La cosa che amo più al mondo è conservare i biglietti del treno, del mio treno.
Il treno delle 6.58 del mattino a cui non importa nulla delle condizioni metereologiche avverse, delle incazzature sul far del mattino o di quella coppia di anziani con la valigia in mano pronti per partire.
“Chissà dove andranno” mi chiedo, ma poi eccolo lì, il mio treno, che non mi lascia neanche il tempo per poter pensare.
“Biglietto, grazie” solita frase, solita mattinata.
Alcune volte dimentico di scrivere il nome, altre la data.
“Che giorno è oggi?”.
Me lo chiedo spesso e non so rispondere.
Mi siedo nel lato destro del finestrino ed inizio a leggere una vecchia raccolta di poesie di Pasolini.
La coppia di anziani è seduta alla mia sinistra: loro guardano fuori.
“Chissà a cosa penseranno” dico e torno a perdermi tra le pagine del mio libro.
Il treno si ferma ad ogni stazione: qualcuno sale, qualcun altro scende.
Io attendo il mio turno.
“È libero questo posto?”.
“Sì” dico.
Sono le 8.10 del mattino e devo scendere.
Percorro il mio solito tratto di strada, da sola.
Sul lato opposto del marciapiede c’erano la coppia di anziani con la valigia in mano.
L’uomo e la donna mi guardano e sorridono.
“Chissà dove andranno” mi chiedo.
Continuo a camminare.
La cosa che amo più al mondo è conservare i biglietti del treno, del mio treno che ogni giorno mi raccontano una storia diversa.