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    Brescia

    Non andare, raccontami cos'è l'infernose dal sole piove ancora cenere, travestita d'invernoe le solite mani si toccano, sognando l'eternoquando là fuori lo spirito muore, per l'odio fraterno,Sto finendo l'inchiostro dal braccio, ora non posso fermarmisono all'ultimo piano che urlo, non sono capace a frenarmiho diviso le stelle dal cielo, per te so che li odi i legamihai visto più quadri che vol... Altro...

    Non andare, raccontami cos'è l'inferno

    se dal sole piove ancora cenere, travestita d'inverno

    e le solite mani si toccano, sognando l'eterno

    quando là fuori lo spirito muore, per l'odio fraterno,

    Sto finendo l'inchiostro dal braccio, ora non posso fermarmi

    sono all'ultimo piano che urlo, non sono capace a frenarmi

    ho diviso le stelle dal cielo, per te so che li odi i legami

    hai visto più quadri che volti, sono finti come gli origami,

    Fuori la notte fa freddo, sembra Brescia all'ultimo dell'anno

    ho visto morire dei sogni ho paura la vita sia solo un inganno

    ho preso per mano dei fogli se tiro le righe qualcosa diranno

    pure se finirò solo le porte che ho aperto non si chiuderanno,

    M'importa poco se sbaglio, se ascolto le voci o se lascio

    un unico sguardo che possa riaprire davvero l'inutile guscio

    ieri ti ho vista in un sogno, stavi annegando nel bagno

    la morte restava a guardare rideva rubava la voce al bisogno.

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    Pristine – Il futuro intatto

    SINOSSI:Un lutto lacerante e una invalidante menomazione fisica stravolgono la vita di un ragazzo di provincia. Incubi, rimpianti e sensi di colpa lo ancorano a una vita di tristezza, finché non verrà involontariamente tirato fuori dalla sua monotona esistenza nichilista attraverso la "tana del coniglio" che collega i suoi sogni a un futuro post-apocalittico, dove potrà vivere una seconda vita ... Altro...

    SINOSSI:

    Un lutto lacerante e una invalidante menomazione fisica stravolgono la vita di un ragazzo di provincia. Incubi, rimpianti e sensi di colpa lo ancorano a una vita di tristezza, finché non verrà involontariamente tirato fuori dalla sua monotona esistenza nichilista attraverso la "tana del coniglio" che collega i suoi sogni a un futuro post-apocalittico, dove potrà vivere una seconda vita alternativa, apparentemente perfetta ma macchiata da angoli bui su cui indagare.

    L'incidente che sembra essere stata la causa dell'improbabile viaggio nel tempo si rivela invece essere causato dall'egoismo delle persone su cui fanno affidamento i cittadini del nuovo ordine mondiale, mentre le ombre di una élite nascosta continuano a manovrare la società nelle loro prigioni dorate piene di eccessi e noia.

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    L'ultima nota

    Ho pescato un altro fottuto pezzo di fumo dal cappello e non mi ha dato affatto fastidio il pensiero di riempirmi con quel estasiante...Ho aggiunto altri tre centimetri al taglio che ogni giorno ripasso, guardarlo mi fa solo ricordare e rendere conto che quello che voglio è solo calcare di più, fino in fondo e bucarlo quel polso...Quando uscirò di casa non mi peserà abitare questo corpo, sarà... Altro...

    Ho pescato un altro fottuto pezzo di fumo dal cappello e non mi ha dato affatto fastidio il pensiero di riempirmi con quel estasiante...

    Ho aggiunto altri tre centimetri al taglio che ogni giorno ripasso, guardarlo mi fa solo ricordare e rendere conto che quello che voglio è solo calcare di più, fino in fondo e bucarlo quel polso...

    Quando uscirò di casa non mi peserà abitare questo corpo, sarà abbastanza il focalizzarmi su quello che aspetto febbrilmente...il coro degli angeli, l'eutanasia...dolce solo se estremizzata il meno possibile...delicata solo se accompagnata da pensieri quotidiani.

    Ho sentito pronunciare parole quali "la vita è come andare in bicicletta", solo che i miei pedali sono in fiamme e la strada è lava che cola, perché sono all'inferno...obbligato a restarci finché rimarrà accettabilmente doloroso, finché non mi ritroverò in una stazione di servizio con la bava alla bocca, mentre non riuscirò più a controllare il mio corpo dagli spasmi.

    La vasca, che mi fa da letto, sembra quasi me lo stia per dire...forse può davvero accogliere il mio ultimo respiro...sento di rassicurarla, perché non dovrà aspettare ancora a lungo.

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    ASAP

    Lo vidi sorridere solo una voltaQuando lo attraversò un odore di vanigliaLa sua corazza si era subito come scioltaE i suoi occhi cercavano una famigliaD'un sol colpo però si svegliòIl freddo che temeva ormai lo circondavaAbbassando gli occhi tutto d'un tratto ricordòDi essere solo e che a nessuno gli importavaLa rabbia lo muovevaprima urlava e poi piangevaDiviso per la vita da chi prima lo cre... Altro...

    Lo vidi sorridere solo una volta

    Quando lo attraversò un odore di vaniglia

    La sua corazza si era subito come sciolta

    E i suoi occhi cercavano una famiglia

    D'un sol colpo però si svegliò

    Il freddo che temeva ormai lo circondava

    Abbassando gli occhi tutto d'un tratto ricordò

    Di essere solo e che a nessuno gli importava

    La rabbia lo muoveva

    prima urlava e poi piangeva

    Diviso per la vita da chi prima lo cresceva

    Di giorno era ignorato non guardato e non amato

    Di sera nello spirito e nel corpo era violato

    Sperava e un po' sognava che ormai il peggio era passato 

    Pensava spesso al gesto più terribile e spietato

    C'era molto da rifare 

    Distruggere o cambiare, la memoria da disfare

    Andare oppure stare e quella vita da salvare

    Scegliere fa male ma il decidere è vitale

    Solo come l'onda prima di toccare il mare

    Bisognerà di nuovo imparare a credere

    di nuovo imparare a vivere

    Percorrere la strada che lo porti ancora a ridere

    Prendere e volare con i piedi fissi a terra

    Scegliere la pace per non fare più la guerra.

    -Oscar

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    Le Cronache degli Shinigami – La Morte

    Luca è un ragazzo anonimo e solo, che si è sempre sentito fuori posto. La sua unica certezza è la famiglia, ma qualcosa arriva a disturbare la bolla di sicurezza che si è creato attorno, catapultandolo con violenza oltre la soglia che separa il Regno dei Vivi da quello dei Morti.

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    Due parole soltanto sulla morte…

    C'è una poesia molto breve di Auden, appartenente agli "Shorts", che è davvero significativa e eloquente riguardo alla morte: "Riflesse nello specchio del bancone/ durante l'ora della colazione,/ una fila di facce cittadine,/ mute, di mezza età,  ad aspettare/ una morte che non sia mai la loro". C'è chi legge il giornale nelle grandi città per leggere gli annunci funebri e vedere se è m... Altro...

    C'è una poesia molto breve di Auden, appartenente agli "Shorts", che è davvero significativa e eloquente riguardo alla morte: "Riflesse nello specchio del bancone/ durante l'ora della colazione,/ una fila di facce cittadine,/ mute, di mezza età,  ad aspettare/ una morte che non sia mai la loro". C'è chi legge il giornale nelle grandi città per leggere gli annunci funebri e vedere se è morto qualcuno che conosceva. Nei piccoli paesi e nelle cittadine le persone si limitano a guardare gli annunci affissi sui muri.  In ogni caso le persone aspettano la morte altrui e scongiurano la loro come quella dei loro cari.  In "Malagueña" Garcia Lorca scrive: "La morte entra ed esce dalla taverna". Emily Dickinson in una sua lirica trattava della morte, che era andata malauguratamente nella casa dei vicini. Se ci fermiamo all'apparenza la morte viene a fare visita di tanto in ogni casa, spesso a distanza di anni. Seneca diversamente pensava che noi moriamo un poco ogni giorno. Però la morte resta sottotraccia, il morire si manifesta, quasi si concretizza, solo nell'atto finale o almeno così noi lo percepiamo oppure non vogliamo pensarci.  Succede che la morte tocchi o si posi su una persona e allora questo segni profondamente la vita dei suoi cari. Vivere è aspettare il proprio turno da questo punto di vista, aspettare la propria ora. Se venisse bloccato il processo di invecchiamento, se la medicina sconfiggesse ogni malattia, se fossimo davvero  immortali molto probabilmente non esisterebbero l'etica, la religione, la morale. La morte ci serve anche da monito: non possiamo fare quello che vogliamo perché un giorno renderemo la nostra anima a Dio. Cristianamente il corpo, l'anima, la stessa vita non sono nostri. La fede è la credenza che più di altre può determinare un cambiamento profondo di sé stessi e delle proprie azioni, ammesso e non concesso che ci sia coerenza tra fede e comportamento. Si tratta di salvarsi cristianamente l'anima, presupponendo che questa sia immortale. C'è chi non crede all'immortalità dell'anima, ma a quella del genere umano e allora lascia nel mondo dei figli, che perpetuano il suo DNA e con essa - si spera - la specie umana. C'è chi considera le proprie opere d'ingegno nel mondo delle sue figlie e ripone fiducia nell'immortalità delle sue opere e nell'immortalità dell'umanità (ma siamo sicuri che essa non si autodistruggerà?). Ci sono molte ipotesi, più o meno accreditate a riguardo, e non c'è nessuna certezza. Si può anche legittimamente sospendere ogni giudizio. Le proprie opere d'ingegno sono sempre nulla di fronte alla morte. Per quanto riguarda i traguardi materiali raggiunti, per dirla alla Verga, la roba uno non se la porta nella tomba. C'è chi sostiene che una persona sia viva fino a quando è vivo il suo ricordo. Montale scriveva che forse siamo sempre gli stessi (e quindi forse ci reincarniamo) oppure sempre il poeta ligure in una sua famosissima lirica pensava che "forse siamo già tutti morti senza saperlo". Quello di cui siamo certi è che una delle cose fondamentali che ci distingue dagli animali è proprio il culto dei morti, anche se non dobbiamo essere ipocriti e presenziare a tutti i funerali, ma solo a quelli che ci sentiamo veramente di andare. Andare ai funerali quasi per timbrare il cartellino, come fanno molte "prefiche" postmoderne, è un atto esclusivamente di ipocrisia e convenienza sociale più che di civiltà e vicinanza alla famiglia del/la  defunto/a. Ogni conforto, ogni parola sembra vana di fronte alla morte. Bisogna sempre ponderare e misurare ogni parola sulla morte: mai sproloquiare  perché ogni parola può essere veramente di troppo. Niente sembra avere la meglio sulla chiusura di una bara. Di fronte alla morte, alla sua realtà ci sentiamo tutti impotenti. Travisando Borges, nessuno è qualcuno di fronte alla morte, che è un mistero che ci supera e ci trascende. Di fronte alla morte e a Dio nessuno può dire "lei non sa chi sono io". Di fronte alla morte non conta niente essere stati nel Who is Who. La morte e Dio conoscono benissimo ognuno di noi, la nostra indole e le nostre azioni.  La domanda che un familiare rivolge al caro estinto è "perché mi hai abbandonato?", ma spesso la domanda si estende e diventa "Dio mio perché mi hai abbandonato?", come nel salmo. Ritorneremo a essere polvere.  Mangiamo e da morti saremo mangiati. Ma non può finire tutto così.  Non avrebbe alcun senso. Non può essere tutto qui. Esiste la compresenza tra viventi e morti perché continuamente tocchiamo e siamo toccati dalla polvere. Basta che si alzi il vento in una strada sterrata per avere a che fare fisicamente con i morti. La vita continuamente si rinnova. Fiori sbocciano nei cimiteri; giovani amanti fanno all'amore la notte nei parcheggi dei cimiteri; i  bambini giocano, ignari di tutto, vicini alle tombe. 

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    Sull'esperienza, sulla condivisione, sul dolore, sulla morte

    Premessa:Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata.(Proverbio)Si dice comunemente "provare per credere" e non c'è detto più vero. Un dolore può essere espresso, ma coloro che non lo hanno mai provato possono solo cercare di immaginare,  possono solo cercare di immaginarlo con l'empatia e la conoscenza teorica. Se non si è provato qualcosa si ... Altro...

    Premessa:

    Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata.(Proverbio)

    Si dice comunemente "provare per credere" e non c'è detto più vero. Un dolore può essere espresso, ma coloro che non lo hanno mai provato possono solo cercare di immaginare,  possono solo cercare di immaginarlo con l'empatia e la conoscenza teorica. Se non si è provato qualcosa si crede per sentito dire e talvolta restano in noi dei dubbi e delle perplessità.  Eppure siamo nati per condividere le nostre esperienze, dolorose o piacevoli, senza sapere quale reazione avrà il nostro prossimo. Spesso noi non sappiamo se e cosa gli altri raccoglieranno di ciò che abbiamo seminato. I vecchi e i malati sanno cose che noi non sappiamo perché loro le hanno provate e noi no. Noi possiamo solo cercare di capire. La stessa maturità, anche se priva di acciacchi e malanni, è uno stato d'animo, un'atmosfera, una sommatoria di delusioni e sconfitte, una moria di sogni, una riduzione di possibilità esistenziali che un giovane non può capire. Come vivere in un certo posto e con certe persone non sempre è percepibile e comprensibile da chi ha avuto esperienze diverse. Quando ci innamoriamo la prima cosa da chiedersi è se quella persona può comprenderci, cioè se può capire o meno il nostro vissuto. Nel dialogo con gli altri noi ci scambiamo esperienze,  non facciamo altro che questo. Anche gli insegnanti più teorici oltre a essere nozionistici comunicano la loro esperienza. Certamente il problema di fondo è come definire l'esperienza perché qualsiasi cosa della vita può essere chiamata, definita come tale. Un altro problema non di poco conto è come trasmettere l'esperienza, che va saputa comunicare ma anche recepire. Non sempre tutti sono in grado di comunicare la propria esperienza e talvolta ai più giovani non interessa raccogliere gli insegnamenti dei più maturi o dei più anziani. Ci sono giovani che possono rispondere a tono: "tu non sei più saggio sei solo più vecchio". Talvolta alcuni pensano di non aver bisogno né degli insegnamenti né degli insegnanti. In una vecchia bottega una volta c'era un cartello affisso: "non accetto consigli. So sbagliare benissimo da me". Inoltre spesso gli altri possono fingere di essere empatici, mentre in realtà sono totalmente indifferenti e non gliene frega niente. In fondo quante volte abbiamo l'impressione di essere incompresi e che gli altri non capiscano i nostri problemi? Poi anche nelle esperienze della vita c'è sempre qualcosa di incomprensibile e perciò di inesprimibile. Ecco perché a volte rinunciamo a esprimerci o sentiamo di non esserci espressi  adeguatamente. Non tolleriamo le persone che consideriamo sbagliate neanche se ci dicono cose giuste. Tolleriamo invece le parole sbagliate, fuori luogo, dette per rabbia, delle persone che noi consideriamo giuste. L'empatia totale non esiste. Non riusciamo in fondo a capire noi stessi  e a sentirci totalmente.  Alla persona più cara talvolta possiamo dire: "nessuno mi capisce come te" e talvolta veniamo ingannati, talvolta riconosciamo che la nostra stima e fiducia era mal riposta: eppure nonostante tutto cerchiamo altre persone perché siamo sempre in cerca di comprensione. Ci possono essere incomprensioni, blocchi comunicativi, indifferenza, equivoci che si frappongono tra noi e gli altri. Eppure tutte le persone malate o che provano dolore hanno bisogno degli altri, anche della loro semplice presenza. Per rielaborare un lutto abbiamo bisogno degli altri. Per superare un trauma o un dolore abbiamo bisogno degli altri. Per affrontare la morte e prepararci a essa abbiamo bisogno degli altri. Ci sono scrittori e poeti che vogliono esprimere il disagio o il vuoto, vogliono raccontare la loro storia, vogliono descrivere il loro mondo oppure vogliono crearne uno fittizio a immagine e somiglianza. Ci sono parole che sfidano il silenzio, l'assurdo, la morte. Ma forse è tutta vanità e allo stesso tempo è tutto vano, cioè inutile. Forse è meglio chi cerca di fare soldi vendendo i libri e ha solamente quello come unico fine. Ma forse cercare di condividere una parte di noi stessi è un bisogno primario dell'animo umano. Ci sono parole che urgono dentro di noi, che hanno bisogno di uscire, di essere dette e scritte: c'è in ognuno di noi un demone socratico di cui dobbiamo far partecipi gli altri. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di leggere e ascoltare parole che ci diano conforto, che ci consolino,  che ci rendano partecipi di altri modi di sentire, che ci diano conferma di quello che già sapevamo, che ci facciano vedere il mondo con occhi nuovi, che trovino un nuovo modo di dire le stesse cose di sempre perché forse la vita  è fatta sempre delle solite cose, trite e ritrite (anche se c'è l'eterno divenire, anche se eternamente si rinnova la vita lo fa con le stesse dinamiche e le stesse leggi da che mondo è mondo). 

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    Ho solo bisogno di una birra…

    Tra i venti e i trent'anni andavo a caccia di ragazze. Ci provavo con tutte o quasi. Ogni scusa era buona. Gli approcci erano i più vari e disparati. Mi confidavo allora, senza entrare nei dettagli intimi, a un mio amico, gli raccontavo le mie delusioni sentimentali, i tanti rifiuti subiti, ma anche le mie conquiste. Le mie erano avventure da poco, ma non fraintendetemi, non lo scrivo in senso sp... Altro...

    Tra i venti e i trent'anni andavo a caccia di ragazze. Ci provavo con tutte o quasi. Ogni scusa era buona. Gli approcci erano i più vari e disparati. Mi confidavo allora, senza entrare nei dettagli intimi, a un mio amico, gli raccontavo le mie delusioni sentimentali, i tanti rifiuti subiti, ma anche le mie conquiste. Le mie erano avventure da poco, ma non fraintendetemi, non lo scrivo in senso spregiativo ma solo in senso diminutivo perché erano nella stragrande maggioranza dei casi sveltine in camporella,  nella macchina della malcapitata, in un angolo di strada poco illuminato, in un cortile di un palazzo, in una casa abbandonata e fatiscente, addirittura tra le fratte. Avvertivo il rischio, il pericolo di essere guardato, scoperto, punito per questi momenti frugali, per questi istanti dove il testosterone e l'adrenalina erano a mille. Qualche volta con più calma lo facevamo a casa mia quando non c'erano i coinquilini o a casa della ragazza quando non c'erano le coinquiline.  Talvolta c'era anche l'incognita delle affittacamere spilorce, moraliste che evadevano totalmente le tasse e non volevano ospiti nei loro appartamenti. Non vi venga in mente che fossi un playboy. Ero uno sfigato, che raccoglieva pochissimo rispetto a tutti i tentativi fatti. Ma per il calcolo delle probabilità qualcuna alla fine ci stava, perché le facevo pena, per pietà umana, per mancanza di opportunità migliori o anche solo per sfinimento. A ogni modo io ero sempre pronto con le sigarette e i preservativi nelle tasche.  Spesso in amore si tratta di cogliere l'opportunità,  il momento propizio, come scriveva Montaigne. Io allora Montaigne non sapevo neanche chi fosse, ma questo aspetto della vita  lo avevo ben presente, lo conoscevo abbastanza per esperienza.  Allora comunque avevo tutti i capelli e tutti i denti. Avevo meno scoliosi. Avevo le mie carte da giocare e sprigionavo energia da tutti i pori. Cercavo di avere più avventure possibili.  Non tenevo mica la contabilità.  Andavo a memoria. Rimuginavo sempre le mie fantasie erotiche, ero sempre alla ricerca. Pensavo che il mio problema con le donne un giorno si sarebbe risolto. Invece sono passati molti anni e sono punto e a capo. Sono forse lo stesso, solo invecchiato, inacidito e immalinconito. A quei tempi imitavo un mio amico di scuola, che da adolescente aveva diverse storielle.  Così io mi ero dato al libertinismo tra i venti e i trent'anni. Ero stufo di aspettare la mia ragazza ideale. Il mio amico con cui mi confidavo in realtà allora faceva il moralista, era represso sessualmente e forse mi invidiava. Era in lotta con sé stesso. Il suo era un combattimento interiore senza tregua probabilmente. Poi ci siamo persi di vista, abbiamo litigato per niente. Insomma erano quisquilie,  bagatelle. Lui concluse che eravamo troppo diversi e quando me lo disse mi rinfacciava il fatto che io andavo con troppe ragazze, che mi prendevo gioco di loro, che le prendevo in giro, che le sfruttavo. Due, tre decenni dopo lui è un uomo affermato professionalmente e io sono solo un disoccupato che per passare il tempo scribacchia nel web. Ho di che vivere per ora.  Per ora non muoio di fame. Ma nella vita al peggio non c'è mai fine. Adesso io è da un decennio che pratico l'astinenza sessuale. Negli ultimi dieci anni ho avuto solo due avventure. Non posso viaggiare perché non ho soldi per farlo. Non posso ospitare perché i miei non vogliono. Non ho la macchina perché sarebbe solo un costo ormai.  Sono troppo vecchio per andare in discoteca,  che tra l'altro ha anch'essa un costo. Quindi ormai le possibilità di conquista si riducono. Succede che io nei miei scritti accenni al sesso perché in fondo mi manca, anche se riesco a sopportare e a superare i momenti di crisi, che come tutti ho. Lui invece ha rinnegato il suo credo di un tempo. Non è più moralista. Gira il mondo in cerca di donne. Ha donne sparse per il mondo. Sono quasi sicuro che lui mi imita o meglio imita il me stesso di trenta anni fa. Ma io sono cambiato probabilmente sotto questo punto di vista. Io sono andato oltre.  Insomma non lo so se sono veramente cambiato o se fingo a me stesso, se il fuoco cova sotto la cenere. Oramai siamo ex amici. Non ci vediamo più da decenni. Abbiamo un amico in comune. Proprio quest'ultimo mi racconta di lui. Mi dice delle sue conquiste. Mi dice che addirittura filma nei momenti intimi le sue amanti. Una volta questo nostro amico in comune mi invia un suo filmato hard. Io cerco di desistere. La cosa non mi va. Non voglio vederlo. Ma la curiosità alla fine prevale, ha la meglio. Vedo che ha come protagonista una donna delle zone limitrofe di cui mi ero invaghito e che mi aveva rifiutato all'epoca. La cosa un tempo mi avrebbe ferito, forse nell'orgoglio più che nella sensibilità. Invece non rimango basito. Non sono esterrefatto. In definitiva sono solo fatti loro. Che vivano la loro sessualità come meglio credano! Mi raccomando con il mio amico che il filmato non venga diffuso pubblicamente perché la donna è sposata  e ha un figlio. Lui mi rassicura. Ma mi dice anche che la donna si eccita a farsi riprendere. Ribatto io che l'importante è che non venga diffuso, che è giustamente reato, che è perseguibile legalmente. Mi sento un imbecille ad aver accettato di vedere uno di questi filmati hard. Ma non sono minimamente ferito né deluso né depresso. Gli innamoramenti non corrisposti non possono essere considerati drammi. Considerarli drammi non dico che sia borghese: piuttosto è folle. Vengono considerati dei drammi solo dai giovani, ma da giovani come canta Guccini si ha la testa piena di balle. Ci si uccide per amore solo nei pessimi romanzi, dato che ci sono in giro antidepressivi molto efficaci. I drammi della vita sono altri, anche se le delusioni sentimentali fanno perdere tempo e sprecare energie. Poi penso di nuovo al sesso. Per Pasolini bisognava pronunciare cento volte la parola "sesso" per saperne il significato. Per Spencer il sesso era un trucco per perpetuare la specie. In ogni caso il sesso è un mistero. Esco fuori. È una bella giornata di sole. Il cielo è terso, limpido, libero, profondo, immenso. C'è solo una minuscola nuvola soffice e candida, che sembra fatta di panna. È primavera. Guardo i lavori alla scuola che procedono ininterrottamente. C'è un enorme braccio metallico che serve a pompare cemento, a fare gettate sul tetto. Passo la rotatoria. Imbocco una stradina. Ci sono due uomini nella strada fermi a guardare in alto il palazzo di fronte. Forse aspettano qualcuno. Forse guardano dei lavori in corso. Forse guardano un cane o un gatto su uno dei terrazzi degli appartamenti. Forse lì c'è una donna che esercita la più antica delle professioni. Forse si sono messi a guardare il cielo per chissà quale arcano motivo. Comunque non sono affari miei.  Forse uno dei due è un vecchio conoscente, ma lui non mi saluta, fa finta di niente e io tiro a diritto. È un imbarazzo reciproco che dura solo qualche secondo, giusto il tempo di passare e di togliermi d'impaccio. Il cielo oggi mi appare puro e incontaminato. Ammiro tutte le sue gradazioni di colore e mi perdo in quelle tonalità di azzurro. Ho ancora le braccia indolenzite e ho un leggero formicolio a esse perché sono stato troppo tempo seduto sul letto nella stessa posizione. Di solito trovo le solite persone, i soliti residenti, passeggiatori abitudinari oppure i soliti che portano il cane a fare un giro. Ma oggi non mi sono ancora imbattuto in nessuna faccia nota (sia ben chiaro che poi pur essendo note, viste di frequente, non le conosco e non mi scambio nemmeno la buonasera). Cammino perché mi fa bene alla circolazione, per sgranchirmi le gambe. Ma camminare è anche un modo per pensare tra me e me. Guardo di nuovo il cielo e penso per un attimo a quante impressioni e emozioni è riuscito a suscitare negli animi umani dalla notte dei tempi. Mi chiedo se il cielo riesce a evocare almeno delle sensazioni di stupore o delle emozioni estetiche/estatiche anche negli animali oppure se agli animali il cielo fa solo paura. Passo davanti agli uffici amministrativi della Sanità. Alcuni sono aperti al pubblico. In altri ci lavorano soltanto degli impiegati interni. Vedo che c'è gente che entra e che esce, che va e che viene. Ma non so minimamente chi sono i frequentatori occasionali e chi sono i lavoratori. In fondo non mi importa assolutamente. Tira vento. Domani il meteo dà la pioggia. Significa che questo vento porterà molte nuvole nere. Mia madre è andata dal parrucchiere oggi per evitare il brutto tempo, per evitare sorprese. Ma godiamoci il bel tempo di oggi. Vado al bar. Chiedo una spuma al cedro. La ragazza sta sistemando delle bottiglie d'acqua. Un avventore, suo amico, le dice che ha le guance rosse. È un momento tranquillo e sereno. La barista non ha voglia di parlare con me. Mi dà del lei, probabilmente per mettermi a distanza. Probabilmente le sto anche antipatico. Forse mi tollera a mala pena. Insomma se ne sta sulle sue o forse ha troppo da fare. Io non cerco di attaccare bottone, non cerco un pretesto qualsiasi per mettermi a chiacchiera. Vorrei solo dire alla barista che io sono un cliente che non cerca guai e che cerca di non dare problemi a nessuno. Guardo fuori dal bar le macchine che svoltano. C'è una ragazza che va di fretta, passa di lì. Ma io mi chiedo dove vada tanto di fretta se tanto alla fine l'attende la morte. Penso a Rino Gaetano e a un verso di una sua  canzone: "Penso che fra vent'anni finiranno i miei affanni". Tra venti, al massimo tra trent'anni o poco più saremo morti tutti o reggeremo l'anima coi denti. Allora che senso ha affannarsi tanto? Che importa amare o essere amati se siamo prossimi alla fine? Che importa vincere o perdere? Io sono qui in un bar e tra qualche anno morirò. Forse anche prima. Nella vita non si sa mai. Voglio bene ai miei cari che tra qualche anno moriranno. Forse anche prima. Tutto è destinato alla fine. Ma la morte come la vita non è uguale per tutti: dipende dal tempo e dal modo. Inutile a mio avviso cercare di affermare il proprio io o la propria vitalità.  È come essere un pesce fuori d'acqua che si divincola inutilmente nella rete. Non vi venga in mente che queste siano le divagazioni di un illuminato o una persona colta. Sono solo uno sfigato attempato e frustrato, ma cerco di dimenticarmelo ogni giorno e di non pensarci. Le donne possono pure farsi fottere da chiunque: ne hanno tutta la libertà.  Il mondo vada pure a farsi fottere anch'esso: io ho solo bisogno di una birra. 

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