Van Gogh I colori della vita.
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I bersaglieri di Cannes

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Prologo
Come in ogni pomeriggio di tutti i giorni lavorativi della settimana ridotta a quasi cinque con orari ed impegni indirizzati al primo pomeriggio del venerdì,i signori delle burocrazie del dovere degli altri si riunivano al Black Friday da museo delle cere,grazie al permesso concordato precedentemente dai colletti bianchi anch’essi in doppie funzioni nello stesso sistema di sistemi allargato.
La confraternita così riunita presente nel piccolo atrio di un palazzo storico appartenente al demanio pubblico ma adibito ad altri utilizzi in ambito privato,si prendeva il tempo per così dire liberato dalle possanze eroiche delle mansioni già scritte nei testi aramaici ritagliandosi il personale record delle recensioni nel giocare a dama,allestendo per lo scopo ludico nel grande tavolo della sala posto proprio vicino alle grandi finestre oscurate da finissime tende di tessuti pregiati,una grande scacchiera in legno che riempiva una buona fetta del lungo tavolo dove di lato veniva posto anche un vassoio con delle bevande per ristorare tutti i giocatori dall’arsura incombente della grande stanza riscaldata come una sauna.
Quanto abbiano visto passare nell’alzata centrale di una stanza adibita a vetrina quegli occhi rivolti a rendicontare spezzoni di bilanci stratosferici senza alcun riferimento conseguente al mancato rispetto delle risorse umane,in quanto proiettate esclusivamente al guadagno lo spiega esaustivamente il silenzioso distacco in cui gli istrionici finanzieri nel capitolo selezionato: la parte di sicurezza nei luoghi di interesse all’evoluzione umana, mettevano tra le spiate di corte i quali con tecnologie raffinate in modalità edonistica ma nello stesso tempo orgogliosamente consapevoli di voler sadicamente spezzare le storie delle persone mai conosciute per davvero tra l’altro,in quanto la perversione bendata programmata sembrava che nel tabellone aziendale suscitasse lo stupore del proprio ego lasciato libero dalle tacite regole della convivenza insieme ad una stola di borghesia traghettata dalla vecchia e scombinata generazione dei professionisti del secolo d’oro vissuto per troppi atti ripetuti nella stagione come prima prova dell’opera.
Protagonisti di un melodramma sfigurato di tanta ottocentesca villania incastonata in perfette realtà per così dire moderne,dove alla nota di contemporaneità mancante alla battuta del piccolo schermo risultava assente non solo la testimonianza attendibile ma persino la controfigura a portare le staffe su una qualsiasi minuetto del balletto del Bolscioi
Vicissitudini dettate al vento del malcostume, circondanti da angosciosi tabù mai superati,i signori di fatto perbenisti e in pratica libertini alquanto ridicoli nello stato di grazia consumato nello spazio comune allo sbaraglio,per nulla schifati di maneggiare le vite di pover cristi cresciuti e radicati nei valori,ma considerati meri individui pescati per sbaglio nel paludoso pozzo,intercettati con pervicacia ottica della mercificazione.
La mole di trovatori a padroneggiare con impeto ogniqualvolta si puo’ intuire un’informazione per raggirare la macchina amministrativa ai propri tornaconti,anche se questo modo impediva ed impedisce in ogni epoca considerata evoluzionistica a procedere con garbo alla tavolozza del grande telero da presentare al mondo.

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