Abbraccio questo tronco
abbandonato in questa riva
che ha il sapore di sale
di un oceano
Che si schiantò
prima o dopo il mio naufragio
e osservo la schiuma bianca
rimasta appiccicata sul mio corpo
nello strappo feroce
delle tue piume volate sulle nuvole.
Vicino a me eri
Ciò che dovevi essere,
e ora sei disteso in un’urna d’acqua
e come una reliquia riposi in una vetrina
quasi fossi una bomboniera
infrangibile.
Sudicio di luce
Ti pulisti per rientrar
nel buio dell’embrione in cui nascesti.
Mi sono avventurata nell’universo
a raccoglier per te
migliaia di stelle…
ma le spegnevi tutte
ad una, ad una.
E qui meglio
mi sono riconosciuta,
non ero per te “albero maestro”.
Di mari ne ho attraversati tanti
ma dentro le tue lacrime
non avevo mai navigato.
Non biasimo i tuoi sogni,
adagiati nella culla dei ricordi
ma lasciarmi naufragare
nel silenzio
è storia senza cuore
e senza tempo…
e in quelle occulte mani
hai lasciato scivolare
il senso della vita
che non si è perso. Era il mio!
Quella rara Felicità
che ho accolto e compreso
quando ho attraversato i “miei mari”.
E in quell’azzurro mi sono rimescolata
E in mezzo a quelle onde…
ho lasciato andare mille tempeste.
Mi sono conosciuta e amata,
e non ho avuto più paura.
La forza era il cielo riflesso nel mare.
Il coraggio ero io che cercavo la riva,
il porto sicuro,
questi sono i miei mari,
la mia nostalgia.
La schiuma si è sciolta…
su questo tronco solitario
e i pesci danzano ancora nell’acqua.
Or ch’è di nuovo è giorno
la mia anima mi pare una corolla
perché dentro i mari:
son capitano della mia dolce vita.
Teresa Averta