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    Tossica gente

    Aghi negli occhi Vetri nelle mani Lame sulla lingua Sale sulle mie ferite

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    Oggi ho sbagliato…

    Oggi ho sbagliato...ieri stavo, più o meno, ok o perlomeno in modo accettabile per riuscire a portare avanti la giornata, oggi ho riletto i primi messaggi e mi è tornato il nodo alla gola, tornato per modo di dire, perché sono 5 giorni dove mi manca il respiro...non credevo si potesse vivere in questo modo; tutto questo solo dopo 4 mesi, 4 stupidi mesi, una goccia nella vita di una persona...un... Altro...

    Oggi ho sbagliato...ieri stavo, più o meno, ok o perlomeno in modo accettabile per riuscire a portare avanti la giornata, oggi ho riletto i primi messaggi e mi è tornato il nodo alla gola, tornato per modo di dire, perché sono 5 giorni dove mi manca il respiro...non credevo si potesse vivere in questo modo; tutto questo solo dopo 4 mesi, 4 stupidi mesi, una goccia nella vita di una persona...una goccia rivestita d'oro e decorata di diamanti, splendidi e preziosi diamanti.

    Ci ho messo qualche minuto a scendere, tra gli ultimi strazianti messaggi, fino all'inizio; Ormai leggendoli come se fossi un esterno, mi è venuto subito alla mente che è stato tutto estremamente semplice, non le solite parole e non le solite curiosità, dal primo momento decine e decine di scambi...non solo a senso unico...ti sei aperta verso di me come non mi era mai successo, come se già sapessi che sarebbe stato tutto tempo investito per la costruzione di qualcosa che sarebbe durato e diventato importante...

    io non lo so, devo essere sincero, sembravo prudente, titubante quasi, non mi era mai capitato di voler subito rispondere, mangiavo il tempo e questo mi spaventava...allontanavo il telefono per evitare di restarci attaccato, con il senno di poi me lo sarei incollato alla mano, il tempo che buttavo nell'aspettare di risponderti mi piacerebbe poterlo usare adesso, anche solo qualche minuto di quel prezioso tempo, perché non posso riaverlo? Piuttosto che usarlo ora per piangere... è egoistico ma spero anche lei stia piangendo...non posso aspettarla e non vorrei darle tutta questa importanza, se l'è meritata comunque sia... mi ha dato l'opportunità di farle vedere il vero me, di poterle regalare la sua prima gita a cavallo...

    la mia prima volta a teatro...

    entrare nelle rispettive case...

    ma più importante, nei rispettivi cuori e pensieri quotidiani...

    su questo punto vorrei soffermarmi qualche riga, credimi fa male sentirsi dire "non riesco a vederti nella mia quotidianità", quando alle spalle ci sono mesi di conoscenza; 

    Cos'altro avrò ignorato?

    Quando mi disse "non stavo cercando una relazione" oppure forse "non me la sento di definirmi la tua ragazza...potremmo solamente uscire senza etichette o sicurezze?"...

    Sig. Oscar lei è stato, non solamente ingenuo, ma superficiale e incontrollato, combinazione tra elementi pericolosi e non combacianti...premere reset il prima possibile per evitare surriscaldamento o malfunzioni!!

    Vorrei fosse davvero così semplice, potermi gestire agendo da simil-robot, chiudendo gli occhi, vedere nero e riaprirli nuovamente con leggerezza, che fatico adesso a ritrovare.

    Sono esagerato e sembro povero di prospettive future anche se non è affatto così, ci sono persone che voglio conoscere, amici che voglio vedere e poesie che vorrei scrivere, ermeticamente chiuse e in bilico tra la dolcezza della consapevolezza e l'apprendimento del reale significato di una sola parola..."Amore".

    So di essere un nuovo membro diplomando del corso "ce l'abbiamo fatta" e non l'eco lontano di voci urlanti "i ricordi non feriscono"...certo che feriscono, ma la mia vita sarà sempre e solo un atto di equilibrio...che a meno a che fare con il dolore...e molto più con la bellezza...

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    Due parole soltanto sulla morte…

    C'è una poesia molto breve di Auden, appartenente agli "Shorts", che è davvero significativa e eloquente riguardo alla morte: "Riflesse nello specchio del bancone/ durante l'ora della colazione,/ una fila di facce cittadine,/ mute, di mezza età,  ad aspettare/ una morte che non sia mai la loro". C'è chi legge il giornale nelle grandi città per leggere gli annunci funebri e vedere se è m... Altro...

    C'è una poesia molto breve di Auden, appartenente agli "Shorts", che è davvero significativa e eloquente riguardo alla morte: "Riflesse nello specchio del bancone/ durante l'ora della colazione,/ una fila di facce cittadine,/ mute, di mezza età,  ad aspettare/ una morte che non sia mai la loro". C'è chi legge il giornale nelle grandi città per leggere gli annunci funebri e vedere se è morto qualcuno che conosceva. Nei piccoli paesi e nelle cittadine le persone si limitano a guardare gli annunci affissi sui muri.  In ogni caso le persone aspettano la morte altrui e scongiurano la loro come quella dei loro cari.  In "Malagueña" Garcia Lorca scrive: "La morte entra ed esce dalla taverna". Emily Dickinson in una sua lirica trattava della morte, che era andata malauguratamente nella casa dei vicini. Se ci fermiamo all'apparenza la morte viene a fare visita di tanto in ogni casa, spesso a distanza di anni. Seneca diversamente pensava che noi moriamo un poco ogni giorno. Però la morte resta sottotraccia, il morire si manifesta, quasi si concretizza, solo nell'atto finale o almeno così noi lo percepiamo oppure non vogliamo pensarci.  Succede che la morte tocchi o si posi su una persona e allora questo segni profondamente la vita dei suoi cari. Vivere è aspettare il proprio turno da questo punto di vista, aspettare la propria ora. Se venisse bloccato il processo di invecchiamento, se la medicina sconfiggesse ogni malattia, se fossimo davvero  immortali molto probabilmente non esisterebbero l'etica, la religione, la morale. La morte ci serve anche da monito: non possiamo fare quello che vogliamo perché un giorno renderemo la nostra anima a Dio. Cristianamente il corpo, l'anima, la stessa vita non sono nostri. La fede è la credenza che più di altre può determinare un cambiamento profondo di sé stessi e delle proprie azioni, ammesso e non concesso che ci sia coerenza tra fede e comportamento. Si tratta di salvarsi cristianamente l'anima, presupponendo che questa sia immortale. C'è chi non crede all'immortalità dell'anima, ma a quella del genere umano e allora lascia nel mondo dei figli, che perpetuano il suo DNA e con essa - si spera - la specie umana. C'è chi considera le proprie opere d'ingegno nel mondo delle sue figlie e ripone fiducia nell'immortalità delle sue opere e nell'immortalità dell'umanità (ma siamo sicuri che essa non si autodistruggerà?). Ci sono molte ipotesi, più o meno accreditate a riguardo, e non c'è nessuna certezza. Si può anche legittimamente sospendere ogni giudizio. Le proprie opere d'ingegno sono sempre nulla di fronte alla morte. Per quanto riguarda i traguardi materiali raggiunti, per dirla alla Verga, la roba uno non se la porta nella tomba. C'è chi sostiene che una persona sia viva fino a quando è vivo il suo ricordo. Montale scriveva che forse siamo sempre gli stessi (e quindi forse ci reincarniamo) oppure sempre il poeta ligure in una sua famosissima lirica pensava che "forse siamo già tutti morti senza saperlo". Quello di cui siamo certi è che una delle cose fondamentali che ci distingue dagli animali è proprio il culto dei morti, anche se non dobbiamo essere ipocriti e presenziare a tutti i funerali, ma solo a quelli che ci sentiamo veramente di andare. Andare ai funerali quasi per timbrare il cartellino, come fanno molte "prefiche" postmoderne, è un atto esclusivamente di ipocrisia e convenienza sociale più che di civiltà e vicinanza alla famiglia del/la  defunto/a. Ogni conforto, ogni parola sembra vana di fronte alla morte. Bisogna sempre ponderare e misurare ogni parola sulla morte: mai sproloquiare  perché ogni parola può essere veramente di troppo. Niente sembra avere la meglio sulla chiusura di una bara. Di fronte alla morte, alla sua realtà ci sentiamo tutti impotenti. Travisando Borges, nessuno è qualcuno di fronte alla morte, che è un mistero che ci supera e ci trascende. Di fronte alla morte e a Dio nessuno può dire "lei non sa chi sono io". Di fronte alla morte non conta niente essere stati nel Who is Who. La morte e Dio conoscono benissimo ognuno di noi, la nostra indole e le nostre azioni.  La domanda che un familiare rivolge al caro estinto è "perché mi hai abbandonato?", ma spesso la domanda si estende e diventa "Dio mio perché mi hai abbandonato?", come nel salmo. Ritorneremo a essere polvere.  Mangiamo e da morti saremo mangiati. Ma non può finire tutto così.  Non avrebbe alcun senso. Non può essere tutto qui. Esiste la compresenza tra viventi e morti perché continuamente tocchiamo e siamo toccati dalla polvere. Basta che si alzi il vento in una strada sterrata per avere a che fare fisicamente con i morti. La vita continuamente si rinnova. Fiori sbocciano nei cimiteri; giovani amanti fanno all'amore la notte nei parcheggi dei cimiteri; i  bambini giocano, ignari di tutto, vicini alle tombe. 

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    Sull'esperienza, sulla condivisione, sul dolore, sulla morte

    Premessa:Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata.(Proverbio)Si dice comunemente "provare per credere" e non c'è detto più vero. Un dolore può essere espresso, ma coloro che non lo hanno mai provato possono solo cercare di immaginare,  possono solo cercare di immaginarlo con l'empatia e la conoscenza teorica. Se non si è provato qualcosa si ... Altro...

    Premessa:

    Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata.(Proverbio)

    Si dice comunemente "provare per credere" e non c'è detto più vero. Un dolore può essere espresso, ma coloro che non lo hanno mai provato possono solo cercare di immaginare,  possono solo cercare di immaginarlo con l'empatia e la conoscenza teorica. Se non si è provato qualcosa si crede per sentito dire e talvolta restano in noi dei dubbi e delle perplessità.  Eppure siamo nati per condividere le nostre esperienze, dolorose o piacevoli, senza sapere quale reazione avrà il nostro prossimo. Spesso noi non sappiamo se e cosa gli altri raccoglieranno di ciò che abbiamo seminato. I vecchi e i malati sanno cose che noi non sappiamo perché loro le hanno provate e noi no. Noi possiamo solo cercare di capire. La stessa maturità, anche se priva di acciacchi e malanni, è uno stato d'animo, un'atmosfera, una sommatoria di delusioni e sconfitte, una moria di sogni, una riduzione di possibilità esistenziali che un giovane non può capire. Come vivere in un certo posto e con certe persone non sempre è percepibile e comprensibile da chi ha avuto esperienze diverse. Quando ci innamoriamo la prima cosa da chiedersi è se quella persona può comprenderci, cioè se può capire o meno il nostro vissuto. Nel dialogo con gli altri noi ci scambiamo esperienze,  non facciamo altro che questo. Anche gli insegnanti più teorici oltre a essere nozionistici comunicano la loro esperienza. Certamente il problema di fondo è come definire l'esperienza perché qualsiasi cosa della vita può essere chiamata, definita come tale. Un altro problema non di poco conto è come trasmettere l'esperienza, che va saputa comunicare ma anche recepire. Non sempre tutti sono in grado di comunicare la propria esperienza e talvolta ai più giovani non interessa raccogliere gli insegnamenti dei più maturi o dei più anziani. Ci sono giovani che possono rispondere a tono: "tu non sei più saggio sei solo più vecchio". Talvolta alcuni pensano di non aver bisogno né degli insegnamenti né degli insegnanti. In una vecchia bottega una volta c'era un cartello affisso: "non accetto consigli. So sbagliare benissimo da me". Inoltre spesso gli altri possono fingere di essere empatici, mentre in realtà sono totalmente indifferenti e non gliene frega niente. In fondo quante volte abbiamo l'impressione di essere incompresi e che gli altri non capiscano i nostri problemi? Poi anche nelle esperienze della vita c'è sempre qualcosa di incomprensibile e perciò di inesprimibile. Ecco perché a volte rinunciamo a esprimerci o sentiamo di non esserci espressi  adeguatamente. Non tolleriamo le persone che consideriamo sbagliate neanche se ci dicono cose giuste. Tolleriamo invece le parole sbagliate, fuori luogo, dette per rabbia, delle persone che noi consideriamo giuste. L'empatia totale non esiste. Non riusciamo in fondo a capire noi stessi  e a sentirci totalmente.  Alla persona più cara talvolta possiamo dire: "nessuno mi capisce come te" e talvolta veniamo ingannati, talvolta riconosciamo che la nostra stima e fiducia era mal riposta: eppure nonostante tutto cerchiamo altre persone perché siamo sempre in cerca di comprensione. Ci possono essere incomprensioni, blocchi comunicativi, indifferenza, equivoci che si frappongono tra noi e gli altri. Eppure tutte le persone malate o che provano dolore hanno bisogno degli altri, anche della loro semplice presenza. Per rielaborare un lutto abbiamo bisogno degli altri. Per superare un trauma o un dolore abbiamo bisogno degli altri. Per affrontare la morte e prepararci a essa abbiamo bisogno degli altri. Ci sono scrittori e poeti che vogliono esprimere il disagio o il vuoto, vogliono raccontare la loro storia, vogliono descrivere il loro mondo oppure vogliono crearne uno fittizio a immagine e somiglianza. Ci sono parole che sfidano il silenzio, l'assurdo, la morte. Ma forse è tutta vanità e allo stesso tempo è tutto vano, cioè inutile. Forse è meglio chi cerca di fare soldi vendendo i libri e ha solamente quello come unico fine. Ma forse cercare di condividere una parte di noi stessi è un bisogno primario dell'animo umano. Ci sono parole che urgono dentro di noi, che hanno bisogno di uscire, di essere dette e scritte: c'è in ognuno di noi un demone socratico di cui dobbiamo far partecipi gli altri. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di leggere e ascoltare parole che ci diano conforto, che ci consolino,  che ci rendano partecipi di altri modi di sentire, che ci diano conferma di quello che già sapevamo, che ci facciano vedere il mondo con occhi nuovi, che trovino un nuovo modo di dire le stesse cose di sempre perché forse la vita  è fatta sempre delle solite cose, trite e ritrite (anche se c'è l'eterno divenire, anche se eternamente si rinnova la vita lo fa con le stesse dinamiche e le stesse leggi da che mondo è mondo). 

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