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    Giorno di sole

    Dalla tangenziale passano macchine e furgoni, tanti tir, quasi mai gli autobus. L'asfalto e lo smog, le finestre in lontananza dentro cui poter immaginare risate e pianti di bimbi, un supermercato decrepito, la farmacia deserta all'angolo del controviale. È come se il mondo fosse andato avanti senza questo quartiere. Mi immagino tutta una equipe di Gae Aulenti del caso che si occupa della cosa e ... Altro...

    Dalla tangenziale passano macchine e furgoni, tanti tir, quasi mai gli autobus. L'asfalto e lo smog, le finestre in lontananza dentro cui poter immaginare risate e pianti di bimbi, un supermercato decrepito, la farmacia deserta all'angolo del controviale. È come se il mondo fosse andato avanti senza questo quartiere. Mi immagino tutta una equipe di Gae Aulenti del caso che si occupa della cosa e a fine riunione se ne va a pranzo. E poi eccolo comparire lì, l'incubo strutturale, il posto che a nessuno frega niente di riabilitare. E il piano regolatore non prevede modifiche.

    Sputo. Ho sempre guardato le bollicine della mia saliva a terra, quasi sempre ne trovo una grossa che poggia su una miriade di piccole. L'ho sempre trovato affascinante, a suo modo.

    Sto sulla solita panchina sotto a un paio d'alberi, nel parchetto con giostre arrugginite, vicino al parcheggio; l'aroma di cumino dalle case al pian terreno e un mendicante cerca il miraggio di una moneta. Il sole è alto, la birra mi si scalda in fretta. Un anziano ritira lenzuola e rughe dal balcone prima di farsi inghiottire dall'interno; la facciata con tutta probabilità è sua coetanea. Di sicuro è altrettanto segnata.

    Un gruppo di ragazze, poco più in là dei ragazzi giocano con un barattolo sul marciapiede, le loro vecchie magliette mostrano sudore e corpi torniti da chissà quale antica fatica o mestiere, eredità ectoplasmica di una generazione morente. Calzolai, arrotini, manovali, perfino fabbri: la loro dinastia conta al massimo un parrucchiere. Nessun dottore, nessun ingegnere, nessun banchiere. Nossignore, nessun notabile.

    Mi pare di vederli là, aleggiare attorno ai giovani, gli spettri dei loro nonni, zii, dei loro avi, muti e senza denti, con grosse mani callose nei loro abiti rammendati e curvi sotto al peso dell'eternità, al peso del più inquietante peccato stabilito dal mondo: l'anonimato. Guardano e non fanno altro, per loro non più campi da arare o miniere o guerre in cui morire, no, per loro l'eterna vergogna del biasimo e l'onta dei vizi; e di quella sessualità disperata che ha dato frutti tanto amari, lasciando in eredità la legge della forza bruta come unica alternativa al raggiro. È così, già quasi sbiaditi, che anche quei ragazzi di selvaggia bellezza conoscono anzitempo la legge del vivere, e cioè dello scordarsi e scordarsi finché non si viene dimenticati, ultimi in una gara di primi. Strumenti scordati in una sinfonia che li calpesta.

    Ridono calciando barattoli, fumano e sanno i doni del sesso, scarpe rotte e schermi accesi; fuochi fatui di un futuro fotocopiato male da ancestrali nulla; è così che si prostrano, inconsapevoli, a una religione che pretende le loro schiene, le loro mani, le loro ginocchia, come gradini e malta su cui costruire il proprio altare per auto-celebrarsi con stili di vita insostenibili attraverso cartelloni complici, ché il privilegio da sempre affonda pilastri perniciosi sulle moltitudini, nel sogno senza prezzo di essere, un giorno, "qualcuno".

    Sbiaditi ragazzi e ragazze, sbiadite immagini confuse nella massa, già bellissimi spiriti anch'essi, confusi e sbiaditi nelle lunghe loro generazioni senza nome, vane storie di cui è tristemente attuale constatare come perfino in questa valle della più becera miseria non manchi un paio di jeans strappati o uno strato di gelatina sui capelli, un filo di rossetto sbocciato anzitempo, una gonna davvero troppo corta, l'incapacità di comprendere un testo scritto. Il sole è alto anche su di loro, lo smog appesta anche le loro corse, il sudore copre anche le loro cosce. Piccoli come piccole goccioline di sputo che non siamo altro.

    La vicina scuola cattolica che fa da confine al quartiere ha usato il buon gusto di porre i cancelli d'entrata dall'altro lato, cosicché mamme e pargoli non assistano al quotidiano rituale di decadenza e austerità, e il comune, dal canto suo, ha massimizzato l'effetto innalzando palizzate di manifesti elettorali e propagandistici. Nessuno di loro si avventura mai per quelle vie, nemmeno un prete, nemmeno un viabilista; forse qualche mamma in cerca d'avventure "esotiche" o qualche giovanotto a caccia emozioni sintetiche. Nessuno che conosca le vie del lecito o del rispettabile -qualunque cosa sia.

    Un uccello volteggia in lontananza, dalle parti del municipio o poco oltre; mi sento bene, finisco la birra e fumo un'altra sigaretta; guardo le spirali vacue perdersi nello stesso vento che fa volare foglie e aquiloni e che si mischia a tutto questo smog. Ho un ragno sulla scarpa e la sensazione di aver sempre vissuto su questa panchina. Chiudo un attimo gli occhi e, piano, sbiadisco mentre il sole è ancora alto. Sembra essere davvero un bel giorno, uno come tanti altri.

    La panchina è libera. La grossa bolla è scoppiata.

    Il marciapiede è ora vuoto, il barattolo sparito.

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    AVVENTURIAMO

    AVVENTURIAMO è un libro scritto per avvicinare grandi e piccini al fantastico mondo della natura e ricordarci quanto essa sia preziosa e fondamentale per la nostra stessa esistenza. In una civiltà votata prettamente al consumo che ha perso di vista l’importanza di tutelare l’ambiente in cui vive, prendere atto o riportare alla mente le meraviglie della natura è sicuramente un primo piccolo ... Altro...

    AVVENTURIAMO è un libro scritto per avvicinare grandi e piccini al fantastico mondo della natura e ricordarci quanto essa sia preziosa e fondamentale per la nostra stessa esistenza. In una civiltà votata prettamente al consumo che ha perso di vista l’importanza di tutelare l’ambiente in cui vive, prendere atto o riportare alla mente le meraviglie della natura è sicuramente un primo piccolo ma fondamentale passo per cambiare rotta.

    Puoi scoprire di più qui: https://www.ilfotomatico.com/avventuriamo/

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    “L’undicesimo giorno della falena” di Eva Forte

    “L’undicesimo giorno della falena” di Eva Forte è un romanzo carico di emozioni, di colori e di posti incantati e misteriosi, come Villa Borghese e Piazza Mincio; ambientata negli anni Novanta in un’assolata estate romana, l’opera gravita intorno a un gruppo di ragazzi adolescenti che devono affrontare un dramma molto più grande di loro: la coetanea Cecilia, che è anche la protagonist... Altro...

    “L’undicesimo giorno della falena” di Eva Forte è un romanzo carico di emozioni, di colori e di posti incantati e misteriosi, come Villa Borghese e Piazza Mincio; ambientata negli anni Novanta in un’assolata estate romana, l’opera gravita intorno a un gruppo di ragazzi adolescenti che devono affrontare un dramma molto più grande di loro: la coetanea Cecilia, che è anche la protagonista della storia e la voce narrante, viene coinvolta in un grave incidente in motorino e finisce in coma per undici giorni. Durante il suo viaggio nel silenzio gli amici le stanno vicino, e il lettore può anche conoscere le reazioni della ragazza, che avverte la loro presenza ma non può comunicare; nel corso della narrazione viene mostrato il loro stretto rapporto in alcuni flashbacks, e si ha modo di respirare quell’energia inesauribile e quell’incoscienza perdonabile degli adolescenti, che vivono come se ci fosse solo un eterno presente.

    Eva Forte presenta una storia commovente, che prende una svolta imprevista che colpisce forte allo stomaco; da quel momento le visioni e i sentimenti si fanno più intensi ma da un certo punto di vista anche più evanescenti, mentre si partecipa al tentativo della protagonista di risolvere un intricato mistero che coinvolge un suo nuovo amico, e in cui riemergono certe dolorose verità del passato. Nella vicenda, a questo punto, si intrecciano i destini di tutti i personaggi coinvolti, che dovranno necessariamente affrontare le loro perdite, la mancanza di chi amano e i sensi di colpa, oltre a trovare il coraggio di lasciare andare, di accettare l’inevitabile e di osservare la falena volare via.

    La particolarità di questo romanzo risiede nella possibilità di leggere diversi spin-off dopo aver finito il libro; altre storie collegate alla narrazione principale verranno, infatti, pubblicate sui canali social della casa editrice e della scrittrice a partire dal mese di Aprile 2022 - «Un libro senza fine, un racconto che ci accompagna anche una volta finito di leggere. Quando ci affezioniamo ad un personaggio o ad un intero racconto, è difficile immaginarlo finito ed è proprio il poterlo continuare ad arricchire che rende “L’Undicesimo giorno della falena” una nuova scommessa editoriale».

    SINOSSI DELL’OPERA. Ho diciassette anni. Quell’età in cui ti sembra di essere padrona del mondo. Ogni giornata è diversa, viva, piena di speranze per il futuro. Quell’età in cui ancora credi di poter cambiare le cose, di rendere tutto più bello grazie ai tuoi ideali. Così mi sento, come se il futuro fosse oggi, non domani. Sul mio diario scrivo solo i compiti e le date più importanti. Poi arriva l'imprevedibile ed è impossibile sapere cosa accadrà. Ora è un po’ così, va tutto veloce: i rumori, le persone che mi circondano senza che io possa capire cosa stiano facendo, il passato, la voglia di chiamare la mia amica, non la sento più vicino a me. Non sento più quel cuore che sembrava le stesse uscendo fuori dal petto. Ho solo sete. Tanta sete. Arriva il silenzio.

    BIOGRAFIA DELL’AUTRICE. Eva Forte (Roma, 1976) è una sociologa e giornalista. Ha scritto per la carta stampata e per webzine online. Il suo primo romanzo, “DUE”, è un particolare incrocio di due vite con l’alternarsi dei punti di vista di lui e lei in un gioco che coinvolgerà tutti i sensi. Il secondo romanzo apre il filone dei gialli con “In Equilibrio”, un’avvincente storia che unirà la vita della città con le Alpi. Il terzo, “Dieci amanti in cucina”, è un romanzo giallo culinario, una particolare unione tra storia, omicidi e ricette. 

     

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    Il mondo di Emma

    Emma è una ragazzina timida che sogna da sempre di diventare una cantante. Il divorzio dei suoi genitori e l’abbandono della madre, però, la costringono a lasciare quel sogno in un cassetto. Quando decide di trasferirsi a Roma per realizzarlo e vincere così le sue paure, una serie di coincidenze fortuite la guideranno verso l’amore e la felicità, facendola diventare finalmente una donna.... Altro...

    Emma è una ragazzina timida che sogna da sempre di diventare una cantante. Il divorzio dei suoi genitori e l’abbandono della madre, però, la costringono a lasciare quel sogno in un cassetto. Quando decide di trasferirsi a Roma per realizzarlo e vincere così le sue paure, una serie di coincidenze fortuite la guideranno verso l’amore e la felicità, facendola diventare finalmente una donna.

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    CARA MAESTRA…

    Mia caro stato, ho scritto una letterina l’altro giorno alla mia maestra, e l’ho scritta guardando il mondo dalla finestra... pensavo e penso che la scuola che vorrei sia solo un sogno, ma come ogni bambino a me piace sognare e ho scritto così:-Cara maestra, quanto vorrei che la nostra scuola fosse diversa! Mi piacerebbe una scuola nella quale ci sono persone “dal volto umano” e non ... Altro...

    Mia caro stato, ho scritto una letterina l’altro giorno alla mia maestra, e l’ho scritta guardando il mondo dalla finestra... pensavo e penso che la scuola che vorrei sia solo un sogno, ma come ogni bambino a me piace sognare e ho scritto così:

    -Cara maestra, quanto vorrei che la nostra scuola fosse diversa! 

    Mi piacerebbe una scuola nella quale ci sono persone “dal volto umano” e non costruite in laboratorio, a cominciare dalle bidelle, dal custode, fino ad arrivare alle maestre e al Signor Preside. Nella scuola che vorrei ci sono lavoratori umili che, senza sostegno alcuno da parte delle istituzioni locali e nazionali, combattono la battaglia più dura e importante della nostra società: quella di formare noi bimbi, dall'asilo all'ultimo anno del liceo, passando per le elementari e per le medie, l'ossatura, il centro nevralgico della formazione di un ragazzo che si affaccia all'età adulta. Tutte persone normali che con tanto impegno, tanta fantasia, tanta buona volontà, provano giorno dopo giorno a fare il loro mestiere, importante e centrale nella nostra società, con onestà e dedizione. La scuola che vorrei è una scuola nella quale non ci sono i figli dei professionisti, dei notai, degli avvocati, dei professori universitari, dei magistrati o dei politici, ma è la scuola degli extracomunitari, degli immigrati e degli abbandonati. Perché i bambini non si devono disperdere, ma hanno tutti il diritto di entrare nelle scuole pubbliche. La scuola che vorrei non è nel quartiere bene, nella strada storica dove ci sono eleganti atelier o nelle vicinanze della storica piazza ritrovo della gioventù per bene della città. 

    No, no di certo. La scuola che vorrei è nei quartieri difficili, a ridosso delle periferie dimenticate e abbandonate dallo Stato. A volte immersa tra le piazze di spaccio e i mercatini dove la gente spende i propri risparmi nel quotidiano per mettere il pane a tavola e nulla più. 

    E accoglie la scuola che vorrei, tutti, ma davvero tutti: dal figlio dell'impiegato al figlio del commerciante, dalla figlia del cassintegrato ai figli di chi un lavoro non l'ha mai avuto e mai l'avrà; probabilmente, in questa Italia devastata da una politica che non favorisce lo sviluppo e non consente al mondo del lavoro di riprendere fiato.

    Nonostante questo, la scuola che vorrei ce la fa. E mentre ce la fa, diventa anche esempio di grande civiltà, d’integrazione buona, adottando programmi di accoglienza dei meno abbienti, dei non italiani, dei bambini provenienti da altre etnie e culture vincendo premi comunali, regionali e a volte anche nazionali. E riesce -tra mille pressioni delle lobby interne finanche al Ministero, al Provveditorato e della politica interessata ai voti delle lobby- a tenere fuori dalle aule dei bambini la terribile e infernale cultura bieca del gender, proponendo in alternativa programmi nei quali la Famiglia è comunione inscindibile tra un uomo e una donna, e il rispetto è uno dei valori fondamentali tra esseri umani.

    La scuola che vorrei, infine, tra tanti stenti e senza la benché minima ombra di risorse economiche, in questo periodo ricorda la tradizione, e fa vivere a tutti i bambini, la magia del Natale. A scuola si organizzano balli e canti, saggi e recite, per far sentire il calore natalizio a noi piccoli e ai nostri genitori e per far capire che, nonostante tutto, la comunità dei valori della buona tradizione scolastica italiana può ancora perpetuarsi di generazione in generazione, che la comunità dei valori della scuola italiana è e deve restare ancora comunità di popolo, è, e deve restare comunità di famiglie vere. E non capisco e non voglio imparare paroloni come Indifferenza, Individualismo, ed Egoismo. Competitività, Edonismo, e Arrivismo. Sono questi soltanto alcuni dei “valori” che caratterizzano le nostre generazioni. Non si rendono conto ma gran parte del carattere, della personalità e del bagaglio di valori che ci cuciamo addosso per tutta la vita li assorbiamo sui banchi di scuola, fin dall'asilo, fin dalle elementari... poveri noi!

    -Meravigliosa la tua lettera! Così ha detto la mia maestra. - 

    E dopo averla corretta e messo “bravissimo”, ha voluto finirla così:

    - In questa cornice descritta dal mio alunno, un quadro reale che forse visto con gli occhi di un bambino diventa ancora più vero e assume chiarezza e nitidezza, la scuola riveste una centralità strategica per formare le nuove generazioni. Generazioni di giovani appartenenti a un'Italia non più soltanto italiana ma europea, nella quale i valori della difesa della famiglia e della vita sono sotto attacco da parte della cultura mortifera, "del tutto è permesso”, in nome di falsi miti di progresso che vogliono trasformare la società di valori in società di aberrazioni.

    Oggi sono un’insegnante preoccupata in un'epoca storica nella quale non s’intravede più la luce, alla fine del tunnel, di una crisi economica che sta portando buio, depressione, devastazione e che per questo mette in discussione tutto, persino le certezze fin qui, sempre, considerate tali.

    Per fortuna sono anche un’insegnante felice perché ancorata a sani principi tradizionali, e porto avanti il valore dell'educazione in questa difficile realtà.

    Non è tutto oro quel che luccica, è vero ma tutto quel che si “fa a fin di bene” senza un soldo bucato diventa oro, e quell'oro, giorno dopo giorno, costruisce il tesoro della formazione grazie alla quale sono convinta che i nostri bambini saranno dei ragazzi migliori domani.

    Teresa Averta

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    Tu sarai la mia speranza

    Questa raccolta è un mosaico di relazioni di cura e fiducia, qui intese e intessute come rapporti di testimonianza. Sedici autori condividono esperienze, consegnano ricordi, confidano rimorsi e rimpianti, moniti e aspettative, dando forma a un toccante crocevia tra adulti e giovani, tra testimoni ed eredi (a cura di Mariapia L. Crisafulli) In questo volume racconti di Tina Emiliani, Paola Macc... Altro...
    Questa raccolta è un mosaico di relazioni di cura e fiducia, qui intese e intessute come rapporti di testimonianza. Sedici autori condividono esperienze, consegnano ricordi, confidano rimorsi e rimpianti, moniti e aspettative, dando forma a un toccante crocevia tra adulti e giovani, tra testimoni ed eredi (a cura di Mariapia L. Crisafulli) In questo volume racconti di Tina Emiliani, Paola Maccioni, Antonio Rende, Chiara Rossi, Anna Fresu, Salvatore La Moglie, Angela Lo Passo, Marina Nasti, Alessandro Tessari, Bonifacio Vincenzi, Germano Innocenti, Antonio Vanni, Silvano Trevisani, Filippo Brianni, Cinzia Aloisi, Fulvia Fiorino Dotoli.

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