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Nostalgia della mafia

Una tranquilla domenica di Giugno. Paleimmo, Sicily. Ci sono le elezioni amministrative e i referendum, ma è tutto calmo. Non c’è fretta per non andare a votare. Quello che fa i panini ca meusa sta al suo posto e si prepara per il mezzogiorno o, meglio, la sera, cu friscu ( non è San Francisco pronunciato da Kerouac), quello delle panelle sta già friggendo, ma con calma, molta calma, una calma buddhista, quasi, quello che vende pesce fritto , a furia di friggere, ha assunto l’aspetto del pesce che frigge, la faccia, diciamolo. Francuzzo, laureato 110 e lode in giurisprudenza, chi o fice pi a secunna parti solamenti, “prudenza”, è ancora a letto, ore 10 e 20. Sul tavolo della cucina c’è l’invito a presentarsi come presidente di seggio presso una scuola media nei pressi del suo quartiere, che non mi ricordo che quartiere sia, adesso, ma ai fini della nostra storia, non ce ne fotte una minchia, giusto per restare in tema. Francuzzo si alza sbadigliando, va in cucina, guarda il foglio di invito sul tavolo della cucina medesima. Lo prende in mano, lo accartoccia e lo lancia nella pattumiera. Fa centro al primo colpo. Minchia, disse, lu jucaturi ri Baskèt, ddovevo fare! Con calma si veste ed esce. Giusto il tempo di arrivare al Bar di fronte. Dutturi, dutturi, lo salutano gli avventori del bar che stanno giocando a carte dalla sera prima e che hanno l’aria di non essere andati a dormire a casa, picchì è megghiu al bar c’amici che cu le scassaminghia di mugghieri. Francuzzu saluta a tutti e si siede fuori, dove c’è un bel venticello fresco che gli accarezza il viso ancora non rasato della mattina sonnolenta e sonniferina. Un cornetto cu la granita di caffè e panna, dice improvvisamente. Tutti ordinano la stessa cosa al barman, e l’ordinazione è fatta così: “pigghiu la stessa cosa ru dutturi”. Il barman, con calma, con molta calma, dopo circa mezz’ora, gli porta il cornetto ripieno di granita di caffè con panna. Francuzzu se lo divora con piacere e con gusto. Sempre con calma, da quelle parti non serve la fretta, se sei vivo, la fretta serve solo se ti devono accoppare, per quello si adopera l’efficienza milanese, non temete. “Dutturi”, dice un vecchio che sta giocando a tressette, ad un tavolo lì vicino, anch’egli immerso nella brezza che dell’aria condizionata se ne fotte quasi quanto della libertà condizionata i mafiosi (ops, non esiste questa parola, sono “cosi ri giornalisti infami”),”pi cu avimu a vutari?”. Francuzzo che sta finendo il cornetto e c’ha un poco di panna che gli casca dal piccolo pizzo di barbetta, sorride. Prende tempo per la risposta. Si guarda intorno. Poi pensa, è inutile che mi guardo intorno, quelli che comandano non hanno bisogno di sentire ddirettamente, inventarono i ddroni umani. Se dici una cosa tempo dieci minuti lo sanno i boss (ssshhhh, non si può dire nemmeno col pensiero). “E basta con queste nnovità. E’ tempo ri turnari alla vecchia nostra tradizione!”, dice Francuzzo. La parola tradizione sta per MAFIA però si può dire senza che gli altri, li cuntinentali e li  forestieri lo capiscano. “Mi chiamarono pi mi minacciari che se non mi presento come presidente di seggio, mi denunciano! Ma io me ne fotto una minchia. Oggi non tengo voglia. Sto qui, mi mangiu lu meu cornettu cu la granita e la panna. Chiu tardi minni vaio allu mari, a pigghiari u soli e cu s’è vistu s’è visto. Non mi scassassero la minchia. Dopo, stasira, minni vaio a vidiri u Paleimmo”. I vecchi che giocavano a carte approvarono con un segno del capo. Erano d’accordo. Poi uno di loro, il più vecchio e saggio, fra un lancio di carte e l’altro disse: “però, tuttu stu studio non ti cambiò nemmeno per una minchia. Ti laureasti pi addiventari nu cunigghiu”. Tutti gli altri vecchi risero. E continuarono a giocare a carte.

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