Non avrei mai detto che Maurizio mi avrebbe chiesto di scrivere la prefazione di un suo lavoro letterario. Si, lo so, “lavoro letterario”, riferito a Mauri, può sembrare una definizione pomposa e ridondante, ma, in questo caso, non lo è. Anche perché è un lavoro a quattro mani, come una sonata per pianoforte, al quale ha lavorato Paola Capocelli, sua amica e collega qualche tempo fa in una scuola di Napoli. Perché Paola abbia proposto l’idea di Mauri è un mistero, di cui non voglio conoscere il significato, ovviamente.
In verità io ho collaborato alla stesura di due lavori del mio amico, uno pubblicato con discreto successo, l’altro è ancora nel suo pc (una volta si diceva “nel cassetto”, ma tant’è, come dice il mio amico Salvatore Marco Ruggiero, è il “nuovo linguaggio neo barbarico”). Il primo parla della vicenda relative alla gara per realizzare un monumento che Mauri e altri colleghi hanno costruito a Roma, storia che ha fatto interpretare a me; l’altro è il presunto seguito, perché di questo si tratta, non può che essere il seguito, narra delle vicende di un architetto, che porta, anche qui, il mio nome, perché a Mauri e a me stava bene così. L‘ultimo lavoro di Mauri pubblicato da un editore è l’antologia “I racconti del vetrino”, io non ho partecipato, l’idea è di Salvatore Mazzarella, nostro amico, è buona, racconti veloci, rapidi, intensi, ma non è il mio genere. L’ho letto, ma io amo le storie più lunghe.
Per questo lavoro, però, la cosa ha un altro valore, mi hanno dato la bozza finale di questa antologia, l’ho letta e sono qui. I racconti non sono tutti brevi, come nel vetrino, sono più lunghi, egualmente compiuti e pieni di colpi di scena. Gli autori, come dicevo, sono due, Paola e Mauri e non c’è scritto quali racconti siano opera di una o dell’altro. Io ho capito, credo di aver capito, chi ha scritto cosa, conosco entrambi, Maurizio di più ovvio, ma considerato che Paola mi è stata presentata come poetessa, credo di aver capito chi sia l’autore dei vari racconti.
Senza esagerare col paragone con altre antologie/raccolte di racconti, l’impressione che ho avuto è quella di vedere i due scrittori (per Mauri, attento, è una parola grossa) in riva al mare, di fronte all’alba di un magnifico tramonto, che iniziano a raccontare una delle loro storie. La cosa curiosa è che passa una coppia, ascolta le parole della voce recitante e si ferma incuriosita, poi l’altro continua con una sua novella. Nemmeno la chitarra suonata da Mauri li dissuade. Il gruppo piano piano aumenta di numero e vedo tutti seduti intorno ai due ad ascoltare le storie, fino a quando il fuoco acceso da qualcuno si spenge e tutti se ne vanno e, spettacolo, qualcuno dice “Ciao, a domani”!