Il fotografo deve esercitare la virtù della pazienza in modo eroico; poi deve avere la capacità di guardare i dettagli più piccoli della composizione, mai superflui anche se apparentemente secondari, e deve infine muoversi nel misterioso campo della memoria (è vero che ciò che è stato fotografato esiste realmente in quel pezzo di carta ma è anche vero che, proprio nel momento in cui si guarda la fotografia, non c’è più).
Qual è il classico della letteratura necessario alla formazione di ogni fotografo? Quale libro mette a dura prova la pazienza del lettore? Quale libro è un fiorire continuo di inquadrature piene di particolari, nessuno dei quali casuale o superfluo? Quale libro si muove sollecitato dai ricordi?
Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust.
Proust chiama “intermittenza del cuore” quell’accadimento imprevisto che fa scattare involontariamente i ricordi: un odore, un sapore, il rumore di un cucchiaio contro un piatto, la ruvidezza di un tovagliolo inamidato, il dislivello in un gradino avvertito dal piede…
Che cosa è questa intermittenza del cuore se non il punctum che Barthes riscontra in alcune fotografie?
Anche se il rapporto tra Proust e la fotografia resta ambiguo, il mondo dei fotografi si divide in due: quelli che hanno già letto e quelli che ancora non hanno letto La ricerca. Questi ultimi hanno molta strada da fare.