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    Kimmidoll – Storie per non dormire 02

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREKIMMIDOLLCAPITOLO 1UN REGALO SPECIALEAyako e Fusae stavano passando un fantastico pomeriggio insieme per i negozi di Harajuku, uno dei quartieri più alla moda di Tokyo.Si trovano negozi di ogni tipo miscelando la modernità con il vintage. Una zona dove la moda colora ogni angolo, simbolo di libertà espressiva per ogni individuo.Per Ayako quella era una zona ch... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREKIMMIDOLLCAPITOLO 1

    UN REGALO SPECIALEAyako e Fusae stavano passando un fantastico pomeriggio insieme per i negozi di Harajuku, uno dei quartieri più alla moda di Tokyo.

    Si trovano negozi di ogni tipo miscelando la modernità con il vintage. Una zona dove la moda colora ogni angolo, simbolo di libertà espressiva per ogni individuo.

    Per Ayako quella era una zona che la faceva sentire a suo agio, anche perché lei ha sempre amato vestirsi in modi particolari, in questi negozi poteva trovare tutto ciò che amava indossare. Fusae invece era una ragazza più semplice ed amava il vintage, si fece infatti catturare da un negozietto che si trovava all'interno di un piccolo viale, sulle vetrine c'erano disegnati i volti delle bambole Kimmidoll.

    Prese la mano della sua migliore amica Ayako, tirandola di corsa all'interno del viale dirigendosi verso il negozio.

    Ayako: "Fusae!!! ma dove mi stai portando?"

    Fusae: "Guarda che meraviglia, qui ne hanno di tutti i tipi"

    Ayako: "Le bamboline Kokeshi? Mi hanno sempre messo paura"

    Fusae: "Ma quale paura? E poi queste non sono le Kokeshi, si chiamano Kimmidoll, ne prendono solo ispirazione"

    Ayako: "A me sembrano uguali"

    Fusae: "Vieni entriamo. Te ne voglio donare una!!!"

    Ayako: "Ma no, non la voglio. Davvero lascia stare!"

    Le due ragazze entrarono all'interno del piccolo negozio, si trovava al bancone una vecchia signora che sorrise al loro ingresso. Su gli scaffali c'erano Kimmidoll e Kokeshi di ogni tipo, dall'amore all'amicizia, dalla fortuna al rispetto.

    Tutte indossavano o avevano dipinti bellissimi Kimoni. Fusae si avvicinò ad una Kimmidoll dai capelli verdi che portava il nome di Keiko che simboleggiava il rispetto.

    La prese e la mise tra le mani di Ayako: "Ecco, questa è per te, per dimostrarti il mio rispetto nei tuoi confronti". Ayako non sapeva cosa dire, prese tra le mani la bambolina e la guardò: "Io... ti ringrazio".

    La signora le chiamò entrambe al bancone: "Ragazze, venite. Posate quella bamboline, ne ho una molto più bella e speciale di quella. Venite", mise sul bancone una bambolina dai capelli rossi e il Kimono bianco, con una fantasia di fiori neri. Era più grande delle altre, Fusae si avvicinò con la sua amica al bancone e chiese alla donna il prezzo: "Questa costa più delle altre?".

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    Una dolce casa abbandonata – Storie per non dormire 01

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREUNA DOLCE CASA ABBANDONATACAPITOLO 1UNA DOLCE CASETTALuna, Marta e Mauro, erano tre amici appassionati di paranormale. Gestivano un canale Youtube dedicato ai misteri e apparizioni paranormali, infatti nel fine settimana invece di andare per locali con amici preferivano visitare i luoghi più strani e girare i loro video, da pubblicare sopra il loro canale.Luna a... Altro...

    Ejay Ivan LacSTORIE PER NON DORMIREUNA DOLCE CASA ABBANDONATACAPITOLO 1

    UNA DOLCE CASETTA

    Luna, Marta e Mauro, erano tre amici appassionati di paranormale. Gestivano un canale Youtube dedicato ai misteri e apparizioni paranormali, infatti nel fine settimana invece di andare per locali con amici preferivano visitare i luoghi più strani e girare i loro video, da pubblicare sopra il loro canale.

    Luna aveva appena compiuto i 28 anni, stava guidando l'auto per arrivare ad una destinazione molto curiosa. Marta, che era la sua migliore amica, le aveva regalato la sera del suo compleanno un mini registratore EVP, capace di catturare le presunti "voci bianche" degli spiriti.

    Mauro era seduto dietro con il suo computer portatile e leggeva qualche curiosità sul luogo in cui si stavano dirigendo.

    Mauro: "Ho trovato qualche informazione importante riguardo alla casa che stiamo andando a visitare, Luna non so se sei già informata sulla sua storia"

    Luna: "Hm? Ho solo letto che i contadini che si avvicinano a questa casa, spesso fuggono via perché si accorgono di vedere persone correre al suo interno. Alcuni affermano anche di aver sentito la campana suonare"

    Marta nel frattempo stava mangiando un pacchetto di patatine al formaggio: "Scusate una cosa, forse non ho capito bene o sono completamente ignorante. Ma è una casa o una chiesa? Cosa ci fa una campana?"

    Mauro: "Altro che campana, quella casa ha un vero e proprio campanile"

    Marta: "Un campanile in una casa? Perché?"

    Mauro: "Ve lo dico io il perché, sempre se Luna non lo sappia già. Nel 1890 i proprietari di quella casa hanno lasciato delle pagine scritte nel salotto principale, come una sorta di avviso. Le stesse parole sono incise anche sul muro del salone principale. A quanto pare si dice che il campanile sia stato costruito da loro perché era l'unico modo per tenere lontane delle creature chiamate Zorbs"

    Luna: "Chiamate come?"

    Marta con le patatine in bocca rispose: "Zorbs... ha detto mi sembra Zorbs"

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    Cream Funny

    Serata affollata al fast food Smile Time, un nuovo gelato industriale è pronto a sfamare migliaia di persone. Carol insieme ai suoi colleghi sarà impegnata ad affrontare una serata piena, per cercare di vendere i nuovi gelati ad una folla di centinaia di persone curiose.Ma la situazione diventerà molto più complicata di quanto sembra. Gli effetti di quel nuovo gelato inizieranno a manifestarsi... Altro...

    Serata affollata al fast food Smile Time, un nuovo gelato industriale è pronto a sfamare migliaia di persone. Carol insieme ai suoi colleghi sarà impegnata ad affrontare una serata piena, per cercare di vendere i nuovi gelati ad una folla di centinaia di persone curiose.

    Ma la situazione diventerà molto più complicata di quanto sembra. Gli effetti di quel nuovo gelato inizieranno a manifestarsi tra i consumatori, trascinando lo Smile Time nell'inferno più totale.

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    Terrore Di Natale (Racconto gratuito)

    [caption class="snax-figure" align="aligncenter" width="662"][/caption]Il natale si avvicina e la scelta del regalo diventa l'ansia dei giorni festivi. Cindy lo sa bene, lavorando per un negozio di giocattoli, si troverà alle prese con uno strano pupazzo, un orsetto rosso chiamato Little Bear. Pare sia la moda del momento, ma quel grazioso orsetto rosso diventerà la fonte di una serata movimenta... Altro...

    [caption class="snax-figure" align="aligncenter" width="662"][/caption]

    Il natale si avvicina e la scelta del regalo diventa l'ansia dei giorni festivi. Cindy lo sa bene, lavorando per un negozio di giocattoli, si troverà alle prese con uno strano pupazzo, un orsetto rosso chiamato Little Bear. Pare sia la moda del momento, ma quel grazioso orsetto rosso diventerà la fonte di una serata movimentata all'interno del negozio.

    Puoi leggerlo ora gratuitamente, dal mio blog ufficiale... Buone feste a tutti! Terrore Di Natale

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    RUBRICA LETTERARIA LibEri e Libri "E quindi uscimmo a rivede

    https://youtu.be/hhAUkdzNboE

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    POTESSERO LE MIE MANI SFOGLIARE LA LUNA

    https://open.spotify.com/episode/4VCDYR225yN8c01YkCp7sN?si=Wo0l02MdRhSaa9_VMI_Rng

    POTESSERO LE MIE MANI SFOGLIARE LA LUNA DI GARCIA LORCA

    -PODCAST DI TERESA AVERTA-

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    NELLO SPAZIO DI UN ATTIMO

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle ... Altro...

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle persone con deficit, dei poveri e degli sfruttati. Una donna poliedrica Maria Montessori, che nella sua vita si è dedicata allo studio, alla ricerca, al miglioramento della società mediante l’educazione, nella speranza di poter costruire, attraverso essa, un mondo di pace. Ancor oggi, la neuropsichiatra infantile ideatrice di uno dei sistemi educativi più noti e adottati in migliaia di scuole nel mondo, ’gioca’ ancora e sempre di più con i suoi bambini e lo ricordano i bambini, i genitori e le maestre che come me hanno deciso di dedicarle una lode poetica, in sua perenne e felice memoria.

    Ci sono donne

    che vivono fuori dal tempo

    che abitano

    perché sognano spazi

    infiniti dove non entrano.

    Ci sono maestre di libertà

    e democrazia,

    che non sanno cosa scegliere

    tra la verità

    e il sorriso di un bimbo.

    Ci sono donne

    sacerdotesse spericolate,

    che non hanno paura di immolarsi

    pur di promuovere un cambiamento.

    E l’istruzione è poca cosa

    se non insegna ad essere educati

    alla libertà di decidere

    se essere uomini o soldati.

    La pace la trovi

    in assenza di guerra

    quando le armi

    sono la luce e la conoscenza

    e la scuola diventa il giardino dei bimbi.

    Che sono fiori da coltivare

    diversi per bellezza e colore…

    loro, innocenti e puri,

    i veri maestri dell’umanità.

    E tu Maria di bellezza nascosta

    fosti la “Monnalisa” chiamata,

    a sacrificare la tua immagine

    per renderla immortale ai posteri.

    Nessun riverbero di egoismo

    sul sentiero dei diversi,

    dove ti seguirono gli angeli

    nella capanna del silenzio.

    Se insegnare è una missione

    tu l’hai incarnata a pieno titolo,

    vestendoti di semplice umanità

    e cancellando brutture e castighi.

    Non hai atteso “la manna dal cielo”

    ma hai aperto un varco nel cosmo

    hai messo fine a violenze e conflitti

    educando alla gioia, i bambini.

    È il tuo sguardo all’anima

    che racconta i sogni,

    e se dovessi raccontare

    di te alla posterità

    direi che sei tra le stelle

    come "il sole" in verità.

    In quel giardino fresco

    e fiorito brilli,

    dove ogni farfalla variopinta

    si posa tra le tue dita,

    pronta a volare

    nello spazio di un attimo.

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    La finestra dei pensieri: silloge poetica

    L’intento del libro “La Finestra dei Pensieri”, angolo poetico, da cui si affaccia l’animo umano della nostra autrice Teresa Averta, è quello di poter offrire ai lettori, uno sguardo lungo e profondo nel mondo per far crescere e riscoprire un genere che ormai il tempo sembra aver dimenticato, ma che attraverso il suo gentile e coraggioso contributo può rinascere, perché la poesia è la ... Altro...

    L’intento del libro “La Finestra dei Pensieri”, angolo poetico, da cui si affaccia l’animo umano della nostra autrice Teresa Averta, è quello di poter offrire ai lettori, uno sguardo lungo e profondo nel mondo per far crescere e riscoprire un genere che ormai il tempo sembra aver dimenticato, ma che attraverso il suo gentile e coraggioso contributo può rinascere, perché la poesia è la vita scritta fra gli spazi bianchi del cuore. Il lettore per comprendere a pieno le motivazioni di questa nuova raccolta poetica dovrebbe andare a comprendere la definizione che la poetessa dà alla sua opera, quando la descrive come un “diario delle emozioni”: un “dizionario di lingua naturale” o un “diario esistenziale di bordo”, per raccogliere appunti di viaggio, tracciare camminamenti, seguire orme e lasciare impronte delle proprie esperienze, del proprio “sentirsi umana” in mezzo agli uomini. Quasi che la poesia fosse una mappa variopinta di sensazioni e di emozioni da seguire e vivere. La poesia, unica lingua dei viandanti.

    Teresa Averta non è solo creatrice di poesia. Teresa è lei stessa poesia, laddove per poesia si intenda purezza del vivere, riflessione e meditazione in compagnia del creato, assaporare e interiorizzare la magia della vita. Che non si disperde nelle futilità ma si ritrova nella ricerca del senso e nella capacità di trasformare il male in bene.

    Nei versi di Teresa si avverte una stupenda tenerezza, una singolare innocenza, un’attesa di vivere appieno la propria esistenza assaporandone ogni infinitesimale frammento d’anima.

    Se la letteratura è vita, la poesia lo è ancor di più, poiché non è altro che la rappresentazione scritta della nostra intima essenza. Riflesso del cuore in un unico battito universale. Rappresentazione immediata della percezione dell’occhio interiore. In quel preciso momento in cui ci si libera da ogni vincolo mentale e morale, mettendo da parte la razionalità, si diventa finalmente se stessi nella maniera più autentica e pura. Ed è in quel momento che nasce la magia e si ottiene anche il raggiungimento della felicità. Improvvisamente ci si sente trasportati tra i versi, ci sembra quasi di fluttuare nell’aria, di prendere il volo tra le parole e l’infinito. Le parole: non sono più soltanto parole ma energia pura, piacere sublime, essenza di emozioni, profumo di eternità. La vita diventa luminosa, di una luminosità mai vista prima.

    La finestra dei pensieri è un viaggio letterario e spirituale che trasmette una grande sensibilità interiore, una geografia poetica che accompagna i lettori, in maniera serena e curiosa, audace e misteriosa, in mondi altri e verso nuovi orizzonti da scoprire.

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    MISREAD (La Voce Dello Scrittore)

    Un libro è fervido fine,intrepido percorso, sentiero imperviolastrico di sensazioni, di parole finite,di voci da imprimere e pensieri da scartare,di fogli spezzettati ravvolti malamente,zeppati di grovigli strampalati,veloci appunti e dimenticanzequasi a voler congelare il tempo,l'impressione di un'occhiata sfuggente,l'istantanea sfocata, la frase scrittaper tedio o ... Altro...

    Un libro è fervido fine,

    intrepido percorso, 

    sentiero impervio

    lastrico di sensazioni, 

    di parole finite,

    di voci da imprimere 

    e pensieri da scartare,

    di fogli spezzettati 

    ravvolti malamente,

    zeppati di grovigli strampalati,

    veloci appunti e dimenticanze

    quasi a voler congelare il tempo,

    l'impressione di un'occhiata 

    sfuggente,

    l'istantanea sfocata, 

    la frase scritta

    per tedio o per diletto, 

    il ricordo sviato,

    appannato e trattenuto 

    sopra un taccuino 

    scordato in un cassetto.

    Un libro è l'imperscrutata soglia,

    lo sfaccettato enigma, 

    è un brivido d'arsura,

    aguzza  parabola, l'ignoto limbo.

    Un libro è il ritorno alla memoria,

    alla feconda azzurrità.

    Thea Matera©️

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    Sull'autofiction e altre menate…

    Leggevo di recente un articolo del poeta e scrittore Roberto Pazzi in cui si lamentava del fatto che oggi vada per la maggiore l'autofiction (Saviano, Giuseppe Genna, Walter Siti, Teresa Ciabatti, etc) e sia troppo diffuso il "microautobiografismo". Secondo questa scuola di pensiero troppi autori sono egoriferiti, sono troppo coinvolti emotivamente, non riescono a mettere a distanza le loro cose d... Altro...
    Leggevo di recente un articolo del poeta e scrittore Roberto Pazzi in cui si lamentava del fatto che oggi vada per la maggiore l'autofiction (Saviano, Giuseppe Genna, Walter Siti, Teresa Ciabatti, etc) e sia troppo diffuso il "microautobiografismo". Secondo questa scuola di pensiero troppi autori sono egoriferiti, sono troppo coinvolti emotivamente, non riescono a mettere a distanza le loro cose della vita, non riescono a utilizzare un sufficiente distacco (forse semplifico, ma in realtà certe ragioni vengono sottintese e mai esplicitate). A tale riguardo scrivevo in tempi non sospetti, ovvero 30 anni fa, che la vita è un'immagine che si può mettere a fuoco solo quando si è distanti. Ma secondo un'altra scuola di pensiero "Madame Bovary c'est moi", così come è sempre valido il detto veneto "pittore parla dei quadri", ovvero noi stessi siamo la materia che conosciamo meglio (questo secondo molti. Alcuni come il poeta Vittorio Orlando affermano che l'unico progresso è quello interiore). Secondo questa seconda scuola di pensiero perché dovremmo inventare eventi o personaggi quando possiamo prendere a piene mani dalle nostre vite? In fondo mi chiedo io chi ha detto che per passare dal particolare all'universale bisogna per forza trasfigurare e creare? Perché non attingere totalmente o quasi dalle nostre vite? Perché non trattare di noi invece di creare mondi fittizi? Aggiungo anche che le neuroscienze hanno dimostrato, grazie all'utilizzo della risonanza magnetica funzionale, che la mente umana attiva undici aree cerebrali ogni volta che immagina, ma è anche vero che immaginare non è creare ex novo o creare ex nihil. L'immaginazione umana manipola e combina vecchie immagini. Che poi le immagini mentali ci suggestionino e influenzino direttamente la nostra vita è vero, ma è altrettanto vero che anche l'artista con più immaginazione inizia sempre dal materiale preesistente della sua vita. L'autofiction è perfettamente in linea con tutto ciò.  E allora perché deve essere visto male parlare di sé? Perché uno scrittore deve parlare d'altro per poi finire immancabilmente di parlare di sé stesso? Perché fingere totalmente ? Perché parlare d'altro!? Perché fare un gioco di sponda? Perché traslare? Perché non affrontare subito e in tutta onestà ciò che ci sta più a cuore o forse ciò che ci riguarda di più, ovvero noi stessi? Chi ha detto poi che dei fatti biografici non possano creare empatia e rispecchiamento? Forse l'autofiction è il punto d'incontro ottimale tra realtà e finzione. Certo parlare di sé significa avere più remore, significa autocensurarsi, avere più inibizioni, andare incontro a disapprovazione sociale, ma è altrettanto vero che scrivere significa mettersi a nudo. Poi ci potrebbero essere delle grane legali a parlare troppo della propria vita. Se uno scrive di fantasia ogni riferimento è puramente casuale. Se il libro è autobiografico ogni riferimento può essere causale e possono perciò fioccare le querele. Forse anche in questo caso l'autofiction è la strada migliore. Inoltre oggi i libri subiscono un editing molto forte in nome del politicamente corretto: questo forse vuol dire che in fondo è più ammissibile per il pubblico una storia inventata con alcune venature maschiliste per esempio che un romanzo autobiografico, dato che nel primo caso uno si può sempre difendere dicendo che punto di vista dell'autore e quello della voce narrante non necessariamente coincidono. Se un lettore moralista vuol pensare male lo farà anche di fronte a una storia erotica inventata di sana pianta, sostenendo che certe cose per scriverle così bene bisogna averle provate. Certo c'è anche chi ce l'ha con l'autofiction perché troppo confessionale, troppo intima. Sarebbe prima di tutto una questione di pudore, di discrezione per taluni, fino a sentenziare che i fatti propri di questo o quell'autore non interessano a nessuno. Ma allo stesso tempo non tutta la fantascienza, non tutto il fantasy o non tutto il realismo magico interessano ai più! Un altro motivo per cui si può criticare l'autofiction è la parte saggistica in ogni suo romanzo oppure quella metaletteraria. C'è anche chi dice che con l'autofiction non hanno inventato niente perché essa esisteva da secoli. C'è infine chi non critica totalmente il genere, ma pensa che l'autofiction dovrebbe essere scritta meglio. Insomma come al solito in molti si azzuffano e i libri non si vendono. In tutta onestà non tutti i dettami della critica devono per forza corrispondere al vero, così come non sempre il successo di un genere decretato dal pubblico deve per forza essere garanzia certificata di chissà quale qualità. Che poi sia che un autore si rivolga all'interno o all'esterno ci sarà pur sempre una concavità o una convessità, una introflessione o una estroflessione: insomma la lente sarà sempre deformante, ci saranno perciò sempre delle deformazioni nell'opera. Che cosa c'è davvero di oggettivo nell'arte e nel mondo interiore? Quando uno studente chiese al grande matematico  Caccioppoli quale fosse la legge più vera in assoluto, ebbene lui rispose: "Al cuore non si comanda". Un altro grande matematico, Galois, fu la dimostrazione che "al cuore non si comanda": fece un duello per difendere la donna che amava e sempre per amore, questa volta della sua disciplina, rivide e corresse tutti i suoi appunti la notte prima del duello in cui morì. In definitiva mi sembra che queste due scuole di pensiero (pro autofiction o contro) ripropongano in piccola parte l'antica disputa realismo/idealismo. Ritengo che la scelta artistica di trattare di sé o di altri può maturare in base all'introversione/estroversione dell'autore e quindi dalla sua personalità di base. C'è sempre un orientamento verso l'io o il mondo, una predilezione accentuata. Nessuno riesce a stare a metà strada tra queste due polarità. Forse non è una caratteristica umana riuscire a trovare l'equilibrio e anche l'armonia tra le due cose. Io e mondo sono mutuamente esclusivi. Ci sono autori che hanno un atteggiamento quasi schizoide sulla polarità da scegliere. Kafka scrisse: "Non esiste altro mondo fuorché il mondo spirituale. Quello che noi chiamiamo mondo sensibile è il Male del mondo spirituale". Sempre Kafka in "Quaderni in ottavo" scriveva: "Quanto misera è la conoscenza che ho di me stesso, paragonata – poniamo – a quella che ho della mia stanza. Perché? Non esiste un’osservazione del mondo interiore, come ne esiste una del mondo esterno. La psicologia descrittiva è in complesso un antropomorfismo, un modo di intaccare i limiti. Il mondo interiore si può solo vivere, non descrivere. – La psicologia è la descrizione del rispecchiarsi del mondo terreno sulla superficie celeste, o meglio: la descrizione di un rispecchiamento, come ce lo immaginiamo noi, creature impregnate di terra, perché in realtà non c’è alcun rispecchiamento, siamo solo noi che vediamo terra dovunque ci volgiamo". È difficile trovare l'equilibrio interiore, ma altrettanto è difficile trovare quello artistico. È difficile scegliere dove volgersi, se verso lo scavo di sé o verso l'estensione nel mondo. A ogni modo non bisogna scegliere in base alle mode del momento, ma in base a ciò che sentiamo noi stessi dentro. Ben sapendo che qualsiasi cosa scegliamo ci sarà qualcuno che ce lo rinfaccerà. Comunque sia, come ha detto Walter Siti: "“Lo stile non si preoccupa del like”.

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    Aforisma

    Oggi, ci sentiamo tutti, "divini" ed è per questo che abbiamo perso la nostra straordinaria umanità.

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    IMMENSO

    Non mi lasciate di fronte alle ombreimprigionata dai miei versi,che mi conducono al massacro dell’animae a fare a pezzetti il mio cuore…Attendo disperata che qualcuno mi liberie mi chiami dalla stradaal crepuscolo,una voce sconosciutasi faccia sentirenella tempesta di voci,un respiro,un alito di ventomi strappi da quest’immenso.... Altro...

    Non mi lasciate di fronte alle ombre

    imprigionata dai miei versi,

    che mi conducono al massacro dell’anima

    e a fare a pezzetti il mio cuore…

    Attendo disperata che qualcuno mi liberi

    e mi chiami dalla strada

    al crepuscolo,

    una voce sconosciuta

    si faccia sentire

    nella tempesta di voci,

    un respiro,

    un alito di vento

    mi strappi da quest’immenso.

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    CARA VITA

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e... Altro...

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e giustizia che mi hanno trasmesso i miei genitori. 

    Sono caduta molte volte, come un soldato in battaglia che non si lecca le ferite, ma le conserva come distintivi di vita vissuta.  Ho conosciuto il dolore forte non solo quello fisico ma anche quello dell’anima, sono scesa come Dio agli inferi e in quel profondo abisso, ho ritrovato la luce. Ho amato e sono stata molto amata. Sempre accompagnata da quell’inquietudine che tende uno sguardo oltre le apparenze e che ricerca nei pertugi della sofferenza, la voce stanca di quel mondo degli “invisibili”, e non mi sono intimidita dalle forme disegnate dalla caducità delle nostre esistenze, ma ho alzato la voce contro l’odio e la guerra. Non riesco a girarmi davanti alle ingiustizie, e non riesco a fare grandi mediazioni. 

    Ho saputo, però, lavorare con sacrificio e pazienza e ho trovato rari rifugi, dove poter sostare e osservare; molto spesso per curare insolite ferite e scoprire nuove vitalità. Un atteggiamento caratteriale che mi porta a stare al fianco degli ultimi con assoluta semplicità e istintività. Impossibile fare sodalizi con l’indifferenza, anche quando le necessità richiedono tempo solo per noi stessi. Questa esigenza etica che sento così forte, è il frutto del lavoro testimoniale della mia famiglia. Una grande fortuna, penso, è stata il non aver perso la visione di nessuno di questi rifugi dove conserviamo beni e valori preziosi che vivono sulla linea dell’idealità e di una profonda spiritualità. Rappresenta, per me un autentico toccasana quando le difficoltà della vita hanno riempito le notti buie abitate da fantasmi impudenti. 

    Certo, in questo cammino, si guarda avanti, senza però, dare per scontato nulla. Spesso mi faccio trascinare dal cuore, dalle sensazioni, dalla voglia di vita, dalle passioni; a volte, però, lascio al silenzio e allo sguardo, le ali per girovagare, perché entrambi hanno le loro grammatiche, i loro segreti e le loro rivelazioni. Ma ritrovo sempre la vita con le sue narrazioni disegnate con una bellezza a volte bizzarra ma sempre entusiasmante, e si ritrova a volte uno squarcio di vita anche nei ricordi più tristi, in pezzi di dolore non digeriti ma sapientemente conservati per sentirci ancora vivi. 

    E allora caro angelo che sei lassù... ti ho scritto davanti alla vita perché tu capisca che ancora la sento e mi ascolto; mi ascolto nel cuore, dove ti cerco, e ti trovo ancora nell’aria e nelle stelle, nei segreti della mia anima e fra la gente. Ho cercato, tra i ricordi più belli, questa foto vecchia e ingiallita, fotogramma non di una vita finita ma di un felice pezzo di storia. Non importa con quali abiti e con quali colori ti porgevo un fiore ma pensavo a te, al profumo della vita che mi hai lasciato addosso. In quel fiore c’era impresso il segno dell'Amore che hai seminato nella nostra esistenza donata alla terra, e se cerchi di guardare o spiare nel cuore per vedere, ancora ci sono intatti i segni delle carezze donate, delle sofferenze e della vita germogliata, ancora ci sono i segni delle tue amorevoli braccia.

    -Poche parole per la conquista del bene, la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono, anche dopo la nostra morte- erano queste le tue parole nella quiete del tempo. Se frughiamo tra le ferite con l’amore nelle mani, le cicatrici son tante, e la lotta è stata dura e lo è ancora ma hai vinto tu, hai donato fino all’ultima goccia del tuo sangue per un martirio di salvezza. 

    E ora così, sommessamente, in punta di piedi, "togliendomi i calzari", mi son permessa di bussare alla tua porta; forse per un bisogno del cuore, per dirti che posso camminare ancora nuda nella tua anima; per scoprire la bellezza della luce, sì, di quel raggio di sole che mi lasciasti e che non va più via, ma è nascosto fra le righe della mia poesia. 

    Ti scrivo ogni giorno... ti scrivo perché la vita va vissuta e scritta per non dimenticare i momenti, la meraviglia, il dolore e la gioia di sapere che nulla è per sempre, e che solo un ricordo, una lettera mai scritta, un verso accorato può accompagnarci nella solitudine e aprire la porta all’anima verso orizzonti senza fine. 

    Cara vita Grazie per avermi donato un respiro in più che difficilmente restituirò al cielo.

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    RACCONTO DI UN PROFUGO

    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualc... Altro...
    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualche causa. Ed è vero, il dottor Goder parla della sua terra e della sua gente con l’orgoglio di chi non si tira indietro: in questa nuova devastante guerra, i curdi combattono il terrorismo dello Stato islamico in nome di tutto l’occidente. Goder, combatte questa guerra a modo suo: attivandosi per la pace e la salvezza dei suoi fratelli. Attende che il fato gli affidi un pezzo di campo profughi dignitoso, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto dignitoso per quei bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi, e volersi bene.

     

    "Non posso dimenticare il pianto di bambini migranti... lì sul limbo serbo dopo aver attraversato la rotta balcanica.

    Ho visto adulti e bambini ammalarsi, e morire di fame e di freddo.

    Ho fatto migliaia di chilometri a piedi, per arrivare sino a qui, con quei pochi soldi risparmiati in tutta una vita: denaro raccolto facendo le collette davanti alle chiese; ho venduto la casa che mi aveva lasciato mia madre e gli animali.

    Ora non ho più paura, il freddo è il meno che mi possa capitare.  

    Voglio andare avanti, come gran parte dei profughi afghani e pakistani accampati dentro le stazioni, ho attraversato mari e montagne in Iran e Turchia, mi sono fermato nei centri di accoglienza greci, bulgari, macedoni, prima di raggiungere Belgrado.

    Vorrei che qualcuno mi aiutasse, e aiutasse la nostra gente.

    In verità io penso che la gente non sia così stupida, ha solo bisogno di verità la gente come me...

    Mi sento completamente disarmato di fronte a tanta sofferenza.

    Siamo poveri e spogli di tutto e tanto sporchi di fango, ma quello che mi fa più male è il fango della loro indifferenza. L’indifferenza di chi sta meglio di noi, di chi non capisce e non può capire perché ha avuto una vita più facile della nostra.

    Oh Dio, quanto vorrei trovare un pezzo di terra! Un pezzo di campo profughi dignitoso, di attesa, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto per questi bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi.

    Cammino dentro la Storia. Una parte di Storia che non avrei mai voluto vivere.

    Dio, come sono straordinari quei bambini sfortunati, e nei loro occhi s’intravedono ancora le fiamme dell’inferno. Hanno ancora i segni di quelle fiamme, li portano anche sul viso, sulle braccia, sui piedini scalzi.

    Le mie parole si perdono oltre la sconfinata vallata.

    Perché è facile parlare di guerra senza averla mai vista, senza saperne nulla, senza conoscerne gli effetti devastanti sulla vita – ma quando ti ci trovi davanti, capisci che le parole giuste, in realtà, non esistono.

    Esistono, al più, silenzi giusti, e forse, in taluni casi, neanche quelli.

    Decine di centinaia di famiglie siriane sono fuggite dal clamore della guerra, nascoste in silenzio in casolari, stalle, garage abbandonati di questa splendida, meravigliosa città di frontiera.

    Rifugi abbandonati da chi, prima di loro, è fuggito dal fragore dei missili, dalla certezza della morte.

     Da questo confine sono verosimilmente passati più di quattro milioni di profughi.

    Un'intera generazione di bambini siriani sta crescendo senza avere mai conosciuto la pace.

    Non c’è stata pace per noi. La mia infanzia era scandita da bombe e morti, mio padre restava nascosto in casa per non essere preso e mandato a combattere contro gli iraniani in una guerra non nostra.

    La mia, era una bella famiglia, ricca delle cose essenziali, amore e cultura; amavo la musica e i miei mi fecero studiare pianoforte.

    Non potendo mai uscire da casa per la guerra, suonavo tutto il giorno la pianola... poi un giorno, decisi di scappare.

    Ben presto, però l’invasione irachena spezza ogni sogno e ci costringe a un esodo biblico: tra le colonne interminabili che s’inerpicano sulle montagne desertiche, c’è anche il mio piccolo fratello Omar.

    L’arrivo in campo profughi, il freddo, la calca tra bambini per afferrare cibo e acqua dai camion di aiuti rende la nostra casa, un sogno lontano, pensavo alla mia pianola, che non l’avrei più rivista... eravamo nudi e senza niente.

    Ho sofferto come un cane, per non poter donare il mio aiuto agli altri, cosa potevo dare ai miei sfortunati fratelli se io stesso non avevo nulla... neanche il fiato per respirare, e neanche più gli occhi per piangere.

    È stato allora che, decisi di diventare medico.

    Volevo offrire qualcosa al mio popolo innocente e disgraziato. Noi curdi chiedevamo solo pace, ma nei secoli siamo sempre stati aggrediti e martoriati.

    Anche oggi, siamo in guerra contro Isis. Sono stati anni duri, a causa dell’embargo e della nuova guerra tra Usa e Iraq; mancava la corrente e studiavo con la boccetta di petrolio accesa sui libri, ma non demordevo, e i miei genitori fecero di tutto perché io e mio fratello minore avessimo un’istruzione.

    Avrei voluto conquistare almeno la dignità di essere riconosciuto come un essere umano e il diritto di sognare un futuro per me e per gli altri. Che poi è l’unica ragione che muove il mondo, e lo rinnova.

    Il mondo è abbastanza grande da accogliere tutti quanti noi, apriamo le porte, costruiamo i ponti, edifichiamo la pace. Perché malattie e morte ce ne sono state abbastanza... e non serve solo odiare e condannare.

    Bisogna trovare la forza per unirsi contro la barbarie e la violenza, non solo per garantire e difendere la democrazia, minacciata da forze oscurantiste d’inusitata mostruosità.

    È da condannare ogni silenzio nei confronti di queste tragedie e bisogna invece sostenere chi da sempre è impegnato in prima linea per il dialogo tra le religioni e le culture e per lo sviluppo dei principi di pluralismo e rispetto della libertà.

    È stata una giornata molto intensa.

    Affiora la stanchezza e sono tanti i sentimenti che ho accumulato in tutte le visite che ho fatto. Davanti ai miei occhi scorrono gli occhi di tutte le bambine e i bambini che ho incontrato, abbracciato e ascoltato.

    Gli occhi appassionati degli operatori sanitari che ho ammirato.

    Qualcuno di noi cede e da spazio alle lacrime: è giusto così, non si riesce a tenere tutto dentro, non è umano. Come è disumana questa guerra, anche se è, voluta da uomini.

    Oggi Sento forte l'orgoglio di lavorare per chi ha bisogno.

    Oggi sono un medico del mondo, sono il soccorritore dei poveri e dei miseri.

    Il lavoro che faccio sul campo è indispensabile ed efficace allo stesso tempo.

    Sì, perché... mentre tu hai una cosa, può esserti tolta. Ma quando tu dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro te la può rubare.

    E allora è tua per sempre.” Il silenzio e l’indifferenza, certe volte, fanno più danno delle bombe.”

    Teresa Averta

     

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    I MIEI MARI

    Abbraccio questo troncoabbandonato in questa rivache ha il sapore di saledi un oceanoChe si schiantòprima o dopo il mio naufragioe osservo la schiuma biancarimasta appiccicata sul mio corponello strappo ferocedelle tue piume volate sulle nuvole.Vicino a me eriCiò che dovevi essere,e ora sei disteso in un’urna d’acquae come una reliquia riposi in una vetrinaquasi fossi una bombonierainfrangib... Altro...

    Abbraccio questo tronco

    abbandonato in questa riva

    che ha il sapore di sale

    di un oceano

    Che si schiantò

    prima o dopo il mio naufragio

    e osservo la schiuma bianca

    rimasta appiccicata sul mio corpo

    nello strappo feroce

    delle tue piume volate sulle nuvole.

    Vicino a me eri

    Ciò che dovevi essere,

    e ora sei disteso in un’urna d’acqua

    e come una reliquia riposi in una vetrina

    quasi fossi una bomboniera

    infrangibile.

    Sudicio di luce

    Ti pulisti per rientrar

    nel buio dell’embrione in cui nascesti.

    Mi sono avventurata nell’universo

    a raccoglier per te

    migliaia di stelle…

    ma le spegnevi tutte

    ad una, ad una.

    E qui meglio

    mi sono riconosciuta,

    non ero per te “albero maestro”.

    Di mari ne ho attraversati tanti

    ma dentro le tue lacrime

    non avevo mai navigato.

    Non biasimo i tuoi sogni,

    adagiati nella culla dei ricordi

    ma lasciarmi naufragare

    nel silenzio

    è storia senza cuore

    e senza tempo…

    e in quelle occulte mani

    hai lasciato scivolare

    il senso della vita

    che non si è perso. Era il mio!

    Quella rara Felicità

    che ho accolto e compreso

    quando ho attraversato i “miei mari”.

    E in quell’azzurro mi sono rimescolata

    E in mezzo a quelle onde…

    ho lasciato andare mille tempeste.

    Mi sono conosciuta e amata,

    e non ho avuto più paura.

    La forza era il cielo riflesso nel mare.

    Il coraggio ero io che cercavo la riva,

    il porto sicuro,

    questi sono i miei mari,

    la mia nostalgia.

    La schiuma si è sciolta…

    su questo tronco solitario

    e i pesci danzano ancora nell’acqua.

    Or ch’è di nuovo è giorno

    la mia anima mi pare una corolla

    perché dentro i mari:

    son capitano della mia dolce vita.

    Teresa Averta

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