Come scoprii che una madre poteva morire.
“E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano” (Ungaretti)
Dinanzi a questi versi,
io piansi.
Avevo dieci anni, forse.
E misurai per la prima volta
l’ampiezza dell’angoscia
di fronte ad un addio.
E per anni quell’addio
come l’estrema carezza
l’ho sentito dietro quella porta.
L’eterna porta senza chiavi.
E me la immaginavo
sbattuta dal vento.
Socchiusa. Sibilante,
ogni volta, dietro quel muro d’ombra, restavo per ore seduta.
E sognai la potenza della parola,
odiai la sua perseveranza.
Imparai ad impastare parole
per farne pane.
Ma quell’addio mi resta come un mantello addosso, sotto la mano senza pelle, un verso.
G.L.