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Miniracconto disadorno…

Sono stanco di quelli che dicono che tutto scivola via, di quelli che ti dicono che c’è spazio e posto per tutti a questo mondo, ma intanto non ti fanno spazio né ti trovano un posto. Assurdità. Come quelli che ti dicono che ci sono donne per tutti a questo mondo. Così dicono ed è un bel dire. Dicono anche che la Terra è di tutti, ma sono in tanti a morire di fame. Siamo molti insoddisfatti, sconfitti. C’è chi è insoddisfatto a livello economico, chi a livello lavorativo, chi a livello familiare, chi a livello sessuale, chi perché è malato. Non si può trovare giustizia perché giustizia a questo mondo non c’è. Così mi sono perso nei miei soliti pensieri banali e cammino nella Sozzifanti, incurante di tutto e un poco incurvato come al solito. È la mia passeggiata abituale. Mi sforzo di camminare ogni giorno perché altrimenti sto male e muovermi mi fa bene alla circolazione. Ho le mutande che mi vanno giù. Forse l’elastico è rotto, forse è sforzato. Questi jeans mi stanno stretti. Controllo se ho la cerniera abbassata. Il maglione è troppo peso e per giunta mi sono messo anche il giubbino, che ora apro. Faccio un passo falso per una buca nel marciapiede dissestato a tratti e per poco non inciampo. Bella zona la Sozzifanti!!! Faccio le mie camminate tranquille senza che nessuno mi rompa i coglioni! Però non è un vero piacere camminare. Ho sempre paura di imbattermi in qualche coglione o che qualcuno mi dia noia. Ma poi mi ripeto che è altamente improbabile, che è una paura infondata. Passa una coppietta giovane, che poi entra in una berlina di lusso. Lui ha quella bella tipa. E io? Io solo soletto come al solito. Il solito sfigato. Per fortuna ora non passo più il tempo in masturbazioni del corpo ma della mente. Ho sempre ritenuto che fosse un grande spreco della nostra società il fatto che quando siamo giovanissimi e pluriorgasmici abbiamo dei genitori e degli educatori castranti, che ci costringono a sublimare. Ecco che la mia sessualità non è mai stata appagante, spesso frustrante, talvolta addirittura autodistruttiva. Lo so che per non deprimermi dovrei passare in rapida rassegna tutto il carnet delle mie conquiste di molti anni fa, ma penso invece ai moltissimi no presi e mai veramente metabolizzati. Talvolta concludo che quei no hanno deciso la mia vita e hanno fatto di me il fallito che sono. Non ho neanche 50 euro per farmi fare un massaggio da una thailandese e poi quello non è il modo giusto per rompere la solitudine. Sarebbe la rottura momentanea, molto provvisoria della mia solitudine. Ma non ho soldi. Il problema non si pone. D’altra parte non conosco nessuna che mi possa aiutare o che mi voglia aiutare. Lele mi ha detto di andare nel bar che frequentava lui, ma anche lì non si sarebbe presentata l’occasione giusta. Sono io che non vado. È Pontedera che non è fatta per me. Sono io che non sono fatto per Pontedera. Mentre oscillo con la mente e propendo in un attimo per un’ipotesi e l’attimo dopo per l’altra mi accorgo che sono arrivato al bar da Giulia. Metto la mascherina. Cerco i soldi nel portafoglio. Li trovo, li afferro, li poggio sul bancone. Ho solo due euro questo pomeriggio ma bastano per una birra da 33 cl. La prendo dal frigo. Due chiacchiere con Giulia. Mi stappa la bottiglia. Me la versa in un bicchiere. Mi metto a sedere a un tavolino. Non ho più voglia come venti anni fa di autodistruggermi con i superalcolici. Il fegato non reggerebbe più. Gli esami del sangue rivelerebbero che i trigliceridi sono sballati, il livello di gamma Gt sarebbe troppo elevato. Molto meglio limitare l’uso di alcol. Va bene una birra ogni tanto. Non la sorseggio lentamente. La tracanno in fretta. Non ho raggiunto uno stato alterato di coscienza, ma va bene così. La vita procede tranquilla. Mio padre è andato a fare un giro. Mia madre e mia sorella come al solito guardano la televisione. Questa sembra la normalità. Questo è l’ordine apparente delle cose, ma quando qualcuno elogia l’ordine in realtà si ferma solo alle apparenze, alle formalità, al primo impatto. Allo stesso modo chi dice di voler fare ordine nel disordine apparente in realtà non fa altro che rompere un equilibrio interno, uno stato di cose già ponderato: non fa altro che aggiungere o addirittura creare disordine. Non a caso molti usano dire: “in quello che a te sembra disordine (in una stanza, in un ufficio, in una libreria) in realtà c’è l’ordine”. Questo è l’ordine apparente delle cose in attesa di una perturbazione, di uno sconvolgimento, forse di un capovolgimento. Poi mentre la barista parla con una cliente abituale io penso che al di là di tante elucubrazioni mentali e di tanto disagio esistenziale l’importante è stare in buona salute fisica e tirare avanti. Non ne posso più di geni, spesso autoproclamatasi, che trattano delle loro fisime e paturnie. Ma in realtà è anche vero che uno dei vizi verbali dell’Occidente è lagnarsi, lamentarsi. E chi non si lamenta dei propri problemi in verità si lamenta delle lagne altrui. Insomma l’Occidente era una grande lagna, ma nessuno ha mai il coraggio di ammettere di lagnarsi. “Io non mi lagno. Quando mai?”: questa sarebbe stata la risposta abituale se qualcuno avesse fatto un appunto, se qualcuno avesse fatto notare le lamentele. Bene che vada ci si lagna delle lagne altrui! Io faccio questi piccoli pensieri, ma in realtà la cosa più salutare sarebbe provare il Cialis e andare a giro per qualche ora in erezione come ai vecchi tempi. Ma in fondo va bene così. Che me ne importa? Mi ricorda tutto ciò un romanzo di Moravia intitolato “Io e lui”, dove lui era il sesso maschile. Perché scomodare il mio lui per niente? Io sono disoccupato e anche lui è disoccupato. Non c’è neanche una signora pronta a fargli un servizietto. Ma non scendiamo in volgarità, anche se il comune senso del pudore non esiste più. Ho finito la birra. Saluto Giulia. L’avevo già pagata la birra. Mi incammino verso casa. Passo davanti a un altro bar. È tutto così naturale. Quei ragazzi ai tavolini tutti abbracciati si amano. A volte mi piacerebbe essere come quel ragazzo, ma non mi è toccata questa fortuna, piccola o grande che sia. Per me non è così semplice. È tutto terribilmente complicato. Sono solo e non ho nessuna con cui uscire, nemmeno un’amica. A volte penso di non essere fatto per l’amore o quantomeno di non essere fatto per le donne toscane. A una certa età molte sono sposate, le possibilità si riducono, le cose sono più difficili, considerando anche per i rapporti tra i sessi sono problematici. Nella mia situazione di disoccupato e nella mia condizione di uomo non piacente tutto diventa enormemente arduo. Infine penso che tutto sarebbe più umano e più logico se gli uomini oggi avessero il coraggio di corteggiare e rispettare il gentil sesso, se le donne avessero la lealtà di non prendere in giro, se la seduzione non fosse un inganno, un gioco crudele. Per essere poeti scrive Mary Barbara Tolusso sul suo profilo bisogna avere il sentimento dell’assenza. Sarà pure vero, ma non mi ne importa. Non scrivo più aspiranti poesie da anni. Piuttosto mi interessa l’assenza di sentimento, che caratterizza il rapporto tra i due sessi oggi in Italia. Ed è una cosa che mi riguarda, che mi tocca da vicino, che vivo quotidianamente… Neanche la persona più sola di questo mondo vuole però rompere la solitudine con chiunque. Un poco esclusivi e selettivi siamo tutti. Anche la persona più sola evita come appestati gli scocciatori, i guastafeste della domenica (se possibile), gli/le stalker, le persone che non rispondono in alcun modo ai suoi gusti. Ma a volte accade anche il contrario: (e può capitare) si declina un invito, seppur amichevole, per proprio senso di inadeguatezza, per non deludere le aspettative oppure perché siamo attratti da una donna impegnata, con cui sappiamo che non succederebbe mai niente di galante. In questo caso si resta soli a fin di bene per le altre persone. In amore poi non possiamo farci piacere per forza una persona: vale per tutti, altrimenti creeremo incomprensioni, litigi e una feroce solitudine a due. Nessuno comunque è totalmente solo, almeno in potenza. Però l’innamorato respinto ha un forte senso di rivalsa quando scopre che la sua amata è rimasta sola. È naturale ma se lei si fosse messa con lui sarebbero stati entrambi infelici. Non si può costringere nessuno a rompere la sua solitudine per non fare la sua infelicità e la propria. Ognuno ha diritto a essere solo piuttosto che deludere oppure rimanere deluso. Si è soli anche in mancanza di meglio. Lo si ricordi sempre. È così la natura umana. A nessuno si può chiedere di snaturarsi né noi dobbiamo cercare di snaturarci. Ci sono già troppe costrizioni nella vita, almeno un residuo di autenticità su chi frequentare va lasciato. Saranno cose banali, ovvie, ma talvolta è meglio precisare. Faccio un altro pensiero sulla scrittura. Se uno arriva alle masse ha scritto stronzate per diventare nazionalpopolare. Se uno non ha successo è un artistoide che spara stronzate. Insomma sempre stronzate sono. Così hanno decretato. Non dipende da me. Questa è la vulgata. Non compro più altri libri per il momento. Compro solo i libri “Giorni che hanno fatto la storia”, allegati con La Gazzetta dello Sport. Per capire la storia non serve indagare solo sulla follia di Hitler. Nel libro che tratta di Hiroshima sono rimasto colpito dal testo sconcertante della preghiera del cappellano militare, che chiedeva a Dio che i militari americani portassero a termine la missione, e il fatto che la mamma dell’allora colonnello Paul Tibbets rise quando seppe che il bombardiere con cui avrebbero sganciato la bomba atomica avrebbe avuto il suo nome da nubile, ovvero Enola Gay. Aveva ragione la Arendt sulla banalità del male. Vale per tutti indistintamente. Sono arrivato a casa. È finito questo miniracconto disadorno, scevro da descrizioni e virtuosismi. Solo miei frammenti di pensieri, ripetuti mentalmente come un mantra. Solo qualche piccolo barlume di coscienza. Niente altro e forse è già abbastanza. Oggi non chiedo di più. In fondo cosa vi aspettavate da un disoccupato? Con questa vita caratterizzata dalla povertà di stimoli sociali, erotici e intellettuali faccio già tanto a pensare ogni tanto. Le mie interazioni di ogni tipo sono ridotte al minimo. Ma talvolta penso che in questa mia esistenza scarna ci sia tutto il necessario, l’indispensabile da portarsi nella valigia per l’aldilà, se esiste. A volte penso che le altre vite colme di avventure, di incontri, di idee sono un sovrappiù inutile. In fondo forse così mi basta e anche se non mi dovesse bastare me lo dovrò a tutti i costi far bastare. Arrivato a questa età i pensieri devono essere sfoltiti come pure le occasioni. Non sono certo in grado di scrivere come Proust, ma mi metto il cuore in pace perché, che io sappia, nuovi Proust all’orizzonte non ce ne sono. È vero che potrei fare di meglio perché ho tanto tempo a disposizione. Ma con tutto il tempo a disposizione potrebbe anche passarmi per la testa di autodistruggermi. In fondo non faccio di meglio ma non faccio neanche di peggio. Mi accontento così. Non sarei sicuro di fare la cosa giusta a cercare a tutti i costi di scrivere un capolavoro. A volte è meglio non fare troppo sul serio, mantenere un profilo basso, che spesso le cose migliori vengono proprio con questo atteggiamento mentale e questa disposizione d’animo. E poi perché sforzarsi? Perché cercare il culmine dello stile quando questo non sarebbe confacente e rispondente alla mia persona? Perché atteggiarsi? Perché assumere una posa innaturale? Ma quale è la posa naturale? Nessuno con certezza sa se esiste una posa naturale. Forse è meglio riflettere sul mondo più che scrivere le proprie paturnie in attesa che qualcuno le scambi erroneamente per opere memorabili. Comunque sia, il peggio deve ancora venire e state sicuri che verrà.

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