Una serata strana, triste, finisco di lavorare e vado al mio solito posto, in un pub un po’ isolato, ma molto frequentato.
Joe non può parlare, sta lavorando, corre a destra e a sinistra per il bancone, dà ordini alle cameriere e fa tutto quello che deve fare chi sta dall’altra parte della banconata.
È alto e porta male i suoi anni: stempiatura, capelli lunghi, maglietta nera, grembiule nero e jeans. Sembra una brava persona, ma non finisce di ispirare fiducia, d’altra parte conosce tutti i suoi clienti, ma è lì solo per denaro.
I miei amici non ci sono, prendo posto al bancone “Ciao Joe, mi fai una doppio malto?”
“Arriva” mi risponde.
C’è molto rumore, tante parole assieme, non si riesce a distinguere niente se non ci si concentra su qualcosa e tutte quelle voci sovrapposte sembrano sbattere sulle orecchie e non riuscire a fare passare le parole ma solo la confusione che da esse deriva.
Mi guardo intorno e bevo la mia birra.
Se fossi al bancone da solo guardandomi intorno sembrerei uno sfigato, ma con la birra è un po’ differente, bisogna mettere in atto un’ azione autoriferita, identificare uno scopo. Non si può stare seduti o appoggiati ad un banco senza far nulla, bisogna fare qualcosa e che sia socialmente accettabile e qualificante, se no si va a casa.
Ecco: entra uno dei tipi da bar più caratteristici, il boomer alfa.
È alto, piuttosto in forma, i suoi capelli tendono al grigio, ha la faccia di chi ha provato tutte le droghe senza mai finirci sotto completamente.
guarda le cameriere in modo così “sporco” che Joe non lo farebbe bere, vorrebbe solo farlo pagare e buttarlo fuori. Ma no, lui starà lì berrà e berrà tanto, è un boomer, ma pur sempre un alfa.
La cosa che caratterizza questo figlio di puttana è la voce, rauca, di gola, è cresciuto con Vasco Rossi e Ligabue, questo fenomeno.
Ma non sono solo i gusti musicali: Il tono è sempre più alto del dovuto e le sue frasi quando non stanno insegnando qualcosa a qualcuno stanno facendo una velata allusione sessuale, se parla con delle donne ed esplicita se parla con degli uomini.
Lui non è lì per tutte le donne, ma solo per le cameriere, le uniche che non possono mandarlo a cagare.
“Joe, un’altra doppio malto per favore”
“Di te, lo sai che la doppio malto non esiste”. Il boomer si rivolge a me “infatti io stasera non bevo” gli rispondo.
Detto ciò maneggio il cellulare e comincio a guardare cose a caso nel tentativo di scappare figurativamente il più lontano possibile da quella crisi di mezza età ambulante che mi ha appena rivolto la parola.
Il boomer mi manda al diavolo e si gira verso il bancone, dice a Joe che i giovani d’oggi non sanno neanche che cazzo bevono. Pericolo scampato
Arriva la mia birra, due secondi senza di lei e stavo per ritrovarmi in una conversazione più che sgradevole e fin troppo qualificante.
Due tavoli accanto al mio, eccola là la Bomberita, non è giovane, ma neanche vecchia, avrà appena fatto i quaranta.
Al suo tavolo ci sono sia uomini che donne e lei deve dimostrare di poter essere la più volgare di tutti. “Culo, tette ,figa, merda, scopare” oltra a varie allusioni sono le parole più utilizzate da questo “pezzo di nostalgia degli 90”.
È cresciuta quando gli alfa boomer erano solo alfa e lei voleva essere proprio come loro. Non è molto in forma, questo le dà qualche problema, sta parlando di quella volta in cui un uomo si è permesso di dire che gli piacciono le donne magre e allora lei lo ha rimesso al suo posto dicendo:”una come me inizi a toccarla a Natale e finisci all’Epifania”.
Da notare la struttura della comunicazione, voleva parlare di come lei si ritenesse attraente nonostante il sovrappeso, sul concetto generale nessuno a nulla da dire ma sul caso specifico non è detto, quindi cosa fa? Si insulta da sola, in modo da finire automaticamente dalla parte della ragione e poi con una frase ad effetto uccide il suo ipotetico interlocutore: sipario e applausi, grazie.
Beh non è che sia fastidiosa, tutto sommato sta al suo posto, solo…Dispiace per lei.
Ma io intanto sono quasi a metà della seconda birretta, la vescica comincia a reclamare un time-out e anche se odio lasciare le cose a metà, gesticolando faccio capire a Joe che sarei andato in bagno e avrei lasciato lì la birra a tenermi il posto.
Entro, c’è una ragazza sulla porta, meno di trent’anni, bassa e carina, camicia e short.
-Sei in fila?- le chiedo
-No sto tenendo la porta al mio ragazzo, è rotta, non si chiude.
Sento il rumore dello sciacquone, lui esce, e di lui riesco a notare solo gli occhi chiari, una collana che io non avrei messo e i capelli talmente unti da potercisi specchiare.
Facciamo un sorrisetto, come cenno di saluto e prendo il suo posto.
Non è sporco come dovrebbe essere, il che fa del locale un pub di alta qualità dove si possono portare anche signore.
Sento la porta dell’antibagno aprirsi, la barriera che mi separa dal mio successore non si chiude più, rimane aperta di una spanna , mi giro un po’ di lato, per non dare spettacolo, lui fa per entrare, mette dentro il viso e io lo avverto “occupato”.
Finisco di dare il sollievo dovuto alla mia vescica, mi lavo le mani ed esco dicendo al ragazzo che aspetta “è rotta, non si chiude più”.
Torno al tavolo, riafferro la mia birra e chiedo a Joe di cominciare a prepararmene un’altra.
Guardo la porta, finalmente arrivano anche loro. Coppia di piccoli imprenditori, capaci di fare gli sbruffoni solo nei posti di nicchia della loro piccola città. Lui è alto, più di me, capelli brizzolati, ma tinti, baffetti da Zorro, vestiti che sarebbero eleganti nella forma ma la sostanza urla “uso vestiti formali con colori sgargianti e probabilmente non mi funziona il cazzo”.
Lei sembra una bambola, non nel senso che è bella, ma una di quelle bambole senza una storia precisa che si trovano nei discount e nei negozi dei cinesi: capelli ricci,disturbi alimentari e voce un po’ aspirata che arriva da dietro al naso a indicare una timidezza quasi sconfitta.
Joe non riesce a visualizzarli, guardandoli non vede due volti ma solo due salvadanai a forma di porcellino con una crepa su tutta la schiena.
A me personalmente fanno schifo, hanno l’aria di non saper fare niente se non i venditori di fumo e i figli di puttana.
Faccio in modo di non farmi notare e smetto di osservarli, non ho voglia di vedere i sorrisi paraculo di Joe alle loro battute di circostanza, non voglio guardare lui cercare di apprezzare il vino più costoso che trova non riuscendo a distinguerlo da un vino in cartone e non mi va di vedere lei che chiede a Joe uno di quei cocktail con il nome strano che lui ha messo solo per allungare la lista, sapendo che poi da bravo barman le farà qualcosa a caso e di colore rosa ed io penserò “butta giù e taci, così impari ad essere una testa di cazzo”.
Alle mie spalle c’è il playboy, fisico da atleta, camicia estiva e allegra e ragazza timida e sorridente ad ascoltare le sue storie. Sono quasi tutte inventate, ma sono stupende, fanno tutte e ridere e poi sono tante, troppe per dubitare di tutte. Vorrebbe dire andarsene e dargli del bugiardo, ma lui è simpatico e divertente e si fa ascoltare.
Seduta all’altro tavolo invece c’è la playgirl, davanti a lei un uomo più grande, che fa lo spaccone per fare colpo, ma ha la bocca asciutta e le mani bagnate e lei lo sa e la diverte. È brava a rimarcare il suo nervosismo quando lui si sente sicuro o a farlo parlare di argomenti maliziosi quando lui cerca di evitarlo.
Tutti conoscono solo il suo soprannome ‘Minnie” e il suo vestito nero, elegante e provocante nel contempo, tutti sanno chi è ma nessuno le ha mai parlato, neanche Joe.
La mia terza birra scorre come una cascata, la lucidità comincia a lasciare il posto ad una godevole ebrezza e il mio sguardo si ferma su due tavoli appena entrati, per arrivare fino a qui non hanno fatto la stessa strada, si vede.
Al tavolo più vicino alla porta c’è un gruppo di ragazzi un po’ underground, vestiti scuri, capelli lunghi, magliette di gruppi musicali, scommetterei che erano a fare giochi di ruolo, oppure hanno appena fatto le prove per il loro gruppo. Ma certo, sono una cover band, quasi sicuro, rock anni 70 ma anche qualcosa degli anni 60 e 80 .
Loro suonano e si sentono fighi in sala prove, quasi di sicuro, ma credo che il mondo li ignori e continuerà a farlo, credo di essermi sentito anch’io come loro.
Di là, all’altro tavolo chi abbiamo?
Sempre molto giovani, tutti in camicia, tranne uno in canottiera, i due migliori hanno anche gli occhiali da sole. Non stanno andando a casa, fanno una tappa qui, arrivano dal centro e poi vanno in discoteca. Ci scommetto. Prendono un paio di pastiglie, a parte quello che deve guidare perché ne ha paura e pensano di fare la vita da influencer mentre traggano il locale nella storia su Instagram. Fighetti
Facciano tutti quello che vogliono, alla fine è solo un gioco, un gioco che per me stasera finisce è l’una e mezza, la birra è finita e non posso andare avanti a bere, poi devo guidare.
Mi alzo per andare a pagare ma entra la polizia, Joe serve prima loro, due agenti giovani ovviamente del sud Italia, del nord non credo esistano, se non veneti, neanche nei Simpson.
Uno dei due poliziotti va in bagno, io pago, saluto Joe ed esco.
Sto per salire in macchina, mi chiedo quanto sarebbe a rischio la mia patente se guidassi, quando vedo un poliziotto trascinare fuori dal locale uno dei fighetti e urlargli contro: “Minchia, neanche assicurarsi di non essere visto, come se pippare fosse normale, adesso fai un giro con me in questura”. Il ragazzo prova a giustificarsi:
“La porta è rotta, non si chiude”
Io sorrido e salgo in auto e sparisco.