A te, che assorto ad ascoltare il mare,
ancorato ad una stella,
mai tacesti parola
che non fosse terra d’alberi e di strade,
il luminìo di acque sugl’infebbrati frutti,
di nidi sopra i tetti,
ostinata brezza sulle colline avvolte.
Urla il cuore all’alba che non giunge
a placare l’anima sul soglio dell’ignoto,
torce la luce nel fiotto del bacile.
Esacerbata notte che s’arrende,
affiora dai disciolti nimbi
la fievole apparenza,
cuspide la ruga sullo specchio,
il segno del prodigio nel cuore di una viola…
e quell’amore che non fu mai gancio
ma fuggente desiderio,
inafferrato gaudio, agognato sorso.
Thea Matera