Ai tempi del fascismo Mussolini abolì il lei. Voleva che tutti si dessero del voi perché il lei secondo il regime derivava dalla dominazione spagnola, mentre il voi derivava dagli antichi romani. Questa fu la spiegazione fornita, per quanto i linguisti abbiano discusso se ciò fosse corretto o meno. Il tu, il voi, il lei sono detti allocutivi di cortesia. Oggi il voi non lo usa più nessuno, tranne un’esigua minoranza di sadomasochisti, durante i loro giochi erotici. Dare del tu a un estraneo non è più una mancanza di rispetto. Dargli del lei non è più segno di rispetto. Se una donna mi dà del lei è solo per tenermi a distanza, per mancanza di una benché minima considerazione/attrazione, per trattarmi in modo freddo. Non c’è altra spiegazione di solito. Marco Masini cantava: “le ragazze serie non ci sono più. Ti toccano il sedere dandoti del tu”. Naturalmente era una canzone scherzosa oltre che la testimonianza che Masini, essendo ricco e famoso, aveva visto un bel mondo. Comunque il lei in segno di deferenza è finito. Così come sono finiti i tempi delle signorine Gradisca. In principio gli esperti della convivialità e del neuromarketing decisero che i commercianti, le bariste, i camerieri e le cameriere dessero del tu ai clienti per stabilire un clima informale, per farli sentire a loro agio, per fidelizzarli. La stessa identica cosa accade anche dal benzinaio. È un modo come un altro per stabilire un’atmosfera cordiale e far scattare l’istinto di acquisizione. Il tu si è poi esteso a ogni ambito della società. È diventato di moda. In alcuni settori il tu va saputo conquistare. Nel mondo universitario un semplice studentello deve dare del lei al professore e il professore gli dà del lei, ma quando il professore dà del tu a un laureando, a un dottorando è una conquista, un atto di stima, un segno di vicinanza. Tra giornalisti o tra professori, in genere tra colleghi si danno del tu. C’è anche un tu paternalistico/autoritario più che di vicinanza come tanti medici che non hanno mai visto un ottantenne e appena fa una visita da loro gli danno subito del tu. La barista del bar a cui vado di solito a prendere un caffè il pomeriggio mi dà del lei per tenermi a distanza e/o perché le sto antipatico e/o perché non mi considera attraente. A ogni modo ci vado perché il bar è economico, i prezzi sono bassi, il caffè è buono. Del fatto che mi dia del lei me ne frego. Ci devo prendere un caffè. Non me la devo mica portare a letto! Di solito le bariste danno del tu ai clienti per la strategia razionale di cui ho scritto sopra. Se una barista dà del tu a un cliente molto più anziano può essere perché fa così con tutti ed è una prassi consolidata, ma può essere anche un segno di disponibilità sessuale in quanto cerca un padre negli uomini più anziani e non ha ancora risolto il conflitto edipico. I motivi insomma del lei o del tu possono essere i più svariati. Ci sono persone che veramente per rispetto ed educazione non riescono a dare del tu a certi altri. Ma al giorno d’oggi è una cosa estremamente rara e succede in mondi lavorativi dove vige l’autorità e la gerarchia. Sono finiti i tempi di “com’è umano lei ” di Fantozzi. Oggi non solo sul lavoro tra dirigenti e sottoposti si danno del tu ma talvolta anche a scuola alcuni insegnanti si fanno dare del tu dagli studenti adolescenti. In realtà per legge bisognerebbe dare del lei a ogni persona maggiorenne. In pratica, almeno qui in Toscana, viene dato del lei a chi ci sta antipatico o a chi è una persona autorevole/rispettabile. Su Facebook si danno tutti del tu. Io inizialmente do del lei alle persone su Facebook per non essere troppo invadente, entrante né risultare maleducato. Inoltre do del lei sui social alle donne per non generare equivoci né dare segno di essere un molestatore. Ma capisco che se una donna mi dà del lei non è per educazione ma perché anche sui social vuole mantenere le distanze. Darsi del lei, dare del lei non è una forma consona all’amicizia, tanto meno all’amore. Mi viene in mente una raccolta poetica di Vivian Lamarque, ovvero “Poesie dando del lei”, dove il dolore si amalgama all’ironia. La persona amata è il suo analista a cui è costretta suo malgrado a dare del lei. Il lei in questo caso è una modalità deontologicamente corretta, ma sentimentalmente è la prova che si è consumata un’altra ingiustizia d’amore per la poetessa.