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Rosita MateraOffline

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  • PORPORATA DI MARZO

    PORPORATA DI MARZOI sassi,ranicchiati,in dormiveglia,rivolgono il lato d' oro ad Est.S'  avvitano in vellutidi talli e muschi sparsi.È un velo d' acquerello l' alito del vento,carezza porporata di papaveri chiassosi.Declividove l' occhio mio si perde,umori freschi di ginestre,erba sapida in canestre.Lo stupore dell' albaporta ancora l' oro in bocca,si sfarina in rivoli di brina,resto in... Altro...

    PORPORATA DI MARZO

    I sassi,

    ranicchiati,

    in dormiveglia,

    rivolgono il lato d' oro ad Est.

    S'  avvitano in velluti

    di talli e muschi sparsi.

    È un velo d' acquerello

     l' alito del vento,

    carezza porporata di papaveri chiassosi.

    Declivi

    dove l' occhio mio si perde,

    umori freschi di ginestre,

    erba sapida in canestre.

    Lo stupore dell' alba

    porta ancora l' oro in bocca,

    si sfarina in rivoli di brina,

    resto in piedi, è già mattina.

    Il giorno è in avanzata ascesa,

    lenzuola e brina in bianca stesa

    tra verdi colate di giardini,

    nella resa tiepida di tremuli acquitrini.

    ROSITA MATERA

  • ABBRACCI DI CIELO

    Dalla finestra, di fronte alla quercia, avvampano luci, lanterne a festa. E lassù, sulla collina, il cielo cinge la strada in un abbraccio di lavanda selvaggia, sui caseggiati abbrunati, sull' ambra.Sussurrano i limoni in un filo di voce, il giorno li cuce, in campi dove cammina lenta la pace.E qui vi è ancora la strarna china alla font... Altro...

    Dalla finestra, 

    di fronte alla quercia, 

    avvampano luci,

     lanterne a festa. 

    E lassù, 

    sulla collina,

     il cielo cinge la strada 

    in un abbraccio di lavanda selvaggia,

     sui caseggiati abbrunati, 

    sull' ambra.

    Sussurrano i limoni in un filo di voce, 

    il giorno li cuce, in campi dove 

    cammina lenta la pace.

    E qui vi è ancora 

    la strarna china alla fonte:

    vi beve a sorsi il melo 

    riverso nel suo velo

    tra le ridenti braccia del cielo.

    Rosita Matera, 2022

    (Dal Blog Letterario ' I Colori della Vita' di Rosita Matera)

  • DALLA PARTE DELLE DONNE

    lo sto dalla parte delle donne non per la semplice constatazioned'esser nata di questo sesso. lo sto dalla parte delle donneperché donna è mia madre,donna è stata mia nonna di cui porto il nome, e l'altra nonna, da parte di padre.E sto da questa parte perché voglio sentirmi parte di un esercito che ha fatto dell'eleganza il profumo della propria anima, una do... Altro...

    lo sto dalla parte delle donne 

    non per la semplice constatazione

    d'esser nata di questo sesso. 

    lo sto dalla parte delle donne

    perché donna è mia madre,

    donna è stata mia nonna di cui porto il nome, 

    e l'altra nonna, da parte di padre.

    E sto da questa parte 

    perché voglio sentirmi parte di un esercito 

    che ha fatto dell'eleganza 

    il profumo della propria anima, 

    una dolce milizia di laboriose meraviglie

    che creano mondi, all'infinito.

    Mondi di uomini e di donne 

    che a loro volta creano vita.

    Perché è così che funziona: 

    la donna, in primis, è generatrice.

     E di generazione, in generazione 

    le donne si succedono a catena 

    per poter, con infinito amore, generare 

    storie e mondi da raccontare.

                                   Rosita Matera 

  • IL PROFUMO DELLE ROSE

    Capita che il tempo, d' un tratto, appaia breve come un sorso d' acqua fresca nella gola,oppure il tempo è dilatato,tratto di montagna percorso contromano.Il vento spira e più non tornae la stella scintilla nel silenzio delle ombre,entrambi stretti da invisibili legamiin verità necessari al sistema delle cose.Persino il mio pensiero ha percorsie fa rumore,ogni cosa sotto il cieloha un... Altro...

    Capita che il tempo,

     d' un tratto, appaia breve 

    come un sorso d' acqua fresca nella gola,

    oppure il tempo è dilatato,

    tratto di montagna percorso contromano.

    Il vento spira e più non torna

    e la stella scintilla nel silenzio delle ombre,

    entrambi stretti da invisibili legami

    in verità necessari al sistema delle cose.

    Persino il mio pensiero ha percorsi

    e fa rumore,

    ogni cosa sotto il cielo

    ha un senso che non muore.

    E un' ala di farfalla

    il sospiro che regge il mondo,

    nessuno lo cattura

    aleggia già nel cuore,

    tu chiamalo miracolo, vita

    o senso delle cose,

    nel silenzio sento il profumo

    delle rose.

                                                Rosita Matera 

    (Dal libro " LASSÙ C'È UN CUORE INDECIFRABILE  di Rosita Matera - Il Filo di Arianna Edizioni, 2021)

  • OGNUNO SOSTIENE IL CIELO

    Ognuno sostiene il cielo e non lo satra quegli spazi e quei tempi che porta sulla pelle,nei piccoli desideri affidati alle stelle,tra i segreti intrecci dei propri affanni, in ciò che sedimenta negli strati dei suoi anni.Ognuno sostiene il cieloperché ha una colonna scolpita dentro che lo tiene in piedi anche controvento.Ognuno sostiene il cielo e non lo sa mentre mastica la ... Altro...

    Ognuno sostiene il cielo e non lo sa

    tra quegli spazi e quei tempi 

    che porta sulla pelle,

    nei piccoli desideri affidati alle stelle,

    tra i segreti intrecci dei propri affanni,

     in ciò che sedimenta negli strati dei suoi anni.

    Ognuno sostiene il cielo

    perché ha una colonna scolpita dentro 

    che lo tiene in piedi anche controvento.

    Ognuno sostiene il cielo e non lo sa 

    mentre mastica la pazienza con il pane,

    quando capisce che le sue fatiche quotidiane 

    non sono mai la risultante di circostanze vane,

    ma racchiudeno I' anima, la scintilla dell' estro

     in questo viaggio che è soltanto nostro.

    Ognuno sostiene il cielo

     ogni volta che nei suoi camminamenti

    accende un fiammifero dopo mille fari spenti.

    Sì, ognuno sostiene il cielo 

    quando cammina solo ancora una volta

    ma possiede un frammento di sole che non tramonta,

    e raccoglie le parole e le carezze perdute per strada

    per donarle a sé stesso o a a chiunque cada.

    Ogni uomo sostiene il cielo come un tetto 

    quando il dolore preme sopra al petto

    ma resiste

    per la voglia di cambiare le carte del destino

    perché siamo fiori di un prezioso giardino.

    Ognuno sostiene il cielo

    anche quando la gioia zampilla inaspettata

     spostandati in alto, ad otto metri sulla testa.

    Ognune sostiene il cielo e non lo sa

     perchè in tutti c' è una forza che non migra 

     anche se in essa più non crediamo,

     te ne accorgi quando sei a terra, sconfortato,

    e lei ti offre ancora la sua divina mano.

    Rosita Matera, 18 maggio 2021

  • Sognai

    Sognai,un giorno di marzo,quando refoli di luce nuovasplendevano sul mondo.Ebbene, io quel giorno sognai.Sognai un silenzio d' orovergato da parole di Fede sentita e condivisa,ed ogni pianto o respiro sospesonon c' era più.La tenda si aprivasu un suono di campanee tu, io, noispargevamo sorrisisu campi nuovi.Sognaima non mi fermai,erano tutti invitati alla casa del senso comune.Sì, amico, io sogn... Altro...

    Sognai,un giorno di marzo,quando refoli di luce nuovasplendevano sul mondo.

    Ebbene, io quel giorno sognai.Sognai un silenzio d' orovergato da parole di Fede sentita e condivisa,ed ogni pianto o respiro sospeso

    non c' era più.

    La tenda si aprivasu un suono di campanee tu, io, noispargevamo sorrisisu campi nuovi.

    Sognaima non mi fermai,erano tutti invitati alla casa del senso comune.

    Sì, amico, io sognai,s' era sciolto giogo del buio,eravamo liberi di respirare nel sole.C'  eri anche tuche mi camminavi accantoper seminare sorrisi nel pianto.Per sempre.

    Rosita Matera

  • Samsara

    Perla su di un piano circoflesso è la vita ed il sole,la cui piega cieca a me non si palesa.Eppure un vento tiepido m' avvampa verso un fine, come vertice di collina dalla chioma assai nebbiosa.È una sorta di attrazione che mi lega a quella goccia che cade nella pioggia;e precipitando monda la sua sostanza per poi tornare al cielo solto forma di quiescenza.E per attrazione, ricade... Altro...

    Perla su di un piano circoflesso è la vita ed il sole,

    la cui piega cieca a me non si palesa.

    Eppure un vento tiepido m' avvampa verso un fine,

     come vertice di collina dalla chioma assai nebbiosa.

    È una sorta di attrazione che mi lega a quella goccia che cade nella pioggia;

    e precipitando monda la sua sostanza 

    per poi tornare al cielo solto forma di quiescenza.

    E per attrazione, 

    ricade sopra ai campi 

    di terre sconosciute, arse ed imploranti.

    Si perpetua Samsara

    in cicli interminabili di venti e di fogliami,

     in cedevoli fogli ripiegati in origami,

    in fluttuazioni insondabili, esistenziali, 

    e in numinose rinascite generazionali.

    Rosita Matera, 2021

  • ABBI CURA- raccolta di poesie

    Questa raccolta di poesie dal titolo "ABBI CURA" è frutto di una selezione accurata di testi coinvolgenti, luminosi, pregni di quelle "impalpabili velature" che ci gravitano intorno, che si palesano attraverso lo sguardo attento di chi sa interpretarle. Nulla di questo libro è tasto lasciato al caso: i testi e le immagini (disegnate appositamente dall'autrice) sono dei distillati di emozioni, di... Altro...
    Questa raccolta di poesie dal titolo "ABBI CURA" è frutto di una selezione accurata di testi coinvolgenti, luminosi, pregni di quelle "impalpabili velature" che ci gravitano intorno, che si palesano attraverso lo sguardo attento di chi sa interpretarle. Nulla di questo libro è tasto lasciato al caso: i testi e le immagini (disegnate appositamente dall'autrice) sono dei distillati di emozioni, di riflessioni profonde, di dialoghi meditabondi e densi di quell' "humus" in grado di sviluppare nuovi germogli: man mano che ci addentriamo nella lettura dei testi sembrano schiudersi fresche visioni, immagini idilliache, innamoramenti, scorci di mondi. Un viaggio tra suggestioni e memorie, rivisitate attraverso una chiara, quanto sentita, osservazione della realtà. Obiettivo dell'autrice è di saggiare la vitalità della natura nella sua totalità cercando di cogliere pennellate pure, senza diluizioni, vibranti di vita. Un percorso di colori, di suoni, di umori, un cammino di crescita per giungere alla parte più autentica del proprio se, a cui accostarsi con intima partecipazione. La forza di questi testi è trasportare il lettore in quella "terra di mezzo" tra il tangibile ed il trascendente, fino a percorrere quei territori vasti ed inesplorati che non sapevamo di possedere.
  • NEVE SU ROTTERDAM

    Il treno a vapore fischio a Rotterdam, in Gennaio,addensai la posa sul muro e il granaio.Intrapresi un viaggio, poi tornai indietro, su prospettive aleatorie di vento. Stetti come un velo sul cuore del cielo,nella conta sommaria dei passi, sui campi.Le contadine,in scialli consunti,si strinsero in gruppi di quattro per non gelare il pensiero.Ma io scendevo ad ogni stazione,la m... Altro...

    Il treno a vapore fischio a Rotterdam, in Gennaio,

    addensai la posa sul muro e il granaio.

    Intrapresi un viaggio, poi tornai indietro, 

    su prospettive aleatorie di vento. 

    Stetti come un velo sul cuore del cielo,

    nella conta sommaria dei passi, 

    sui campi.

    Le contadine,

    in scialli consunti,

    si strinsero in gruppi di quattro 

    per non gelare il pensiero.

    Ma io scendevo ad ogni stazione,

    la mia voce era fertile fuoco di coltre. 

    Sui tetti di Rotterdam ricamai meraviglie,

     un merletto il sole, balenava tra i tigli.

    Ma non scelsi mai dove cadere,

     seguii solo il canto 

    delle mie ali leggere.

    Rosita Matera

  • Conosci te stesso (gnōthi seautón)

    La luna, quella sera, brillava nel cielo in tutto il suo chiarore, riflettendo la sua luce sulle colonne di pietra rosa. Tutti brindavano intorno al fuoco, tranne me. Preferivo starmene in disparte, sui gradini dell’anfiteatro, ad ascoltare l’eco dei sassi che lanciavo un po’ per gioco, un po’ per rompere il silenzio e smaltire il mio malumore. Mi chiedevo per quanto tempo avrei dovuto viv... Altro...

    La luna, quella sera, brillava nel cielo in tutto il suo chiarore, riflettendo la sua luce sulle colonne di pietra rosa. Tutti brindavano intorno al fuoco, tranne me. Preferivo starmene in disparte, sui gradini dell’anfiteatro, ad ascoltare l’eco dei sassi che lanciavo un po’ per gioco, un po’ per rompere il silenzio e smaltire il mio malumore. Mi chiedevo per quanto tempo avrei dovuto vivere in quel tumulto di speranze e timori, di domande senza risposte, di silenzi  imposti dalla sorte. E fu in quella miscellanea di sensazioni che sentii  balenarmi nel cuore un guizzo, una scintilla, una grande verità: non avrei mollato.

    Passeggiando sotto il porticato, i miei occhi si posarono su una iscrizione incisa su una vecchia fontana “Ricordati di osare”.

     Tra le ombre della sera, sgattaiolai di soppiatto verso casa con quel passo veloce e leggero che assumevo quando sentivo scorrermi nel petto il fiume della speranza. Con un balzo deciso superai il muretto a secco, imbrigliando il lembo del vestito attorno alle radici sporgenti degli ulivi. A quanto pare la mia ombra si allungò più del dovuto, stagliandosi sulla fiamma dei falò. Tutti si girarono verso di me, fissandomi con aria di sfida. D’improvviso mi sentii diversa, ed una fiamma ardente divampò nel petto, illuminando il mio sguardo. Non avevo più paura.

    Il progetto era pronto, sulla carta, sulla pietra, nei miei sensi, nei miei pensieri. Desideravo con tutta me stessa che quel lavoro, a cui  stavo dedicandomi con tanta passione, fosse preso in considerazione dal capo progettista. Avevo costruito qualcosa di meraviglioso e rivoluzionario, e di questo ne andavo fiera. Ma l’ostacolo più grande da superare era il pregiudizio degli uomini, che spesso schernivano le mie idee, non apprezzavano, non consideravano, non capivano.

    Persino mio padre mi aveva relegata al difficile e subalterno ruolo di donna di casa, remissiva ed ubbidiente, a cui era concesso di uscire di casa soltanto in caso di matrimonio, festa religiosa o nascita di un figlio, (possibilmente maschio!) donna a cui era concesso soltanto di suonare il cimbalo, la cetra e l’aulos, o  al massimo, di tessere  tutto il giorno la tela, senza poter  mai discutere  di nient’altro che non fosse strettamente legato alle mura domestiche. Socrate, mio amico da sempre, più volte mi aveva invitata a riflettere che la bravura non appartiene solo agli uomini ma anche alle donne, alle persone tutte, senza alcuna distinzione, come amava spesso dichiarare, sorridendomi fiducioso.

    “ Il nous, l’intelletto, è un dono che non va represso ma coltivato, come una pianta che deve affiorare in superficie, altrimenti la terra tutta ne soffrirebbe ”  soleva ripetere a tutta l’assemblea. La filosofia della maieutica mi aveva aiutata a scoprirmi coraggiosa ed autentica, a formarmi e a capire cosa volessi veramente dalla vita.

    Il tiranno Pericle aveva bandito una gara  rivolta a tutti gli artisti ed architetti del Peloponneso: chi fosse riuscito ad impreziosire il tempio della dea Atena con statue, bassorilievi o colonnati di gran pregio, avrebbe vinto una parte del tesoro di Delo. Inoltre al vincitore sarebbe stato conferito il titolo di “artista ufficiale della città di Atene e del Peloponneso”,  tra  grandi onori e rami di lauro d’oro.

    Il tiranno non si fece attendere, ed un giorno, quando nessuno se lo aspettava,

    piombò con i suoi uomini presso il cantiere del tempio. Tutti gli artisti, architetti e progettisti mostrarono con orgoglio i loro disegni, che Pericle osservò con  grande perizia. Guardai la scena da lontano, seduta in fondo ai gradini  dell’anfiteatro e, pur non volendo, ascoltai i discorsi di Prassitele e Fidia. I due  stavano confabulando qualcosa di poco chiaro; notai che il loro tono di voce  all’improvviso si fece  sommesso. Avvicinandomi con circospezione appurai ciò che stavano complottando:

      il giorno dopo  avrebbero posizionato sei  giganteschi telamoni, all’insaputa di tutti coloro che partecipavano alla gara d’appalto. In un primo momento fui assalita da un senso di rabbia e di sconforto. Tuttavia sentii salirmi lentamente nell’animo una piacevole sensazione di rivalsa.  Mi  era appena balenata un’idea che avrebbe ribaltato la situazione  a mio favore…

    Tempo prima avevo nascosto il mio lavoro nei depositi sotteranei del laboratorio di scultura di Prassitele, dove lavoravo oramai da anni, all’insaputa di tutti, tranne del capomastro; lì, avevo disposto trecento pezzi da assemblare in un  certo ordine numerico, tale da ottenere uno spettacolare risultato, unico nel suo genere. Si trattava, tuttavia, di una tecnica sperimentale, mai utilizzata prima, di cui  mi assumevo il rischio, con tutte le conseguenze del caso. Avevo, però, bisogno di  numerosi collaboratori per poter montare i pezzi ed ottenere il risultato sperato. Dovevo agire subito, per poter battere sul tempo tutti quelli che pensavano di avere ormai la vittoria  in pugno.

    Alcune ore prima, Pericle ed il Consiglio dei Sette Savi si erano riuniti in gran segreto, per decretare il vincitore della gara. Il filosofo Socrate, con tono fermo ed imperturbabile,  fece qualche velato riferimento ad un interessante progetto  portato avanti da una donna.  Da subito, il Consiglio,  andò su tutte le furie; l’idea fu giudicata scandalosa ed inconcepibile, da insabbiare quanto prima.

     Pericle impose perentoriamente che nessuno in futuro avrebbe dovuto più parlarne, pena l’esclusione sociale o l’esilio.

    Appresa la notizia, capii che non era più tempo di pensare ma era giunta l’ora di agire. Decisi allora di chiedere aiuto a Socrate, l’unico uomo che credesse in me e nelle mie capacità. Unendo le nostre forze, riuscimmo a dare inizio ad una grande catena solidarietà, radunando, nel giro di una notte,  tutte le donne di Atene, Sparta, Micene, Carie, Coos, Argo, Gortyna, Lindos e Larissa. Il buio fu d’improvviso illuminato da una lunga fiaccolata, intensa come un fiume, ed ardente come la voglia di riscatto di tutte le donne ghettizzate e sottostimate dal contesto maschilista, accecato da pregiudizi ed innata supremazia. Ci mobilitammo insieme, e con l’utilizzo di  funi, carrucole, ganci  e tronchi d’albero, riuscimmo a spostare e sollevare tutti i  blocchi di pietra presenti nel deposito. Lavorammo con solerzia, ma sempre con il sorriso e la consapevolezza di chi sta per cambiare il corso della Storia. Seguendo un ordine metodico e preciso riuscimmo, pian piano, ad assemblare i vari pezzi come in un minuzioso mosaico che, ultimato, mostrò la sorprendente immagine di sei imponenti ed incantevoli statue, che, per la prima volta, riproducevano l’immagine femminile. Non più colonne e capitelli, ma donne orgogliose, libere, fiere di essere, di esistere, di brillare per bellezza e proporzioni, per armonia e semplicità, con il viso rivolto all’eternità e le gambe poste, l’una verso il presente, e l’altra  verso il futuro. Donne con lo sguardo orientato alle nuove generazioni, a cui sarebbe giunto il loro messaggio di dignità, forza ed intensa solidarietà femminile. Volli chiamarle Cariatidi, in onore delle ‘donne di Carie’, città del Peloponneso, in cui vivevano solo donne in situazione di schiavitù:  per questo ritenni opportuno che  venissero raffigurate finalmente  come simbolo di ritrovata libertà.

     Il giorno dopo ognuno, contemplando la maestosità dell’opera, pensò ad un evento soprannaturale e al prodigioso intervento della dea Atena. Il buon Socrate, in cuor suo, pensò che era giunto il momento di  rivelare a Pericle la reale versione dei fatti: che proprio Tyche, la sua seconda e ribelle figlia, aveva realizzato le sei Cariatidi che reggevano ed adornavano l’Eretteo del tempio della dea Atena!

    Di fronte a tale verità, il mio tirannico padre rimase fortemente perplesso sulle mie reali potenzialità, avendomi, da sempre, considerata  “solo una donna.”

    Dopo lunga riflessione e dettagliate indagini sulla faccenda, mio padre fu costretto ad ammettere che anche noi donne siamo in grado di realizzare grandi sogni. Fu così che decise di offrirci maggiore possibilità d’espressione, di  tutelarci con leggi capaci di restituirci quella tanto ambita dignità, e quell’agognato decoro, negato in secoli di oblio. Da quel momento, egli, si aprì ad idee innovative, più moderne e coraggiose, a metodi politici meno restrittivi e poco autoritari.

    Inoltre decise di liberare dalla schiavitù tutte le donne della città di Carie, a cui si aggiunsero  molte  altre città- stato e colonie sotto la  sua egemonia.

     Infine organizzò una grande cerimonia, in cui fui da lui stesso incoronata  “artista ufficiale del Peloponneso”. Gran parte del tesoro di Delo, ricevuto in dono, volli destinarlo all’Associazione “Amiche solidali nella Libertà”.

    Per la prima volta nella mia vita  mi sentii finalmente soddisfatta, e libera di poter  essere semplicemente me stessa.

    Tuttavia c’era ancora qualcosa che mancava al puzzle per poter essere completo, qualcosa che nel cuore brulicava facendo rumore. Un rumore che  aveva un nome ben preciso: riconoscenza.  Per questa ragione, decisi di donare a  Socrate il Lauro d’Oro, poiché  senza di lui non  sarei mai riuscita a realizzare una impresa  tanto complessa ed ardua.

    Ma lui, con la sua innata umiltà non tardò ad affermare: “Questo Lauro lo meriti pienamente, perché vale più di ciò che rappresenta. Non è soltanto un premio alla tua creatività, ma soprattutto al tuo coraggio, alla tenacia dimostrata, all’amore per le idee, all’inizio di un nuovo e luminoso percorso in nome della libertà e  della parità dei diritti tra uomini e donne. Ma il dono più grande che il Cielo e questi preziosi rami ti hanno concesso è quello di amare e conoscere te stessa”.

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