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funerei mnestici

Ci mettemmo in cammino da sole che era buio, faceva freddo e forse c’era la nebbia, la luce giallastra dei lampioni illuminava a malapena la strada e il rumore dei nostri passi sul selciato riempiva l’aria di quelle strade  deserte e solitarie- Avevamo il passo spedito, lei camminava più avanti di me muovendo il bacino e  le braccia, io come sempre le arrancavo dietro. Arrivammo davanti la grande casa che si ergeva sulla collina, il vialetto alberato e il cancello con la scritta attenti al cane- ma io sapevo che non c’era da avere paura perché il cane era morto,  forse  anche il suo padrone era morto, forse erano morti tutti e io e mia madre eravamo le uniche sopravvissute. Si dice che in caso di attacco nucleare sopravvivano solo gli scarafaggi. Forse ci eravamo metamorfosate in scarafaggio. Dove stavamo correndo da sole nel cuore della notte? Come in un sogno che la mattina si fa fatica a rimettere insieme nei vari pezzi, e di tutto ciò che ci ha tenuti svegli  resta solo una vaga sensazione, un sapore dolce-amaro di perdita, così non riesco a ricordare la scena precedente, forse non sono io quella che corre nel buio della notte.. Forse io non sono io, forse è un sogno dimenticato e troppo spesso raccontato,  forse non è  nemmeno  un sogno, ma è l’inizio di un racconto che potrebbe ancora svilupparsi in un trama, forse … oltrepassammo le casupole popolari che si estendevano sul versante opposto della collina avvertendo una tensione sempre più profonda,  come una scossa tellurica intermittente, il fiato sempre più corto, il cuore in gola, la testa che girava e soprattutto non sapere dove andare,  l’arrivo lontano come la partenza; stavamo percorrendo la strada che ci avrebbe portate al cimitero, di questo potevo essere abbastanza sicura, ma per quale motivo? qualcosa di grave era accaduto, o forse qualcosa si era fermato per sempre, era rimasto congelato in una  traccia onirica e aveva preso a vivere da solo nella storia di un racconto che ancora non è stato scritto, un paesaggio silenzioso di macerie e  rovine millenarie, ossa bianche sulle quali scrivere il proprio nome per ricordarsi chi siamo stati nel giorno del giudizio- stavamo andando a registrarci per il giorno dell’apocalisse? Era necessario iscriversi nei registri ufficiali della vita per partecipare all’apocalisse?  E se non lo avessimo fatto, ci sarebbe stata negata ogni possibilità di riscatto? Qualcosa era andato distrutto, quel posto esisteva solo nel racconto della nostra fuga iniziata prima dell’inizio di questa storia, sul muretto del cimitero annunciato dalle luci tremolanti dei lumini ci aspettava una civetta dalle piume bianche. Non osavamo rivolgerci parola, niente sembrava capace di fessurare quel silenzio eterno che ci calò addosso come piombo fuso quando arrivammo davanti ai cancelli e li trovammo chiusi. Non pronunciammo parola nemmeno quando vedemmo passare l’unico tram che avesse mai percorso quelle strade. Girò la curva e andò via prima che potessi svegliarmi.

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