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    L'UOMO DELLA NEBBIA (da "Racconti dell'Oltre)

    Ferrara è notoriamente una città umida e nebbiosa. L’uomo della nebbia la scelse per questo.Avrebbe potuto aggirarsi indisturbato per le vie caratteristiche senza essere notato da nessuno.Avrebbe potuto scegliere le sue vittime senza provocare panico, senza che la gente sospettassenulla. Si era risvegliato dal suo lungo sonno con una grande fame. Aveva guardato la mappa e fra letante città ne... Altro...

    Ferrara è notoriamente una città umida e nebbiosa. L’uomo della nebbia la scelse per questo.

    Avrebbe potuto aggirarsi indisturbato per le vie caratteristiche senza essere notato da nessuno.

    Avrebbe potuto scegliere le sue vittime senza provocare panico, senza che la gente sospettasse

    nulla. Si era risvegliato dal suo lungo sonno con una grande fame. Aveva guardato la mappa e fra le

    tante città nebbiose aveva scelto. E in un tempo brevissimo era arrivato lì. Ed ora camminava

    lentamente per le stradine strette e meno frequentate. I suoi passi erano pesanti. Era debole e stanco.

    Il viaggio lo aveva debilitato molto. Il suo appetito aumentava a dismisura. Era il momento. Ora

    avrebbe scelto la sua vittima. Maria uscì dal suo piccolo negozio di articoli per sartoria. Lo aveva

    ereditato dalla madre e con orgoglio continuava a gestirlo con professionalità e amore. Chiuse a

    chiave la piccola porta che non aveva mai voluto cambiare. A lei piaceva così. Rabbrividì. Ormai

    cominciava a far freddo. “Brr, novembre, sei il più brutto mese dell’anno” disse fra sé e sé. Si

    incamminò in mezzo alla nebbia. La visibilità era scarsa, era buio, e i lampioni, ormai vecchi come

    la città, male illuminavano la strada acciottolata. Era ansiosa di arrivare a casa, quella sera non si

    sentiva per nulla tranquilla anche se non ne sapeva il motivo. Il suo appartamento fortunatamente

    era poco distante dal suo piccolo negozio. Mentre camminava, continuava a guardarsi intorno con

    circospezione. Si sentiva osservata, ma pur girandosi in continuazione, non vedeva nessuno che la

    potesse seguire. L’uomo della nebbia, osservò quel viso dolce e buono che ispirava fiducia. Era una

    vittima ideale per il suo pasto. Gli avrebbe dato nutrimento per altri cent'anni. La bontà d’animo che

    albergava in quella ragazza avrebbe soddisfatto il suo appetito, lo avrebbe sicuramente deliziato,

    dandogli quel benessere che lo avrebbe calmato per lungo tempo. Camminava dietro di lei con

    fatica. Si stava indebolendo troppo, doveva assolutamente passare all’azione. Lei era bella, buona e

    appetitosa. Non sarebbe stato per niente facile convincerla a darsi a lui, in modo che da poter

    assorbire la sua energia per sfamarsi e poter tornare a dormire per altri cento anni satollo e

    soddisfatto. Maria infilò la chiave nella serratura troppo velocemente. Tremava per il freddo e le

    chiavi le scivolarono di mano e caddero a terra. «Tenga, signorina… le sue chiavi.» Maria trasalì

    spaventata, si girò e, quando guardò quell’uomo negli occhi, ebbe un tuffo al cuore. Erano come di

    ghiaccio, penetranti e di un azzurro così intenso che faceva quasi male. «Grazie. Mi scusi se mi

    sono spaventata, ma non l’avevo proprio sentita arrivare.» Le morì la voce in gola. Lui era bello da

    togliere il fiato. «Mi perdoni la prego.» E, molto cautamente, le prese la mano e la sfiorò con un

    finto bacio, come un antico cavaliere. L’uomo della nebbia ormai era sicuro di essere entrato nella

    sua mente e nella sua anima e già pregustava il suo pasto. Senza dire altre parole lei, come in una

    sorta di trance, aprì e lo fece entrare. Lui chiuse la porta dietro di sé. Ora sarebbe stata sua. Lei restò

    in piedi a guardarlo. Non riusciva a muoversi. Era rapita dai suoi occhi, così belli e terribilmente

    spaventosi. «Maria, ora ti darai a me per saziarmi?» Lei non parlò. Per tutta risposta, allungò il viso

    verso di lui, ma subito si ritrasse. Lo fece d'istinto appena vide il quadro dietro le spalle dell’uomo

    della nebbia. Le era stato lasciato dalla madre, che prima di morire le disse di conservarlo e che al

    momento giusto, sarebbe stato la sua salvezza. La madre le disse anche che sperava che non le

    sarebbe mai servito. Maria le avrebbe voluto chiedere il significato delle sue parole, ma non ne

    aveva avuto il tempo, perché la donna era spirata subito dopo aver detto quelle cose strane. « Non

    ora, non è il momento» disse Maria con un filo di voce, sforzandosi disperatamente di distogliere gli

    occhi da quello sguardo così penetrante. L’uomo della nebbia la guardò stranito. Non si aspettava

    quella reazione, ormai era sicuro di averla in pugno. «Fra un momento» disse lei e non senza fatica

    si allontanò da lui, si avvicinò al quadro con un minimo di naturalezza, lo staccò dal muro, lo girò e

    dietro vi trovò un coltello stranissimo. Dentellato ma a forma di mezza luna. In quel momento capì

    cosa doveva fare. Gli si avventò contro talmente in fretta che l’uomo non ebbe nemmeno il tempo di

    muoversi. Gli piantò il coltello in fronte, ma non sgorgò sangue, solo nebbia. Lui cadde, lei gli saltò

    sopra e gli diede un lungo bacio, prosciugandolo completamente. Maria, avvolta dalla nebbia si

    sentì sazia e carica di energia. Si asciugò la bocca e sorrise. Ora poteva riposare. Per altri cento

    anni.

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    BAIGNÉ PAR LA LUMIÈRE

    Andavamo, ebbre lanterne,per mostre d'artein cerca di ludiche anticaglie,propaggini frugali,a guardare, tèndini,la piega fatalista,la miccia di frumento,la luce mutevole del pettine rado,l'assedio dell'onda di fango.Non si ravvede il canto ribelle- corde pulsum tangite -la foto strappata di un volto,il lembo dell'occhio neroa destra della luna,di lampade ad olionella foschia di pece,un canto di n... Altro...

    Andavamo, ebbre lanterne,

    per mostre d'arte

    in cerca di ludiche anticaglie,

    propaggini frugali,

    a guardare, tèndini,

    la piega fatalista,

    la miccia di frumento,

    la luce mutevole del pettine rado,

    l'assedio dell'onda di fango.

    Non si ravvede il canto ribelle

    - corde pulsum tangite -

    la foto strappata di un volto,

    il lembo dell'occhio nero

    a destra della luna,

    di lampade ad olio

    nella foschia di pece,

    un canto di nebbia

    di algide presenze

    in abito da sera.

    Moire gravitano

    sulla lama del foglio,

    in un'aria di fosforo

    limano il filo di lana

    sulla rotaia punta,

    sul contorno

    di balze sforbiciate

    di fossili alpestri,

    fintantocché non giunga

    in limine il polso flesso.

    Fa' che sia importante

    il fondo di ogni verso,

    ricopia ogni parola

    sulla campata sdrucciola,

    ricopri la parola da ogni lato,

    non perderla fra brogli d'orzo

    e zampe di cristelle.

    Il lupo fissa di lontano

    il paesaggio innevato

    e, solitario, si perde nel corrusco,

    dove il poeta rude

    zufola del croco

    e di nocciòli nivei,

    e l'orologio molle

    mostra l'ora inerme

    sulla costa di tormalina.

    Thea Matera ©️

    (Dal libro:" CARTEGGI PERPENDICOLARI " -   Amazon.it, Copyright 2022©️)

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