Taci o rumore,
che vieni dalla terra,
terremoto di parole
dell’uomo contro l’uomo
senza fine.
Taci…ti prego!
Me ne vado,
mi allontano,
adagio,
per disperderti
e metto radici come albero nella foresta
per ascoltare voci nuove:
il fruscio del vento tra le foglie,
l’urlo della tempesta sulle nuvole,
il grido dell’aquila che vola alto…
evocandomi la libertà
nel frastuono del mio silenzio,
dove nascondo le mie lotte,
le mie angosce,
le mie ferite non dimenticate.
Solo quando il silenzio
metterà punti e virgole
sulla strada del mio pensiero,
fuggiranno via le mie paure,
le mie ipocondrie,
i miei ricordi amari,
i miei impossibili desideri.
Solo allora,
non temerò il silenzio
come prezzo della solitudine,
ma sarà canto di gioia nuova,
dolce voce di conquista.
Musica che invita a Vivere
non più sopra o sotto i limiti
ma oltre il rumore del dolore,
attraversando piano
umili note di sofferenza.
Se imparo ad ascoltare,
il mio silenzio…
saprò quante cose avrà da dirmi.
Mi mostrerà ciò che pensavo
di aver perso, ma che in fondo
avevo solo nascosto più sotto di me.
Né l’odio né l’indifferenza
né l’invidia né la morte
avranno più voce
solo l’amore
nel silenzio del mio cuore.
Teresa Averta
Bella bella!
Mettere radici come un albero nella foresta è una metafora forte e densa di significati.
Molte grazie gentile Angela!
Troppe parole (inutili e scontate) finiscono per condannare la vera poesia al silenzio. Dovrebbero imparare un po’ tutti da Ungaretti e da Milosw. – (alberto.giulini sulle nuove rovine d’Europa)
Molte grazie per la gentile lettura e grazie per l’interessante ed esaustiva risposta.