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Il temibile azzardo della scarpetta

Non pensare di poter cambiare le cose se continui ad agire allo stesso modo. 

Una banalità.

Un’ovvietà.

Una di quelle frasi che ritrovi sui social a incoraggiare esseri umani di mezza età, alle prese con bilanci sulla sensazione dello spreco di tempo delle loro esistenze, sulle illusioni perdute e su quant’altro resta del loro tempo, quando la china del declino inizia a prendere velocità. Il fiammifero si sta accorciando. Meglio morire di una bella vampata che stare ad aspettare il tempo della conclusione. 

Un passo oltre e sono nel vuoto. 

Ma non si può agire sempre nello stesso modo: casa, lavoro, cenetta, pranzetto e poi a nanna, prima telegiornale: crisi economica, crisi energetica, crisi climatica, crisi della crisi della crisi della crisi esistenziale che mi porto, irrisolta da chissà quanto.  

Un po’ melodrammatico, vero?

Beh, sì, proprio così.  

D’altronde, però, se non avessi letto quella frase, non sarei qui, bordo precipizio, a fare bungee jumping. 

Salta.

Salta, mi intima il tipo che mi ha imbracato.

Un attimo… dico io con voce malcerta.

Va’ che sei al sicuro: i cavi ti tengono. Sai quanta gente è saltata prima di te! 

V***, penso, tu te ne stai qui, ci sei abituato e dell’altra gente non me ne frega niente. 

Che ne sai che il cavo non si  sia teso una volta di troppo, che il tizio prima di me non l’abbia inavvertitamente strappato con il suo slancio, vuoi che per il calcolo delle probabilità, tra le migliaia di lanci il mio non sia quello mortale… che cosa ne sappiamo di come accadono le cose che accadono?

Io vorrei dirlo al tipo che non voglio mica finire sul giornale come L’ennesima povera vittima di una tragica fatalità.

Chiamiamo fatalità la mancata comprensione dei nessi che abbiano fatto sì che accadano le millantate “fatalità”.

Mi sono informato, però: c’è lo 0,006% delle probabilità che io muoia, qui e ora, bruciando il mio fiammifero d’un colpo. 

E mi sono informato anche su quali siano le maggiori cause di morte: addirittura c’è un’unità di misura: il Micromort.

Ho pensato: minchia, che nome allegrO. Nomen omen! 

Comunque.

Mio caro jumper: che io sia qui sul bordo del precipizio lo devo alla fottuta paura dell’oblio e dell’assurdo.

Tu la fai facile: sei drogato di adrenalina e buttarti da questo precipizio ormai ti ha alzato la soglia del pericolo, ma io? 

Ma che ne sai che mi costa questo balzo nel vuoto?!!?

Oddio, ho scoperto che stare seduti mi espone, percentualmente, alla fine temuta più di prendere un aereo o lanciarmi con il paracadute: quindi tecnicamente, il mio culo posato sulla sedia del tinello è stato più a rischio che qui, sul bordo del precipizio. Il che mi rende però conscio dell’idea che se non sono morto in cucina, affettando il pane o facendo scarpetta, beh, vuol dire che finora sono stato immortale come un dio. 

Quindi, in realtà, sono molto più esposto io, ogni giorno, a pranzo, di te, che te ne stai in piedi, tutti i giorni, qui, bordo precipizio, a guardare tutti ‘sti sfigati, in cerca di una via di uscita al tedio quotidiano e all’insensatezza, sfigati tra cui mi metto anche io. 

Non so allora chi è a un passa dal suo limite intangibile del Micromort tra me e te: e non lo sai neanche tu. 

Meglio non saperlo, in ogni caso, non credi, mio caro adrenalinico jumepr?

Questo gioco della vita ha una sua ironia sottile: in un mai realizzato libretto d’istruzioni si troverebbe questo: gioca pulito, ma le regole potranno cambiare, a caso, nel corso del gioco; impegnati, ma sii sufficiente distaccato da non dare troppo peso a quel che avrai: lo lascerai qui, inevitabilmente; ama, ma non credere dato a te l’amore più di quanto non sia già stato dato ad altri; goditela finché puoi, ma non dissipare eccessivamente; fregatene ma cerca di fare in modo che ti importi; vivi ma sappi che ogni giorno che passa è uno in meno…

Potrei andare avanti: tutto e il contrario di tut..

Sento una voce scocciata: Allora, salti o no? C’è gente che aspetta!

Lo guardo diretto: E che aspetti. Che ne sai che non sarò lo 0.0006%

Scusa?!, mi fa il tipo.

Lo guardo ancora più intensamente:

Prendimi una sedia che mi butto con quella.  Confondiamo le probabilità, incasiniamo il Micromort: vedi mai?!

Ma che stai dicendo, vieni qui che ti tolgo l’imbracatura… i pazzi non li facciamo saltare!

Mi viene un’idea.

Lo afferro.

Mi butto. 

Anzi CI butto. 

Voglio proprio vedere che fa, ora, il saccente.

Un lampo terrorizzato negli occhi del tipo che mi urla, nei secondi in cui ci fiondiamo giù per il precipizio, mentre sento la gente strillare di terrore: Io non ho mai saltato!

Gli sorrido.

Mi rivedo sulla sedia della cucina.

Mangerò in piedi. 

 

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