Da ragazzo frequentando il catechismo non avevo la contezza di cosa volesse dire possedere una spiritualità. Mi ricordo una volta che la catechista fece cenno ad un concetto dal titolo :il pane è vivo. Subito nella mia mente ed in quella di molti altri miei compagni di catechesi si materializzo’ il cartoon di michette e panini e filoncini che se ne andavano a spasso per fare una gita. E una risata continua e irrefrenabile ci prendeva con buona pace della povera signora che faceva catechesi(ma chi gliel’aveva ordinato poi di dedicarsi alla catechesi, ci sono molti modi di guadagnarsi il paradiso, persino in terra), la quale non sapendo come governarci ci cacciava via. Io e alcuni altri discoli del catechismo passavamo più tempo fuori che dentro le sale del catechismo. Per noi Dio era una cosa seria, molto più seria di panini , taralli e friselle che se ne andavano a spasso ballando il tango. Non lo conoscevamo ma ne avvertivamo la potenza, lo temevamo, subliminalmente immaginavamo che noi saremmo stati puniti. Ma che anche la catechista sarebbe finita all’inferno, colpevole di non averci interessato. Dio l’ho imparato dopo, anni e anni dopo, quel tanto che bastava per rendermi conto che i processi della tua vita sono mossi dalla tua volontà e che Dio se esiste è lontano sideralmente dall’idee che adulti , sacerdoti e operatori religiosi in generale volevano darci di Lui. Uno dei miei compagni di catechesi era omosessuale e lì dentro non facevano altro che parlare di Sodoma e Gomorra e di come se ci fossimo fermati ad osservare la distruzione di quelle che per alcuni sono naturali pulsioni, saremmo stati trasformati in statue di sale. Ma poichè cio’ non avveniva venivamo incentivati maggiormente all’idea che la faccenda fosse una bestiale fregatura. Io guardavo le cose da un punto di vista pratico, nonostante le mie letture di storia riguardanti le crociate e le sante inquisizioni. E vedevo che quelli che si battevano il petto a messa la domenica erano quelli maggiormente disposti a dare al prossimo delle sonore fregature. Cercavano di turlupinare e fregare il prossimo dal lunedì al sabato, per poi, di domenica, recitare il mea culpa. Una religione ben comoda, che aveva come contraltare in politica la Democrazia Cristiana. Ognuno ha avuto la propria Unione Sovietica e il suo PCUS. Io ho avuto la Democrazia Cristiana. I preti si facevano le amanti , qualcuno faceva dei figli e le alte gerarchie invocavano il perdono, dicevano che sbagliare era umano. Stavano soltanto precostituendosi alibi per se stessi. Gente in buona fede, nella chiesa, ne ho conosciuta, animati da fede autentica e per qualche tempo li ho invidiati. Io che ero e sono buono solo al pregare Padre Pio quando sono in pericolo. Salvo poi dimenticarmene una volta scampato quel pericolo. Del resto sono pugliese, per me non invocare Padre Pio sarebbe stato come nascere a Livorno e farsi tatuare una svastica sul braccio.
Ma nella mia vita ho sempre avuto un brutto vizio. Un vizio imperdonabile, qualcosa che alla fine ti costringe a vivere ai margini della società e , vuoi o non vuoi, a divenire un essere solitario, per nella socievolezza caratteriale che mi sono sempre ritrovato ad avere. Un vizio che non ti perdona nessuno, principalmente, udite udite, certi insegnanti di Liceo o di Università , per i quali se qualcuno alle proprie dipendenze legge e vieppiù finisce per formulare delle proprie teorie, fuori dalle sedi ufficiali del potere della cultura accademica o francobollata, è un velleitario. Diventi un reietto, uno zimbello, un giullare, qualcuno da ridicolizzare. E naturalmente il greggiume costituito dai montoni paraocchiati , colonnelli e capitani dell’esercito dei”voglio contare” , e dalle bestie da soma abituate a tirare la carretta per mogli e figli e mariti cui interessano le copertine dell’ufficialità e nient’altro, si accodano diventando massa di manovra a difesa dei propri miserabili privilegi di caste inesistenti. Io credo fermamente invece che ciascun individuo dotato di intelligenza, perspicacia, curiosità e coraggio delle proprie idee, valga la pena di essere ascoltato ed è in grado di dire cose, formulare tesi , produrre teorie, infinitamente più innovative e interessanti di qualunque parruccone accademico e televisivo. Dire questo in una società basata sul potere della televisione e del prestigio di casta è in qualche modo rivoluzionario. Quando lo capiremo sarà troppo tardi.
E leggi che ti rileggi, mentre la massa indistinta gioca ai cavalli senza essere Bukowski, scrive libri perchè è carino e simpatico in Tv, o semplicemente va allo stadio a vedere la partita, o la guarda su Sky o va al cinema a sgranocchiare pop corn perdendosi il meglio delle battute dei protagonisti a causa del sottofondo masticatorio, o fa la fila in pizzeria il sabato sera, o va a puttane nella migliore delle ipotesi(che qualcosa potrebbe in quest’ultimo caso imparare), la mente si nutre. Lo devi fare perchè significa respirare dopo che sei stato sott’acqua tutto il giorno e non hai potuto farlo, mentre intorno a te si parla di aria fritta al punto che se ti cade una patata dal piatto si frigge all’istante. Leggere per me è come bere un secchio d’acqua gelida appena attraversato un deserto. E’ come andare a correre per un maratoneta. Attendere la dose quotidiana per un tossicomane.
Così leggendo e leggendo ho incontrato il Buddhismo. Testi classici, Dhammapada, il Sutra del Loto, i discorsi del Buddha. Una filosofia, più che una religione. Una religione infinitamente più tollerante delle altre religioni, Ebraica, Cristiana, Cattolica, Mussulmana, Induista. Una religione fondata da un uomo che , unico al mondo, perlomeno per quello che ci è stato tramandato per iscritto, si pose il problema di combattere il dolore dell’esistenza. Vivere per poi ammalarsi, invecchiare, dopo aver visto i tuoi cari, i tuo amici, morire, cosa ci puo’ essere di più terribile? Essere condannati ad un ciclo di rinascite finchè non si riesce a vivere in modo virtuoso e non ci si estingue nel Nirvana. Che significa mai più rinascere. E di conseguenza mai più dolore. Geniale, come pensiero filosofico. Buddha è indiscutibilmente il principe dei filosofi, per questo ne ho uno tatuato sul deltoide. Qualcuno dice che quando ti tatui qualcosa , quell’insieme di segni prende vita e vive con te. Ora io non sono nè vorrei essere un Buddha. Anche perchè la virtu’ eccessiva mi annoia, e spegne la mia creatività. E resta il fatto che sono un occidentale. Dio o chi per lui, fonte di energia, mi ha creato in questo emisfero. E chi nasce in un emisfero, pur essendo blasfemo e reietto, sul piano culturale, ne fa parte appieno. Ma la filosofia inventata da quest’uomo pacifico, che camminava sull’erba dando l’impressione che godesse di quel semplice gesto, ad ogni passo, che si rese conto che sul piano delle leggi della fisica il male eccessivo arrecato da un uomo ad un altro uomo, per uno scambio osmotico, torna indietro centuplicato contro chi lo compie (la legge del Karma) e che capì che vivere il presente in ogni suo attimo lasciando in un’epochè primordiale intonsa e inesplorata, passato e futuro e , ancora, vivere il presente con attenzione, curando al massimo livello ogni dettaglio, aiuta indiscutibilmente a vivere meglio. Prima e meglio di qualsiasi psicanalisi, di qualsiasi psichiatra o imbonitore occidentale. Gli orientali vanno a chiarire i propri dilemmi dai monaci buddhisti. I quali sono molto più interessati a pacificare la vita di chi soffre che a sfoggiare le proprie abilità miracolistiche. Vivere in modo sostenibile come diceva San Francesco, non abusare delle forze della natura, trattare il pianeta come un organismo vivente. Naturalmente anche fra loro , fra buddhisti, vi sono esegeti e interpreti del pensiero religioso, ma quanta tolleranza vi è in loro! E che pensiero infinitamente rivoluzionario nell’essere compassionevoli! Nell’osservare criminali, carogne e cattivi di turno con la consapevolezza che siano persone che soffrono proprio nel mentre generano sofferenza ad altri. Nessuno aveva osato tanto!
Ma come ho detto sono un occidentale. E devo compiere ancora molta strada prima di trasformare la mia rabbia per le ingiustizie che osservo ogni giorno, in amore, devo reincarnarmi in molte forme di vita ancora prima di calmare i miei bollenti spiriti . Magari reincarnarmi in una iena o in uno scarabeo stercoraro, prima di giungere ad una vita perfetta ed estinguermi nel nulla, nell’a-sofferenza. Mi accontenterei di tendere ad una vità che volge verso la virtu’. Ma senza fretta. Perchè una delle lezioni che ho appreso dalla vita è che devi attraversare l’inferno , conoscerlo e infine annoiarlo. Si spegne da solo. Come un caro amico d’infanzia che muore d’infarto perchè tu sei stato resistente a tutti i suoi pugni.