È la continua sensazione nel lento incedere della mia vita, mentre il dolore diventa anestetico la mente è assente e continuo a camminare, questo è quello che ho fatto e che a volte continuo a fare; spesso inciampo e cado, ho imparato a rialzarmi sempre con più fatica, con lo sguardo perso nel vuoto cercando un punto fermo, perché, dopotutto la mia mente è stanca e bisognosa di un’oasi dove riposare.
Mentre di scarlatto si colora il suolo, ho memoria di niente e di tutto, frammenti di vita distorti dall’ingenuità del mio animo, ma tutto ciò che ricordo e che associo alla verità conosciuta, mi rendo conto che non esiste.
Normalmente siamo curiosi, spinti dalla voglia di conoscere e di sapere, creature ansiose di imparare, propositive spesso spinte dal desiderio dei nostri cari, di scoprire attraverso noi quello che è un mondo nuovo, e per sapere se c’è qualcosa che loro ancora non sanno, noi veniamo al mondo spesso per cercare di arrivare laddove i nostri genitori non potranno giungere; siamo la loro immortalità. Attraverso noi figli devoti imparano, crescono, il loro è il fiorire di un desiderio di amore, di protezione e di curiosità per noi e per se stessi al contempo; ciò li spinge a guidarci verso l’ignoto e, poi, a lasciarci in esso, la fame di conoscenza può fornirci un primo strato di fondamenta preziose, per il futuro che attende solo di essere scoperto in questo modo riceviamo anche i nostri mattoncini colorati, e uno dietro l’altro, cerchiamo di costruire il nostro sentiero, possiamo costruirlo più o meno dritto, con colori diversi o a tinta unita, durante il processo è anche possibile che un mattone si scheggi se non stiamo attenti.
Io ricordo solo il rumore dei miei pensieri, la solitudine tra le mura di casa, in presenza di amici, tra la gente, a tavola, in famiglia, l’eco dei vostri no, il rumore dei vetri rotti, il suono sordo dei pugni, i lividi sulla mia pelle che tu mi hai detto essere immaginari, non ho avuto confronto o riscontro, sempre torto, sempre sottomessa, sotto minaccia, sotto ricatto mi avete di fatto della mia vita privato. Non ho mai avuto il mio mattone colorato, non potevo, io non ero niente, rimanere in silenzio era il mio compito, con il conforto dei miei pensieri con cui ogni tanto parlavo, per non sentirmi sola.
È sempre così che mi sono sentita, le mie parole così come i miei pensieri, non contavano niente. Smarrita, sbagliata, ignorata, senza una volontà che non fosse la vostra, sono cresciuta sapendo di non valere niente; cosa che mi veniva ricordata ogni giorno. Cresciuta senza alcun sostegno, mi perdevo nelle vite degli altri con i loro mattoncini in mano, nelle mie solo dubbi, incertezze e domande senza risposta. Ho imparato che non valgo niente, e, che i miei pensieri così come i miei desideri, sono nullità; ma non odio la mia famiglia, bensì ho appreso come disprezzare me stessa e ad accettare quei vetri rotti, rendendoli più preziosi dei mattoni perché sono solo miei e sono così belli stretti tra le mie mani. Li lascio cadere al suolo buio e senza luce, tolgo anche le scarpe così scomode che i piedi fanno male, e inizio a camminare scalza su quel tappeto che sembra fatto di stelle.