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Emanuela StievanoOffline

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  • La casa dei miei sogni

    Mentre tornava a casa, Carla ancora non ci credeva, ma quel piccolo bigliettino scribacchiato in fretta quella mattina, rendeva il tutto perfettamente reale. Finalmente la casa dei suoi sogni era stata messa in vendita e sarebbe potuta diventare sua. Tutto era iniziato un giorno di sei mesi prima. Carla aveva un importante colloquio di lavoro e si sentiva molto agitata. Uscì  di casa con lar... Altro...

    Mentre tornava a casa, Carla ancora non ci credeva, ma quel piccolo bigliettino scribacchiato in fretta quella mattina, rendeva il tutto perfettamente reale. Finalmente la casa dei suoi sogni era stata messa in vendita e sarebbe potuta diventare sua. Tutto era iniziato un giorno di sei mesi prima. Carla aveva un importante colloquio di lavoro e si sentiva molto agitata. Uscì  di casa con largo anticipo. Parcheggiò la macchina e fece una passeggiata a piedi. Ottobre stava regalando ancora delle belle giornate assolate. La zona era signorile, fatta di case singole e piccole palazzine attorniate da giardini e piante ornamentali. Erano tutte molto belle ma gli occhi di Carla si soffermarono su di una in particolare. Era la terzultima casa verso la fine del viale. Sembrava disabitata e trascurata. La casa si reggeva su tre piani l’ultimo dei quali era una grande mansarda. C’era poi un bel giardino dove Carla già immaginava i suoi tre figli giocare. Quel giorno Carla ottenne il lavoro, e quella strada, una volta a lei sconosciuta, divenne un’abitudine, una piacevole abitudine. Aveva instaurato un buon rapporto coi colleghi ma soprattutto, aveva la possibilità ogni giorno, di ammirare quella che era diventata la casa dei suoi sogni. Una sera, a Carla parve di vedere un’ombra uscire da una porta del piano terra, ma era buio e pioveva a dirotto e Carla concluse che molto probabilmente si era sbagliata. Se l’autunno era stato generoso di sole, ad aprile inoltrato faceva ancora freddo e Carla era ancora costretta ad indossare la sua classica divisa invernale: cappotto, guanti, sciarpa, ed un delizioso cappellino blu regalatole a Natale dai suoi figli. Anche quel mattino  era vestita così. Era nervosa e stanca di indossare quegli abiti invernali, ma d’un tratto, notò un cartello affisso proprio dentro la casa dei suoi sogni. Improvvisamente Carla smise di pensare al freddo e a quanto si sentisse impacciata, invece prese velocemente dalla borsa la sua agenda e scrisse il numero di telefono che molto probabilmente apparteneva a qualche agenzia immobiliare. Appena Carla arrivò in ufficio ebbe subito l’impulso di fare quella chiamata ma pensò di rimandare fino al suo rientro a casa. Fortunatamente le ore trascorsero velocemente con mille cose da fare. Quando arrivò il momento di andarsene, Carla si diresse velocemente a casa e prima di farsi sfiorare dai dubbi, prese il telefono e fece il numero. L’appuntamento fu fissato per il pomeriggio del giorno dopo così anche suo marito avrebbe potuto vedere la casa. La mattina successiva passando da lì, Carla si sentì il cuore in gola al solo pensiero  che quel pomeriggio sarebbe finalmente entrata dentro quella casa che amava già tanto.

    L’interno era più o meno come Carla se l’era immaginato solo ancora più bello. Anche il marito all’inizio un po’ restio, rimase favorevolmente colpito, lui amava dipingere e aveva notato un angolino perfetto per il suo hobby. L’agenzia che trattava la vendita aveva fretta di concludere e il prezzo era ragionevole. I due ragazzi che si presentarono assieme all’agente, volevano vendere velocemente. Vivevano all’estero e la loro partenza era imminente. Era chiaro che desiderassero definire il tutto nel più breve tempo possibile. Avevano ereditato la casa del nonno di cui non avevano più notizie da dieci anni. Forse non era morto ma nessuno lo aveva più visto né sentito. Il notaio, al momento dell’atto, dichiarò che tutto era regolare e l’affare fu concluso. Circa un mese dopo iniziarono dei piccoli lavori di manutenzione. A metà luglio tutto era pronto e così Carla e la sua famiglia utilizzarono le vacanze per traslocare. Tutti erano felici, ognuno di loro aveva scoperto qualche angolo particolare dove poter star solo con se stesso. Organizzarono anche una gran festa per inaugurare la  nuova abitazione. Carla lo fece solo come compromesso, in quanto non desiderava avere troppa gente in giro per casa. Voleva assaporare lentamente quel suo sogno che da poco era divenuto realtà.

    I mesi estivi stavano volando via molto velocemente, ormai anche l’esterno della casa era stato ripulito. Dalla strada i passanti potevano ammirare un impeccabile prato inglese, arricchito da due giovani alberi d’ulivo e con l’aggiunta di alcuni vasi dove furono piantati un ibisco, un buganvillee e una passiflora, i fiori che Carla amava di più. Un altro vantaggio, era quello di avere il lavoro a portata di mano, questo significava avere più tempo da poter dedicare alla sua numerosa famiglia. I bambini erano felicissimi della loro nuova casa e suo marito aveva già trovato l’ispirazione giusta per un nuovo quadro. Tutto sembrava perfetto ma un giorno accadde qualcosa di strano. Ottobre era arrivato, ma a differenza dell’anno precedente era molto piovoso. Quel mattino, Carla uscendo di casa notò delle impronte sul vialetto che portava al cancello. Quel giorno decise di non dire niente a nessuno, ma il giorno seguente di buonora scese le scale e andò in cucina, fu molto attenta a non fare rumore, si affacciò alla finestra e… i loro occhi s’incontrarono. Lui fece per scappare ma lei fu più veloce e lo raggiunse. Carla si sentiva molto indignata con quel barbone anche se qualcosa in quegli occhi la colpì. Erano occhi tristi, sofferenti, disperati… Per qualche strana ragione Carla lo fece accomodare dentro casa. Stava per fargli il terzo grado ma lui se ne uscì con una frase che la lasciò sbalordita: “Io conosco molto bene questa casa, tanto bene che potrei elencarle pure i difetti perché l’ho costruita io.”  “Il nonno scomparso!” disse Carla incredula. “Già” E per la prima volta quell’uomo malconcio, sorrise. Notando l’imbarazzo di Carla, si affrettò a dire: “So cosa pensa e  non si deve preoccupare perché la casa è sua. I miei nipoti hanno fatto la cosa giusta. Sono scomparso dalla circolazione dieci anni fa. Non ho una storia triste da raccontarle, mia moglie non è morta, anzi… se la sta spassando col suo nuovo marito chissà dove. Ma vede… sarò un sentimentale ma… senza di lei qua dentro non riuscivo più a stare, così me ne andai all’estero. Dopo qualche anno però, decisi di tornare, solo che, non me la sentivo più di vivere qua dentro. A poco a poco, senza rendermene conto iniziai a vivere per strada. Nessuno mi cercava, ma nemmeno io cercavo loro. Da circa un anno però il desiderio di tornare diventava sempre più forte, cosicché ogni tanto entravo quasi furtivamente e vi passavo le notti, quelle più fredde almeno. Poi di giorno dovevo uscire. Ogni cosa qua dentro parlava di lei e allora scappavo. A volte non lo so, mi sento un vigliacco…” Poi, come ricordandosi di qualcosa di importante disse: “Comunque non si preoccupi, perché io non mi introdurrò più in questa casa che ormai è soltanto sua e di mia moglie ormai non c’è più nemmeno l’ombra.” Carla era senza parole, aveva ascoltato molto attentamente tutto ciò che quello sconosciuto le aveva detto, e lei sempre così scettica e diffidente, sentiva che poteva fidarsi, sapeva che quell’uomo le aveva raccontato la verità. E adesso? Cosa avrebbe potuto dire? Carla si sentiva a disagio, ci fu un momento di silenzio tra i due poi improvvisamente Carla ebbe un’idea così disse: “Venga, faccia colazione con me, abbiamo ancora circa un’ora di tranquillità prima che il resto della mia famiglia si svegli e finisca la pace.” L’uomo un po’ esitante si alzò e la seguì. Mentre Carla porgeva una tazza di caffè fumante al suo ospite e una generosa fetta di torta, disse qualcosa che sorprese lei stessa per prima: “Vede, i genitori di mio marito non ci sono più e i miei abitano molto lontano, perciò i miei tre figli non hanno praticamente nessun nonno con cui giocare…” A questo punto Carla si fermò un attimo ma riprese quasi subito: “Che ne direbbe di fare loro da nonno?” Questa volta fu l’uomo ad essere sorpreso e senza parole. Carla proseguì: “In questo modo continuerebbe a vedere la sua vecchia casa che ama ancora molto, lo capisco, solo che vi entrerebbe da invitato e non furtivamente e di nascosto, e perché no… farebbe le veci di un nonno che non c’è”. Poi Carla continuò un po’ fuori dal suo solito stile timido e riservato: “Suvvia, la vita le sta offrendo ancora qualcosa: la nostra amicizia per esempio, non la butti via, dica di si.” L’uomo le sorrise poi disse: “La ringrazio per la sua gentilezza e le prometto che ci penserò su.” poi aggiunse: “Grazie ancora per l’ottima colazione.” Detto questo se ne andò. Carla era rimasta lì sola nella sua nuova cucina a riflettere su quello strano incontro. Era un po’ delusa, avrebbe voluto che quel signore di cui non ricordava neanche il nome, le dicesse subito di sì. Perché buttare via anche soltanto l’idea di ricominciare? Quel giorno Carla non disse niente a nessuno nemmeno a suo marito, non avrebbe saputo neanche da dove cominciare. Il pomeriggio passò e anche la sera ma lui non si fece vedere e Carla andò a letto scontenta. Il giorno dopo verso le cinque del pomeriggio il campanello di casa suonò e Carla affacciandosi, vide che al cancello c’era un uomo di mezza età ben vestito che appena la vide la salutò cordialmente. Carla stava per dire: “Desidera?” ma la parola le morì in bocca perché improvvisamente lo riconobbe, era lui, il nonno scomparso, solo che adesso sembrava uscito dalle pagine di una rivista di moda. Come aveva potuto trasformarsi così? O meglio, come aveva fatto un uomo così di classe a diventare un barbone quasi inavvicinabile? Carla preferì lasciare per il momento, quelle domande senza una risposta e si precipitò a farlo entrare. “Ho seguito il suo consiglio.” disse l’uomo, poi proseguì: “sono venuto per fare il nonno.” “Ha fatto la scelta giusta” disse Carla, “vedrà non se ne pentirà, venga le faccio strada, i ragazzi sono in salotto.” ma poi Carla ricordò e si corresse subito: “che sbadata, dimenticavo che la casa l’ha costruita lei…” Il ghiaccio non era ancora stato rotto ma… quello era già un buon inizio.

  • Diventare scrittori

    Come nasce l’idea di un libro? Be’… dipende principalmente dal libro. Immagino che chi decide di scrivere un libro di ricette, sia quantomeno un appassionato di cucina. Io scrivo romanzi. Al mio attivo ne ho quattro già usciti ma altri due sono in attesa di spiccare il volo. I miei inizi però partono dai racconti brevi, passione che non ho assolutamente abbandonato. Non c’è dubbio però... Altro...

    Come nasce l’idea di un libro? Be’… dipende principalmente dal libro. Immagino che chi decide di scrivere un libro di ricette, sia quantomeno un appassionato di cucina. Io scrivo romanzi. Al mio attivo ne ho quattro già usciti ma altri due sono in attesa di spiccare il volo. I miei inizi però partono dai racconti brevi, passione che non ho assolutamente abbandonato. Non c’è dubbio però che i romanzi impegnino di più. Inoltre io non riesco a seguire un filone prestabilito. Ogni mia storia è diversa dalle altre. Ma andiamo alla domanda iniziale: come nascono le mie storie? O come nasce l’idea che poi scaturisce in una storia vera e propria? Nel mio caso potrei dire con sicurezza che nasce principalmente dalla voglia di raccontare. “Io Volo” il mio primo romanzo, è nato dalla mia voglia di far conoscere il mondo degli aquiloni acrobatici. Molti, dopo averlo letto, credevano fosse un romanzo autobiografico. Poteva ingannare l’ambientazione, visto che siamo tra Mestre e Venezia, la mia zona, ma questa non è la mia storia. Arianna è un’insegnante di scuola elementare con la passione della fotografia. Frequenta il parco di San Giuliano a Mestre, un polmone verde che arriva fino ai piedi della laguna veneziana. Quando si siede per riposare un po’, scorge due aquiloni in volo. Nota che sono manovrati da due ragazzi. Ne rimane così affascinata che ben presto fa amicizia con Elisa e Sergio, i due piloti. Quando torna a casa, è felicissima perché ha ancora tra le mani, la sensazione di aver pilotato un aquilone acrobatico anche se con l’aiuto di Sergio. La storia si inerpica tra vite intrecciate, tra nuove conoscenze e tra una parentela problematica. Ma “Io Volo” è stato principalmente il mio modo di far conoscere il mondo degli aquiloni e soprattutto cosa si prova a pilotare un acrobatico. Avevo voglia di scrivere un romanzo che mettesse in risalto come la passione per una disciplina sportiva come l’aquilonismo acrobatico, aiuti le persone a vivere in un ambiente sano a contatto con la natura imparando a conoscere il vento e ad accettare anche fatiche e frustrazioni oltre che innumerevoli ricompense in termini di sensazioni ed emozioni, come quelle che prova la mia protagonista Arianna, curiosa di scoprire cosa c’è dietro quel volo di aquiloni.

  • Il cielo blu di Tel Aviv

    Diciotto mesi possono essere sufficienti per capovolgere degli equilibri che sembravano stabili. Ne sanno qualcosa le gemelle Helen, Mary ed Elizabeth Green che decidono di trascorrere un anno sabbatico lontano da casa, dividendosi per la prima volta in diciannove anni.Negli ultimi mesi della sua permanenza a Tel Aviv, Elizabeth incontra Ester, tornata lì dopo quindici anni. Ester ha intrapreso q... Altro...

    Diciotto mesi possono essere sufficienti per capovolgere degli equilibri che sembravano stabili. Ne sanno qualcosa le gemelle Helen, Mary ed Elizabeth Green che decidono di trascorrere un anno sabbatico lontano da casa, dividendosi per la prima volta in diciannove anni.

    Negli ultimi mesi della sua permanenza a Tel Aviv, Elizabeth incontra Ester, tornata lì dopo quindici anni. Ester ha intrapreso questo viaggio per provare a riallacciare i rapporti con i suoi genitori nonostante nessuno l’abbia più cercata. E’ stato il suo cuore a chiederglielo e lei non ha più potuto ignorarlo. Questo viaggio, sarà sconvolgente ma anche stimolante. Sarà un cammino a ritroso in un passato difficile da dimenticare ma necessario per guardare con fiducia al presente dove tutti avranno l’opportunità di mettersi a nudo scoprendo, senza paura, le proprie fragilità.

  • Una cena quasi perfetta

    Anna si concesse un momento per sé mentre suo marito faceva gli onori di casa invitando gli ospiti ad entrare.Faceva già buio. Il mare, con le sue acque scure, non era invitante come di giorno. Invece il cielo era tappezzato di brillanti luccichii. Anna aveva aperto leggermente la grande vetrata per ammirare il creato. I suoi occhi si posarono su di una  stella in particolare. le mandò una... Altro...

    Anna si concesse un momento per sé mentre suo marito faceva gli onori di casa invitando gli ospiti ad entrare.

    Faceva già buio. Il mare, con le sue acque scure, non era invitante come di giorno. Invece il cielo era tappezzato di brillanti luccichii. Anna aveva aperto leggermente la grande vetrata per ammirare il creato. I suoi occhi si posarono su di una  stella in particolare. le mandò una preghiera silenziosa chiedendole di vegliare su quella serata affinché tutto andasse bene. Richiuse la vetrata. D’un tratto quella sensazione di turbamento scomparve. Si ravvivò i capelli. Quella cena sarebbe riuscita bene, anzi… sarebbe stata perfetta.

    Tutto era pronto e predisposto in maniera talmente minuziosa che era impossibile non rimanere incantati davanti a quella tavola così bene apparecchiata; bicchieri, piatti, posate, splendevano, ciascuno al proprio posto.

    “Perfetto” pensò Anna, “sta andando tutto bene.” Il cibo era pronto, la tavola apparecchiata, le luci e le candele erano accese. Anche il caminetto emanava e dava un senso di calore a tutto l’ambiente. Anna era semplicemente euforica. A dire il vero lo era da quando suo marito, le aveva annunciato una splendida notizia: la possibilità di diventare soci di un club super esclusivo dove solo pochi avevano diritto ad entrare. Ormai il marito di Anna era un uomo in carriera ma questo non significava diventare automaticamente soci del club. La data della cena era stata fissata e il presidente e il vice presidente del club assieme alle loro rispettive mogli vi avrebbero partecipato. Da circa un mese non si parlava d’altro. Anna sapeva che per suo marito entrare nel club era un traguardo importante e anche lei ormai ne carezzava l’idea.

    Il menù era stato ideato proprio da lei, studiato attentamente a tavolino. Dopo continui cambiamenti e ripensamenti, alla fine, tutto era stato deciso. Doveva essere una cena importante ma non sofisticata. Anna aveva scelto dei gnocchetti con un delicato sughetto al pomodoro e basilico, semplici ma ben collaudati. Avrebbero fatto seguito due secondi di carne: fagiano all’arancia; sapendo quanto adorassero la cacciagione i suoi ospiti, e poi una specialità a cui Anna teneva molto: bistecchine alla birra cosparse di senape e miele. Il tutto accompagnato da una serie svariata di contorni di verdure miste, patatine, broccoletti, spinaci. E per finire, una splendida torta alla panna con scaglie di cioccolato che Anna aveva ordinato in pasticceria. Aveva deciso di non rischiare una magra figura visto che i dolci non le venivano mai bene.

     Il marito di Anna stava intrattenendo amabilmente i suoi ospiti e Anna si sarebbe unita a loro, subito dopo aver dato le ultime istruzioni alla cameriera chiamata per l’occasione. Fece un lungo respiro e andò ad unirsi al marito per fare gli onori di casa.

    Bere un aperitivo prima di un pasto, non le era mai piaciuto, lo trovava superfluo ma questa volta doveva ammettere che la stava aiutando molto. Qualche sorso di quell’intruglio, e già si sentiva un’altra, più rilassata e decisamente più fiduciosa.

    Finalmente tutti si sedettero. I piatti degli antipasti e i bicchieri dell’aperitivo erano stati tolti, adesso la cena cominciava sul serio!

    I gnocchetti fumanti arrivarono quasi subito, erano molto invitanti e Anna s’accorse di essere affamata. Il brusio che s’era formato nella stanza da quando tutti gli ospiti avevano preso posto, cessò tutto ad un tratto. Il silenzio fu assoluto. Qualcosa era successo. Come mai nessuno iniziava a mangiare? Improvvisamente Anna vide con orrore che nessuno, nemmeno lei poteva mangiare. Tutti erano lì pronti con la forchetta in mano, ma nessuno riusciva a staccare quei gnocchetti dal piatto, era come se fossero incollati al piatto stesso. L’incredulità insieme alla vergogna, erano scolpiti sul volto di Anna. Dopo un lungo silenzio qualcuno cominciò a borbottare qualcosa. Il marito di Anna scuro in viso si alzò e lui stesso provvide a portar via i piatti senza dire una parola. Le portate a base di carne furono prontamente servite ma stavolta le cose andarono anche peggio. Il gusto semplicemente sublime di quella carne rimarrà sempre un mistero per tutti i presenti. Quel taglio che Anna aveva scelto proprio per la sua estrema tenerezza, non si poteva o forse non si voleva tagliare. In quanto al fagiano… sarebbe troppo triste da raccontare. Le verdure erano sul tavolo in bella vista ma nessuno osava toccarle. Un disastro, un disastro assoluto e irrimediabile e il tutto sembrava non aver nessuna logica spiegazione. Ormai di entrare nel club non se ne parlava proprio. Sarebbero piuttosto, diventati lo zimbello della città. Suo marito degradato ad un livello inferiore invece di continuare a far carriera. In quanto a lei, avrebbe semplicemente voluto disintegrarsi. Ad un tratto, accadde quello che nessuno avrebbe immaginato: qualcuno esplose in una fragorosa grassa risata, era una risata così spontanea e contagiosa che man mano tutti lo imitarono. Anche il marito di Anna iniziò a ridere forse pensando che quella sarebbe stata la sua ultima risata. Solo Anna non rideva ma con un filo di voce chiese: “Posso servire il dessert?” E poi aggiunse con una voce che quasi non riconobbe come sua: “Non l’ho fatto io” come se quella fosse una assoluta garanzia.

    Colui che aveva iniziato a ridere ormai con le lacrime agli occhi disse: “Ho mangiato tanto ma ho lasciato un buchino giusto per il dessert.” intanto continuava a ridere a crepapelle. Il dolce fu servito, ognuno ebbe la sua porzione offerta in un grazioso piattino di fine ceramica inglese che s’accoppiava perfettamente con la magnifica tovaglia che Anna aveva scelto per l’occasione, anche le forchette per il dessert erano pregiate, facevano parte del servizio che era stato scelto per quella cena, si trattava di puro argento massiccio, un regalo che Anna aveva ereditato dalla nonna materna e a cui teneva tanto. Tutto questo comunque, adesso era passato in secondo piano, anzi, non aveva proprio più nessuna importanza. Ciascun commensale, prese in mano la propria forchetta e, piano piano, quasi come se stesse per toccare un diamante prezioso, affondò i rebbi dentro a quella crema morbida e invitante. Con molta cautela la portò alla bocca. “Ottimo!” Dissero gli ospiti quasi in coro e tutti fecero il bis. La tensione di Anna si era un po’ allentata, ma quando arrivarono i caffè ecco che quello strano fenomeno senza un’apparente e logica spiegazione, successe ancora. Appena quegli ospiti così importanti portarono la propria tazzina alle labbra, rimasero paralizzati ancora una volta dallo stupore, era come se il caffè non volesse uscire dalla tazza e di conseguenza nessuno lo poté bere. Stavolta la disperazione di Anna era totale. Non aveva coraggio a guardare negli occhi quelle persone, né tantomeno suo marito a cui non avrebbe saputo dare una spiegazione plausibile per quel disastro. Tutti si alzarono da tavola quasi all’unisono. Le due signore che accompagnavano i mariti sembravano indecise su come comportarsi. Anna sentiva tutto il loro imbarazzo addosso a sé.

    Quella serata tanto agognata era ormai finita. I suoi ospiti se ne stavano andando, aspettavano solo i propri cappotti. La pesantezza di quel momento, le attanagliava il petto. Improvvisamente, colui che a tavola aveva iniziato a ridere guardò fisso negli occhi il marito di Anna e disse: “La cena è stata un vero disastro e non so se si può trovare una spiegazione a quello che è successo stasera, ma una cosa è certa, il sangue freddo di sua moglie e la sua compostezza meritano un dono…benvenuto nel club amico mio e non dimentichi mai di portare sua moglie con sé.” Dopo questo clamoroso ed inaspettato annuncio tutti si congratularono con loro, erano stati accettati. Nel corridoio di casa sua, Anna si sentì abbracciare da quelle due donne che fino a poco prima non avrebbero osato farlo. Le possenti mani del presidente strinsero le sue dandole un caloroso benvenuto. Ad Anna girava la testa. Non ci poteva credere ma era vero. Era felice…

    In quanto a quel cibo, non ne voleva più sentir parlare. Rimasta sola andò dritta in cucina, voleva assicurarsi che quella roba fosse già nella spazzatura ma la scena che le si presentò davanti non appena aprì la porta, fu a dir poco sconvolgente, la sua cameriera si stava tranquillamente tagliando una fetta di carne “Deliziosa!” disse masticando con gusto. “A proposito” disse ancora, “Quei gnocchetti erano davvero impareggiabili, mi domando come mai nessuno li abbia nemmeno voluti assaggiare!” Anna non rispose, si sentiva esausta. Tra l’altro non aveva spiegazioni per quella strana cena. Ciò che più contava era essere entrati in quel club esclusivo e questo per ora le bastava. La sua amata sedia a dondolo la stava aspettando proprio lì vicino al camino, solo allora avrebbe cominciato a rilassarsi sul serio.

    Sono passati quasi vent’anni da allora e strano ma vero nessuno ha mai più menzionato quell’episodio. Anna, ha continuato ad avere ospiti e a preparare cenette deliziose, tutte perfettamente riuscite. Quella memorabile cena, le è venuta in mente stasera. C’è una coppia che aspira ad entrare nel club e lei e suo marito, sono tra gli invitati. Vedendo questa giovane signora, Anna non può che rivedere se stessa in quella identica situazione. Lo stesso sguardo la stessa tensione provata allora. Poi, quelle parole sussurrate al suo orecchio: “Ho cucinato io. Spero di essere all’altezza…” Anna non le lascia nemmeno finire la frase e con una voce rassicurante le dice: “Non ti preoccupare cara, sarà una cena quasi perfetta. 

                                                                                                                Emanuela Stievano

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