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    GLI OCCHI DI MARIA

    Maria, Madre mia!Oggi per un attimonegli occhi Ti ho guardatoe un sussulto nel cuoreforte ho sentito.In una culturache non ama l'umanità,affannosa diventala fatica del vivere,sii Tu, una Risposta Pienaalle nostre attese di Verità e Libertà.Avvìcinati e ascoltai nostri amari e urlati silenzi,fascia le ferite dell’animacon la dolcezza del tuo sguardo,accompagnaci nell'aspra solitudinecon un so... Altro...

    Maria, Madre mia!

    Oggi per un attimo

    negli occhi Ti ho guardato

    e un sussulto nel cuore

    forte ho sentito.

    In una cultura

    che non ama l'umanità,

    affannosa diventa

    la fatica del vivere,

    sii Tu, una Risposta Piena

    alle nostre attese di Verità e Libertà.

    Avvìcinati e ascolta

    i nostri amari e urlati silenzi,

    fascia le ferite dell’anima

    con la dolcezza del tuo sguardo,

    accompagnaci nell'aspra solitudine

    con un sorriso sincero.

    Sfioraci con una carezza,

    quando ci vedi tremare,

    baciaci con parole di pace

    e insegnaci ad Amare.

    Apri i tuoi occhi o Vergine Maria

    e guarda tutti i tuoi figli

    dispersi nel mondo...

    accoglili o Madre d'amore

    e per loro prepara una via.

    Raccoglici l'anima

    e danza con Noi

    ti seguiremo in terra e in cielo

    dove tu vuoi...

    Maria, Madre mia!

    Oggi per un attimo

    negli occhi Ti ho guardato...

    e ho capito di essere

    creatura tanto amata.

    Nel silenzio sono fiorita

    come un germoglio di poesia

    mi perdo nei tuoi occhi...

    mi perdo o Maria, madre mia.

    Teresa Averta

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    NELLO SPAZIO DI UN ATTIMO

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle ... Altro...

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle persone con deficit, dei poveri e degli sfruttati. Una donna poliedrica Maria Montessori, che nella sua vita si è dedicata allo studio, alla ricerca, al miglioramento della società mediante l’educazione, nella speranza di poter costruire, attraverso essa, un mondo di pace. Ancor oggi, la neuropsichiatra infantile ideatrice di uno dei sistemi educativi più noti e adottati in migliaia di scuole nel mondo, ’gioca’ ancora e sempre di più con i suoi bambini e lo ricordano i bambini, i genitori e le maestre che come me hanno deciso di dedicarle una lode poetica, in sua perenne e felice memoria.

    Ci sono donne

    che vivono fuori dal tempo

    che abitano

    perché sognano spazi

    infiniti dove non entrano.

    Ci sono maestre di libertà

    e democrazia,

    che non sanno cosa scegliere

    tra la verità

    e il sorriso di un bimbo.

    Ci sono donne

    sacerdotesse spericolate,

    che non hanno paura di immolarsi

    pur di promuovere un cambiamento.

    E l’istruzione è poca cosa

    se non insegna ad essere educati

    alla libertà di decidere

    se essere uomini o soldati.

    La pace la trovi

    in assenza di guerra

    quando le armi

    sono la luce e la conoscenza

    e la scuola diventa il giardino dei bimbi.

    Che sono fiori da coltivare

    diversi per bellezza e colore…

    loro, innocenti e puri,

    i veri maestri dell’umanità.

    E tu Maria di bellezza nascosta

    fosti la “Monnalisa” chiamata,

    a sacrificare la tua immagine

    per renderla immortale ai posteri.

    Nessun riverbero di egoismo

    sul sentiero dei diversi,

    dove ti seguirono gli angeli

    nella capanna del silenzio.

    Se insegnare è una missione

    tu l’hai incarnata a pieno titolo,

    vestendoti di semplice umanità

    e cancellando brutture e castighi.

    Non hai atteso “la manna dal cielo”

    ma hai aperto un varco nel cosmo

    hai messo fine a violenze e conflitti

    educando alla gioia, i bambini.

    È il tuo sguardo all’anima

    che racconta i sogni,

    e se dovessi raccontare

    di te alla posterità

    direi che sei tra le stelle

    come "il sole" in verità.

    In quel giardino fresco

    e fiorito brilli,

    dove ogni farfalla variopinta

    si posa tra le tue dita,

    pronta a volare

    nello spazio di un attimo.

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    Sull'autofiction e altre menate…

    Leggevo di recente un articolo del poeta e scrittore Roberto Pazzi in cui si lamentava del fatto che oggi vada per la maggiore l'autofiction (Saviano, Giuseppe Genna, Walter Siti, Teresa Ciabatti, etc) e sia troppo diffuso il "microautobiografismo". Secondo questa scuola di pensiero troppi autori sono egoriferiti, sono troppo coinvolti emotivamente, non riescono a mettere a distanza le loro cose d... Altro...
    Leggevo di recente un articolo del poeta e scrittore Roberto Pazzi in cui si lamentava del fatto che oggi vada per la maggiore l'autofiction (Saviano, Giuseppe Genna, Walter Siti, Teresa Ciabatti, etc) e sia troppo diffuso il "microautobiografismo". Secondo questa scuola di pensiero troppi autori sono egoriferiti, sono troppo coinvolti emotivamente, non riescono a mettere a distanza le loro cose della vita, non riescono a utilizzare un sufficiente distacco (forse semplifico, ma in realtà certe ragioni vengono sottintese e mai esplicitate). A tale riguardo scrivevo in tempi non sospetti, ovvero 30 anni fa, che la vita è un'immagine che si può mettere a fuoco solo quando si è distanti. Ma secondo un'altra scuola di pensiero "Madame Bovary c'est moi", così come è sempre valido il detto veneto "pittore parla dei quadri", ovvero noi stessi siamo la materia che conosciamo meglio (questo secondo molti. Alcuni come il poeta Vittorio Orlando affermano che l'unico progresso è quello interiore). Secondo questa seconda scuola di pensiero perché dovremmo inventare eventi o personaggi quando possiamo prendere a piene mani dalle nostre vite? In fondo mi chiedo io chi ha detto che per passare dal particolare all'universale bisogna per forza trasfigurare e creare? Perché non attingere totalmente o quasi dalle nostre vite? Perché non trattare di noi invece di creare mondi fittizi? Aggiungo anche che le neuroscienze hanno dimostrato, grazie all'utilizzo della risonanza magnetica funzionale, che la mente umana attiva undici aree cerebrali ogni volta che immagina, ma è anche vero che immaginare non è creare ex novo o creare ex nihil. L'immaginazione umana manipola e combina vecchie immagini. Che poi le immagini mentali ci suggestionino e influenzino direttamente la nostra vita è vero, ma è altrettanto vero che anche l'artista con più immaginazione inizia sempre dal materiale preesistente della sua vita. L'autofiction è perfettamente in linea con tutto ciò.  E allora perché deve essere visto male parlare di sé? Perché uno scrittore deve parlare d'altro per poi finire immancabilmente di parlare di sé stesso? Perché fingere totalmente ? Perché parlare d'altro!? Perché fare un gioco di sponda? Perché traslare? Perché non affrontare subito e in tutta onestà ciò che ci sta più a cuore o forse ciò che ci riguarda di più, ovvero noi stessi? Chi ha detto poi che dei fatti biografici non possano creare empatia e rispecchiamento? Forse l'autofiction è il punto d'incontro ottimale tra realtà e finzione. Certo parlare di sé significa avere più remore, significa autocensurarsi, avere più inibizioni, andare incontro a disapprovazione sociale, ma è altrettanto vero che scrivere significa mettersi a nudo. Poi ci potrebbero essere delle grane legali a parlare troppo della propria vita. Se uno scrive di fantasia ogni riferimento è puramente casuale. Se il libro è autobiografico ogni riferimento può essere causale e possono perciò fioccare le querele. Forse anche in questo caso l'autofiction è la strada migliore. Inoltre oggi i libri subiscono un editing molto forte in nome del politicamente corretto: questo forse vuol dire che in fondo è più ammissibile per il pubblico una storia inventata con alcune venature maschiliste per esempio che un romanzo autobiografico, dato che nel primo caso uno si può sempre difendere dicendo che punto di vista dell'autore e quello della voce narrante non necessariamente coincidono. Se un lettore moralista vuol pensare male lo farà anche di fronte a una storia erotica inventata di sana pianta, sostenendo che certe cose per scriverle così bene bisogna averle provate. Certo c'è anche chi ce l'ha con l'autofiction perché troppo confessionale, troppo intima. Sarebbe prima di tutto una questione di pudore, di discrezione per taluni, fino a sentenziare che i fatti propri di questo o quell'autore non interessano a nessuno. Ma allo stesso tempo non tutta la fantascienza, non tutto il fantasy o non tutto il realismo magico interessano ai più! Un altro motivo per cui si può criticare l'autofiction è la parte saggistica in ogni suo romanzo oppure quella metaletteraria. C'è anche chi dice che con l'autofiction non hanno inventato niente perché essa esisteva da secoli. C'è infine chi non critica totalmente il genere, ma pensa che l'autofiction dovrebbe essere scritta meglio. Insomma come al solito in molti si azzuffano e i libri non si vendono. In tutta onestà non tutti i dettami della critica devono per forza corrispondere al vero, così come non sempre il successo di un genere decretato dal pubblico deve per forza essere garanzia certificata di chissà quale qualità. Che poi sia che un autore si rivolga all'interno o all'esterno ci sarà pur sempre una concavità o una convessità, una introflessione o una estroflessione: insomma la lente sarà sempre deformante, ci saranno perciò sempre delle deformazioni nell'opera. Che cosa c'è davvero di oggettivo nell'arte e nel mondo interiore? Quando uno studente chiese al grande matematico  Caccioppoli quale fosse la legge più vera in assoluto, ebbene lui rispose: "Al cuore non si comanda". Un altro grande matematico, Galois, fu la dimostrazione che "al cuore non si comanda": fece un duello per difendere la donna che amava e sempre per amore, questa volta della sua disciplina, rivide e corresse tutti i suoi appunti la notte prima del duello in cui morì. In definitiva mi sembra che queste due scuole di pensiero (pro autofiction o contro) ripropongano in piccola parte l'antica disputa realismo/idealismo. Ritengo che la scelta artistica di trattare di sé o di altri può maturare in base all'introversione/estroversione dell'autore e quindi dalla sua personalità di base. C'è sempre un orientamento verso l'io o il mondo, una predilezione accentuata. Nessuno riesce a stare a metà strada tra queste due polarità. Forse non è una caratteristica umana riuscire a trovare l'equilibrio e anche l'armonia tra le due cose. Io e mondo sono mutuamente esclusivi. Ci sono autori che hanno un atteggiamento quasi schizoide sulla polarità da scegliere. Kafka scrisse: "Non esiste altro mondo fuorché il mondo spirituale. Quello che noi chiamiamo mondo sensibile è il Male del mondo spirituale". Sempre Kafka in "Quaderni in ottavo" scriveva: "Quanto misera è la conoscenza che ho di me stesso, paragonata – poniamo – a quella che ho della mia stanza. Perché? Non esiste un’osservazione del mondo interiore, come ne esiste una del mondo esterno. La psicologia descrittiva è in complesso un antropomorfismo, un modo di intaccare i limiti. Il mondo interiore si può solo vivere, non descrivere. – La psicologia è la descrizione del rispecchiarsi del mondo terreno sulla superficie celeste, o meglio: la descrizione di un rispecchiamento, come ce lo immaginiamo noi, creature impregnate di terra, perché in realtà non c’è alcun rispecchiamento, siamo solo noi che vediamo terra dovunque ci volgiamo". È difficile trovare l'equilibrio interiore, ma altrettanto è difficile trovare quello artistico. È difficile scegliere dove volgersi, se verso lo scavo di sé o verso l'estensione nel mondo. A ogni modo non bisogna scegliere in base alle mode del momento, ma in base a ciò che sentiamo noi stessi dentro. Ben sapendo che qualsiasi cosa scegliamo ci sarà qualcuno che ce lo rinfaccerà. Comunque sia, come ha detto Walter Siti: "“Lo stile non si preoccupa del like”.

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    LA MATITA SDRUCCIOLINA

    La matita sdrucciolinacanticchiava ogni mattinaio non voglio disegnare          e nemmeno accorciare.Sono lunga e affusolatabella, a punta, e colorata.Non mi mettere bambino                                                      proprio dentr... Altro...

    La matita sdrucciolina

    canticchiava ogni mattina

    io non voglio disegnare          

    e nemmeno accorciare.

    Sono lunga e affusolata

    bella, a punta, e colorata.

    Non mi mettere bambino                                                      

    proprio dentro al temperino

    lui è forte anche se è vecchio

    ed io finisco dentro al secchio.

    Se Disegno e mi consumo

    non è colpa di nessuno

    la carta bianca è il mio regno

    e dovunque lascio un segno.

    Qualche volta faccio errori

    ma camuffo coi colori.

    E se devo dirla tutta

    non mi va di esser distrutta,

    se la gomma mi cancella

    io divento ancor più bella.

    Cose grandi realizziamo

    se mi sai tenere in mano.

    Teresa Averta

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    CARA VITA

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e... Altro...

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e giustizia che mi hanno trasmesso i miei genitori. 

    Sono caduta molte volte, come un soldato in battaglia che non si lecca le ferite, ma le conserva come distintivi di vita vissuta.  Ho conosciuto il dolore forte non solo quello fisico ma anche quello dell’anima, sono scesa come Dio agli inferi e in quel profondo abisso, ho ritrovato la luce. Ho amato e sono stata molto amata. Sempre accompagnata da quell’inquietudine che tende uno sguardo oltre le apparenze e che ricerca nei pertugi della sofferenza, la voce stanca di quel mondo degli “invisibili”, e non mi sono intimidita dalle forme disegnate dalla caducità delle nostre esistenze, ma ho alzato la voce contro l’odio e la guerra. Non riesco a girarmi davanti alle ingiustizie, e non riesco a fare grandi mediazioni. 

    Ho saputo, però, lavorare con sacrificio e pazienza e ho trovato rari rifugi, dove poter sostare e osservare; molto spesso per curare insolite ferite e scoprire nuove vitalità. Un atteggiamento caratteriale che mi porta a stare al fianco degli ultimi con assoluta semplicità e istintività. Impossibile fare sodalizi con l’indifferenza, anche quando le necessità richiedono tempo solo per noi stessi. Questa esigenza etica che sento così forte, è il frutto del lavoro testimoniale della mia famiglia. Una grande fortuna, penso, è stata il non aver perso la visione di nessuno di questi rifugi dove conserviamo beni e valori preziosi che vivono sulla linea dell’idealità e di una profonda spiritualità. Rappresenta, per me un autentico toccasana quando le difficoltà della vita hanno riempito le notti buie abitate da fantasmi impudenti. 

    Certo, in questo cammino, si guarda avanti, senza però, dare per scontato nulla. Spesso mi faccio trascinare dal cuore, dalle sensazioni, dalla voglia di vita, dalle passioni; a volte, però, lascio al silenzio e allo sguardo, le ali per girovagare, perché entrambi hanno le loro grammatiche, i loro segreti e le loro rivelazioni. Ma ritrovo sempre la vita con le sue narrazioni disegnate con una bellezza a volte bizzarra ma sempre entusiasmante, e si ritrova a volte uno squarcio di vita anche nei ricordi più tristi, in pezzi di dolore non digeriti ma sapientemente conservati per sentirci ancora vivi. 

    E allora caro angelo che sei lassù... ti ho scritto davanti alla vita perché tu capisca che ancora la sento e mi ascolto; mi ascolto nel cuore, dove ti cerco, e ti trovo ancora nell’aria e nelle stelle, nei segreti della mia anima e fra la gente. Ho cercato, tra i ricordi più belli, questa foto vecchia e ingiallita, fotogramma non di una vita finita ma di un felice pezzo di storia. Non importa con quali abiti e con quali colori ti porgevo un fiore ma pensavo a te, al profumo della vita che mi hai lasciato addosso. In quel fiore c’era impresso il segno dell'Amore che hai seminato nella nostra esistenza donata alla terra, e se cerchi di guardare o spiare nel cuore per vedere, ancora ci sono intatti i segni delle carezze donate, delle sofferenze e della vita germogliata, ancora ci sono i segni delle tue amorevoli braccia.

    -Poche parole per la conquista del bene, la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono, anche dopo la nostra morte- erano queste le tue parole nella quiete del tempo. Se frughiamo tra le ferite con l’amore nelle mani, le cicatrici son tante, e la lotta è stata dura e lo è ancora ma hai vinto tu, hai donato fino all’ultima goccia del tuo sangue per un martirio di salvezza. 

    E ora così, sommessamente, in punta di piedi, "togliendomi i calzari", mi son permessa di bussare alla tua porta; forse per un bisogno del cuore, per dirti che posso camminare ancora nuda nella tua anima; per scoprire la bellezza della luce, sì, di quel raggio di sole che mi lasciasti e che non va più via, ma è nascosto fra le righe della mia poesia. 

    Ti scrivo ogni giorno... ti scrivo perché la vita va vissuta e scritta per non dimenticare i momenti, la meraviglia, il dolore e la gioia di sapere che nulla è per sempre, e che solo un ricordo, una lettera mai scritta, un verso accorato può accompagnarci nella solitudine e aprire la porta all’anima verso orizzonti senza fine. 

    Cara vita Grazie per avermi donato un respiro in più che difficilmente restituirò al cielo.

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    RACCONTO DI UN PROFUGO

    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualc... Altro...
    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualche causa. Ed è vero, il dottor Goder parla della sua terra e della sua gente con l’orgoglio di chi non si tira indietro: in questa nuova devastante guerra, i curdi combattono il terrorismo dello Stato islamico in nome di tutto l’occidente. Goder, combatte questa guerra a modo suo: attivandosi per la pace e la salvezza dei suoi fratelli. Attende che il fato gli affidi un pezzo di campo profughi dignitoso, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto dignitoso per quei bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi, e volersi bene.

     

    "Non posso dimenticare il pianto di bambini migranti... lì sul limbo serbo dopo aver attraversato la rotta balcanica.

    Ho visto adulti e bambini ammalarsi, e morire di fame e di freddo.

    Ho fatto migliaia di chilometri a piedi, per arrivare sino a qui, con quei pochi soldi risparmiati in tutta una vita: denaro raccolto facendo le collette davanti alle chiese; ho venduto la casa che mi aveva lasciato mia madre e gli animali.

    Ora non ho più paura, il freddo è il meno che mi possa capitare.  

    Voglio andare avanti, come gran parte dei profughi afghani e pakistani accampati dentro le stazioni, ho attraversato mari e montagne in Iran e Turchia, mi sono fermato nei centri di accoglienza greci, bulgari, macedoni, prima di raggiungere Belgrado.

    Vorrei che qualcuno mi aiutasse, e aiutasse la nostra gente.

    In verità io penso che la gente non sia così stupida, ha solo bisogno di verità la gente come me...

    Mi sento completamente disarmato di fronte a tanta sofferenza.

    Siamo poveri e spogli di tutto e tanto sporchi di fango, ma quello che mi fa più male è il fango della loro indifferenza. L’indifferenza di chi sta meglio di noi, di chi non capisce e non può capire perché ha avuto una vita più facile della nostra.

    Oh Dio, quanto vorrei trovare un pezzo di terra! Un pezzo di campo profughi dignitoso, di attesa, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto per questi bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi.

    Cammino dentro la Storia. Una parte di Storia che non avrei mai voluto vivere.

    Dio, come sono straordinari quei bambini sfortunati, e nei loro occhi s’intravedono ancora le fiamme dell’inferno. Hanno ancora i segni di quelle fiamme, li portano anche sul viso, sulle braccia, sui piedini scalzi.

    Le mie parole si perdono oltre la sconfinata vallata.

    Perché è facile parlare di guerra senza averla mai vista, senza saperne nulla, senza conoscerne gli effetti devastanti sulla vita – ma quando ti ci trovi davanti, capisci che le parole giuste, in realtà, non esistono.

    Esistono, al più, silenzi giusti, e forse, in taluni casi, neanche quelli.

    Decine di centinaia di famiglie siriane sono fuggite dal clamore della guerra, nascoste in silenzio in casolari, stalle, garage abbandonati di questa splendida, meravigliosa città di frontiera.

    Rifugi abbandonati da chi, prima di loro, è fuggito dal fragore dei missili, dalla certezza della morte.

     Da questo confine sono verosimilmente passati più di quattro milioni di profughi.

    Un'intera generazione di bambini siriani sta crescendo senza avere mai conosciuto la pace.

    Non c’è stata pace per noi. La mia infanzia era scandita da bombe e morti, mio padre restava nascosto in casa per non essere preso e mandato a combattere contro gli iraniani in una guerra non nostra.

    La mia, era una bella famiglia, ricca delle cose essenziali, amore e cultura; amavo la musica e i miei mi fecero studiare pianoforte.

    Non potendo mai uscire da casa per la guerra, suonavo tutto il giorno la pianola... poi un giorno, decisi di scappare.

    Ben presto, però l’invasione irachena spezza ogni sogno e ci costringe a un esodo biblico: tra le colonne interminabili che s’inerpicano sulle montagne desertiche, c’è anche il mio piccolo fratello Omar.

    L’arrivo in campo profughi, il freddo, la calca tra bambini per afferrare cibo e acqua dai camion di aiuti rende la nostra casa, un sogno lontano, pensavo alla mia pianola, che non l’avrei più rivista... eravamo nudi e senza niente.

    Ho sofferto come un cane, per non poter donare il mio aiuto agli altri, cosa potevo dare ai miei sfortunati fratelli se io stesso non avevo nulla... neanche il fiato per respirare, e neanche più gli occhi per piangere.

    È stato allora che, decisi di diventare medico.

    Volevo offrire qualcosa al mio popolo innocente e disgraziato. Noi curdi chiedevamo solo pace, ma nei secoli siamo sempre stati aggrediti e martoriati.

    Anche oggi, siamo in guerra contro Isis. Sono stati anni duri, a causa dell’embargo e della nuova guerra tra Usa e Iraq; mancava la corrente e studiavo con la boccetta di petrolio accesa sui libri, ma non demordevo, e i miei genitori fecero di tutto perché io e mio fratello minore avessimo un’istruzione.

    Avrei voluto conquistare almeno la dignità di essere riconosciuto come un essere umano e il diritto di sognare un futuro per me e per gli altri. Che poi è l’unica ragione che muove il mondo, e lo rinnova.

    Il mondo è abbastanza grande da accogliere tutti quanti noi, apriamo le porte, costruiamo i ponti, edifichiamo la pace. Perché malattie e morte ce ne sono state abbastanza... e non serve solo odiare e condannare.

    Bisogna trovare la forza per unirsi contro la barbarie e la violenza, non solo per garantire e difendere la democrazia, minacciata da forze oscurantiste d’inusitata mostruosità.

    È da condannare ogni silenzio nei confronti di queste tragedie e bisogna invece sostenere chi da sempre è impegnato in prima linea per il dialogo tra le religioni e le culture e per lo sviluppo dei principi di pluralismo e rispetto della libertà.

    È stata una giornata molto intensa.

    Affiora la stanchezza e sono tanti i sentimenti che ho accumulato in tutte le visite che ho fatto. Davanti ai miei occhi scorrono gli occhi di tutte le bambine e i bambini che ho incontrato, abbracciato e ascoltato.

    Gli occhi appassionati degli operatori sanitari che ho ammirato.

    Qualcuno di noi cede e da spazio alle lacrime: è giusto così, non si riesce a tenere tutto dentro, non è umano. Come è disumana questa guerra, anche se è, voluta da uomini.

    Oggi Sento forte l'orgoglio di lavorare per chi ha bisogno.

    Oggi sono un medico del mondo, sono il soccorritore dei poveri e dei miseri.

    Il lavoro che faccio sul campo è indispensabile ed efficace allo stesso tempo.

    Sì, perché... mentre tu hai una cosa, può esserti tolta. Ma quando tu dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro te la può rubare.

    E allora è tua per sempre.” Il silenzio e l’indifferenza, certe volte, fanno più danno delle bombe.”

    Teresa Averta

     

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    I MIEI MARI

    Abbraccio questo troncoabbandonato in questa rivache ha il sapore di saledi un oceanoChe si schiantòprima o dopo il mio naufragioe osservo la schiuma biancarimasta appiccicata sul mio corponello strappo ferocedelle tue piume volate sulle nuvole.Vicino a me eriCiò che dovevi essere,e ora sei disteso in un’urna d’acquae come una reliquia riposi in una vetrinaquasi fossi una bombonierainfrangib... Altro...

    Abbraccio questo tronco

    abbandonato in questa riva

    che ha il sapore di sale

    di un oceano

    Che si schiantò

    prima o dopo il mio naufragio

    e osservo la schiuma bianca

    rimasta appiccicata sul mio corpo

    nello strappo feroce

    delle tue piume volate sulle nuvole.

    Vicino a me eri

    Ciò che dovevi essere,

    e ora sei disteso in un’urna d’acqua

    e come una reliquia riposi in una vetrina

    quasi fossi una bomboniera

    infrangibile.

    Sudicio di luce

    Ti pulisti per rientrar

    nel buio dell’embrione in cui nascesti.

    Mi sono avventurata nell’universo

    a raccoglier per te

    migliaia di stelle…

    ma le spegnevi tutte

    ad una, ad una.

    E qui meglio

    mi sono riconosciuta,

    non ero per te “albero maestro”.

    Di mari ne ho attraversati tanti

    ma dentro le tue lacrime

    non avevo mai navigato.

    Non biasimo i tuoi sogni,

    adagiati nella culla dei ricordi

    ma lasciarmi naufragare

    nel silenzio

    è storia senza cuore

    e senza tempo…

    e in quelle occulte mani

    hai lasciato scivolare

    il senso della vita

    che non si è perso. Era il mio!

    Quella rara Felicità

    che ho accolto e compreso

    quando ho attraversato i “miei mari”.

    E in quell’azzurro mi sono rimescolata

    E in mezzo a quelle onde…

    ho lasciato andare mille tempeste.

    Mi sono conosciuta e amata,

    e non ho avuto più paura.

    La forza era il cielo riflesso nel mare.

    Il coraggio ero io che cercavo la riva,

    il porto sicuro,

    questi sono i miei mari,

    la mia nostalgia.

    La schiuma si è sciolta…

    su questo tronco solitario

    e i pesci danzano ancora nell’acqua.

    Or ch’è di nuovo è giorno

    la mia anima mi pare una corolla

    perché dentro i mari:

    son capitano della mia dolce vita.

    Teresa Averta

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    UOMO

    Anche tu sei un pugno di terra.Sei carne e sangue di passaggio.Cammini come chi cerca la vita,a tentoni attraversa l’esistenzaattendi, in silenzio, la morte sulla porta.Respiri vento ti emozioni e taci.Stringi le mani e il dolorelasci andare tetti ed amori.Sei solo! Solo! Solo!Dentro di te…sale la rabbia prepotenteche ti ha svegliatoe ti ha dato un mondoche non volevi.Che pretendevi?Uomo.Anche... Altro...

    Anche tu sei un pugno di terra.

    Sei carne e sangue di passaggio.

    Cammini come chi cerca la vita,

    a tentoni attraversa l’esistenza

    attendi, in silenzio, la morte sulla porta.

    Respiri vento ti emozioni e taci.

    Stringi le mani e il dolore

    lasci andare tetti ed amori.

    Sei solo! Solo! Solo!

    Dentro di te…

    sale la rabbia prepotente

    che ti ha svegliato

    e ti ha dato un mondo

    che non volevi.

    Che pretendevi?

    Uomo.

    Anche tu sei un pugno di terra.

    Teresa Averta

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    VELENO DOLCE

    Come veleno dolcezampilla e bisbigliala fonte del mio essereora che sei ritornatodal tuo lungo viaggioe assetato vuoi bere tuttii baci della mia bocca.Hai mangiato polvere e desertolontano dai miei occhi di fuoco...ora scivola sul mio corpo,semina pure il tuo amoree fiorisci come il silenzioso grano,prima che faccia inverno.Piangi pure le tue sventuresulle mie mammellecosì che possa berle:le tue ... Altro...

    Come veleno dolce

    zampilla e bisbiglia

    la fonte del mio essere

    ora che sei ritornato

    dal tuo lungo viaggio

    e assetato vuoi bere tutti

    i baci della mia bocca.

    Hai mangiato polvere e deserto

    lontano dai miei occhi di fuoco...

    ora scivola sul mio corpo,

    semina pure il tuo amore

    e fiorisci come il silenzioso grano,

    prima che faccia inverno.

    Piangi pure le tue sventure

    sulle mie mammelle

    così che possa berle:

    le tue lacrime di libertà.

    Dormi placido

    nella cuna dei miei seni,

    dopo avermi succhiato

    completamente l’anima.

    Teresa Averta

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    STORIA DI UNA LACRIMA

    Ti sei chiesto che cosa è una lacrima, che fine fa, dopo che nasce e muore... e muore veramente una lacrima?E quello che mi sono chiesta anch’io, fino a che, un meraviglioso giorno di questa fantastica vita, ho avuto il coraggio di chiederlo direttamente a Lei.Mia cara lacrima, so, quanto sei bella e sacra, e quando hai voglia di nascere, non guardi niente e nessuno; ma so che quando arrivi, bu... Altro...

    Ti sei chiesto che cosa è una lacrima, che fine fa, dopo che nasce e muore... e muore veramente una lacrima?

    E quello che mi sono chiesta anch’io, fino a che, un meraviglioso giorno di questa fantastica vita, ho avuto il coraggio di chiederlo direttamente a Lei.

    Mia cara lacrima, so, quanto sei bella e sacra, e quando hai voglia di nascere, non guardi niente e nessuno; ma so che quando arrivi, bussi, educata e fragile come sei, luminosa e pulita come non mai.

    Il mio cuore Ti ama e ti trattiene perché sa che servi, sei necessaria. È vero, sei solo acqua, ma sei Acqua pura, piena, e vera; acqua di sale, di dolore, di rabbia, acqua di emozione, di sofferenza, di gioia e di allegria, acqua e sempre acqua che ci libera, da tutto, da noi stessi, dalla prigione degli errori, dalla gabbia degli orrori, dalla guerra di quelli che si “credono” grandi, dalle battaglie quotidiane per un tozzo di pane e un briciolo di giustizia, acqua che ci inonda come un fiume e porta via tutti i detriti del peccato e delle vanità mondane.

    Mia cara lacrima, sei un dono. Un dono che non ha prezzo, gratuito, ma non tutto ciò che è gratuito è apprezzato. Per questo ti concedi a pochi, e fai bene, le lacrime non si consumano per niente. Le lacrime sono i fiori che sbocciano quando l’anima scoppia e rinasce a nuova vita, ed è una meraviglia ai nostri occhi, quando questo avviene!

    Ti voglio bene cara lacrima, perché sei spontanea e sincera e sei di tutti: uomini, animali e cose... piangono gli uomini, piangono i bambini e purtroppo piangono anche le cose e noi non ce ne accorgiamo. E sì, “piangono le cose” quando le dimentichiamo, quando le abbandoniamo, quando le maltrattiamo, quando le usiamo senza chiederci il vero senso del loro esistere. E quante volte abbiamo confuso persone e cose, lacrime e canzoni, soldi ed emozioni, titoli e falsità, miseria e nobiltà, vita e morte per uno spicciolo di eternità.

    È la vita... mia dolce lacrima, compagna cara e stretta delle mie notti insonni, amica fervente e devota nelle mie preghiere quando non riuscivo ad abbracciare nessuno, neanche chi mi stava accanto, con una calda tisana e un cuscino di piume.

    Lacrima, acqua santa che nasci da miei occhi innocenti, e solchi il mio viso passando delicatamente fra le rughe della mia esistenza, quanta strada hai fatto prima di attraversarmi, e finalmente eccoti qui, non ti asciugherò perché le lacrime non si asciugano, non ti berrò perché le lacrime non vanno ingoiate, ma devono sgorgare fuori, come acqua che zampilla di nuova vita, di felicità, di gioia senza fine.

    Cara lacrima, sei importante e meravigliosa: per amore nasci e per amore muori.

    E oggi... che so quanto vali, ti prego non morire sulla mia bocca, ma arriva dritta al cuore, una lacrima non va buttata via perché è un pezzo di noi, un pezzo di storia che non si può dimenticare.

    Teresa Averta

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    Gli amanti infelici

    Era l’alba di un giorno nuovo e il tempo insieme trascorse in una dimensione di beatitudine sensuale.Si alzarono felici, fecero colazione di buon’ora in terrazza e poi esplorarono le cittadine e le spiagge sulla vasta costa della Catalogna, facendo un breve tour intorno all’esclusiva Spiaggia di Mundaka dei Paesi Baschi: una delle più rinomate della Spagna.Tuttavia, il posto preferito di Pa... Altro...

    Era l’alba di un giorno nuovo e il tempo insieme trascorse in una dimensione di beatitudine sensuale.

    Si alzarono felici, fecero colazione di buon’ora in terrazza e poi esplorarono le cittadine e le spiagge sulla vasta costa della Catalogna, facendo un breve tour intorno all’esclusiva Spiaggia di Mundaka dei Paesi Baschi: una delle più rinomate della Spagna.

    Tuttavia, il posto preferito di Paula era la spiaggetta privata sottostante alla villa di proprietà di Robert. «È incredibile che tu l’abbia a disposizione tutta per te.» Si fermò a raccogliere conchiglie e aggrottò le sopracciglia nel sentire vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni di Robert. «Non rispondi, ti sta squillando il cell, se non sbaglio?»

    «No. Nulla di importante!» L’abbracciò forte, la cinse alla vita e l’attirò a sé. «Sono con te e voglio rimanere solo con te.» Sentirsi desiderata da un uomo come lui era inebriante ed emozionante. Era di un fascino senza confini.

    «Sei fortunato a essere il capo. Nessuno può licenziarti. Che cosa fai, in ogni caso?»

    «Progetto software per il computer, un lavoro abbastanza interessante.»

    Paula fece una smorfia. «Devi essere molto intelligente e sveglio. I computer mi detestano; io non ho pazienza.»

    Lui sorrise e la strinse di più. «I computer non hanno sentimenti, Paula, sono semplicemente macchine a cui ci siamo affezionati perché ci facilitano parecchio il lavoro.»

    «È qui che sbagli. Sono apparentemente “fighi”, abili ma molto vendicativi. Ti danno tanto ma poi aspettano finché non stai facendo qualcosa d’importantissimo, lo inghiottono e non te lo fanno vedere mai più.»

    «È sempre possibile trovare i file che hai perso. I pc sono anche calcolatori e anche se qualche volta danno i numeri, non perdono la memoria».

    «Non per me» obiettò lei, cupa. «Sono una schiappa in queste cose. Non imparerei mai a dovere»

    Lui le infilò le mani tra i capelli e le si avvicinò alla bocca rubandole un bacio ardente.

    «Però hai ricordato i nomi di tutte le persone che abbiamo conosciuto in questi giorni e le hai affascinate tutte, nessuna esclusa» le fece notare poi. «Il mio personale ti adora e il mio direttore finanziario voleva sposarti dopo avere parlato con te solo un minuto al telefono. Sei una persona bella e speciale.»

    «Normalissima» obiettò Paula, borbottando.

    Lui sorrise mostrando uno sguardo ipnotico da fascino latino. «Non per come ti vedo io. Quel bikini ti sta divinamente. Sei splendida in bianco perché risalta il colore della tua carnagione scura.»

    «Mi hai regalato degli abiti fantastici.» Paula si guardò addosso, imbarazzata ma vanitosa abbastanza da fare una piroetta su sé stessa. «Non avresti dovuto comprarmi così tanta roba.»

    «Non potevi passare tutta la settimana con il costume nero da chiromante, è giusto che tu ne abbia anche un azzurrino da fata turchina!» Rispose Robert.

    «Ahahaha non era neppure mio! La vera chiromante è sicuramente più piccola, e anche più brava di me a predire il futuro perché io non avrei mai immaginato tutto questo che mi sta accadendo.» Neppure nei miei sogni più audaci. Paula gli cinse il collo con le braccia ma poi aggrottò le sopracciglia. «Tutto bene? Che hai tesoro?»

    «Sto benone» rispose lui, allegro e disinvolto. «Coraggio è l’ora di pranzo. Andiamo a mangiare.»

    Paula era pensierosa e si chiedeva se fosse stato il caso di ricordargli che aveva un volo prenotato in partenza da Bilbao di lì a meno di ventiquattr’ore.

    Per non guastare la dolce atmosfera non le aveva detto nulla dei suoi programmi, ma Paula sapeva della ricca agenda del suo partner, e Robert non poteva continuare a ignorare il cellulare, a far finta di non sentire le frequenti chiamate e seppellirsi in quell’incantevole paradiso del Mediterraneo.

    Avevano entrambi delle vite da gestire e delle esistenze da vivere…e le loro vite non potevano incrociarsi.

    Mentre passeggiavano lungo la riva, Paula ancora concentrata sui suoi pensieri, si girò a guardare il mare che cancellava le loro impronte. Il cielo della sua felicità si rannuvolò e Paula fu scossa da un brivido. Era come se non fossero mai stati lì e non si fossero mai baciati. Era una breve fantasia che era già diventata un ricordo.

    La realtà fece invasione nella sua mente, frantumando tutti i suoi sogni. Era veramente troppo bello per essere vero. Certe cose non capitavano a persone come lei. Lei era una donna fortunata, e per la prima volta, le sembrò di essere nella più bella delle favole.

    «Conosci la storia di Icaro, Paula?» Lui la guardò mentre risalivano il fitto sentiero verso la villa.

    «Certo, qualcosina l’ho studiata. Volò troppo vicino al sole, le sue ali di cera si sciolsero e lui precipitò sulla terra.» E…più in alto voli e più è dura la caduta. Ahimè!

    Poi Robert le prese il luminoso volto tra le mani e chinò il capo verso di lei. «Icaro non sei tu. Non ti farò cadere, amore vedrai.»

    «Non posso continuare la vacanza. Ho un volo domani. Tu lo sai…»

    «Sì lo so, ed è per questo che sono in questo stato…è giusto che tu parta…»

    «Non ti lascio andare» mormorò lui con le labbra sulle sue. «Devi venire via con me!»

    Paula sussultò e si girò dall’altra parte perché era arrossita in volto. Non poteva andar via con lui, giusto, a far che? Aveva un lavoro e parecchi impegni e poi… non poteva abbandonare la famiglia.

    D’altronde… poteva veramente rinunciare a tutto quello che aveva già ma forse non lo rendeva completamente felice?

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