in

Il precipizio

Diruto lo sguardo

Diruto il mio corpo

da te devastato, soldato,

nella guerra clandestina

del tuo insano delirio.

Spada in petto

l’enigma del tuo desiderio

inerme tra i vestiti strappati

e il peso di te, del tuo sudore

qui dove l’imperfetto

cade come lacrime.

Diruto il precipizio del tempo in me

inquiete armeggiano le tue mani,

macigni di colpa,

nel mio trasalire.

Non sai il mio nome, soldato,

mentre afferri le cosce

nel greto del tuo piacere,

sono morta oggi

in questa nudità stuprata

dal sonaglio di un ghigno

senza intesa.

Per sempre sulle labbra invase

il ludibrio della mia sorte

sotto una luna urlante.

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