1
Guardo di sbieco il muro. Appare
la coda bifida di una lucertola,
compare il dorso, rivestito di squame
e….negli interstizi della siepe
già non la vedo….come se con un
guizzo fulmineo, un lesto strascicare
di zampe si fosse divincolata in un
cunicolo; come se il crocicchio dei
colori lividi del tramonto, il riverbero
di un fievole sfarfallio di raggi l’avesse
resa invisibile. Forse è sgusciata in
una fessura, in un anello d’ombra,
in una zona morta dei miei occhi,
forse in una crepa nascosta, dove
cade l’intonaco e affiora la calce,
sfuggendo alla mia vista, ormai
inafferrabile.
2
Per un attimo ti sembra
di raggiungere il nervo delle cose.
Ma un battito di ciglia non è
un colpo d’ali che ti solleva
ed è vana ricerca aspirare
al sillogismo dell’esistenza.
Così ritorni nell’orbita della vita
come una favilla, ormai incasellata
in una goccia, come in un’impronta
di luce un tremito d’ombra.
3
Corsi in una processione
di luci, che volgevano altrove.
Sfiorai rami d’oro e ulivi color
argento. Poi passò il fischio
di un treno e ritornai nello
spazio di vuoto tra le cose
e mi chiamò una voce.
4
La natura immersa nella Primavera.
L’aria tersa e serena. La notte
ritornano le lucciole a colorare
spighe e roveti. Le stelle
dipingono angoli di campi, margini
di strade. E le trascorse stagioni
ritornano come le parole dei morti
nella memoria dei vivi distrattamente
sul far della sera.
5
L’oscurità invoca con le sue ombre
la voce di stagioni, che videro i morti
padri. E figli i nostri padri.
Ma ogni anno cambiano
le scritte sui muri, ogni generazione
crede ciecamente nei suoi miti
ed idoli. E le piazze di quei cortili,
i lidi di quegli arenili sono intrisi
di altri amori. Le vie hanno perduto
quegli odori.
6
Ho sognato città invisibili,
dove risiedevano solo artisti.
C’erano saltimbanchi, poeti, attori,
pittori, acrobati, contorsionisti, trampolieri,
mimi, ormai prossimi a firmare l’armistizio
con la realtà. E quando la loro penna
stava scrivendo ho sentito i singhiozzi
del cielo. Ho visto stelle cadere. Fermarsi
comete. Le maree ribellarsi alla luna.
Le strade senza nome battezzarsi l’un l’altra.
Ma avevano avuto fortuna. L’inchiostro era
simpatico. Si rinfrancarono gli artisti.
Si rinfrancò la luna.
7
Il riflesso della luna
è smosso dal flusso del fiume,
scalfito da acini di pioggia.
Pioggia, che scende sulle case,
incanalata in grondaie ossidate.
Vapore e nebbia. Qua e là indistintamente
calano grumi di lumi sul corpo della linfa,
sulle dita adunche dei rami.
E’ l’ora in cui gli insetti intravedono
in un’angusta fessura e gli uomini
in una scia d’aereo la fuga. E’ l’ora
in cui cresce la ferita di una ruga,
immaginando cento mondi di idee,
mille amori finiti nel dimenticatoio
o sbiaditi in un logoro matrimonio,
a onde di generazioni susseguitesi
tra loro.
8
E’ sfuggito irreprensibile
in un angolo morto del ricordo
il rossore del suo volto,
il timbro della sua voce,
il calore delle sue mani.
Ora la cerco inutilmente nelle stanze
della mia memoria.
Un tempo si sfiorarono
i nostri respiri. Si congiunsero
le nostre ombre.
Adesso non so se i suoi anni
piangono per amori mai nati,
se in lei vincono rimorsi o rimpianti.
Adesso non so quali tremiti astrali,
quali fremiti nei prati le sue parole
chiamano quasi amore.
9
Non sospirare mai sullo sguardo
di una passante, sul gioco di sponda
di sguardi incrociati dal finestrino
con la ragazza seduta sul treno
del binario parallelo. Non sospirare,
soffermandosi ad ogni bivio del passato,
pensando a ciò che poteva essere e non è stato.
Non chiedersi mai quale sarebbe stata la trama
del nostro destino in un luogo appena accennato,
dove il treno non ha sostato, o nelle città dai bei
gerani, che mai ci hanno visto, che mai ci vedranno.
Non chiedersi mai se lasceremo una traccia alla nostra
partenza. Non chiedersi mai quale mano d’angelo,
quale frammento del nostro sogno scacci l’ombra
della morte dal nostro sonno.
10
Traversai l’oscurità di una cannula,
il fragore mattutino di una pagliuzza.
Annodai ciglia, trapunsi con le mie dita
ali di farfalla. Mi specchiai in raggi di luna.
Venni rifranto dal cristallo. Fui vivisezionato
da un prisma. Fui equilibrista su un filo interdentale.
Adesso posso, esangue, disfarmi in un minuscolo
punto di inchiostro, su una finitura di un foglio;
questo mondo sempre in eterno mutamento, in
continua metamorfosi, non mi avrà mai.
Onda o corpuscolo ?
11
Nel silenzio di una città straniera.
Nel cuore di una notte quieta.
Noi, gravidi di gelo. I vestiti
modellati dal vento.
E fu il tepore di una luce trasversale,
il nitido chiarore emanato da lampare.
Celammo ognuno nel proprio animo
le parole amare ed avvelenate. Sostammo
appoggiati al parapetto del lungomare
senza parlare. I nostri occhi, senza rotta
né stella polare, erravano nel colore del mare.
Poi dicesti: ” Ho letto i poeti per cercare
un verso che potesse racchiudere la mia vita
e tutte le vite. Ma ho solo trovato conforto
dalle loro voci.”
Dopo in silenzio di nuovo a ricercare
in uno sfolgorio di luce, in un tono
vivo, uno slancio, che si accordasse
col chiaroscuro del nostro profondo.
12
Da un comignolo si leva il fumo.
I termometri segnano lo zero.
Un vecchio sfoglia il calendario dal barbiere.
Una vedova ferma sugli zigomi le lacrime.
Una ragazza al bar beve il caffè e fissa la testa
di un cinghiale imbalsamato.
Da un appartamento si diffonde musica classica.
Poi la puntina si ferma, il disco si incanta.
13
Un ago smagnetizzato,
un pettine sdentato,
un giocattolo rotto,
uno schioppo, un botto,
un infuso insipido,
la caduta di un nido,
il coccio di un guscio rotto di lumaca,
una radice aggrovigliata,
rinnovano il mistero del mondo.
Davide Morelli