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    La fine di tutto – Daniele Bomboi

    Fabrizio è un giovane che pensa di svoltare la sua triste vita, accettando di partecipare ad una rapina, scoprendo di possederne il sangue freddo necessario. Ma le cose non vanno sempre come previsto ed un effetto domino di eventi inaspettati, rovinano i suoi piani. Il fallimento che aggiunge disperazione alla sua già precaria esistenza, lo spinge ad abbandonare tutto e scappare lontanissimo, di... Altro...

    Fabrizio è un giovane che pensa di svoltare la sua triste vita, accettando di partecipare ad una rapina, scoprendo di possederne il sangue freddo necessario. Ma le cose non vanno sempre come previsto ed un effetto domino di eventi inaspettati, rovinano i suoi piani. Il fallimento che aggiunge disperazione alla sua già precaria esistenza, lo spinge ad abbandonare tutto e scappare lontanissimo, diventando solamente un vago ricordo. L'ossessione del raggiungimento della felicità, confusa troppo spesso con la futilità del possesso, sembra rappresentare un labirinto scuro ed infinito. Un'illusione che non lascia scampo. Un'iperbole irraggiungibile.

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    La zona in nero Vol. 1

    Brugherio, 2014. Federico Galimberti è appena ritornato in città dopo un anno trascorso in Romania per lavoro. Viene a sapere che, in un bosco nelle vicinanze, è stata scoperta una fossa contenente ossa umane, oltre a pochi resti di effetti personali, appartenenti ad un numero imprecisato di persone. La stampa parla di un assassino seriale. Lo ha battezzato lo Scarnificatore, perché lascia le ... Altro...

    Brugherio, 2014. Federico Galimberti è appena ritornato in città dopo un anno trascorso in Romania per lavoro. Viene a sapere che, in un bosco nelle vicinanze, è stata scoperta una fossa contenente ossa umane, oltre a pochi resti di effetti personali, appartenenti ad un numero imprecisato di persone. La stampa parla di un assassino seriale. Lo ha battezzato lo Scarnificatore, perché lascia le ossa delle vittime completamente spolpate.Dalle foto sui giornali, Franco, un amico di Federico, riconosce un oggetto appartenente ad una persona del suo passato.Federico e Franco, coinvolgono Rebecca, sorella di quest’ultimo e altri due amici, Alessio e Martina, ed iniziano un’indagine parallela a quella ufficiale.Scoprono così che l’omicida è attivo da decenni, almeno dal 1963.E’ davvero un serial killer? O forse una setta segreta di invasati? Il pericolo è dietro l’angolo, perché ad interessarsi ai delitti sono in tanti, e non tutti hanno buone intenzioni.

    Perché ho scritto questo libro?

    Amo la lettura da sempre. Fin da quando ero ragazzo mi sono chiesto cosa si provasse a scrivere un romanzo, a creare una storia e a metterla sulle pagine di un libro. Ho deciso quindi di provare a farlo. Ho scritto di luoghi e cose che conosco e che, in vari modi, sono per me importanti. Ho scritto una storia che parla di amicizia, di dedizione, di coesione come strumenti per combattere la meschinità, l’avidità e l’orrore.

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    “Autobiografia di mio padre" di Gloria Vocaturo

    “Autobiografia di mio padre” è l’esordio nella narrativa della poetessa Gloria Vocaturo, che ha voluto offrire ai lettori un’opera emozionante in cui ricorda l’amata figura paterna e in cui allo stesso tempo omaggia la sua intera famiglia, il perno attorno a cui ruota la sua esistenza. Il romanzo è narrato in prima persona dal padre dell’autrice, Romeo, anche se in realtà è lei ste... Altro...

    “Autobiografia di mio padre” è l’esordio nella narrativa della poetessa Gloria Vocaturo, che ha voluto offrire ai lettori un’opera emozionante in cui ricorda l’amata figura paterna e in cui allo stesso tempo omaggia la sua intera famiglia, il perno attorno a cui ruota la sua esistenza. Il romanzo è narrato in prima persona dal padre dell’autrice, Romeo, anche se in realtà è lei stessa a donargli il fiato, le memorie e a riempire gli spazi vuoti; nonostante ciò è come se fosse proprio lui a parlare, mentre si trova in una dimensione trascendente molto vicina ai suoi cari, e anche a noi.

    Le parti narrative in cui viene raccontata la storia terrena di Romeo e della sua famiglia sono intervallate da brevi istantanee, dei veri e propri soliloqui, in cui egli esprime i suoi pensieri sulla sua nuova condizione spirituale; egli avverte la mancanza dei suoi affetti ma allo stesso tempo respira un amore totalizzante, che lo riempie di pace. Dalla saggezza delle sue parole emerge la certezza che niente va perduto, che ogni cosa che si dissolve si ricrea e che i legami sinceri e puri vivono per sempre.

    L’autrice unisce vita e morte in un unico, appassionante dialogo, che non termina mai e che si rafforza nell’amore; nell’opera l’esistenza terrena e quella spirituale si intrecciano saldamente permettendo una serena elaborazione del lutto, che non vede nel trapasso una chiusura netta e definitiva bensì un naturale proseguimento del cammino di un’anima. La morte non è quindi la negazione della vita ma è parte di essa, e in questa verità di fede si intravede tutta la potenza e la bellezza dell’esistenza.

    Gloria Vocaturo invita alla riflessione profonda e sincera su ciò che per noi è il senso della vita, della famiglia e dell’amore, e ci offre un’intensa opera che diventa lo specchio attraverso cui osserviamo noi stessi, con le nostre fragilità e paure, con i nostri dubbi e dolori; in questo riflesso arriviamo alla fine a comprendere che non c’è timore, sofferenza o incertezza quando si crede nell’eternità.

    SINOSSI DELL’OPERA. Un romanzo intimo, emozionale, emozionante. In “Autobiografia di mio padre” Gloria Vocaturo affronta i valori fondamentali della vita: la famiglia, la morte, la spiritualità. Leggendo, si respira l’eternità: i “Soliloqui” fungono da elementi connettivi tra ciò che accade, la vita, e il suo significato spirituale; rappresentano la voce interiore che, post-mortem, rimane indelebile. Il padre diviene immortale. Molto efficace, nel racconto, è la dialettica costante tra la sua presenza terrena – le sue debolezze, la sua italianissima malinconia – e la sua persistenza nell’Altrove.

    BIOGRAFIA DELL’AUTRICE. Gloria Vocaturo, romana, vive a Napoli da venticinque anni.

    Laureata in Scienze Politiche, ha all’attivo due opere poetiche: “È solo parte di me” e “Speranza”. È inoltre presente in numerose antologie. “Autobiografia di mio padre” è il suo esordio in narrativa.

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    'Le foglie del destino', il fantasy di Motta

    La Natura e il suo mistero, il coraggio di una giovane donna, la conoscenza di se, la lotta contro il Male, sono i protagonisti del romanzo fantasy di Marco Motta, pubblicato da Albratos il Filo nel 2021, dal titolo Le foglie del destino, che ha per protagonista la druida Alys alle prese con il raggiungimento della propria identità.Questa la sinossi del romanzo: Haara, il pianeta della luna Viola... Altro...

    La Natura e il suo mistero, il coraggio di una giovane donna, la conoscenza di se, la lotta contro il Male, sono i protagonisti del romanzo fantasy di Marco Motta, pubblicato da Albratos il Filo nel 2021, dal titolo Le foglie del destino, che ha per protagonista la druida Alys alle prese con il raggiungimento della propria identità.

    Questa la sinossi del romanzo: Haara, il pianeta della luna Viola e Calideo, il pianeta della luna verde, sono legati all’insaputa dei loro abitanti, da un destino comune. La natura, sotto forma della divinità Agaty, richiede un cambiamento ciclico e la creazione di un nuovo pianeta frutto dalla fusione dei singoli. Gli strumenti della dea sono i Druidi Neri, la parte maschile degli utilizzatori della magia della natura, che attraverso il Male Nero, una contaminazione di tutto ciò che vive sui due pianeti, portano la morte e la conseguente rinascita nella nuova forma. Tuttavia, nel ciclo di morte e rinascita durante il quale le vicende sono narrate, i Druidi Neri attuano il loro piano di destabilizzazione di un processo millenario, cercando di creare un nuovo mondo sotto il proprio dominio.

    Una lotta per la sopravvivenza e per la giustizia dunque, che fa venire in mente i dibatti odierni intorno al Nuovo Ordine Mondiale, a cosa sappiamo davvero del mondo in cui viviamo e a quale davvero auspichiamo e se è davvero migliore di quello attuale.

    E come si può entrare nella realtà se non anche attraverso la lettura di un libro che come scrive Barbara Alberti nella prefazione al romanzo di Motta, è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno?

    Il sogno in questione è quello che ci porta a fare Motta: qualunque sia l’origine che si vuole dare alla parola druida, le immagini ad essa legate evocheranno riti magici e profezie in una raduna nel bosco o attorno ad un cerchio di mehir, celeberrimo magalite monolitico.

    L’epilogo del primo romanzo della saga della druida bianca Alys porterà la giovane ad abbandonarsi consapevolmente al Male Nero per poter rinascere in una nuova forma. Così da capire parte di quanto sta avvenendo e poter accedere alla Magia Antica, arte dimenticata dagli abitanti di entrambi i pianeti.

    Le foglie del destino è un fantasy fresco e dal ritmo incalzante che unisce gusto per la visionarietà e riflessione, per una saga che promette successo. E questo primo libro è davvero sulla buona strada.

    Contatti

    https://www.gruppoalbatros.com/prodotti/le-foglie-del-destino-marco-motta/?msclkid=3f8050e2b5ba11ec860257f1613d3f4d

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    “VERSI VENERABILI"

    Tra i “VERSI VENERABILI” di Teresa Averta, teologa e scrittrice, il canto della poesia si fonde col canto della santità, in un luogo interiore dove si limita a «raccontare» la sua esperienza singolare, a scavare nel mistero dell’incontro salutare e salvifico tra l’io soggetto confitto in croce, il suo desiderio mondano di uscirne al più presto, l’imperativo divino di resistere. Teres... Altro...

    Tra i “VERSI VENERABILI” di Teresa Averta, teologa e scrittrice, il canto della poesia si fonde col canto della santità, in un luogo interiore dove si limita a «raccontare» la sua esperienza singolare, a scavare nel mistero dell’incontro salutare e salvifico tra l’io soggetto confitto in croce, il suo desiderio mondano di uscirne al più presto, l’imperativo divino di resistere. Teresa donna e credente ma anche appassionata di poesia, racconta semplicemente «il gemere» e gli «urli» della natura umana. Lei «ausculta», «analizza», «fotografa» ogni cosa: il bene e il male nell’uomo e lo tramuta in inchiostro dell’anima.

    Nella poetica dell’autrice si può intravedere il cantore raffinato dell’uomo nuovo e della donna nuova, introdotti nella storia dal Vangelo, si può sperimentare il martire cristiano che non muore subito per poter morire più volte al giorno, lo sguardo del confessore della fede che sta sulla breccia fino ai limiti della resistenza umana, il coraggio del poeta che usa un linguaggio estremo per arrivare al cuore dei crocefissi, dei vincitori e dei vinti e comunicare attraverso la “parola salvifica” la speranza di una redenzione.

    Una testimonianza questa che, per chi è capace di accoglierla, costituisce una lezione di vita mirabile, un richiamo luminoso, soprattutto in epoche e in culture, nelle quali si rischia di perdere perfino il ricordo di quanto possa fare l’uomo, quando c’è l’aiuto della grazia, per riappropriarsi in breve tempo del nome che Dio ha sognato per noi.

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    GLI OCCHI DI MARIA

    Maria, Madre mia!Oggi per un attimonegli occhi Ti ho guardatoe un sussulto nel cuoreforte ho sentito.In una culturache non ama l'umanità,affannosa diventala fatica del vivere,sii Tu, una Risposta Pienaalle nostre attese di Verità e Libertà.Avvìcinati e ascoltai nostri amari e urlati silenzi,fascia le ferite dell’animacon la dolcezza del tuo sguardo,accompagnaci nell'aspra solitudinecon un so... Altro...

    Maria, Madre mia!

    Oggi per un attimo

    negli occhi Ti ho guardato

    e un sussulto nel cuore

    forte ho sentito.

    In una cultura

    che non ama l'umanità,

    affannosa diventa

    la fatica del vivere,

    sii Tu, una Risposta Piena

    alle nostre attese di Verità e Libertà.

    Avvìcinati e ascolta

    i nostri amari e urlati silenzi,

    fascia le ferite dell’anima

    con la dolcezza del tuo sguardo,

    accompagnaci nell'aspra solitudine

    con un sorriso sincero.

    Sfioraci con una carezza,

    quando ci vedi tremare,

    baciaci con parole di pace

    e insegnaci ad Amare.

    Apri i tuoi occhi o Vergine Maria

    e guarda tutti i tuoi figli

    dispersi nel mondo...

    accoglili o Madre d'amore

    e per loro prepara una via.

    Raccoglici l'anima

    e danza con Noi

    ti seguiremo in terra e in cielo

    dove tu vuoi...

    Maria, Madre mia!

    Oggi per un attimo

    negli occhi Ti ho guardato...

    e ho capito di essere

    creatura tanto amata.

    Nel silenzio sono fiorita

    come un germoglio di poesia

    mi perdo nei tuoi occhi...

    mi perdo o Maria, madre mia.

    Teresa Averta

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    Ombra di Morte

    Dopo tre morti misteriose, la notizia che un velenosissimo serpente si aggira libero nel Parco del Farneto getta la città di Trieste nel panico.Com’è arrivato fin lì? Cosa si può fare per neutralizzarlo?La polizia è mobilitata in forze, mentre un giovane erpetologo, Daniel Peruzzi, segue una sua pista personale e si innamora di Martina Guerrini, una giornalista.I giorni passano e la tension... Altro...

    Dopo tre morti misteriose, la notizia che un velenosissimo serpente si aggira libero nel Parco del Farneto getta la città di Trieste nel panico.

    Com’è arrivato fin lì? Cosa si può fare per neutralizzarlo?

    La polizia è mobilitata in forze, mentre un giovane erpetologo, Daniel Peruzzi, segue una sua pista personale e si innamora di Martina Guerrini, una giornalista.

    I giorni passano e la tensione cresce: le ricerche non danno esito, e intanto il serpente continua a colpire, inafferrabile, aggressivo, mortale.

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    Addendum

    Quando il cadavere di un senzatetto viene rinvenuto nei cunicoli oscuri e maleodoranti delle viscere di Milano, l’investigatore Alessio Baldi viene affidato al caso; suo il compito di trovare l’assassino.Ma quello che scopre sottoterra, dove vive un popolo intero di diseredati, di reietti della società, va oltre ogni possibile immaginazione: sembra che in quel mondo di tenebre si celino dei m... Altro...

    Quando il cadavere di un senzatetto viene rinvenuto nei cunicoli oscuri e maleodoranti delle viscere di Milano, l’investigatore Alessio Baldi viene affidato al caso; suo il compito di trovare l’assassino.

    Ma quello che scopre sottoterra, dove vive un popolo intero di diseredati, di reietti della società, va oltre ogni possibile immaginazione: sembra che in quel mondo di tenebre si celino dei mostri leggendari, miti di una leggenda metropolitana.

    Alessio si troverà a lottare contro il tempo per trovare queste orrende creature, colpevoli di tanta ferocia… e per fermarle.

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    NELLO SPAZIO DI UN ATTIMO

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle ... Altro...

    Maria Montessori è una figura pilastro della pedagogia italiana e mondiale del Novecento. Madre della Pedagogia scientifica è anche l’ideatrice delle “Case dei Bambini” ed ha esportato il proprio Metodo in tutto il mondo. Oltre che una grande pedagogista, la Montessori fu anche una attiva sostenitrice delle battaglie per l’emancipazione femminile, per il riconoscimento dei diritti delle persone con deficit, dei poveri e degli sfruttati. Una donna poliedrica Maria Montessori, che nella sua vita si è dedicata allo studio, alla ricerca, al miglioramento della società mediante l’educazione, nella speranza di poter costruire, attraverso essa, un mondo di pace. Ancor oggi, la neuropsichiatra infantile ideatrice di uno dei sistemi educativi più noti e adottati in migliaia di scuole nel mondo, ’gioca’ ancora e sempre di più con i suoi bambini e lo ricordano i bambini, i genitori e le maestre che come me hanno deciso di dedicarle una lode poetica, in sua perenne e felice memoria.

    Ci sono donne

    che vivono fuori dal tempo

    che abitano

    perché sognano spazi

    infiniti dove non entrano.

    Ci sono maestre di libertà

    e democrazia,

    che non sanno cosa scegliere

    tra la verità

    e il sorriso di un bimbo.

    Ci sono donne

    sacerdotesse spericolate,

    che non hanno paura di immolarsi

    pur di promuovere un cambiamento.

    E l’istruzione è poca cosa

    se non insegna ad essere educati

    alla libertà di decidere

    se essere uomini o soldati.

    La pace la trovi

    in assenza di guerra

    quando le armi

    sono la luce e la conoscenza

    e la scuola diventa il giardino dei bimbi.

    Che sono fiori da coltivare

    diversi per bellezza e colore…

    loro, innocenti e puri,

    i veri maestri dell’umanità.

    E tu Maria di bellezza nascosta

    fosti la “Monnalisa” chiamata,

    a sacrificare la tua immagine

    per renderla immortale ai posteri.

    Nessun riverbero di egoismo

    sul sentiero dei diversi,

    dove ti seguirono gli angeli

    nella capanna del silenzio.

    Se insegnare è una missione

    tu l’hai incarnata a pieno titolo,

    vestendoti di semplice umanità

    e cancellando brutture e castighi.

    Non hai atteso “la manna dal cielo”

    ma hai aperto un varco nel cosmo

    hai messo fine a violenze e conflitti

    educando alla gioia, i bambini.

    È il tuo sguardo all’anima

    che racconta i sogni,

    e se dovessi raccontare

    di te alla posterità

    direi che sei tra le stelle

    come "il sole" in verità.

    In quel giardino fresco

    e fiorito brilli,

    dove ogni farfalla variopinta

    si posa tra le tue dita,

    pronta a volare

    nello spazio di un attimo.

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    La finestra dei pensieri: silloge poetica

    L’intento del libro “La Finestra dei Pensieri”, angolo poetico, da cui si affaccia l’animo umano della nostra autrice Teresa Averta, è quello di poter offrire ai lettori, uno sguardo lungo e profondo nel mondo per far crescere e riscoprire un genere che ormai il tempo sembra aver dimenticato, ma che attraverso il suo gentile e coraggioso contributo può rinascere, perché la poesia è la ... Altro...

    L’intento del libro “La Finestra dei Pensieri”, angolo poetico, da cui si affaccia l’animo umano della nostra autrice Teresa Averta, è quello di poter offrire ai lettori, uno sguardo lungo e profondo nel mondo per far crescere e riscoprire un genere che ormai il tempo sembra aver dimenticato, ma che attraverso il suo gentile e coraggioso contributo può rinascere, perché la poesia è la vita scritta fra gli spazi bianchi del cuore. Il lettore per comprendere a pieno le motivazioni di questa nuova raccolta poetica dovrebbe andare a comprendere la definizione che la poetessa dà alla sua opera, quando la descrive come un “diario delle emozioni”: un “dizionario di lingua naturale” o un “diario esistenziale di bordo”, per raccogliere appunti di viaggio, tracciare camminamenti, seguire orme e lasciare impronte delle proprie esperienze, del proprio “sentirsi umana” in mezzo agli uomini. Quasi che la poesia fosse una mappa variopinta di sensazioni e di emozioni da seguire e vivere. La poesia, unica lingua dei viandanti.

    Teresa Averta non è solo creatrice di poesia. Teresa è lei stessa poesia, laddove per poesia si intenda purezza del vivere, riflessione e meditazione in compagnia del creato, assaporare e interiorizzare la magia della vita. Che non si disperde nelle futilità ma si ritrova nella ricerca del senso e nella capacità di trasformare il male in bene.

    Nei versi di Teresa si avverte una stupenda tenerezza, una singolare innocenza, un’attesa di vivere appieno la propria esistenza assaporandone ogni infinitesimale frammento d’anima.

    Se la letteratura è vita, la poesia lo è ancor di più, poiché non è altro che la rappresentazione scritta della nostra intima essenza. Riflesso del cuore in un unico battito universale. Rappresentazione immediata della percezione dell’occhio interiore. In quel preciso momento in cui ci si libera da ogni vincolo mentale e morale, mettendo da parte la razionalità, si diventa finalmente se stessi nella maniera più autentica e pura. Ed è in quel momento che nasce la magia e si ottiene anche il raggiungimento della felicità. Improvvisamente ci si sente trasportati tra i versi, ci sembra quasi di fluttuare nell’aria, di prendere il volo tra le parole e l’infinito. Le parole: non sono più soltanto parole ma energia pura, piacere sublime, essenza di emozioni, profumo di eternità. La vita diventa luminosa, di una luminosità mai vista prima.

    La finestra dei pensieri è un viaggio letterario e spirituale che trasmette una grande sensibilità interiore, una geografia poetica che accompagna i lettori, in maniera serena e curiosa, audace e misteriosa, in mondi altri e verso nuovi orizzonti da scoprire.

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    Krampus – La leggenda è viva

    Marco, Simona, Anna e Danilo hanno deciso di trascorrere il Capodanno sulle montagne della Carnia, in Friuli Venezia-Giulia, nello chalet di un loro coetaneo. Durante il viaggio, però, una valanga li manda fuori strada e li costringe a fermarsi. Usciti miracolosamente illesi dall'incidente, vengono soccorsi da Andrea, giovane abitante dello sconosciuto e vicino villaggio di Val Chiara, che si pro... Altro...

    Marco, Simona, Anna e Danilo hanno deciso di trascorrere il Capodanno sulle montagne della Carnia, in Friuli Venezia-Giulia, nello chalet di un loro coetaneo. Durante il viaggio, però, una valanga li manda fuori strada e li costringe a fermarsi. Usciti miracolosamente illesi dall'incidente, vengono soccorsi da Andrea, giovane abitante dello sconosciuto e vicino villaggio di Val Chiara, che si propone di aiutarli. Il ragazzo li scorta in paese, dove i quattro vengono curati e rifocillati. E, in attesa che la loro auto sia rimessa in sesto, decidono di affittare una casa. Quasi subito, però, si rendono conto che c'è qualcosa di molto strano che aleggia per le vie e per le case di Val Chiara e che coinvolge anche e soprattutto le montagne circostanti. Una leggenda nera getta il suo manto di terrore sul paese, una leggenda che coinvolge l'ultimo mese dell'anno e che parla di una creatura mostruosa, che può essere saziata solo con carne umana. Uno dopo l'altro, i quattro amici dovranno intraprendere una disperata corsa contro il tempo per mettersi in salvo. Ma chi è il vero mostro? Da chi ci si deve guardare davvero?

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    Sull'autofiction e altre menate…

    Leggevo di recente un articolo del poeta e scrittore Roberto Pazzi in cui si lamentava del fatto che oggi vada per la maggiore l'autofiction (Saviano, Giuseppe Genna, Walter Siti, Teresa Ciabatti, etc) e sia troppo diffuso il "microautobiografismo". Secondo questa scuola di pensiero troppi autori sono egoriferiti, sono troppo coinvolti emotivamente, non riescono a mettere a distanza le loro cose d... Altro...
    Leggevo di recente un articolo del poeta e scrittore Roberto Pazzi in cui si lamentava del fatto che oggi vada per la maggiore l'autofiction (Saviano, Giuseppe Genna, Walter Siti, Teresa Ciabatti, etc) e sia troppo diffuso il "microautobiografismo". Secondo questa scuola di pensiero troppi autori sono egoriferiti, sono troppo coinvolti emotivamente, non riescono a mettere a distanza le loro cose della vita, non riescono a utilizzare un sufficiente distacco (forse semplifico, ma in realtà certe ragioni vengono sottintese e mai esplicitate). A tale riguardo scrivevo in tempi non sospetti, ovvero 30 anni fa, che la vita è un'immagine che si può mettere a fuoco solo quando si è distanti. Ma secondo un'altra scuola di pensiero "Madame Bovary c'est moi", così come è sempre valido il detto veneto "pittore parla dei quadri", ovvero noi stessi siamo la materia che conosciamo meglio (questo secondo molti. Alcuni come il poeta Vittorio Orlando affermano che l'unico progresso è quello interiore). Secondo questa seconda scuola di pensiero perché dovremmo inventare eventi o personaggi quando possiamo prendere a piene mani dalle nostre vite? In fondo mi chiedo io chi ha detto che per passare dal particolare all'universale bisogna per forza trasfigurare e creare? Perché non attingere totalmente o quasi dalle nostre vite? Perché non trattare di noi invece di creare mondi fittizi? Aggiungo anche che le neuroscienze hanno dimostrato, grazie all'utilizzo della risonanza magnetica funzionale, che la mente umana attiva undici aree cerebrali ogni volta che immagina, ma è anche vero che immaginare non è creare ex novo o creare ex nihil. L'immaginazione umana manipola e combina vecchie immagini. Che poi le immagini mentali ci suggestionino e influenzino direttamente la nostra vita è vero, ma è altrettanto vero che anche l'artista con più immaginazione inizia sempre dal materiale preesistente della sua vita. L'autofiction è perfettamente in linea con tutto ciò.  E allora perché deve essere visto male parlare di sé? Perché uno scrittore deve parlare d'altro per poi finire immancabilmente di parlare di sé stesso? Perché fingere totalmente ? Perché parlare d'altro!? Perché fare un gioco di sponda? Perché traslare? Perché non affrontare subito e in tutta onestà ciò che ci sta più a cuore o forse ciò che ci riguarda di più, ovvero noi stessi? Chi ha detto poi che dei fatti biografici non possano creare empatia e rispecchiamento? Forse l'autofiction è il punto d'incontro ottimale tra realtà e finzione. Certo parlare di sé significa avere più remore, significa autocensurarsi, avere più inibizioni, andare incontro a disapprovazione sociale, ma è altrettanto vero che scrivere significa mettersi a nudo. Poi ci potrebbero essere delle grane legali a parlare troppo della propria vita. Se uno scrive di fantasia ogni riferimento è puramente casuale. Se il libro è autobiografico ogni riferimento può essere causale e possono perciò fioccare le querele. Forse anche in questo caso l'autofiction è la strada migliore. Inoltre oggi i libri subiscono un editing molto forte in nome del politicamente corretto: questo forse vuol dire che in fondo è più ammissibile per il pubblico una storia inventata con alcune venature maschiliste per esempio che un romanzo autobiografico, dato che nel primo caso uno si può sempre difendere dicendo che punto di vista dell'autore e quello della voce narrante non necessariamente coincidono. Se un lettore moralista vuol pensare male lo farà anche di fronte a una storia erotica inventata di sana pianta, sostenendo che certe cose per scriverle così bene bisogna averle provate. Certo c'è anche chi ce l'ha con l'autofiction perché troppo confessionale, troppo intima. Sarebbe prima di tutto una questione di pudore, di discrezione per taluni, fino a sentenziare che i fatti propri di questo o quell'autore non interessano a nessuno. Ma allo stesso tempo non tutta la fantascienza, non tutto il fantasy o non tutto il realismo magico interessano ai più! Un altro motivo per cui si può criticare l'autofiction è la parte saggistica in ogni suo romanzo oppure quella metaletteraria. C'è anche chi dice che con l'autofiction non hanno inventato niente perché essa esisteva da secoli. C'è infine chi non critica totalmente il genere, ma pensa che l'autofiction dovrebbe essere scritta meglio. Insomma come al solito in molti si azzuffano e i libri non si vendono. In tutta onestà non tutti i dettami della critica devono per forza corrispondere al vero, così come non sempre il successo di un genere decretato dal pubblico deve per forza essere garanzia certificata di chissà quale qualità. Che poi sia che un autore si rivolga all'interno o all'esterno ci sarà pur sempre una concavità o una convessità, una introflessione o una estroflessione: insomma la lente sarà sempre deformante, ci saranno perciò sempre delle deformazioni nell'opera. Che cosa c'è davvero di oggettivo nell'arte e nel mondo interiore? Quando uno studente chiese al grande matematico  Caccioppoli quale fosse la legge più vera in assoluto, ebbene lui rispose: "Al cuore non si comanda". Un altro grande matematico, Galois, fu la dimostrazione che "al cuore non si comanda": fece un duello per difendere la donna che amava e sempre per amore, questa volta della sua disciplina, rivide e corresse tutti i suoi appunti la notte prima del duello in cui morì. In definitiva mi sembra che queste due scuole di pensiero (pro autofiction o contro) ripropongano in piccola parte l'antica disputa realismo/idealismo. Ritengo che la scelta artistica di trattare di sé o di altri può maturare in base all'introversione/estroversione dell'autore e quindi dalla sua personalità di base. C'è sempre un orientamento verso l'io o il mondo, una predilezione accentuata. Nessuno riesce a stare a metà strada tra queste due polarità. Forse non è una caratteristica umana riuscire a trovare l'equilibrio e anche l'armonia tra le due cose. Io e mondo sono mutuamente esclusivi. Ci sono autori che hanno un atteggiamento quasi schizoide sulla polarità da scegliere. Kafka scrisse: "Non esiste altro mondo fuorché il mondo spirituale. Quello che noi chiamiamo mondo sensibile è il Male del mondo spirituale". Sempre Kafka in "Quaderni in ottavo" scriveva: "Quanto misera è la conoscenza che ho di me stesso, paragonata – poniamo – a quella che ho della mia stanza. Perché? Non esiste un’osservazione del mondo interiore, come ne esiste una del mondo esterno. La psicologia descrittiva è in complesso un antropomorfismo, un modo di intaccare i limiti. Il mondo interiore si può solo vivere, non descrivere. – La psicologia è la descrizione del rispecchiarsi del mondo terreno sulla superficie celeste, o meglio: la descrizione di un rispecchiamento, come ce lo immaginiamo noi, creature impregnate di terra, perché in realtà non c’è alcun rispecchiamento, siamo solo noi che vediamo terra dovunque ci volgiamo". È difficile trovare l'equilibrio interiore, ma altrettanto è difficile trovare quello artistico. È difficile scegliere dove volgersi, se verso lo scavo di sé o verso l'estensione nel mondo. A ogni modo non bisogna scegliere in base alle mode del momento, ma in base a ciò che sentiamo noi stessi dentro. Ben sapendo che qualsiasi cosa scegliamo ci sarà qualcuno che ce lo rinfaccerà. Comunque sia, come ha detto Walter Siti: "“Lo stile non si preoccupa del like”.

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    LA MATITA SDRUCCIOLINA

    La matita sdrucciolinacanticchiava ogni mattinaio non voglio disegnare          e nemmeno accorciare.Sono lunga e affusolatabella, a punta, e colorata.Non mi mettere bambino                                                      proprio dentr... Altro...

    La matita sdrucciolina

    canticchiava ogni mattina

    io non voglio disegnare          

    e nemmeno accorciare.

    Sono lunga e affusolata

    bella, a punta, e colorata.

    Non mi mettere bambino                                                      

    proprio dentro al temperino

    lui è forte anche se è vecchio

    ed io finisco dentro al secchio.

    Se Disegno e mi consumo

    non è colpa di nessuno

    la carta bianca è il mio regno

    e dovunque lascio un segno.

    Qualche volta faccio errori

    ma camuffo coi colori.

    E se devo dirla tutta

    non mi va di esser distrutta,

    se la gomma mi cancella

    io divento ancor più bella.

    Cose grandi realizziamo

    se mi sai tenere in mano.

    Teresa Averta

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    CARA VITA

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e... Altro...

    Cara vita, oggi sono qui, nel mio angolo di cielo, dove posso ancora aprire le mie ali stanche; si è vero, lo so, le ho consumate queste ali volando in territori difficili, affascinanti, vibranti. In alcuni momenti ho percorso le strade tortuose dell'esperienza umana, senza mai respirare, ma buttando il cuore sempre oltre le apparenze, oltre la “normalità”, in nome di quel senso di verità e giustizia che mi hanno trasmesso i miei genitori. 

    Sono caduta molte volte, come un soldato in battaglia che non si lecca le ferite, ma le conserva come distintivi di vita vissuta.  Ho conosciuto il dolore forte non solo quello fisico ma anche quello dell’anima, sono scesa come Dio agli inferi e in quel profondo abisso, ho ritrovato la luce. Ho amato e sono stata molto amata. Sempre accompagnata da quell’inquietudine che tende uno sguardo oltre le apparenze e che ricerca nei pertugi della sofferenza, la voce stanca di quel mondo degli “invisibili”, e non mi sono intimidita dalle forme disegnate dalla caducità delle nostre esistenze, ma ho alzato la voce contro l’odio e la guerra. Non riesco a girarmi davanti alle ingiustizie, e non riesco a fare grandi mediazioni. 

    Ho saputo, però, lavorare con sacrificio e pazienza e ho trovato rari rifugi, dove poter sostare e osservare; molto spesso per curare insolite ferite e scoprire nuove vitalità. Un atteggiamento caratteriale che mi porta a stare al fianco degli ultimi con assoluta semplicità e istintività. Impossibile fare sodalizi con l’indifferenza, anche quando le necessità richiedono tempo solo per noi stessi. Questa esigenza etica che sento così forte, è il frutto del lavoro testimoniale della mia famiglia. Una grande fortuna, penso, è stata il non aver perso la visione di nessuno di questi rifugi dove conserviamo beni e valori preziosi che vivono sulla linea dell’idealità e di una profonda spiritualità. Rappresenta, per me un autentico toccasana quando le difficoltà della vita hanno riempito le notti buie abitate da fantasmi impudenti. 

    Certo, in questo cammino, si guarda avanti, senza però, dare per scontato nulla. Spesso mi faccio trascinare dal cuore, dalle sensazioni, dalla voglia di vita, dalle passioni; a volte, però, lascio al silenzio e allo sguardo, le ali per girovagare, perché entrambi hanno le loro grammatiche, i loro segreti e le loro rivelazioni. Ma ritrovo sempre la vita con le sue narrazioni disegnate con una bellezza a volte bizzarra ma sempre entusiasmante, e si ritrova a volte uno squarcio di vita anche nei ricordi più tristi, in pezzi di dolore non digeriti ma sapientemente conservati per sentirci ancora vivi. 

    E allora caro angelo che sei lassù... ti ho scritto davanti alla vita perché tu capisca che ancora la sento e mi ascolto; mi ascolto nel cuore, dove ti cerco, e ti trovo ancora nell’aria e nelle stelle, nei segreti della mia anima e fra la gente. Ho cercato, tra i ricordi più belli, questa foto vecchia e ingiallita, fotogramma non di una vita finita ma di un felice pezzo di storia. Non importa con quali abiti e con quali colori ti porgevo un fiore ma pensavo a te, al profumo della vita che mi hai lasciato addosso. In quel fiore c’era impresso il segno dell'Amore che hai seminato nella nostra esistenza donata alla terra, e se cerchi di guardare o spiare nel cuore per vedere, ancora ci sono intatti i segni delle carezze donate, delle sofferenze e della vita germogliata, ancora ci sono i segni delle tue amorevoli braccia.

    -Poche parole per la conquista del bene, la vita merita di essere vissuta solo se crediamo nei valori, perché questi rimangono, anche dopo la nostra morte- erano queste le tue parole nella quiete del tempo. Se frughiamo tra le ferite con l’amore nelle mani, le cicatrici son tante, e la lotta è stata dura e lo è ancora ma hai vinto tu, hai donato fino all’ultima goccia del tuo sangue per un martirio di salvezza. 

    E ora così, sommessamente, in punta di piedi, "togliendomi i calzari", mi son permessa di bussare alla tua porta; forse per un bisogno del cuore, per dirti che posso camminare ancora nuda nella tua anima; per scoprire la bellezza della luce, sì, di quel raggio di sole che mi lasciasti e che non va più via, ma è nascosto fra le righe della mia poesia. 

    Ti scrivo ogni giorno... ti scrivo perché la vita va vissuta e scritta per non dimenticare i momenti, la meraviglia, il dolore e la gioia di sapere che nulla è per sempre, e che solo un ricordo, una lettera mai scritta, un verso accorato può accompagnarci nella solitudine e aprire la porta all’anima verso orizzonti senza fine. 

    Cara vita Grazie per avermi donato un respiro in più che difficilmente restituirò al cielo.

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    RACCONTO DI UN PROFUGO

    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualc... Altro...
    Un medico di nazionalità curda, ricorda ancora le bombe, gli aerei di guerra sempre in volo, la paura di suo padre che non andava a lavorare ma si nascondeva perché temeva di essere reclutato per andare a combattere contro l’Iran, in una guerra senza senso. Dice che i bambini non la capiscono mai, la guerra, ma imparano a combatterla, a loro modo, prima sopravvivendo, poi impegnandosi in qualche causa. Ed è vero, il dottor Goder parla della sua terra e della sua gente con l’orgoglio di chi non si tira indietro: in questa nuova devastante guerra, i curdi combattono il terrorismo dello Stato islamico in nome di tutto l’occidente. Goder, combatte questa guerra a modo suo: attivandosi per la pace e la salvezza dei suoi fratelli. Attende che il fato gli affidi un pezzo di campo profughi dignitoso, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto dignitoso per quei bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi, e volersi bene.

     

    "Non posso dimenticare il pianto di bambini migranti... lì sul limbo serbo dopo aver attraversato la rotta balcanica.

    Ho visto adulti e bambini ammalarsi, e morire di fame e di freddo.

    Ho fatto migliaia di chilometri a piedi, per arrivare sino a qui, con quei pochi soldi risparmiati in tutta una vita: denaro raccolto facendo le collette davanti alle chiese; ho venduto la casa che mi aveva lasciato mia madre e gli animali.

    Ora non ho più paura, il freddo è il meno che mi possa capitare.  

    Voglio andare avanti, come gran parte dei profughi afghani e pakistani accampati dentro le stazioni, ho attraversato mari e montagne in Iran e Turchia, mi sono fermato nei centri di accoglienza greci, bulgari, macedoni, prima di raggiungere Belgrado.

    Vorrei che qualcuno mi aiutasse, e aiutasse la nostra gente.

    In verità io penso che la gente non sia così stupida, ha solo bisogno di verità la gente come me...

    Mi sento completamente disarmato di fronte a tanta sofferenza.

    Siamo poveri e spogli di tutto e tanto sporchi di fango, ma quello che mi fa più male è il fango della loro indifferenza. L’indifferenza di chi sta meglio di noi, di chi non capisce e non può capire perché ha avuto una vita più facile della nostra.

    Oh Dio, quanto vorrei trovare un pezzo di terra! Un pezzo di campo profughi dignitoso, di attesa, dove le persone possono almeno nutrirsi e dormire. Un angolo anche buio e sporco ma pur sempre un posto per questi bambini costretti al nomadismo e alle privazioni, un momento di scuola dove trovarsi.

    Cammino dentro la Storia. Una parte di Storia che non avrei mai voluto vivere.

    Dio, come sono straordinari quei bambini sfortunati, e nei loro occhi s’intravedono ancora le fiamme dell’inferno. Hanno ancora i segni di quelle fiamme, li portano anche sul viso, sulle braccia, sui piedini scalzi.

    Le mie parole si perdono oltre la sconfinata vallata.

    Perché è facile parlare di guerra senza averla mai vista, senza saperne nulla, senza conoscerne gli effetti devastanti sulla vita – ma quando ti ci trovi davanti, capisci che le parole giuste, in realtà, non esistono.

    Esistono, al più, silenzi giusti, e forse, in taluni casi, neanche quelli.

    Decine di centinaia di famiglie siriane sono fuggite dal clamore della guerra, nascoste in silenzio in casolari, stalle, garage abbandonati di questa splendida, meravigliosa città di frontiera.

    Rifugi abbandonati da chi, prima di loro, è fuggito dal fragore dei missili, dalla certezza della morte.

     Da questo confine sono verosimilmente passati più di quattro milioni di profughi.

    Un'intera generazione di bambini siriani sta crescendo senza avere mai conosciuto la pace.

    Non c’è stata pace per noi. La mia infanzia era scandita da bombe e morti, mio padre restava nascosto in casa per non essere preso e mandato a combattere contro gli iraniani in una guerra non nostra.

    La mia, era una bella famiglia, ricca delle cose essenziali, amore e cultura; amavo la musica e i miei mi fecero studiare pianoforte.

    Non potendo mai uscire da casa per la guerra, suonavo tutto il giorno la pianola... poi un giorno, decisi di scappare.

    Ben presto, però l’invasione irachena spezza ogni sogno e ci costringe a un esodo biblico: tra le colonne interminabili che s’inerpicano sulle montagne desertiche, c’è anche il mio piccolo fratello Omar.

    L’arrivo in campo profughi, il freddo, la calca tra bambini per afferrare cibo e acqua dai camion di aiuti rende la nostra casa, un sogno lontano, pensavo alla mia pianola, che non l’avrei più rivista... eravamo nudi e senza niente.

    Ho sofferto come un cane, per non poter donare il mio aiuto agli altri, cosa potevo dare ai miei sfortunati fratelli se io stesso non avevo nulla... neanche il fiato per respirare, e neanche più gli occhi per piangere.

    È stato allora che, decisi di diventare medico.

    Volevo offrire qualcosa al mio popolo innocente e disgraziato. Noi curdi chiedevamo solo pace, ma nei secoli siamo sempre stati aggrediti e martoriati.

    Anche oggi, siamo in guerra contro Isis. Sono stati anni duri, a causa dell’embargo e della nuova guerra tra Usa e Iraq; mancava la corrente e studiavo con la boccetta di petrolio accesa sui libri, ma non demordevo, e i miei genitori fecero di tutto perché io e mio fratello minore avessimo un’istruzione.

    Avrei voluto conquistare almeno la dignità di essere riconosciuto come un essere umano e il diritto di sognare un futuro per me e per gli altri. Che poi è l’unica ragione che muove il mondo, e lo rinnova.

    Il mondo è abbastanza grande da accogliere tutti quanti noi, apriamo le porte, costruiamo i ponti, edifichiamo la pace. Perché malattie e morte ce ne sono state abbastanza... e non serve solo odiare e condannare.

    Bisogna trovare la forza per unirsi contro la barbarie e la violenza, non solo per garantire e difendere la democrazia, minacciata da forze oscurantiste d’inusitata mostruosità.

    È da condannare ogni silenzio nei confronti di queste tragedie e bisogna invece sostenere chi da sempre è impegnato in prima linea per il dialogo tra le religioni e le culture e per lo sviluppo dei principi di pluralismo e rispetto della libertà.

    È stata una giornata molto intensa.

    Affiora la stanchezza e sono tanti i sentimenti che ho accumulato in tutte le visite che ho fatto. Davanti ai miei occhi scorrono gli occhi di tutte le bambine e i bambini che ho incontrato, abbracciato e ascoltato.

    Gli occhi appassionati degli operatori sanitari che ho ammirato.

    Qualcuno di noi cede e da spazio alle lacrime: è giusto così, non si riesce a tenere tutto dentro, non è umano. Come è disumana questa guerra, anche se è, voluta da uomini.

    Oggi Sento forte l'orgoglio di lavorare per chi ha bisogno.

    Oggi sono un medico del mondo, sono il soccorritore dei poveri e dei miseri.

    Il lavoro che faccio sul campo è indispensabile ed efficace allo stesso tempo.

    Sì, perché... mentre tu hai una cosa, può esserti tolta. Ma quando tu dai, ecco, l’hai data. Nessun ladro te la può rubare.

    E allora è tua per sempre.” Il silenzio e l’indifferenza, certe volte, fanno più danno delle bombe.”

    Teresa Averta

     

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