TRAMA
Rose Gold ha trascorso i suoi primi diciotto anni di vita credendo di essere gravemente malata, chiusa in casa e perennemente in giro tra visite mediche e dottori di ogni sorta.
Solo grazie all’arrivo di Internet Rose Gold comincia a capire che qualcosa non quadra e che è sua madre Patty la causa di tutto.
Patty sconta cinque anni di prigione mentre Rose cerca di costruirsi una vita.
Al momento della scarcerazione Rose accoglie Patty in casa propria. Ma Patty non è pentita e Rose non è la vittima che tutti credono.
RECENSIONE
L’argomento fondante del romanzo è il disagio mentale e nello specifico, la sindrome di Munchausen per procura. Chi ne è affetto inventa malattie per avere continue attenzioni mediche. In questo caso è per procura, quindi le inventa per sua figlia.
Nonostante l’argomento “molto forte”, la narrazione è molto ben congeniata, al punto che si interrompe la lettura con fatica e desiderando di riprenderla al più presto. Il racconto è in prima persona, in alternanza tra madre e figlia, e in due finestre temporali diverse. La madre comincia il racconto da quando esce di prigione. La figlia quando la madre viene arrestata, interrompendolo con alcuni flashback ambientati nella sua infanzia. I due racconti si congiungeranno nel finale. Un tale intreccio dà un buon ritmo ed originalità alla narrazione.
La lettura di questo libro offre anche alcuni spunti di riflessione sulla malattia mentale. Chi, a causa di abusi nell’infanzia, si ammala di malattie mentali e non viene curato adeguatamente, rischia di trasmettere a sua volta problematiche ai figli. E così, se non si interrompe la catena, si va avanti di generazione in generazione.
Consiglio la lettura di questo libro a coloro che amano i thriller psicologici senza spargimenti di sangue. Visto che questo libro è un esordio, spero che l’autrice si ripeta.
⭐⭐⭐⭐/5