Che cosa ci spinge a invocare giustizia e uguaglianza dal profondo del nostro cuore quando tutto nel mondo è ingiustizia e disuguaglianza? Non è forse un’ambizione mal posta, un’utopia? Di solito quando si parla di ingiustizia ci si riferisce a quella economica. È questa che crea più sofferenza e che addirittura fa morire di fame nel mondo. Ma esiste non solo il lato Marx ma anche quello Freud. Ci sono le ingiustizie sentimentali, sessuali, psicologiche. La lunghezza della vita, la modalità della morte di ognuno sono diverse e ognuno può percepire come ingiuste. Ci sono lo stato di salute, le patologie, le malattie, gli incidenti. Impossibile sarebbe rendere gli uomini tutti uguali. Non sarebbe cosa umana e farlo sarebbe una forzatura spaventosa, bisognerebbe eliminare gran parte della libertà individuale e lo sforzo sarebbe vano lo stesso perché l’uomo non è fatto per essere in catene. Per eliminare totalmente le ingiustizie bisognerebbe rendere tutti uguali e tutte le vite uguali: ciò è impossibile. L’ingiustizia è fisiologica per l’umanità e per questo mondo. Si può ridurre ma non eliminare, anche perché quello che io considero giusto per un’altra persona è ingiusto e viceversa. Il valore di un uomo si vede molto da come sopporta il suo dolore e le ingiustizie subite o ciò che ritiene tali. Anche se tutta questa disparità di trattamento fosse dovuta non alla sorte ma alle capacità individuali e alle differenze individuali sarebbe comunque una grave ingiustizia. In fondo i limiti e le possibilità di ognuno dipendono da Dio e oltre a questo la psicologia delle differenze individuali non è una scienza esatta: tutt’altro. Diciamocelo onestamente: spesso la differenza tra vita e vita non è dovuta solo al merito, anche se chi ce l’ha fatta tende a percepire come unico fattore determinante solo il merito, l’impegno, la capacità, mentre tende a sottostimare la fortuna, il caso, Dio. E poi cristianamente parlando la salute, la volontà, la possibilità di impegnarsi, la capacità di realizzare un progetto, la fortuna che un’altra macchina vi venga addosso quando guidate chi ve le concede se non Dio? Certi self made man si comportano come se la sorte e con essa Dio non esistessero. È quello che in psicologia si chiama locus of control interno. Può essere molto utile, ma è una percezione errata, un’illusione che non corrisponde al vero. La dottrina cristiana dice che Dio ha dato all’uomo il libero arbitrio, ma naturalmente molti si scordano che tutto ciò avviene nel dominio e nei limiti della volontà divina perché poi alla fine è Dio che dà e toglie la vita: alla fine viene sempre fatta la volontà di Dio. Un interrogativo assillante, pressante nell’animo di ognuno è quanto ogni ingiustizia dipenda dalla sorte, dalla natura umana, dalla logica del sistema, dell’etica del singolo individuo, dalle relazioni umane che si sono venute a creare in quel determinato frangente. Poi bisogna valorizzare ogni nostra scelta, cercare di valutare, di ponderare bene, di agire con criterio, di non farsi prendere dagli impulsi, di comportarsi bene senza andare fuori di sé. Bisogna sempre ricordarsi, come cantava Pierangelo Bertoli, che “in quell’attimo c’è anche Dio”.