finire il turno e andarsene a casa. Sarebbe diventata vecchia e sarebbe stata trattata a quel modo, come una disabile. Che strano, questi umani, chiamano umane le loro reazioni, umani i loro sentimenti e dicono di noi mosche che facciamo schifo perchè ci posiamo sugli escrementi. Ma noi siamo pulite. Io per esempio ho raccolto un pò di gel caduto sul bancone della reception e mi sto strofinando le zampe. Gli umani stringono mani non lavate di uomini umani che hanno orinato se non peggio senza disinfettarsi le mani e si sentono puliti! Stringono le mani ad assassini, ladri, truffatori, che si sono disinfettati bene le mani e si sentono più puliti di noi mosche che voliamo su milioni di cadaveri prodotti da quegli stessi esseri umani che hanno, per inciso, cessato di essere umani. Si avvicinò alla reception un umano di pelle nera. Non parlava bene la lingua della ragazza umana dietro la reception. La ragazza umana disse all'umano nero di compilare bene un questionario e gli passò una cartella col questionario a cui rispondere, con una penna blu. L'umano nero compilò come potè il questionario di cui non capiva alcune cose e si avvicinò alla ragazza umana dietro la reception per farsi aiutare. Vi abbiamo aiutato già abbastanza a tenervi qui con noi, disse la ragazza umana dietro alla reception. Interessante, pensai, gli umani non si considerano uguali, ma tendono a distinguersi per colore. Noi mosche non abbiamo questo problema, perchè siamo tutte nere ed è questo forse il motivo per cui quando si vede una mosca bianca ci si meraviglia. Ma non per questo cessa di essere mosca. Noi quando vediamo una mosca bianca ne esaltiamo le sue virtù. Tra gli umani non sembra essere così, quando vedono umani di altri colori ne esaltano i difetti. Che strani che sono gli umani. Si credono i padroni del mondo, credono di poter comandare su tutti gli esseri viventi, ma davanti ad esseri minuscoli come virus e batteri sono impotenti. Finii di riposarmi e volai via dalla reception, per i corridoi, libera e felice, nessun geco o lucertola in giro, nessun mio nemico naturale, tutti debellati dagli uomini per i quelli noi mosche non contavamo niente e potevamo essere schiacciate come mosche in qualsiasi momento. Gli umani ci hanno sempre odiato. Perchè ce ne siamo sempre state lì a guardare come gli umani avessero cessato di essere umani. In fin dei conti i bradipi erano più interessanti degli umani. Se ne stavano su un albero a mangiare foglie e scendevano dall'albero una volta alla settimana per fare i loro bisogni. Non avevano molto da dire quando ci avvicinavamo, se ne stavano perciò zitti. Per cui la scena era zitti e mosca. L'uomo era solo capace di farsi venire una mosca al naso e in alcune zone del pianeta negli anni '70, gli umani non facevano nemmeno sapere che temperature ci fossero a Mosca. Inoltre da bambini ci imitavano quando stavano in gruppo e bendavano qualcuno giocando a mosca cieca. Sono ridicoli, questi umani, ogni tanto qualcuno di loro si illude di fare la mosca cocchiera, ma dimentica che non si può avere il miele senza le mosche. Dio ha creato milioni di esseri viventi ciascuno con uno scopo, una funzione. Di noi mosche gli umani dicono che portiamo malattie. Ma non è vero. Noi siamo solo dei segnalatori, indichiamo dove ci sono malattie, non le portiamo noi. Noi potiamo ronzii, l'uomo porta urla, epidemie e bombe atomiche. Poi ad un tratta un uccello in volo mi ingoiò. Ora sono rinato umano. Sono in coda alla reception di un ospedale milanese, e devo fare una risonanza magnetica. Sul banco della reception c'è una mosca che si è appena posata. Avverto qualcosa di familiare. Poi qualcuno mi chiamò: "Siddharta Gautama?". Sono io dissi. Ha compilato il questionario? Chiese la ragazza dietro la reception. Non ancora, vorrei farmi aiutare, dissi. Vi abbiamo già aiutati sin troppo, disse la ragazza. Guardai la mosca. Avevi sempre pensato che la loro presenza indicasse epidemie. Fui contento di non essermi sbagliato.

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    “Il bello, la musica e il potere” di Cresti-Giordi

    “Il bello, la musica e il potere”, è il saggio scritto da Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi edito da Edizioni Mariù e pubblicato nel Luglio 2023. Il libro, che sarà presentato ad Arezzo il prossimo 5 ottobre, è il frutto dell’ingegno di due raffinati artisti che raccontano, in forma di dialogo, il declino della nostra società, nella quale funzionalità e logiche commerciali... Altro...

    “Il bello, la musica e il potere”, è il saggio scritto da Antonello Cresti e Roberto Michelangelo Giordi edito da Edizioni Mariù e pubblicato nel Luglio 2023. Il libro, che sarà presentato ad Arezzo il prossimo 5 ottobre, è il frutto dell’ingegno di due raffinati artisti che raccontano, in forma di dialogo, il declino della nostra società, nella quale funzionalità e logiche commerciali sembrano aver definitivamente soppiantato la Bellezza. Molteplici i temi affrontati dai due autori: la minaccia dell’intelligenza artificiale, il dispotismo dei mezzi di informazione, il degrado estetico delle nuove espressioni musicali, il ruolo della tecnologia nel processo creativo.

    Il saggio vuole essere un testo di denuncia e di battaglia che si interroga sullo stato dell’arte e sul senso, o forse non senso, del nostro Occidente in crisi, fornendo l’itinerario da seguire e che apre, definitivamente, le porte a una riflessione critica, fornendo, peraltro, una serie di risposte a dubbi controversi.

    Il mondo globalizzato ha davvero perduto la percezione del bello? Qual è il rapporto tra la bellezza e il potere e in che modo l’Occidente vive oggi il suo rapporto con le Arti e con la Musica in primo luogo? La riflessione su tali tematiche, costruita sulla forma del dialogo, si snoda attraverso l’analisi storica dell’esperienza estetica occidentale per arrivare a toccare le problematiche della realtà sociale in cui viviamo. Il disinteresse verso la bellezza è infatti allo stesso tempo causa ed effetto della crisi di valori della nostra società, e solo recuperando e valorizzando le nostre vituperate identità profonde potremo traghettarci fuori dal non senso, verso la luce di una nuova, antica, umanità.

    Gli autori

    Antonello Cresti è saggista, conferenziere ed agitatore culturale. Si è laureato con lode in “Scienze dello Spettacolo” presso l’Università di Firenze. Ha iniziato la sua attività artistica come musicista, animando vari progetti e producendo numerosi album. Ha già pubblicato tredici libri, usciti con varie case editrici, dedicati a musica underground, cultura britannica, esoterismo, controcultura. È ideatore di un film e di un documentario, entrambi a tematica musicale. È attivo nella creazione di una rete trasversale di intellettuali e creativi in opposizione al Pensiero Unico.

    Roberto Michelangelo Giordi è un cantautore e scrittore partenopeo. Vive attualmente tra Parigi e Roma. Ha pubblicato quattro album: Con il mio nome (2011), Il soffio (2015), Les amants de Magritte (2017), Il sogno di Partenope (2019), gli ultimi due usciti anche in Francia. Nel 2019 è stato finalista alle Targhe Tenco. Nel 2022 pubblica per Mariù Aliene sembianze, il suo quinto lavoro discografico e la sua prima opera narrativa. È diplomato al CET di Mogol e laureato in “Scienze politiche” e “Lingue e letterature straniere”. Si è occupato della tradizione letteraria napoletana e del rapporto tra musica e testo nella canzone antica e in quella d’autore.

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    Fra i miei domani

    E ti ho detto mille volte che non puoi restare; L'ho detto a me stessa attraverso di te, e sono stata ingiusta, anche con me stessa. La scoiattolina ne "La spada nella roccia" si accorse che Artù non poteva restare dopo che ormai lo desiderava già, ma non fu colpa sua, perché le sembianze di Artù erano quelle di uno scoiattolo qualunque quando accadde, mentre tu non eri uno qualunque fin dall'... Altro...

    E ti ho detto mille volte che non puoi restare; L'ho detto a me stessa attraverso di te, e sono stata ingiusta, anche con me stessa. La scoiattolina ne "La spada nella roccia" si accorse che Artù non poteva restare dopo che ormai lo desiderava già, ma non fu colpa sua, perché le sembianze di Artù erano quelle di uno scoiattolo qualunque quando accadde, mentre tu non eri uno qualunque fin dall'inizio, e io l'ho sempre saputo. Quindi, adesso? <<Per me va bene così.>>. Hai e abbiamo già detto abbastanza? Senza che sia successo nulla, le parole, e solo quelle, che peso possono avere? O sei follemente innamorato o niente. <<Io sono qua.>>. Non me ne faccio nulla. Una vita non la puoi cambiare cancellando il passato. Il passato è l'unico che resta com'è esattamente accaduto e, a volte, troviamo che le persone cambiano, altre, siamo fermamente convinti che non possano cambiare mai, e a volte vale l'una, altre l'altra, a volte accade, altre no, tranne il passato. <<Se non sei amore, niente, neanche un'emozione>>.<<Ma l'amore non si dice soltanto, accade, ti stravolge e un desiderio diventa il tuo "dentro di te">>.<<Cosa c'è dentro di te?>>.<<Tu>>.<<Solo la sera, negli spazi angusti e reconditi che restano nella tua giornata>>.<<Nei momenti in cui vorrei accadesse con te. Mi addormento così, sognandolo>>.<<E non capisco più esattamente chi sono io e chi sei tu, se prima i desideri appartenevano solo a te, perché io non mi nutrivo di niente che fosse meno di un amore totale e completo>>.<<Perché il mio amore è imperfetto? Io ho bisogno di presenze, odori, sguardi, strette allo stomaco, respiri bloccati che si riprendono solo con mille baci>>.<<Ma questo non può accadere>>.<<L'amore accade, se lo vuoi>>.<<Così, con le nostre vite incasinate, non posso>>.<<La pena la conosci>>.<<Devo perderti, non ho altra scelta>>.<<Non mi oppongo, a te la scelta>>.<<E se torno indietro? Avremmo un bacio in sospeso>>.<<Potremmo ritornare, tu decidi. Più di un bacio e allora dovrai abbandonarti tu a me>>.<<Non potrei mai>>.<<Allora non tornare. Se non puoi amarmi, non tornare>>.

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    Le quattro categorie

    Il mondo si divide in quattro categorie: quelli che rompono le palle, quelli che si rompono le palle, quelli a cui rompono le palle e quelli che rompono le palle perché gli rompono le palle.Almeno una volta nella vita, tutti noi facciamo parte di queste categorie e anzi, molto spesso, saltiamo da una all'altra quasi senza rendercene conto. Questo è sempre stato il mio pensiero su come andassero ... Altro...

    Il mondo si divide in quattro categorie: quelli che rompono le palle, quelli che si rompono le palle, quelli a cui rompono le palle e quelli che rompono le palle perché gli rompono le palle.

    Almeno una volta nella vita, tutti noi facciamo parte di queste categorie e anzi, molto spesso, saltiamo da una all'altra quasi senza rendercene conto. Questo è sempre stato il mio pensiero su come andassero le cose nel mondo e niente poteva farmi cambiare idea.

    Esisteva però anche una quinta categoria, quella di cui speravo di far parte, quella che conteneva solo pochi eletti in confronto all'enorme numero di persone che popolavano le prime quattro: la categoria delle persone che non rompono le palle. M’impegnavo quotidianamente per non essere un rompipalle ma, in numerose situazioni, questo mio sforzo risultava vano e allora finivo per rompermi le palle, rientrando così a pieno titolo nella seconda categoria.

    Per dirla tutta, finivo di frequente anche nella terza categoria. E già, la non facile condizione di non rompipalle espone alle vessazioni e ai soprusi di grandissimi rompipalle i quali, profondamente innamorati della loro categoria, fanno di tutto per rimanervi attaccati. Un membro della prima categoria ha bisogno che il resto delle persone si accorga della sua esistenza perché si nutre di quello e vive per quello, se passa inosservato, viene a mancare la legittimazione del suo essere rompipalle da parte di chi non lo è. Da lì, l’escalation è un attimo. Ti rompono le palle, ti rompi le palle perché ti rompono le palle, rompi le palle perché ti rompono le palle, diventi un rompipalle. Preciso, pulito, neanche te ne accorgi. Una volta innescato il processo, c’è ben poco da fare, la strada è tracciata e non si torna indietro. Lo senti, lo percepisci che le cose stanno cambiando, in giro le facce hanno sguardi diversi, la pizza è meno saporita, i tuoi amici fanno cagare, inizi a vedere cessa anche Ornella Muti. Sì, proprio lei, Francesca Romana, quella che da brufoloso adolescente osservavi davanti al letto prima di addormentarti. Come dicono nei film americani, ci sei dentro fino al collo, stai a galla in un mare di rottura di palle che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude, in un rigurgito di leopardiana memoria che in quanto a rottura di coglioni non è secondo a nessuno.

    Perché in quei casi viene in mente Leopardi e non Montale, perché? No dico, in confronto, se proprio è inevitabile rompersi le palle, molto meglio meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto.

     Vuoi mettere Giacomo con Eugenio? Leopardi, una vita di merda a Recanati, brutto, gobbo, malato, muore a 39 anni che sembra ne abbia il doppio. Montale, belìn, nasce a Genova ed è certamente sampdoriano, con quella faccia da nonno buono, senatore a vita, premio Nobel per la letteratura nel 1975, come fai a non amarlo.

    La sfida poetica, determinata dalle incrostazioni del liceo classico, aveva un terzo incomodo, l’inventore di neologismi più famoso d’Italia, il Vate Gabriele D’annunzio. Le simpatie verso il poeta pescarese erano dovute non tanto al fatto che fosse fascio, cioè l’estremo opposto alle mie idee politiche, quanto alla creazione dell’acronimo Saiwa, il marchio dei miei fedeli biscotti della colazione e alle lodi tessute verso il Nepente, Cannonau rosso rubino dal gusto intenso, ottimo per le carni alla brace.

    C’era poi quel verso finale, quello che conclude “La pioggia nel pineto

    «Piove su le nostre mani

    Ignude,

    Su i nostri vestimenti

    Leggeri,

    Su i freschi pensieri

    Che l'anima schiude

    Novella,

    Su la favola bella 

    Che ieri 

    M'illuse, che oggi t'illude, 

    O Ermione»

     

    I vestimenti leggeri ricordavano “quella sua maglietta fina tanto stretta al punto che m’immaginavo tutto”. Fina e non Fila, come per anni aveva pensato e cantato. Lì, descritta in una sintesi folgorante, c’era la fotografia della mia storia con Giulia, una favola bella che mi aveva illuso e che ancora continuava a illudermi con rabbia.

    A pensarci bene, che cavolo c’entra tutto questo con le cinque categorie del mondo? C’entra e pure parecchio. Durante la nostra breve storia, avevo scritto numerose poesie, parola grossa, io le chiamavo “stronzate” e a Giulia erano piaciute, la facevano sentire importante, amata, viva. Avevo trascritto le migliori in un quaderno intitolato “Storie dell’allegra tristezza” e un giorno, con le mani tremolanti, trovai il coraggio di regalarglielo.

    La sua preferita era “Il tempo senza tempo

    «Mentre la risacca accarezzava la spiaggia

    La tua testa si poggiò sulle mie ginocchia

    Vidi allora come mai prima

    L’immenso del tuo sguardo

    Trapassarmi i sensi in un solo momento

    Il tempo diventò senza tempo

    E tutto il resto intorno

    Scomparve»

    La nostra relazione non durò molto. Senza rendermene conto, mi trasformai in un rompipalle seriale e un bel giorno Giulia, satura di tutto, mi mandò a fanculo. Troppi punti di attrito in un rapporto costellato da silenzi che cercavo di forzare nei modi meno opportuni, gli unici che allora conoscevo, gli unici che avrei dovuto evitare. Ma il sentimento no, quello era enorme, totale, entrambi eravamo l’uno per l’altro la metà mancante, perché noi non c’eravamo conosciuti, c’eravamo riconosciuti.

    A distanza di quasi cinque anni, le nostre vite navigavano senza bussola. Giulia entrava e usciva da storie senza presente e futuro con un bisogno d’attenzione e d’amore mai soddisfatto appieno, io mi trascinavo dentro un rapporto sgualcito fatto di arrivi e partenze. Volevamo trovare la felicità consapevoli che stavamo facendo di tutto per allontanarci da essa.

    Quella sera di giugno, dopo l’ennesimo litigio fatto di accuse e scuse senza ritorno, decisi di evadere da una gabbia sempre più stretta e soffocante. A costo di sanguinare, dovevo rimediare agli sbagli di una vita. Chiamai Giulia per un appuntamento e lei accettò senza che io dovessi insistere.

    Ci sono strade che conducono alla salvezza o alla perdizione o, più banalmente, strade che avvicinano e altre che allontanano. Quelle che mi conducevano verso il palazzo di Giulia erano senza tempo, immutabili nel loro fluire di emozioni mai sopite. Bruciando un rosso e due stop, fui capace di compiere un’impresa: arrivare in orario all’appuntamento, io che ero il re dei “cinque minuti”.

    Giunto davanti al suo portone, citofonai due volte, come sempre. Giulia scese in un attimo, vestita con dei jeans chiari e una camicia in seta bordeaux, senza trucco e una massa di ricci indomabili.

    Quando fu di fronte a me, fece partire una sonora cinquina che si stampò sulla mia faccia, aggiungendo al gesto: «Sei stato uno stronzo!». Poi mi baciò, stringendomi con passione. Dopo anni passati a ricostruire certezze distruggendo ricordi, potevo di nuovo sentire il respiro di Giulia, il suo profumo, accarezzarla.

    «E con Marco come farai?», le chiesi esterrefatto e anche piuttosto indolenzito. Le dita di Giulia erano lunghe e affusolate, ottime per il basket e per creare un evidente rossore.

    «Che si fotta!» replicò Giulia e mentre pronunciava quelle parole, un sorriso da fossette e denti le illuminò il viso.

    Da grandi rotture scaturiscono grandi rinascite. Il problema è che nessuno sa quando è arrivato il momento giusto per rompere e soprattutto quando ci sarà la rinascita. Tutto è avvolto dal caso, da circostanze inattese che mutano il corso della vita e portano a prendere decisioni impensabili e assolutamente vitali per la sopravvivenza.

    Entrambi alla ricerca di un imprevisto per colmare il vuoto che ci soffocava, quella sera, poi diventata notte, avevamo provato un’emozione quasi dimenticata: la sensazione di sentirsi vivi.

    In poco più di un anno, ci siamo sposati e poi, è nata Eleonora. Da quando il Covid se l’è portata via senza nemmeno un saluto, vivo nella seconda categoria, quelli che si rompono le palle e non ho alcuna voglia di cambiarla.

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    DUE TIRI IGNORANTI

     DUE TIRI IGNORANTIPoi ti osservi intorno, noti che sei oltre la linea dei tre punti e che quel tiro lo devi prendere perché è tutto tuo. Sai benissimo che la tua percentuale è ridicola ma intorno non c'è nessuno e in fondo ti sei rotto di non aver fatto ancora un punto. La tecnica di tiro è rivedibile però il movimento è buono e la palla, seguendo una parabola pressoché perfetta, toc... Altro...

     

    DUE TIRI IGNORANTI

    Poi ti osservi intorno, noti che sei oltre la linea dei tre punti e che quel tiro lo devi prendere perché è tutto tuo. Sai benissimo che la tua percentuale è ridicola ma intorno non c'è nessuno e in fondo ti sei rotto di non aver fatto ancora un punto. La tecnica di tiro è rivedibile però il movimento è buono e la palla, seguendo una parabola pressoché perfetta, tocca leggermente il ferro per poi entrare docilmente dentro il canestro. È andata, hai messo una bomba da tre! Lo stupore è tanto, forse più dei compagni che non avrebbero scommesso un centesimo sul buon esito del tiro. La partita prosegue, cerchi di essere utile, diciamo di fare meno danni possibili, marchi il tuo uomo, piazzi blocchi, qualche buon rimbalzo, alcuni assist. Poi, come un déjà vu, ti arriva un passaggio e ti rendi conto di essere nuovamente al di là dell'arco dei 6,75, con il canestro proprio di fronte che sfida la tua mano a tentare ancora una volta. Sai che puoi farlo e in fondo non t'importa di sbagliare, hai acquistato credibilità nei confronti degli altri, un errore sarebbe perdonato con benevolenza, in definitiva tutto gioca a tuo favore. Ci pensi giusto il tempo di essere il più coordinato possibile e lasci partire il tiro. Leggera sospensione, braccio esteso, polso spezzato, non avresti potuto fare di meglio anche perché non sai fare di meglio. 

    La palla sale, sale e poi scende, scende, scende dolcemente dentro la retina senza neanche sfiorare il ferro. 

    Incredibile, l'hai fatto un'altra volta! 

    Ormai gli altri ti guardano come fossi un giocatore vero e dentro di te, da qualche parte, quel giocatore esiste ancora, è solo imprigionato in un non luogo dei ricordi, bloccato da decenni d'inattività causati dalla pratica di uno sport dove tu sei l'unico che gioca usando le mani. 

    La partita prosegue, la tua squadra vince, puoi dare il cinque a tutti a testa alta, hai messo due bombe da tre, gli dei del basket hanno voluto farti rivivere le emozioni di quando saltando toccavi il ferro, avevi i capelli neri e tutte le parti del corpo ancora integre. 

    Esci dal campo per un meritato riposo e inizi a metabolizzare l'accaduto per arrivare alla conclusione che alla tua età, puoi ancora stare dentro un campo di basket senza suscitare l'ilarità di compagni e avversari, facendo cose semplici e, ogni tanto, qualche tiro ignorante. Hai giocato col ricordo e la memoria ti proponeva azioni che il tuo corpo aveva dimenticato. Non ti è rimasto che accettare la sfida perché solo così avresti saputo se saresti uscito vincitore o sconfitto. Hai giocato a basket e ti sei divertito di più che in un anno di calcio. La sensazione è stata la stessa che provavi quando da ragazzino prendevi la palla e andavi al campo sotto casa, si facevano le squadre e si giocava fino a che non calava il sole. Le caviglie pulsano, i quadricipiti trasudano acido lattico, è ora di andare via. Sai che dovrai usare il ghiaccio e molto probabilmente un antidolorifico però non te ne frega niente, assapori ogni dolore e sei contento così, ti sei sentito vivo, tutto il resto passa in secondo piano, ti sei sentito vivo. 

    Raccogli il tuo pallone, prendi lo zaino, ti togli la replica dei Sixers del 1983 e saluti tutti. Sali in macchina e punti verso casa col pensiero che tua moglie, come al solito, ti farà un mezzo casino perché sei andato al campetto. Ma chi cazzo se ne frega, hai segnato due bombe da tre giocando contro dei ragazzini, l'ascolterò, le farò un sorriso e andrò a farmi una bella doccia. 

    Che se ne vada tranquillamente a fanculo!

    Su un campo di basket si dimentica tutto, il dolore fisico, le ansie di una vita in salita, le domande senza risposta, i ricordi opprimenti di sensazioni perdute, ogni cosa sembra prendere una dimensione diversa perché sei tu, la palla e il canestro e loro non ti giudicano, non ti criticano, non fanno inutili polemiche. Se entra hai fatto bene, se esce hai sbagliato, semplice, chiaro, netto, nessun significato nascosto, nessuna ulteriore interpretazione, nessun possibile fraintendimento. 

    Il basket è terapeutico a costo zero, non ha bisogno di ricette e, soprattutto, non causa effetti indesiderati per sovradosaggio. A volte crea dipendenza ma niente che poi si abbia paura di nascondere alla guardia di finanza o che possa determinare una diminuzione di punti sulla patente.

    Il basket non è un gioco, il basket è vita.

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    “Senza far rumore" di Feliciana Zuccaro

    Dopo il successo ottenuto con i suoi primi lavori editoriali, il romanzo: “Non ho mai danzato sotto la pioggia” edito Fides edizioni e una raccolta di poesie: “Per ogni volta che sei morta” edito ItalicPequod, la scrittrice Feliciana Zuccaro ritorna con il suo secondo romanzo. “Senza far rumore”, è il titolo del suo nuovo lavoro editoriale, edito Fides Edizioni. Il romanzo racconta la... Altro...

    Dopo il successo ottenuto con i suoi primi lavori editoriali, il romanzo: “Non ho mai danzato sotto la pioggia” edito Fides edizioni e una raccolta di poesie: “Per ogni volta che sei morta” edito ItalicPequod, la scrittrice Feliciana Zuccaro ritorna con il suo secondo romanzo. “Senza far rumore”, è il titolo del suo nuovo lavoro editoriale, edito Fides Edizioni. Il romanzo racconta la storia di una giovane ragazza, Mia, cresciuta soltanto con la figura paterna, poiché la madre la abbandonò quand’era ancora in fasce. Ora quella giovane ragazza è diventata una donna che ha deciso di intraprendere un viaggio nel perdono, insieme al suo amico, Fabio. Un viaggio che metterà l’accento sulla maternità e sul rifiuto materno. Un romanzo delicato scritto in maniera dolce e con un linguaggio tenero.

    Sinossi 

    Mia è cresciuta con suo padre Elia, taciturno ma volitivo pescatore siciliano, da quando la madre l’ha abbandonata ancora in fasce. Accompagnata adesso dall’uomo e dal suo migliore amico Fabio la giovane donna decide di intraprendere un viaggio formativo e intimo sulle increspature del rifiuto materno con l’intento di scoprire, attraverso lo sciabordio dell’amore e del perdono, che rumore può fare la felicità quando viene trovata. Un romanzo soave e delicato come un sakura in fiore.

     

    Info biografiche

    Feliciana Zuccaro ha vissuto per circa trent’anni a Matera ma attualmente risiede a Gravina in Puglia dove si è trasferita per amore di Nicola e dei suoi due figli Giovanni e Salvatore. Laureata agronoma è da sempre appassionata di lettura e scrittura e da diversi anni partecipa a numerosi concorsi di brevi racconti e poesie in giro per l’Italia. Nel settembre del 2021 è stato pubblicato il suo primo romanzo “Non ho mai danzato sotto la pioggia” (Fides) e nell’anno successivo la sua prima raccolta di poesie “Per ogni volta che sei morta” (ItalicPequod).

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    Shadowhunters – Città di Ossa

    Clarissa Fray, Clary, è una sedicenne che vive a Brooklyn insieme a sua madre Jocelyn e con Luke un amico di sua madre che avendola cresciuta è quasi considerato un padre da parte della ragazzina.Clary ha una vita tranquilla da adolescente insieme a Simon, il suo migliore amico, con cui è cresciuta fin da quando erano in tenera età.Tanto che la ragazza lo considera quasi un fratello.Una sera i... Altro...

    Clarissa Fray, Clary, è una sedicenne che vive a Brooklyn insieme a sua madre Jocelyn e con Luke un amico di sua madre che avendola cresciuta è quasi considerato un padre da parte della ragazzina.

    Clary ha una vita tranquilla da adolescente insieme a Simon, il suo migliore amico, con cui è cresciuta fin da quando erano in tenera età.

    Tanto che la ragazza lo considera quasi un fratello.

    Una sera i due decidono di andare in un locale per divertirsi ma Clary riesce a vedere un ragazzo che indossa un cappuccio e che brandisce una spada, il quale sembra essere invisibile per tutti tranne che per lei.

    Viene in seguito a conoscenza dell'esistenza degli Shadowhunters, cacciatori di ombre ( o demoni), e che tutte le creature di cui si legge sui libri e di cui si parla come leggende esistono veramente ( lupi, vampiri, fate e tanto altro).

    Dopo una litigata con sua madre, Clary, esce di casa e la sera stessa Jocelyin scompare misteriosamente coinvolgendo anche il ragazzo misterioso, Jace, nella ricerca della donna.

    Inizierà da qui in poi una corsa per salvare la madre che trascinerà Clary nel mondo degli Shadowhunters fino a quando non scoprirà di essere anche lei una di loro.

    Da questo momento in poi Clary, verrà travolta negli eventi che caratterizzano il mondo nascosto divenendone pian piano, insieme a Jace e ai fratelli Lightwood parte integrante.

    La storia è fluida e seguibile, con spiegazioni a volte parecchio lunghe ma necessarie per capire alla perfezione le dinamiche di questo mondo. Sebbene forse per alcuni lettori possano risultare un poco fastidiose, non per la sottoscritta però che non le ha trovate pesanti o rindondanti.

    La scrittura è scorrevole e piacevole, anche se forse avrei evitato l'uso di alcuni gerghi prettamente giovanili mischiati qua e l'ha dalla traduzione.

    E' comunque un libro rivolto a un pubblico giovane, di adolescenti e va letto come tale.

    Il mondo creato dalla Clare l'ho trovato molto affascinante, tra angeli, demoni, rune e stili e città immaginarie descritte talmente bene da non risultare difficile sentirle reali quando sono i personaggi stessi a percorrerne le vie.

    Pian piano l'ambientazione acquista individualità e forza.

    Sono ben caratterizzati anche i personaggi principali, soprattutto Jace, Isabelle, Alec e Simon. Per ora meno caratterizzata è Clary ma si tratta comunque del primo libro.

    Alcuni difetti nella narrazione sono comunque riscontrabili, ma ragionandoci su a mente fredda e dopo aver concluso la lettura, mentre lo si legge è talmente coinvolgente da non notarli quasi.

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